Parte 4
Mi costringo a riprendere l'uso delle mie facoltà mentali che si sono, molto probabilmente, dissolte a causa di quest'ultimo incontro.
Appena faccio ritorno alla postazione di Karen, cerco il mio telefono.
"Rubrica. Cercare contatto Wilder. Avviare chiamata."
Gli squilli si susseguono fino a quando, dall'altra parte del telefono, la voce di Amelia non li interrompe.
"Judy! Come stai?"
"Dimmelo tu? Ha appena lasciato il mio Studio un certo Jack Meiser. Mi devi qualche spiegazione."
"L'ha fatto davvero? Era ora! Cosa ti ha detto?"
"Vuole una macchina costosa. E anche un appuntamento con la sottoscritta."
Una risata allegra mi raggiunge.
"Ti ha raccontato del nostro patto, a quanto sento. Scusa, ma era l'unico modo per spingerlo a cercare aiuto."
La parte cascamorto neanche la menziona.
"Lui crede di non averne bisogno."
"Sappiamo entrambe che non é così, altrimenti non mi avresti chiamata."
"Non voglio che tu mi dica nulla, non sarebbe giusto nei confronti della sua privacy, ma il fatto che lui non sia venuto di sua spontanea volontà, non aiuta il processo di guarigione."
Silenzio. Poi la voce prende toni più seri.
"Se ti dico che sono passati mesi da quando abbiamo fatto quella scommessa? Quasi non me la ricordavo. Jack ti ha propinato una scusa. Se é venuto da te... l'ha fatto di sua spontanea volontà."
Questo cambia le carte in tavola.
"Perché io? Perché non hai dato il contatto del tuo psicoterapeuta?"
"Jack é un uomo con un ego immenso. Qualsiasi altra persona di sesso femminile si sarebbe fatta fregare da lui. Il suo aspetto, il suo modo di porsi, non c'è donna che non gli cada ai piedi. Tu sei l'unica che può andare oltre la sua facciata e scovare la persona che cela dietro il suo bel faccino."
Quindi é anche di bell'aspetto, magnifico.
"Lieta di sapere che la mia cecità serva a qualcosa."
"Jack é un uomo fantastico, ma si porta sulle spalle un bagaglio importante."
Me ne sono accorta, solo un sentore a dire il vero.
"L'ho visto." Nulla dall'altra parte. "Il suo bagaglio sarà invisibile agli altri, ma io l'ho sentito."
"Sei la persona giusta, Judy. Quanto sarà durato il vostro incontro? Un'ora, forse anche meno. Eppure hai già percepito l'ombra che gli altri non scorgono nonostante lo frequentino, lo vedano. Ti prego, fai un tentativo, non saprei davvero a chi altri chiederlo."
Mi porto una mano al viso e sfilo gli occhiali scuri. Il buio che mi circonda rimane tale nonostante gli occhi spalancati. Lascio andare un lungo respiro.
"Torna venerdì. Abbiamo fissato il primo appuntamento alle sei di sera. Non prometto nulla, sia bene chiaro. Perché questo funzioni, deve essere lui il primo a fare un passo nella mia direzione."
"L'ha già fatto. È venuto da te."
Ha ragione.
"Ci sentiamo, Ami."
"Ciao, Judy, e grazie."
Chiudo la chiamata e mi lascio andare sullo schienale della poltroncina.
Mille pensieri si sovrappongono tra loro. Ma al ricordo di quel profumo, il mio corpo prende a formicolare.
Scuoto la testa e decido che per oggi il mio dovere l'ho fatto, per il resto ci sarà tempo domani.
Cerco il computer, quando la mano sfiora un cartoncino. Lo sollevo; involontariamente lo avvicinano al viso, ma all'ultimo mi riprendo e lo appoggio sull'agenda degli appuntamenti. Il PC mi indica che il sistema si é arrestato. Con il tatto trovo il vassoio con quello che resta del nostro caffè, lo afferro e mi dirigo verso il cucinino. Gesti semplici, famigliari e in un attimo porto a termine anche quel compito.
"Ombra?" Le zampette mi raggiungono. "Luce accesa?" Abbaia una volta. "Ok, la spengo. Adesso ci prepariamo e torniamo a casa."
Il suo muso mi raggiunge, accarezzo la schiena fino alla maniglia e mi lascio guidare fino alla porta.
Stiamo per uscire, io vestita di tutto punto, quando la sento emettere un altro verso.
"Luce accesa?" Abbaia ancora. Cerco sul muro e premo l'interruttore. Chiudo la porta alle mie spalle e con lei, un'altra giornata di lavoro.
Il rientro a casa é pregno di suoni e profumi. Ho abbandonato l'idea dei mezzi di trasporto per una bella passeggiata per le vie della città.
Nonostante sia una bella camminata, mi sembra di rinascere ogni volta che muovo un passo. So che la mia fedele amica non mi farà correre alcun pericolo. Così, seppur con le orecchie attente, mi godo questo attimo di velata libertà.
Ma anche se la mia cecità mi occulta quello che mi circonda, gli sguardi dei passanti mi arrivano come spilli invisibili. Non manca momento in cui non mi senta osservata, tenuta a distanza. La mia bolla personale mi protegge e mi tiene lontana dal mondo che mi circonda .
