Parte 5
Angel corre sul bagnasciuga, segue le onde che piano si infrangono ai suoi piedi. Lancia piccoli gridolini acuti, appena questi entrano in contatto con l'acqua fredda. Ben la rincorre, la solleva alta verso il cielo come un piccolo aeroplano.
"Più in alto, Papà!" I loro capelli biondi risplendono alla luce del sole.
"Merenda?"
"Sììì. Mamma! Mamma, andiamo a prendere il gilato."
"Agli ordini!"
"Forza, Papà, il gilato ci aspetta!"
Angel afferra le nostre mani e ci traina con l'entusiasmo dei suoi tre anni.
"Ancora un po' di sole e voi due tornate a casa con i capelli bianchi. Guarda come si sono schiariti!"
"Capelli biondi di papà e occhi blu di mamma. È il nostro mix perfetto!" Ben mi sorride felice.
Angel si volta e mi guarda contenta.
"Ho proprio i tuoi occhi Mamma, guarda!" Mi abbasso e il volto di Angel mi sorride.
La osservo, ma qualcosa non torna. Le sue iridi sbiadiscono sempre di più. Lacrime rigano le sue gote rosee.
Passo le mani nel tentativo di asciugarle, ma queste si colorano di blu. Colano gocce d'oceano profondo, imperterrite, sulle sue guance, fino a quando un paio di occhi di vetro mi osservano.
"Sì, ho proprio i tuoi occhi!"
Mi alzo di scatto con il respiro che esce affrettato dalla bocca.
Una morsa mi stringe il petto che, agitato, si alza e si abbassa nel tentativo di incamerare aria.
Sfilo le gambe dall'intrico di lenzuola che mi bloccano ogni movimento.
Cerco di orientarmi, ma l'incubo mi ha scosso al punto da rendere sconosciuto l'ambiente che mi circonda.
Il pelo morbido di Ombra mi solletica le gambe nude.
"Portami da Angel, ti prego!" Senza farselo ripetere, i miei occhi canini mi accompagnano fino alla porta della mia bambina, la mia mano non molla un secondo la collottola.
Siamo ferme davanti al letto dove un respiro placido ci racconta il sonno tranquillo in cui è immerso il corpicino disteso davanti a noi. Prendo quella cadenza di fiati profondi e li rendo miei.
Finalmente mi calmo, dopo l'incubo vivido appena sognato.
Mi porto le mani al volto constatando, solo in quell'istante, della reazione liquida e salata che non mi ero resa conto di stare versando.
"Possiamo fare una festa per il mio compleanno?"
"L'idea è quella. Zia Alex si è data disponibile ad aiutarmi con gli addobbi e Dana ha già organizzato una lista per il rinfresco. Mi sembra abbia parlato di caviale e lumache." La prendo in giro bonariamente.
"Bleah! Che schifo!"
Rido alla sua reazione.
"Ma come? Vanno così di moda!"
"Non prendermi in giro, Mamma! Ci parlo io con Dana!"
"Io le lascerei carta bianca, vedrai, non ti deluderà!" Uno strano silenzio si frappone tra noi mentre finiamo di consumare la colazione. "C'è qualcosa che vuoi dirmi?"
La sento tentennare, le sue gambe si muovono su e giù.
"Sei molto impegnata, oggi?" Sta per proseguire, ma all'ultimo si ferma. "No, niente Mamma."
Decide di far cadere l'argomento. Scende dalla sedia, afferra la tazza e la ripone nel lavandino.
"Ho sempre tempo per te."
"Non importa, Mamma. Era una cosa stupida."
"Angel, finisci quello che volevi dirmi. Non farmi mettere in ginocchio a supplicare."
Una piccola risata.
"Ma no, nulla davvero, Mamma."
"Promettimi che se questa cosa diventasse importante, me ne parlerai immediatamente." Un abbraccio mi circonda, la stringo, la trattengo, potessi la terrei così per sempre.
"Promesso. Ti voglio bene."
