Vulnerabile
Mi faccio perdonare per le settimane in cui vi ho fatto aspettare aggiornamenti mai arrivati!! Eccone già uno nuovo, taaaac!
Buona lettura! 😁 Come sempre, like e commenti sono praticamente d'obbligo eh!!
Sera del 7 maggio 2016
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Percy si chiuse in camera e iniziò a iperventilare.
Si era tanto prodigato per diventare più disciplinato, per dare il buon esempio ai semidei della nuova generazione, per raddrizzare la propria vita dopo la rottura con Annabeth e smettere di cacciarsi nei guai.
E ora, che cazzo gli era preso!? Era andato fuori di testa!? Aveva sbattuto contro uno scoglio!? Il Tridente gli aveva succhiato via quel briciolo di buon senso che aveva!? Non riusciva nemmeno a resistere ai propri impulsi sessuali, dannazione!
Misurò la stanza a grandi passi più e più volte, ignorando il dolore fisico diffuso in tutto il suo corpo solo perché era troppo impegnato a sentirsi un perfetto idiota.
E preso da un raptus di ira, non riuscì a trattenersi dallo sferrare un pugno contro una parete della sua cabina.
Ora, in circostanze normali, un semidio qualsiasi si sarebbe anche fatto un po' del male e avrebbe rimpianto quel gesto impulsivo una volta comparso il livido; ma un semidio come lui, al massimo, avrebbe forse sentito un formicolio e lasciato un'ammaccatura nel punto colpito.
Invece, stavolta, sentì un'esplosione contro le nocche, e delle fitte tremende irradiarsi in tutta la mano fino al braccio.
Ritrasse il pugno, e dopo un secondo di incredulità, si lasciò andare ad un sonoro lamento <<AHHHHHHHH!!! CAZZOOO!!>> mentre sventolava la mano dolorante saltellando sul posto.
Tornato più lucido, provò a raddrizzare le dita in una posizione normale, ma non vi riuscì senza vedere le stelle: si era rotto le ossa.
<<Ma... che...?>> mormorò non concependo l'accaduto.
Se l'era vista brutta in molte occasioni, ma la sua resistenza fisica era qualcosa di portentoso, invidiatogli da ogni altro semidio, così come la sua capacità rigenerativa. E ora, bastava un pugno per fratturarsi la mano!?
Si fermò a riflettere, ed ebbe paura mentre faceva il conto di tutte le stranezze verificatesi da quando aveva usato il Tridente. Sapeva che sarebbe stato rischioso, ma non avrebbe mai immaginato quanto.
Scacciò quei dubbi dalla mente, e si diresse verso l'infermeria. Si disinfettò le nocche scorticate, sentendo un bruciore esagerato, e cercò qualcosa per fasciarsi.
<<Ti serve aiuto?>> Ines era sull'uscio della porta, e fissava il ragazzo con sguardo assente. Teneva tra le braccia delle bende sporche di sangue.
Percy sobbalzò spaventato, poi annuì. La ragazza entrò, e, muovendosi come un automa, gettò nella pattumiera le bende, si lavò le mani, e prese subito tutto l'occorrente per medicare il ragazzo al meglio, ricordando a memoria dove si trovasse tutto il necessario.
Per tutto il tempo, evitò di guardarlo in volto, mantenendo un'espressione contrita.
<<Ti dà ancora fastidio avere un maschio tra i piedi?>> chiese lui cercando di spezzare quel silenzio imbarazzante.
Lei alzò lo sguardo, e lo guardò negli occhi. Per la prima volta, Percy la osservò bene, registrando i suoi lineamenti delicati. Prima di allora, non ci aveva mai prestato molta attenzione, e forse non avrebbe saputo distinguerla in mezzo alle altre Cacciatrici se non fosse sempre stata alle calcagna di Talìa.
<<Non mi dai affatto fastidio, Percy. Anzi, siamo state fortunate ad averti avuto con noi.>> ammise a labbra strette. Aveva profonde occhiaie e sembrava esausta. <<Scusa, ma devo steccarti medio, anulare e mignolo o guariranno male.>> aggiunse in tono neutro.