Mi rendo conto di essere arrivata a casa quando Ombra mi strattona verso destra, con un piccolo uggiolio soddisfatto. Attraversiamo il cancelletto e le lascio un po' di tempo per sé, nel nostro giardino privato.
La casa é immersa nel silenzio, un leggero profumo di arrosto aleggia nell'aria. Arrivo alla penisola e inizio la ricerca del registratore che Dana usa per comunicare con me. Lo trovo e premo play.
"Ciao, Judy. Oggi mi sono dedicata al bucato. Ho anche preparato da mangiare. A dire il vero, Alex mi ha scritto per avvisarmi che cenate da lei e ho pensato di preparare l'arrosto, almeno non va sprecato. Se aspettavamo ancora un po', si suicidava nel forno da solo. Il giardino é pulito e le stanze rassettate, come anche i bagni. A domani."
Non mi resta molto da fare. Dana, come sempre del resto, ha già portato a termine tutte le mansioni.
La doccia mi chiama, ho bisogno di lavare via la giornata. L'armadio é suddiviso in modo tale da non rischiare che faccia danni quando mi vesto senza il supporto visivo di qualcuno, o meglio, di Angel.
Angel.
Cerco di scacciare i pensieri negativi.
Sto facendo tutto il possibile per crescerla come si conviene, ma é palese quanto lei sia avanti per la sua età.
Dovrei essere Io quella che l'aiuta a scegliere i vestiti, sempre Io ad acconciare i capelli. E invece... é mia figlia di dieci anni a prendere in mano la nostra situazione.
Un ribaltamento di ruoli.
Ben.
Il pensiero dell'uomo che mi ha lasciata mi costringe a sedere, cadere di peso sul nostro letto matrimoniale; testimone silenzioso della mia vita coniugale, ormai andata in pezzi, dei miei pianti solitari attutiti dal guanciale.
Mi sento schiacciata da tutte queste responsabilità che avrei dovuto condividere con lui.
Nella solitudine della casa vuota, il dolore mi raggiunge, mi travolge.
Non bastava averlo perso?
Chi ha impugnato la penna e riscritto la mia vita?
Chi ha deciso che proprio io, dopo aver perso metà del mio cuore, avrei dovuto navigare nel buio.
Malvagio.
Destino beffardo.
Ma ho Angel.
L'unica cosa che conta nel mio mondo fatto di nero, unico punto di luce.
Accarezzo mentalmente i suoi lineamenti cercando di percepirla, sentirla crescere sotto le mie dita invisibili, cerebrali.
Mi costringo a ritornare in piedi, equilibrio malfermo ciondolo fino al bagno e lavo via le lacrime sotto una pioggia calda.
"Questo arrosto si scioglie in bocca!"
"Dirò a Dana che avete apprezzato." Sorrido alla tavola dove siamo tutti riuniti per cena.
"Tutto bene a lavoro, Mamma? È arrivato il pacco per Karen?"
"Non ancora. Karen aveva la cucina allagata e non é rientrata nel pomeriggio. Ma mi ha telefonato prima che arrivassi, per avvertirmi che l'emergenza é rientrata."
Mi ritorna prepotente il ricordo di quel profumo. Mi agito leggermente sulla sedia e cerco di cambiare discorso.
Le bambine si alzano per andare a vedere la TV, nel frattempo Alex ed io rassettiamo la cucina.
"Cosa è successo, oggi?"
"Nulla, perché?"
"Sei visibilmente arrossita a tavola. Non me la racconti giusta."
Tentenno spiazzata dalla sua osservazione.
"Allora ci ho visto giusto! Dai racconta, daiii!" Angel é più matura di Alex, a volte.
"Sono andata a mangiare un boccone alla solita tavola calda, a pranzo. Ero in bagno a lavarmi le mani quando un uomo ci ha provato spudoratamente con me." La curiosità della mia migliore amica é palpabile. "Ha fatto una battuta del tipo 'ti piace quello che vedi?' e io, per tutta risposta, ho afferrato il bastone e sono uscita."
"Oddio, chissà che imbarazzo."
"È scoppiato a ridere."
"Nooo. L'ha fatto davvero?"
"Quando sono tornata in ufficio per l'ultimo appuntamento, ho scoperto che il tizio del bagno é un mio nuovo paziente."
Alex inizia a ridere di gusto e io non posso esimermi dall'imitarla.
Sono tentata di andare oltre e spifferare tutti i retroscena del mio incontro, ma una parte di me mi fa desistere.
Mi cucio le labbra e lascio cadere il discorso.
"Mamma, tu non mi lascerai come ha fatto Papà, vero?" Accarezzo la fronte di Angel, accoccolata nell'incavo del mio collo prima di andare ufficialmente a dormire.
"Farò di tutto perché ciò non accada." Non le voglio mentire.
"Ti voglio bene, Mamma." Mi sollevo e lascio che la sua testolina si appoggi sul cuscino.
"Anche io te ne voglio, piccola. Vuoi che ti lasci Ombra stanotte?"
"Solo fino a quando non mi addormento. Lei serve più a te che a me." La mia guerriera saggia.
"D'accordo. Buona notte, Angel, sogni d'oro."
" 'Notte. Mamma, ti aiuterò io... Siamo una bella squadra."
"La migliore."
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