"Io di più."
"Judy, è arrivato il signor Torn. Lo posso far accomodare?"
"Certo, è tutto pronto?"
La sento annuire.
"Ho tutto nel cucinino."
La porta del mio ufficio si apre, sento Karen parlottare fuori dall'uscio. Subito dopo, un rumore di passi accompagna il paziente fino alla mia scrivania.
"Signor Torn. Prego, si accomodi. Come si sente? Emozionato?"
"Non può immaginare quanto, dottoressa. Non pensavo sarebbe mai arrivato questo momento e lo devo solo a lei."
Scuoto la testa sorridendo alla figura che staziona di fronte alla scrivania.
"L'ultimo giorno di terapia è un evento da festeggiare."
"Sì. Stasera i miei figli mi portano a cena fuori."
"Lieta di sentirlo."
"Berrò solo acqua, promesso."
"Sono sicura che manterrà la parola. Andrà ancora alle sedute di gruppo?"
"Sì, penso che la mia esperienza possa fare la differenza. Se per lei va bene, vorrei fare il suo nome. Le sue sedute sono state fondamentali." Fa una pausa, poi la voce mi giunge venata di rammarico. "Se penso alla prima volta che sono entrato qui, nel suo studio, provo forte vergogna."
"Non deve. Ha capito di avere bisogno di aiuto e l'ha chiesto. Voleva guarire e si è impegnato a tal fine. Deve essere molto orgoglioso di sé e anche i suoi figli. Se in futuro avesse ancora bisogno di me, sa come contattarmi."
"Lo farò sicuramente, dottoressa. Può attendere un secondo?"
La curiosità per quella richiesta, trova posto nei miei lineamenti.
Un profumo lieve sopraggiunge alle mie narici. Ricordi lampeggiano dietro le mie palpebre serrate.
"Sono viole del pensiero, erano le preferite di mia moglie. Grazie a lei, ovunque si trovi la mia Tess, non dovrà più vergognarsi di me."
Allungo le mani e un piccolo vasetto cade gentilmente tra queste.
Resto immobile.
"Ho fatto qualcosa di sbagliato? Non le piace il profumo?"
Quando mi rendo conto delle lacrime che mi rigano il viso, mi porto una mano tremante agli occhi.
"No, assolutamente. È solo che io e sua moglie abbiamo gli stessi gusti. Amo le viole, sono il mio fiore preferito." Lo sento tirare un respiro.
"A volte ci dimentichiamo che anche voi psicologi avete i vostri demoni. Spero che, qualunque sia il suo, riesca ad abbatterlo."
"Come lei, anche io ho un motivo a casa per combattere." Mi prendo un attimo per ricompormi, un timido sorriso si affaccia. "La ringrazio del pensiero. Ma adesso che ne dice di andare da Karen? Anche noi abbiamo un piccolo regalino per lei. Abbiamo allestito un rinfresco in suo onore."
Poso delicatamente i fiori sulla scrivania, li accarezzo mentalmente e accompagno, per l'ultima volta, il signor Torn alla porta.
Sono fuori dalla scuola di Angel con una Alex tutta felice.
"Sei così sicura della tua intuizione?"
"Certo. Non vedo l'ora! Chissà quale sarà la reazione di Angel quando ti vedrà!"
A pranzo, Karen e Max non mollavano un secondo di tubare come piccioncini, costringendo me e Ombra a dileguarci per evitare il sopraggiungere di un attacco diabetico, ormai imminente.
A parte gli scherzi, sono davvero felice per loro, ma iniziavo a sentirmi un più uno. Così, con la scusa di portare a sgambare la cucciolona, mi ero dileguata dal locale.
Ero ferma, con i piedi affossati nell'erba, quando ho deciso di chiamare Alex.
Ed ora eccoci qua, in attesa del suono dell'ultima campanella.
