Capitolo 15
Londra
«Ok. Finitela. Piantatela di guardarmi come se fossi un alieno» esclamo, allontanandomi sia da Liam che da Connor, dopo quasi un quarto d'ora, durante i quali mi hanno fissata così intensamente da farmi venire la pelle d'oca.
«Liv. Hai uno specchietto?» domanda mio marito, di punto in bianco «Connor. Il cellulare» aggiunge, al mio cenno negativo.
Il ragazzo, ancora ammutolito e stupefatto, gli passa il telefonino. Liam digita qualcosa dopodiché mi scatta una foto, infine gira il display verso di me cosicché io posso vedere lo scatto appena rubato.
«Ma che diavolo...» mormoro con un filo di voce, allungando entrambe le mani per prendere il cellulare.
La fotografia che mi ha fatto non mi rappresenta affatto: si tratta di una donna dai capelli neri e lunghi, legati in una coda alta, con la bocca carnosa socchiusa a forma una O perfetta e due occhi sgranati di un azzurro impossibile.
E le mie iridi di certo non sono celesti, bensì verdi, il colore degli smeraldi più puri.
«Questa non sono io. Non posso essere io» affermo, alzando il tono di voce, sfidando i ragazzi a dire qualcosa.
Liam mi prende il telefonino dalle mani tremanti e lo restituisce a Connor, che lo prende e se lo mette in tasca senza mai distogliere lo sguardo da me.
«Dolcezza» sussurra mio marito, protendendo una mano nella mia direzione, forse allo scopo di rassicurarmi.
Io arretro di un passo, in maniera quasi inconsapevole. So che se Liam mi toccasse, potrei cadere in mille pezzi. E, ora come ora, non posso permettermelo.
Devo essere forte. E razionale.
Ma come posso con tutto quello che mi sta accadendo?
«Il sogno... era reale» bisbiglio, senza fiato, mentre il mio cervello entra in azione e unisce tutti gli indizi a nostra disposizione.
«Quale sogno?» chiede Liam, ritraendo la mano e rimanendo immobile per evitare che io mi allontani ancora di più da lui.
«Il triceratopo a Dallas» rispondo meccanicamente e, soltanto quando vedo il suo sopracciglio alzarsi, realizzo che non gli ho raccontato nulla della mia visione onirica.
«Potresti spiegarti meglio?» domanda ancora, con una pacatezza sorprendente.
Io, invece, sono un fascio di nervi. La mente frenetica vaglia un'ipotesi dopo l'altra. Il cuore pompa sangue e ansia in tutto il corpo a velocità sempre più sostenuta. Se non riesco a calmarmi, fra poco sverró di sicuro.
D'altronde, come faccio a recuperare un briciolo di compostezza?
I miei occhi hanno cambiato colore, dannazione!
«Liv? Dolcezza?» Il tono dolce e tenero di mio marito riporta la mia attenzione su di lui.
Riesco così ad accantonare per un attimo i miei deliri interiori.
«Sì. Ci sono. Scusa. Io...» farfuglio, passandomi entrambe le mani sul volto provato «Ho sognato un dinosauro che camminava lungo una via. Non ci ho dato peso finché non ho visto la stessa immagine all'interno di uno degli ologrammi nella sala principale.»
«Ecco perché ha detto che era strano» commenta Connor, rompendo il silenzio per la prima volta da quando sono cambiata «Ma perché non mi ha spiegato nulla? Sa che può dirmi tutto, prof.»
Lo sguardo ferito del ragazzo mi spezza il cuore. Per molto tempo, io e lui siamo stati una squadra, una famiglia, poi è arrivato Liam con varchi, Centro e chi più ne ha più ne metta.
E le cose sono cambiate in maniera radicale e traumatica.
Non mi sto pentendo di aver varcato il mondo dell'impossibile, però molte volte mi sono domandata perché non mi facevo da parte per ritornare alla normalità.
La risposta è semplicissima: i miei affetti, il senso del dovere, l'innata curiosità che mi contraddistingue.
Lavorando per il Centro, ho pianto fiumi di lacrime e ho sopportato dosi immani di dolore e sofferenza. Ma speravo di poter assaporare un po' di pace dopo essere tornata alla mia epoca. Invece, ogni volta che la mia vita si stabilizza, accade sempre qualcosa che la manda fuori asse.
«Non... non volevo farti preoccupare» gli dico, in tono fiacco e poco convinto «Credevo che si trattasse di una coincidenza. Per quanto bizzarra e inquietante. E poi non volevo darvi un motivo per lasciarmi in panchina.»
Ora che ho espresso i miei pensieri a voce alta, mi sento un poco sciocca, ma i ragazzi mi fanno capire che sto sbagliando un'altra volta. All'unisono si avvicinano a me e mi abbracciano strettamente: Liam a sinistra e Connor a destra.
Rimango inerme fra le loro braccia, crogiolandomi nel calore affettuoso e amorevole con cui mi circondano e riesco nuovamente a riflettere in maniera lucida.
Qualunque cosa mi sia successa, ho la certezza che la scopriremo e sapremo come contrastarla.
«Scusatemi. Davvero» sussurro con le lacrime agli occhi, non appena sciogliamo l'abbraccio.
«Nessun problema, prof» mi rassicura subito Connor con sguardo lucido «Però, sempre se non le dispiace, posso guardare più da vicino?»
Deglutisco saliva e angoscia per poi annuire con un secco cenno del capo. Liam rimane in silenzio, ma mi prende la mano e intreccia le sue dita con le mie, donandomi un po' della sua forza.
«Mi ricordavo qualcosa, però non saprei cosa di preciso» afferma Connor, in tono confuso e pensieroso «A parte l'evidente cambio di colore, pare che non vi sia nulla di strano. Cioè, ovviamente, è una cosa bizzarra che l'iride sia diventato così azzurro mentre lei avrebbe due splendidi smeraldi, ma... avete capito cosa intendo, vero?»
Il suo familiare farfugliare distende i miei poveri e privati nervi, ridandomi il sorriso, seppur lieve e incerto.
«Quindi non dobbiamo preoccuparci? E il suo sogno?» domanda Liam, aprendo bocca dopo un lungo silenzio riflessivo.
«Beh, potrei portarla in laboratorio e fare qualche esame» ipotizza Connor, facendomi sgranare gli occhi «o forse no.»
«Oh, porca...» inizia a imprecare mio marito, a denti stretti.
«Che succede ancora?» chiedo, un poco esasperata da tutta la situazione.
«I tuoi occhi sono tornati normali» risponde Liam con voce atona, facendomi venire i brividi.
«Così? Di punto in bianco?» continuo a interrogarlo, in tono pressante «Non ho avvertito nulla.»
«Hai sbattuto le ciglia e voilà. Da azzurro a verde in un secondo» mi spiega l'uomo, lasciandomi la mano e scostandosi da me come se avesse paura «Mio Dio...»
Mi mordicchio il labbro inferiore per non mettermi a piangere. Dopotutto la sua reazione è normale, però speravo che mi sarebbe rimasto accanto. Connor ci guarda con pena e indecisione come se volesse parlare ma non ne avesse il coraggio così lo incoraggio con un gesto del capo.
«Visto che tutto si è concluso nel migliore dei modi, potremmo tornare alla faccenda di cui volevo parlarvi?» domanda a voce molto bassa e incerta.
Apprezzo moltissimo il suo sforzo per alleggerire l'atmosfera, ma la cose sono cambiate in maniera inesorabile come quella sera nella foresta di Gryf.
E non credo che torneranno come prima.
Mai più.
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