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Parte 3

Siamo ormai tornate da diversi minuti.

Ombra, accucciata vicino alla scrivania, russa leggermente. La corsa le ha dato il colpo di grazia e ora si gusta il sonno dei giusti.

Il citofono emette un leggero scampanellio. Bastone alla mano, mi avvicino alla porta e rispondo.

"Studio Medly." Nulla dall'altra parte. Faccio per abbassare la cornetta, quando percepisco un lungo sospiro.

"Ho un appuntamento fissato con la dottoressa." La voce è resa meccanica dall'apparecchio di comunicazione.

"Le apro subito, piano terra." Faccio scattare il portoncino.

Ombra mi ha raggiunta, prende posto tra me e la porta con fare protettivo, sento il suo muso vicino al ginocchio. Appoggio al muro il navigatore bianco e apro la porta d'ingresso.

L'edificio che ci ospita è diviso in più appartamenti. Oltre a me, ai piani superiori ci sono Katy, avvocatessa divorzista e la signora Tate, fisioterapista e insegnante di yoga a tempo perso.

Sento il suono di passi che mi vengono incontro, apro ancora di più la porta regredendo di qualche passo.

"E tu chi sei? Sei propria una bella cucciolona."

Quella voce. Poi il profumo mi arriva prepotente alle narici.

"Questa è bella! Allora è vero quello che dicono: il mondo è davvero piccolo."

Sollevo leggermente il labbro in un mezzo sorriso.

"Prego, si accomodi. Ombra, fai strada al nostro ospite." Piccoli passi ritmici. Il profumo sempre più vicino mi inebria, mi confonde.

Chiudo l'uscio e riafferro la mia rigida guida per ritornare verso la scrivania di Karen, ma appena mi volto, il mio naso si imbatte contro un muro.

L'impatto improvviso mi costringe a retrocedere, lascio andare la presa sul bastone. Porto d'istinto le mani in avanti alla ricerca del motivo della collisione e i miei palmi toccano una superficie soffice, ma al contempo, dura al tatto.

Una risata appena accennata mi giunge alle orecchie. Inizio ad arrossire quando comprendo di aver urtato il mio ospite. Ombra mi viene in soccorso, il suo tartufo mi tocca; seguo il muso e ritrovo il mio navigatore.

"Grazie, piccola."

"Scusa, sono un po' ingombrante."

Scuoto la testa per schiarirmi le idee e cercare di trovare la mia professionalità che in questo momento, penso si sia dileguata in bagno.

"Scusi lei. Se vuole accomodarsi. Posso offrile un caffè?"

"Solo se lo prendi con me. Posso fare qualcosa?"

"Nessun problema. Generalmente ci pensa la mia assistente, ma ha avuto un disguido e non è potuta rientrare nel pomeriggio."

"La ragazza che mi ha fissato l'appuntamento."

"Esatto. Ma come sono maleducata, non mi sono neanche presentata ufficialmente: sono Judy Medly." Allungo la destra nella direzione da dove, fino a un momento prima, giungeva la voce.

"Jack." La sua presa è calda, ferrea, ma con una nota di delicatezza, come se stesse trattenendo la sua forza.

"Jack..."

"Meiser. Ma preferirei che mi chiamassi solo Jack e mi dessi del tu." Il timbro della sua voce calca il cognome, percepisco astio tra le sillabe.

"Perfetto, Jack. Come lo prende il caffè?"

"Nero. E tu, Judy?"

Con le parole cerca di portarmi al suo livello, mina alla mia posizione professionale e cerca l'approccio uomo-donna.

"Nero." Mi dirigo verso il piccolo cucinino senza dargli tempo di ribattere.

Muovo le mani sicura, conoscendo a memoria lo spazio dove mi sono introdotta. Karen lascia sempre tutto in ordine quasi maniacale.

"Hai bisogno di una mano?"

Scatto come una molla al suono della sua voce così vicina. Il contenuto della tazzina mi cade sul dorso. Subito un forte calore si propaga sulla mia pelle.

"Dannazione! Scusa, non ci ho pensato."

"Non è nulla di grave."

La mano ferita entra a contatto con una più grande e delicatamente mi sento trascinata verso il lavandino, dove l'acqua sta già scorrendo. Il fresco anestetizza il dolore.

"Tienila sotto l'acqua per un po'. Hai qualcosa per le bruciature?"

Sto per ribattere.

"Lascia che faccia ammenda."

"In bagno, ultima porta del corridoio, nel mobiletto sotto il lavandino."

Lo sento allontanarsi frettolosamente e un attimo dopo è di nuovo al mio fianco.

Chiudo l'acqua e cerco uno strofinaccio. Mi asciugo lentamente, ma non riesco a trattenere un verso di fastidio quando sfioro la parte lesa.

"Aspetta, ti aiuto."

Il panno mi viene sottratto. Con delicatezza mi tampona, poi il fresco della crema contro le bruciature.

"Se non ti da noia, dovresti lasciarla all'aria. Se la bendassi farei più male che bene."

"Nessun problema, va già meglio. Non può immaginare quante volte ho dovuto usarla. Tempo un'ora o due e sarò tornata come prima, non è una scottatura grave."

"Lo prendi ancora il caffè?"

Annuisco e faccio per girarmi nella direzione della macchinetta.

"Lascia, ci penso io. Vai a sederti, un secondo e sono da te."

"Grazie." Mi sento presa un po' contro piede da tutte queste attenzioni, ma non riesco ad esimermi dalla sua richiesta premurosa e mi dirigo verso la scrivania di Karen.

Sento l'odore famigliare della bevanda calda e il suono di passi sicuri.

"Ecco."

Mi sposto adagio fino a quando non trovo la porcellana. Afferro il manico e mi porto la tazza alle labbra.

"Ottimo." Sorrido.

Cerco di lasciare l'accaduto alle spalle e ritorno a vestire i miei panni da psicologa.

"Cosa l'ha portata a cercare un sostegno psicologico?"

"Ancora il lei. Ti prego dammi del tu."

"Si sentirebbe più a suo agio?" Lo sento annuire. "Farò una piccola eccezione per te. Qual è la tua storia, Jack."

"Nessuna storia in particolare, non so perché sono qua. Io sto bene."

"Perfetto. Allora perché ti trovi nello Studio di una strizzacervelli?"

"Una scommessa."

C'è sempre una prima volta nel mio lavoro, questa motivazione è una di queste. Mantengo la mimica facciale impassibile, con un gesto gli chiedo di proseguire.

"Se mi intrattengo per almeno dieci sedute con uno psicologo e il risultato è il riscontro di una perfetta attività cerebrale... ottengo una macchina nuova a mia scelta."

Perfetta attività cerebrale?

"Quindi, in poche parole, se dopo dieci incontri risulta che non hai, effettivamente, bisogno di uno psicologo, ottieni un auto."

"Non una qualsiasi, ho in mente un modello piuttosto costoso. Farò scucire a quei due ingrati un sacco di soldi!"

"Chi sono le persone che pensano che tu abbia bisogno del mio aiuto?"

"Mio fratello e mia cognata. Amelia si è messa in testa che..." Sbuffa sonoramente. "Secondo lei dovrei parlare con qualcuno."

Amelia? Se si riferisce a quell'Amelia, inizio a capire.

"E cosa l'ha spinta fino alla mia porta?"

"Non ho scelto io, in verità. La ficcanaso mi ha dato il suo numero. Io ho solo chiesto che non fosse un uomo."

"Preferisci confidarti con una donna?"

"Non precisamente. Diciamo che preferisco le donne, punto."

Amelia, io e te dobbiamo fare un discorsetto.

Infilo il mio auricolare e mi giro verso il PC. Sposto piano il cursore fino a quando la voce elettronica dell'apparecchio mi avvisa che sono sulla cartella "Appuntamenti".

"Quando sarebbe disponibile per il suo primo colloquio ufficiale?"

"Stasera a cena sarebbe perfetto. A causa di una telefonata di lavoro, ho dovuto affrettare la mia pausa pranzo."

Muovo piano il mouse, fino a quando un bip mi indica un buco tra i clienti già fissati, "ore diciotto".

"Se per te va bene, possiamo fissare la tua prima seduta venerdì alle diciotto. Faremo una chiacchierata preliminare."

"Amo i preliminari, trovo che siano sottovalutati!"

Devo dargli atto, non è uno che molla.

Accarezzo la tastiera e scrivo il suo nome, premo invio e segno l'incontro. Tolgo l'auricolare e mi alzo per accompagnare il mio nuovo paziente, verso la porta.

"Allora, Jack, ci vediamo venerdì. In caso di problemi, ti chiedo la cortesia di chiamare la mia segretaria. Il tuo numero dovrebbe già essere inserito nella cartella a te dedicata." Mi sento afferrare la mano e un piccolo cartoncino si appoggia delicatamente.

"Il mio biglietto da visita, così lo puoi dare alla tua segretaria in caso abbia smarrito i miei contatti. Se vuoi lo puoi salvare nei tuoi privati, mi farebbe piacere."

Amelia in che guaio mi hai cacciata.

"Lo darò a Karen. A venerdì." Trovo la maniglia della porta, la abbasso e lo invito ad uscire.

"Ciao, Ombra. Ciao, Judy, a presto."

Il suo profumo mi circonda, sento il suo respiro sul viso.

Un passo, due, tre e Jack si allontana.

Chiudo la porta alle mie spalle e mi porto una mano al petto. Non mi ero resa conto di avere il battito accelerato.

Devo assolutamente chiamarla.

Amelia mi deve qualche spiegazione.

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