"So di aver ragione... L'altro giorno, all'uscita, io e le ragazze abbiamo assistito ad una scena che mi mette ancora rabbia adesso. Un ragazzino, forse di terza, appena è arrivato davanti a suo padre, ha ben pensato di buttare a terra lo zaino, per poi andare di fretta verso la loro auto. Non contento, ha iniziato ad urlare a quel pover uomo che doveva darsi una mossa. Una scena ripugnante te lo assicuro. Appena siamo entrate in auto, Angel parlottava con Cate con un'espressione mogia mogia, piccolina."
"Capisco." Sente la mancanza del suo papà.
Conoscendola, avrà pensato che quel ragazzo non capiva la sua fortuna, per il solo fatto di avere ancora un padre presente nella sua vita.
Mi chiedo cos'altro potrei fare per riempire quella voragine che ha lasciato Ben, nella nostra bambina.
In me.
"Judy? Non vorrei allarmarti, ma un uomo sta venendo verso di noi."
Mi riprendo a quelle parole. Una voce profonda arriva alle mie orecchie.
"Sei davvero tu? Judy, dobbiamo smetterla di imbatterci così spesso. Non pensavo di rivederti fino a venerdì! Ciao anche a te, Ombra!"
"Signor Meiser... Cioè, Jack, che piacere risentirti! Come mai da queste parti?"
"Sono stato ospite per una lezione orientativa per le classi dell'ultimo anno."
Una piccola gomitata mi fa voltare verso Alex che, con un colpo di tosse, rimprovera la mia totale mancanza di buone maniere.
"Oh, sì, certo. Alex, ti presento Jack Meiser. Jack, lei è Alexandra Pears."
"Molto lieto. Allora, cara Judy, come mai da queste parti?"
Tentenno alla ricerca di una scusa.
"Per il tuo stesso motivo."
Un verso strozzato mi costringe a voltare la testa verso Alex, sollevo le sopracciglia nella speranza che colga il gesto.
Ed è qui che la mia amica prende parola.
"La scuola voleva cercare nuovi mestieri da proporre ai ragazzi. Dunque, ecco una commercialista ed una psicologa al vostro servizio."
Lascio andare lentamente il respiro che stavo trattenendo.
"Proprio così." Cerco di confermare, ostentando sicurezza.
Il suono di un telefono che non conosco.
Jack produce un ringhio malcelato.
"Mi dispiace dover interrompere la nostra piacevole conversazione, ma il lavoro mi reclama. Alexandra, è stato un piacere conoscerti. Judy, noi ci vediamo venerdì, a meno che il destino non ci faccia incontrare prima."
Siamo rintanate, ormai da una buona mezz'ora, in un baretto vicino al parco. Noi adulte a sorseggiare un caffè, mentre le ragazze sono uscite fuori per far giocare Ombra nel parco.
"Allooora, vuoi davvero fare finta di nulla?"
"Hai ragione. Ci avevi visto giusto."
Angel, quando mi aveva trovato all'uscita, era esplosa letteralmente di gioia. Mai avrei pensato che un gesto così semplice, potesse essere importante per la mia piccola.
"Lo sai che mi sto riferendo a quell'altra cosa. A occhio e croce direi un metro e novanta, capelli biondi, occhi verdi e muscoli, tanti muscoli."
Stava sospirando?
"Non capisco ancora. Ti ricordi? Sono cieca, non indovina!"
"Voce profonda, profumo mascolino?"
Dritta al punto. Sbuffo sonoramente.
"È un mio nuovo paziente, ti ho già parlato di lui."
"Nooo, il tizio del bagno!"
Annuisco in risposta.
"Venerdì avremo il nostro primo incontro ufficiale e anche se non credo sia una persona pericolosa, non voglio che abbia una finestra sulla mia vita privata. Sai come la penso, su questo sono irremovibile. La sicurezza di Angel viene prima di qualsiasi cosa, lavoro incluso."
Jack é un paziente, un cliente e tale sarebbe rimasto. Esattamente come tutte le altre persone che si sono aperte ai miei occhi mentali, dentro le mura del mio Studio.
È solo un paziente.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro