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Parte 27

Jack

Cosa fare?

Proteggere.

Sì, ma come?

Le mani intente a pulire i tagli.
La testa alla ricerca di una soluzione.

Del vocale non c'è più traccia; la scritta 'questo messaggio è stato cancellato' lampeggia sotto un numero sconosciuto.
Ho provato a richiamare, solo per sentirmi rispondere, da una voce registrata, che il numero non è più attivo.

Silenzio, fuori.
Baccano, dentro.

"Jack?"

"Per fortuna, non sono ferite profonde. Qualche giorno e sarai come nuova."

"Jack?"

"Eviterei le scarpe, per un po', magari solo dei calzettoni morbidi..."

"Troveremo una soluzione."

Alzo gli occhi verso il suo volto, a quelle parole.

Mi sta rassicurando?

Un dannato stalker la sta controllando.
Uno schifoso stalker le manda messaggi.
Un maledetto stalker...
Chissà cos'altro sta macchinando.

E lei conforta me.
Scuoto la testa cercando di riordinare le idee.

Ma, poi, quali idee? Sono a un maledetto punto fermo.

"Vieni, ti porto sul divano. Devo ancora pulire in cucina." Ammorbidisco la voce, non voglio essere frainteso.

"Devo chiamare Karen..."

"Certo, ti porto il telefono"

"È un mio paziente."

Vorrei non averlo pensato.
Vorrei che lei non me lo stesse confermando.

"In questo caso, chiedile di portare il computer dello Studio." Afferro la sue mani senza esitazione. "Lo troveremo, Judy."

"Grazie." Mormora afflitta.

La sollevo piano e me la stringo forte al petto.

È a causa del mio lavoro se sono in questo stato.
Devo proteggerla, affinché questo non ricapiti. Che altre teste problematiche non possano rivalersi sull'unica cosa bella mi sia rimasta al mondo.

La sua più grande paura si è avverata. Non solo per se stessa, ma, soprattutto, per Angel.

"Non ringraziarmi. Mi avrai tra le scatole fino a quando tutta questa situazione non sarà finita."

"Rimani?"

"Non mi muovo." Provateci pure, qualsiasi cosa accada, io resto.

"Mamma, sono a casa! Ciao, cucciola! Che cavolo è successo qui!?"

Si irrigidisce tra le mie braccia.
Usciamo dal bagno e ci ritroviamo davanti la faccia preoccupata di Angel.

"Ciao, Biondina! La mamma ha deciso di fare il fachiro..."

"Ahi! Quanto fa male?"

"Tranquilla, non è nulla di grave. Mi è caduto un bicchiere e ho pestato accidentalmente qualche scheggia... Per fortuna è arrivato il cavaliere, qui presente, ad aiutarmi!" Forza un sorriso.

"Vado a prendere la scopa e uno straccio... Forse è meglio l'aspirapolvere."

"Poso la mamma e vengo ad aiutarti." Mi allontano in fretta dalla piccola di casa.

"Come facciamo con lei? Non voglio che si senta in pericolo, in casa sua per giunta." Tortura con le mani il bordo della maglietta.

"Ci penso io. Riesci a intrattenere la ragazzina per una decina di minuti? Giusto il tempo di chiamare a raccolta la cavalleria e... Che c'è?"

"Cavalleria?"

"Sono o non sono il tuo cavaliere dall'armatura scintillante!"

Scuote la testa; finalmente un piccolo sorriso le si dipinge sul volto.

"Sei molto di più... Sei il mio eroe."

Un piccolo bacio a fior di labbra e appoggio la fronte sulla sua.

"Sistemeremo tutto, vedrai! Andrà tutto bene."

Con Angel impegnata a raccontare il film appena visto al cinema, esco sul retro per telefonare ad Alex.

"Non mi piace quando lampeggia il tuo nome sul cellulare!"

"Alex, abbiamo un problema." Racconto brevemente quanto appena accaduto.

