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Parte 10

Jack

"Adesso basta!"

Un forte rumore mi costringe a spalancare gli occhi. La luce, seppur flebile, mi ferisce i bulbi oculari, mentre fitte lancinanti mi attraversano il cervello.

"Non so cosa sia successo, ma così non puoi andare avanti." 

Josh non mi dà tregua. Non capisco cosa sia peggio, se le sue urla o il malessere che mi sovrasta.

"Abbassa la voce." La mia quasi non la sento. Forse l'ho solo pensato.

"Col cavolo che abbasso la voce!" 

Ergo, non l'ho solo pensato. 

"Sono stufo, cazzo!" 

Mio fratello non dice spesso le parolacce, inizio a preoccuparmi.

"Fratellino, non sono proprio in forma smagliante in questo momento." 

È un eufemismo. Sto davvero una merda, ma questo me lo tengo per me.

"Sono giorni, Jack, che ti riduci in questo stato. Cosa diavolo ti sta succedendo? Dormi in ufficio, nei corridoi ti muovi come un fantasma, non parteci alle riunioni!" 

Ti prego non proseguire. 

"Non farmi andare oltre." La sua voce si rompe su queste ultime parole. 

So a cosa pensa.

"Devi farti aiutare." 

Ci ho già provato Josh, ma non sono capace. Dare le redini del comando in mano ad un'altra persona, non è nel mio stile.

"Ascolta. Dopo quello che è successo ad Amelia... Sono tornato in terapia." 

Scuoto la testa. Apro e chiudo la bocca, ma non esce nemmeno una sillaba. 

"Ne avevo bisogno. Adesso va meglio, sono due mesi che non prendo pillole. Neanche una. Forse..."

Alzo la mano per fermarlo. Non voglio sentire dove andrà a parare questo discorso. Costringo le mie gambe a collaborare. Una volta ristabilito l'equilibrio, mi dirigo con passo malfermo verso il mio bagno privato.

L'acqua fredda mi risveglia dal torpore indotto dai troppi drink.
Spio il mio riflesso e... niente. Mi faccio schifo da solo. Se possibile più del solito.
Fermo sulla soglia, il mio inquisitore personale mi scruta, mi studia.

"Non succederà più. Adesso vai a giocare con i tuoi numeri."

"Ma io, veramente..." Tentenna. 

Non deve continuare, non glielo permetto.

"Torno a casa, una bella dormita e da domani sarò come nuovo." 

Mi volto verso il lavandino, con la mano gli faccio segno di andarsene. Lo sento tirare un respiro profondo, infinito, poi il suono dei suoi passi che si allontanano.

Riporto lo sguardo verso lo specchio e lo vedo. Quel ghigno storto che non mi appartiene. Si fa beffe di me.
Questa volta non c'è nulla a bloccarmi, nulla a ristabilire un contatto con la realtà, nulla a fermare il mio pugno.

Uno schianto e il mio viso cade a terra, schegge taglienti sul pavimento lucido.
Solo gli occhi restano a fissarmi, a deridermi.

Il mio incubo mi circonda, mi guarda da tutte le direzioni, mi tiene sotto scacco. Lo calpesto mentre esco dalla stanza.

Un nuovo dolore si fa strada. Fisico.
La mia mano paga il prezzo del mio gesto avventato.

"Cosa diavolo è stato?" 

Josh ritorna sui suoi passi.

"Lo specchio si è staccato dal muro; ho cercato di bloccarlo." Mentire, mentire, mentire. Proteggere.

"Guarda in che stato ti sei ridotto, ci vorranno dei punti." 

È subito al mio fianco.

Guarda quel taglio! Ma come hai fatto? Dovremo andare al Pronto Soccorso, ma non ti devi preoccupare. Non ti lascerò mai da solo.

Alzo la testa confuso. Il respiro si incastra mentre la cerco con lo sguardo. Il viso di Josh mi si palesa davanti, preoccupato. Nei suoi lineamenti rivedo lei, nel suo tocco gentile la ritrovo.

La mente mi confonde, perdo lucidità, mi accascio sull'unica persona che mi sia rimasta al mondo.

"Jack!"

Mi arrendo.

Judy

"Fa un male cane!"

"Hai sentito, Angel, un attimo e il dottore verrà a visitarti. Sanguini ancora?" 

Sono inutile. Ancora una volta non servo a nulla.

Preparo il contorno! Dana mi ha lasciato tutte le istruzioni, non é difficile.
Il rumore del coltello che inarrestabile, batte sul tagliere.
Facile te l'ho detto.
L'acqua che scorre.
Un secondo e qualcosa va storto.

"Penso di aver finito il sangue! Che stupida, ho le mani di pasta frolla. Se solo fossi stata più attenta." 

"Angel, gli incidenti capitano. Ma promettimi che se la prossima volta il coltello ti scivolerà di mano, non cercherai di prenderlo al volo!" 

Trovo con la mia spalla la sua, una leggera spinta e la faccio ridere.

"Promesso!" 

La sento rilassarsi un pochino. Io, d'altro canto, sono un fascio di nervi. Se solo potessi vedere con i miei occhi l'entità del danno.

La tendina che ci regala la giusta privacy, viene scostata.

"Angel, giusto?" Una voce allegra spezza il silenzio.

"Sì. Sono io."  

Cerco la sua gamba e le do una leggera stretta.

"Mamma di Angel, suppongo! Buonasera, signora, dottor Hansel. Se non le crea troppo disturbo, l'infermiera della reception avrebbe bisogno dei documenti e di qualche scarabocchio."

Mi scosto mio malgrado dal lettino. Con una mano afferro il mio navigatore, con l'altra seguo il materasso.

"Certo, se può indicarmi la strada." 

Una presa delicata si stringe attorno al mio braccio.

"Farò di meglio. Miriam! Scusa il disturbo. Potresti accompagnare la signora fino alla reception? Nel frattempo io guardo la situazione di quella mano."

"Torno subito, piccolina. Farò in un lampo."

"Vai pure, Mamma. Sono grande ormai." 

Non sa mentire.

Mi giro. Un profumo di disinfettante misto a uno da donna mi giunge alle narici.

"Chiedo scusa del disturbo."

"Non lo dica neanche. Facciamo in fretta così può tornare dalla sua bambina."

Dopo aver firmato tutte le scartoffie, sono nuovamente sola. La gente mi passa accanto, mi evita.

"Signora, ha bisogno?" Un uomo mi blocca notando la mia difficoltà nell'orientarmi in questo labirinto di corridoi. 

"Sto cercando il Pronto Soccorso. Mi sono dovuta allontanare per firmare dei documenti, ma adesso non riesco ad orientarmi. Se mi potesse indirizzare verso la strada giusta, mi farebbe un enorme favore." 

Cerco di non dare vedere l'imbarazzo che provo per questa situazione, ma il pensiero di Angel, sola in un lettino d'ospedale, risveglia la mamma protettiva che è in me, l'urgenza di ritrovarla.

"Andiamo dalla stessa parte. Se mi consente, la scorto fino al reparto." 

Lascio andare un sospiro di sollievo. Annuisco e lo ringrazio.

"Ma no, sei stato più coraggioso tu! Guarda che casino è la tua mano. A me hanno messo solo un po' di colla." La voce della mia undicenne. 

"Grazie ancora, adesso riconosco la strada." 

Il braccio venuto in mio aiuto, si scosta.

"Si figuri, mi sa che stiamo andando nella stessa direzione." 

"Non è un dottore, non sento odore di ospedale." 

Lo sento ridacchiare.

"No, solo il fratello di un uomo cocciuto. Se ho ben capito, la bambina che gli sta facendo compagnia è sua..." Non riesce a finire la frase che viene interrotto. 

"Mamma! Sei tornata." Il sollievo nelle sue parole è palpabile.

"Certo, scusa se ci ho messo tanto. Allora, cosa ti ha detto il dottore?" 

"Mi ha incollata!" 

Rido a quelle parole. 

"Ho un cerotto enorme."

"Ti ha fatto male?"

"No, il signore qui vicino ha detto che sono stata bravissima, neanche un lamento. A lui è andata peggio. Gli hanno messo dei punti." L'indelicatezza di un'adolescente.

"Judy." Quella voce. 

Giro di scatto la testa. 

"Sei proprio tu." 

Non può essere. Il sorriso eclissato lascia spazio alla confusione.

"Ah! Vedo che conosce mio fratello." 

Quasi non percepisco le parole dell'uomo gentile al mio fianco. Annuisco per pura cortesia.

"Tesoro, se è tutto a posto, direi che possiamo andare dall'infermiera per farti dimettere."

Codarda. Troppa luce si sta riversando sulla mia privacy. Sento un cigolio, Angel mi raggiunge. 

"Vi ringrazio per tutto, ma adesso è meglio se facciamo ritorno a casa."

"Ci fermiamo a mangiare da qualche parte? Ho una fame! Non penso di poter cucinare ancora di stasera." 

Mi avvicino la testa bionda al petto, con fare protettivo. 

"Certo, chiamo un taxi e ci facciamo lasciare alla pizzeria vicino a casa, così facciamo due passi prima di andare a letto. Ombra sarà preoccupata, non voglio fare troppo tardi."

"Judy." 

Il mio nome pronunciato da lui è come una carezza. Mi destabilizza.

"Grazie ancora, rimettiti in fretta. Josh, grazie per l'aiuto." 

Il suo nome mi scappa dalle labbra. Non attendo risposta, Angel mi guida sicura verso l'uscita. Mormorii alle spalle, li percepisco, ma non colgo nessuna parola utile.

Siamo fuori dall'ospedale, strette in un abbraccio in attesa dell'arrivo del nostro passaggio. L'aria pungente che si respira non ci da tregua. Un clacson suona risvegliandomi dallo stato di trance in cui mi sono lasciata trasportare. Ci affrettiamo verso l'auto in sosta, ma una voce mi fa inciampare sui miei stessi passi. 

"Scusa del disturbo, amico, spero bastino per risarcire il tuo giro a vuoto." 

L'auto riparte.

"Signore. L'auto vi attende." 