"Merda! Dobbiamo chiamare la Polizia, subito."

"È quello che voglio fare, anche se in mano, effettivamente non abbiamo niente."

"Hai un'idea migliore?"

"Migliore non lo so. In questo momento voglio solo saperle al sicuro e cercare di capire chi possa essere... È un suo paziente, Alex."

"Doppia merda."

"Venite a cena qui, chiamiamo anche Karen e le facciamo portare il PC dello Studio. Con la scusa di un... pigiama party, o qualcosa del genere, ti porterai via la piccola in modo da tenerla al sicuro. Con lei fuori casa, potremo lavorare sui profili."

"Va bene, ci sto. Chiamo Karen e arriviamo."

Chiudo la telefonata con mille pensieri, domande senza risposta.
Faccio per rientrare, quando il mio sguardo cade sulle figure sdraiate sul divano.
Madre e figlia parlano, ridono inconsapevoli di essere osservate.

Quante volte le ha guardate?
Quante volte le ha seguite?
Quante volte le ha pensate?

Con quelle domande in testa, decido di fare un giro per il perimetro della villetta. Osservo la strada, le macchine parcheggiate, i pedoni che passeggiano attenti, sui marciapiedi ostruiti dalla neve lasciata sui bordi.

Dove sei?
Chi sei?

Il cancelletto non è sicuro, facilmente scavalcabile da chiunque possegga un minimo di coordinazione. La recinzione non svolge lavoro migliore.
Mi appunto mentalmente di far aggiungere delle telecamere esterne.

Ombra ha iniziato a ringhiare

Doveva essere vicino. Peccato che il sale ha sciolto tutta la neve sul vialetto, altrimenti avrei potuto trovare qualche impronta utile alla nostra causa.

Niente di fatto, torno indietro per annunciare l'arrivo dei rinforzi.

Ma prima...
Sfilo il telefono della tasca.

"Ehi, ciao, Jack."

"Josh. Ho bisogno di aiuto."

Judy

Fare finta di niente, come se nulla fosse successo. Stamparmi un sorriso, quando dentro mi sento morire.

Non vedo i volti degli altri, ma l'aria che si respira, pesa quanto un macigno. Per fortuna le ragazze non sembrano accorgersi di questo alone cupo, che aleggia sulla tavola, e continuano a parlare a macchinetta.

"Ragazze? Andate a prendere lo zaino di Angel e i cappotti, si torna alla base! Cate, papà ha tirato fuori i sacco a pelo per entrambe..."

"Campeggio in salotto?"

"Campeggio in salotto!" Le parole magiche.

Baci e saluti.
Abbracci stritolatori, quelli che ti fanno sentire amata, sostenuta.

Non sono sola.

Il tempo di chiudere il portoncino d'ingresso e le braccia affusolate di Karen mi circondano.

"Lo troveremo."

Annuisco piano sul collo della mia amica.
Ci siamo passate già una volta.
Tutt'altra storia, è vero, il bersaglio non ero io.

Oggi... Oggi, sono io nel mirino.
Chiunque ci sia dietro a tutto questo, è me che vuole.

"Dovessi riascoltare tutte le registrazioni... Dovessi passare tutte le notti in bianco... Scoverò il bastardo e gli farò pentire di avermi ridotta l'ombra di me stessa!"

"Che cosa stiamo aspettando? Mettiamoci subito al lavoro!"

Non percepisco il passare del tempo. Un'ora, forse due, il livello di concentrazione è così alto che il resto passa in secondo piano.
Karen picchietta inesorabile sui tasti, aggiungendo i vari profili utili alla ricerca, nella cartella nominata 'ti troveremo Bastardo'.

"A quanto stiamo?" Mi accascio sulla sedia.

"Trenta, ergo: troppi!"

"È solo la prima scrematura, Karen." Speravo meno, ma non me la sono sentita di prendere sotto gamba la situazione, così quelli che non mi ispiravano totale fiducia, sono finiti nel file.