La risata cristallina della ragazzina stretta al mio fianco, mi risveglia dal torpore.

"Cos'hai contro i taxi, Jack?"

"Nulla, ma io e mio fratello dobbiamo ancora mangiare e da quello che ho sentito, qui c'è una ragazzina che ha il nostro stesso problema."

"Sìììì! Dai, Mamma. Ti prego." 

Alzo la testa verso il cielo alla ricerca di risposte. 

"Ti prego, ti prego, ti prego!!!" 

Lascio andare un respiro da troppo tempo trattenuto e mi dirigo, con passo incerto, verso la voce dell'uomo da cui dovrei scappare.

Siamo soli al tavolo. Josh ed Angel si sono alzati con la scusa del bagno. 

Così passiamo a vedere il carrello dei dolci. Quando li elencano, vanno troppo di fretta per i miei gusti.

"Mi dispiace." 

Lontani dall'aria asettica del Pronto Soccorso, il profumo di Jack è tornato prepotente.

"Non devi. Non lo pensi davvero." Rispondo piccata.

"Non la storia del taxi. Per tutto il resto."

"Ci abbiamo provato, non ha funzionato. Se hai bisogno di un nuovo terapeuta, conosco dei colleghi molto capaci."

"Non voglio un altro strizzacervelli. Vorrei te. Pensi... Pensi di potermi dare un'altra possibilità?"

"Sai troppo, questo mi preoccupa. Tu hai visto troppo." Sottolineo decisa. 

Come potrei andare avanti, adesso che sa? 

Una mano calda avvolge la mia. Una scarica si propaga in tutto il mio corpo.

"È stupenda. Non farei mai nulla per danneggiarla, danneggiarti." 

Vorrei che quel contatto non finisse mai. 

"Davanti a scuola, quel giorno, era lei che aspettavi." 

Annuisco in risposta. 

Le cicatrici vicino agli occhi iniziano a formicolare. Con mano tremante mi sfilo gli occhiali. Sono scuri, grandi, nascondono gran parte del mio viso. Non amo che la gente mi osservi, che guardi il prodotto di una mente malata. 

Le persone vedono un cane guida, un bastone bianco, gli occhiali scuri e pensano di sapere. 

Le macchie chiare sulla mia pelle, la stessa che in alcune zone si deforma in solchi, gli occhi vuoti, raccontano un'altra storia. Pochi la conoscono.

"Sei bellissima." La voce profonda, appena sussurrata, sovrasta il brusio del locale. Ci isola.

"È a causa del mio lavoro se sono in questo stato. Bellissima, tu dici!" Scuoto la testa con un sorriso storto, amaro. 

"Devo proteggerla, affinché questo non ricapiti. Che altre teste problematiche non possano rivalersi sull'unica cosa bella mi sia rimasta al mondo."

"E allora lascia che sia io a proteggerti, a proteggervi." 

Vorrebbe trattenersi, ma sento crollare un muro. Mattone dopo mattone, cede. 

"Da quando sono andato via dal tuo Studio, non sono stato bene. Se questo toccasse solo la mia persona non mi preoccuperei. Ma il problema è che sto trascinando nel mio incubo personale, le uniche persone che mi sono rimaste. Aiutami, Judy!"

Josh e Amelia.
Angel.

Entrambi abbiamo qualcuno da proteggere.

Jack?
Anche lui ha bisogno di protezione. 

Io?

"Lascia che mi prenda cura di te." Ripete ancora, con più enfasi.

Rimango scioccata. Una lacrima decide di sporgersi, fino a tracciare il suo letto personale. 

Una mano se la porta via.
Un'altra prende il suo posto.
Un torace caldo la asciuga.

"Non piangere. I ragazzi stanno tornando, non vogliamo che la tua piccola si preoccupi." 

Mi scosto di scatto, mi passo le mani sul viso nel tentativo di darmi una sistemata. Cerco le lenti, ma queste tornano al loro posto senza il mio aiuto. 

"Grazie."

Siamo finalmente a casa. Angel saluta i nostri accompagnatori, per poi dileguarsi alla ricerca di Ombra. Mi attardo davanti alla soglia ancora un momento. Il profumo di Jack sostituisce l'aria fredda. Mi tiene al caldo.

"Chiama Karen per fissare il prossimo appuntamento." 

Lo sento annuire.

"Dammi il tuo cellulare." 

Sto per tirarmi indietro. 

"Ti prego." 

Lo cerco nella tasca, la mano un po' tremante mi tradisce. Un secondo e l'apparecchio ritorna tra i miei palmi. 

"Cercare, Jack, avviare la chiamata." Pronuncia quelle parole con sicurezza. 

Un sorriso nasce sul mio viso quando il trillo di una suoneria, rompe il silenzio.

"È stata una brava maestra."

"La migliore." Ridacchia compiaciuto. 

Lo sento tornare serio. 

"Per qualsiasi cosa, anche la più stupida. A qualsiasi ora del giorno e della notte, chiamami. E io correrò da voi."

Un piccolo spostamento d'aria.
Le sue labbra morbide si posano sulla mia guancia.

"Buona notte, Judy."

"Buona... Buona notte, Jack."

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