"Jack, si può sapere cosa stai facendo?" La mia segretaria interpella l'unica altra presenza all'interno della casa.

"I compiti."

"Lavoro?" Con la rivista e il telegiornale ha il suo bel carico di responsabilità.

"Non proprio. Ho chiesto a Josh di contattare i miei responsabili di archivio e di farmi mandare ogni articolo o servizio sullo Stalking. Mentre voi vi portavate avanti con i profili, mi sono permesso di delineare una traccia che potrebbe aiutarci a riconoscere i tratti che contraddistinguono un possibile stalker."

Notevole, non c'è che dire.

"Lo sai che questa bella donna ha studiato psicologia criminale all'università?"

"Davvero?"

Muovo la mano come a scacciare una mosca fastidiosa.

"Solo un paio di semestri. Poi ho deciso di lasciare quel ramo." Rabbrividisco al solo pensiero. Studiare le menti criminali, i serial killer... non faceva per me. "Direi di fermarci qui, per stasera, ho il cervello completamente impallato. Che ore sono?"

"Quasi mezzanotte. Ora che vada a casa."

"Vuoi restare a dormire? La cameretta di Angel, come puoi immaginare, è libera."

"Grazie, ma Max mi aspetta a casa sua. Vista la situazione non vuole che io resti da sola. Mi sono preparata una borsa di vestiti, per qualche giorno dovrei essere a posto."

"Mi dispiace, tutto questo casino... Se fossi stata più attenta, forse avrei potuto evitarlo."

"Sei una pazza molestatrice? Non mi sembra. Quindi, piantala subito. Adesso l'importante è trovare il profilo giusto e dare tutto in mano alla Polizia. Avessimo avuto almeno la registrazione... ma senza nulla in mano, finiremmo nel dimenticatoio in meno di tre, due, uno..."

Ha ragione.

"Domani mattina riprenderemo da dove abbiamo interrotto, perciò fila a letto e cerca di riposare."

Jack si fa avanti.

"Ti accompagno alla macchina. Se posso permettermi, sarei più tranquillo se per tutto il tragitto restassi al telefono con noi... Non mi piace saperti in auto, sola, di notte."

"Che carino, si preoccupa per me!"

"Scema!" Ridacchio.

"Tranquillo, Jack, ho uno spray al peperoncino nella borsa, una chiave inglese sotto il sedile e ho potenziato il mio urlo."

"Ok per le prime due, ma l'urlo..."

"Hai presente le Banshee? Teen Wolf? Beh, mi fanno un baffo!"

"Uhm... Continuo a puntare sulla chiave inglese."

"Va bene, la terrò a portata di mano."

"E il cellulare! Sono d'accordo con Jack, mi sentirei più tranquilla."

"Va bene, va bene."

Indosso un paio di boots morbidi, per non sollecitare troppo le ferite dei miei piedi, non voglio rischiare che prendano nuovamente a sanguinare. Scendiamo il vialetto, le braccia avvolte intorno al corpo per tenerlo al caldo.
Jack è rigido al mio fianco, intento ad osservare la notte che ci circonda. Nonostante io non possa vederlo, percepisco la sua urgenza di trovare qualcosa, un indizio.

La macchina parte portandosi via la mia amica, ma nonostante il freddo, non ci affrettiamo a rincasare. Respiro il gelo, trasportato dall'aria dicembrina. Lo incamero per qualche secondo per poi rilasciarlo in sbuffi di fiato, con la speranza che si porti via quella sensazione opprimente che mi ha accompagnata da quando ho ricevuto quel messaggio. O forse, lo cristallizza da qualche parte nella mia testa; non lo so dire con sicurezza, solo il tempo...

"Torniamo dentro?"

Annuisco mentre mi giro verso il cancelletto.

Un odore mi blocca.
Confuso, tenue, ma già percepito. Cerco di ricordare dove, ma soprattutto, perché mi destabilizzi in questo modo.
Volto la testa a destra a sinistra.

"Tutto bene?"

"Lo senti anche tu?"

"Cosa?"

Gas di scarico, fumo dei camini? No.

"Odore di sigaretta."

"Ombra? Vieni, piccola, porta dentro Judy."

Afferro il pelo appena mi sento solleticare la mano.

"Jack?"

"Faccio solo un giro qui attorno. Karen? Ti passo Judy. Sì, ti farà compagnia lei."

"Che succede?" Appena afferro il telefono, la voce della mia segretaria cattura la mia attenzione.

"Niente, spero. Ho avuto come... un flash."

"Mi stai facendo preoccupare."

Cerco di rassicurarla cambiando discorso: le chiedo se c'è traffico, se le strade sono pulite, fino quando sento sopraggiungere i passi di Jack.

"Tutto tranquillo."

Me lo sono immaginato?

"Ragazzi, sono arrivata! Ci vediamo domani mattina!"

Ci salutiamo augurandoci la buonanotte. Anche se sospetto, sarà tutto fuorché un sonno ristoratore.

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Ti ho mandato un messaggio.

Nonostante tutto, sono un vigliacco e non riesco ancora a mostrarmi a te. Non riesco a rivelarmi.

Ho sentito il vetro infrangersi, mi sono preoccupato.
Ma il tuo cazzo di cane faceva troppo rumore. 
Mi sono dovuto allontanare.

Non sei mai stata sola.
Io ero fuori ad aspettare.
Io ero pronto a intervenire.
Bastava che mi chiamassi...
Ho lucidato la mia armatura.
Io ero pronto a salvarti.

È arrivato Lui.
Ancora una volta, Lui.

Non è giusto per te.

Ho visto come ti ha ridotta.
Ho visto come ti ha fatto sentire.
Sei finita all'ospedale per Lui.

Non è degno.

Ma Io...
Io sono quello che hai creato, plasmato. Ho seguito i tuoi consigli, uno alla volta.
Mi incoraggiavi, mi sorridevi. Spuntavi le caselle per ogni mia vittoria.
Ogni mia vittoria era nostra. Te ne sei mai accorta?
Certo, te ne sei accorta.
Hai sempre finto con me.
Hai sempre finto di non capire che parlavo di te. 

La tua mentita noncuranza mi ha fatto ricadere nel vizio, sai?
Il dubbio mi ha spinto a ricominciare. 
Sì, ho ripreso a fumare. Dopo tanto tempo ne ho avvertito la necessità. 
Mai quando venivo in Studio; non volevo che sentissi il vizio sulle mie mani, nel mio alito, sui vestiti.

È arrivata Karen.
La piccola, gentile, affidabile Karen.
Perché l'hai chiamata?
Lei non fa parte di noi, dei nostri progetti. È sempre e solo stata una spettatrice ignara.

La gente entra e esce dalla tua porta.
Hai mandato via tua figlia, la tua segretaria...

Ma Lui è ancora al mio posto.
Dentro la tua cazzo di casa dovrei esserci Io, non Lui.
Insiste a starti attorno. 

Illuso. 

Troverai il modo per sbarazzartene, altrimenti ci penserò Io a buttarlo fuori dalla porta, tranquilla.
I ruoli si invertiranno, vedrai.
Io dentro... Lui fuori.
Troveremo una soluzione anche per quello.

Nel frattempo butto l'ennesima sigaretta e mi riavvolgo la sciarpa sulla bocca.

La stessa che ha camuffato la mia voce, quella volta. 
La stessa che ho voglia di stringere attorno alla gola dell'usurpatore dei miei diritti.
C'ero Io prima.

Non tocca a Lui starti accanto.

Mi riprenderò quello che mi appartiene.
Aspettami, sto venendo a prenderti.

Con le buone o con le cattive.

Non mi lasci altra scelta.

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