Ma Percy non prestò attenzione a quel dettaglio; deglutì, e in tono triste disse <<Avrei voluto fare di più, e proteggervi tutte.>>
Ines abbassò lo sguardo sulla mano ferita del ragazzo, e appena ebbe finito di steccarla in tono sincero esclamò <<Hai fatto molto più di quanto pensi. Grazie.>> poi gli diede del ghiaccio sintetico, raccomandandogli di tenerlo sulla mano per almeno un'ora per evitare che si gonfiasse, e si congedò portando con sé altri medicamenti, forse per andare da qualche sorella ferita.
Percy rimase una decina di minuti seduto su lettino dell'infermeria con il ghiaccio sulla mano, contemplando l'improvvisa e inusuale fragilità del proprio corpo.
Dopodiché, sentendosi stupido per tutte quelle preoccupazioni, gettò il ghiaccio nella pattumiera autoconvincendosi di non averne davvero bisogno, e uscì dall'infermeria.
Nel mentre, vide due Cacciatrici provenire dall'armeria alla sua destra in rispettoso silenzio, ma non riportavano armi con sé, né sembravano molto battagliere.
Quando le due ragazze ebbero risalito le scale, Percy si diresse verso quel deposito, sospettando cosa vi avrebbe trovato.
A aveva ragione: le armi erano state tutte accatastate in un angolo del locale per lasciare più spazio possibile, e a terra, in file ordinate, erano disposti 9 corpi avvolti in drappi neri con decori a mezzaluna argentei.
Erano i corpi delle Cacciatrici che era stato possibile recuperare. Di molte altre, sarebbe stato il mare la loro tomba.
Sentì un groppo in gola e i brividi lungo tutta la schiena, e l'irrefrenabile impulso di guardarle in volto. E una per una le scoprì per osservarle e imprimersi a fuoco nella memoria i loro lineamenti. Non le avrebbe mai dimenticate o confuse l'una con l'altra come aveva fatto fino ad allora.
Soprattutto si sarebbe ricordato di Laura, la ragazzina che era tanto curiosa di conoscere il sesso e l'amore, e non ne avrebbe mai avuto l'occasione.
<<Triste vedere così tanta carne fresca andata al macello. Così giovani...>>
Percy sobbalzò dallo spavento, ed era ancora così instabile che perse l'equilibrio e sbatté contro le mensole piene di armi, facendone cadere alcune <<Ares... che cazzo ci fai qui? Non sei il benvenuto!>> sbottò rimettendosi in piedi con sguardo feroce e asciugandosi gli occhi lucidi.
Il dio ignorò i toni sgarbati del ragazzo <<Beh, vengo a rendere omaggio a delle guerriere cadute, grandi guerriere... per una nobile causa...>>
<<Nobile causa?! Voi Dei... Nemmeno volevate ammettere l'esistenza di mostri non appartenenti alla mitologia greca, e ora tu vieni a rendere omaggio a coloro che hanno perso la vita per sconfiggerne uno e difendere VOI, come sempre! Codardo!>>
Il dio ghignò, mentre sfilava davanti ai corpi delle cadute <<Sempre irriverente, ragazzino, eh?>>
<<Non sono più un ragazzino, sono un uomo! E ora vattene o...>>
<<... o cosa, semidio? Sei sicuro di volermi minacciare... nelle tue condizioni?>> gli chiese con sguardo di sfida squadrandolo da capo a piedi.
Percy deglutì e cercò di mantenersi composto e impassibile <<Potrei farti il culo anche senza un braccio!>>
Ma Ares scoppiò in una fragorosa risata <<AHAHAH! Ma sentilo, spavaldo! Ti reggi a stento in piedi!>>
<<Mi riprenderò in un batter d'occhio, come sempre!>> ribatté.
<<Davvero? Uhm, non credo...>> commentò il dio gironzolando per la stanza ed ispezionando le varie armi.
Percy, troppo curioso per trattenersi, chiese <<Che intendi?>>
Il dio aveva ottenuto l'attenzione del ragazzo, e gongolò <<Sono il dio della guerra, ne so giusto qualcosina di armi! E l'arma che hai voluto usare è troppo potente per uno sciocco semidio! Il tuo caro paparino avrebbe dovuto dirtelo, se davvero ci tiene a te...>>
Anche se non aveva più sentito il padre dopo quel duro commiato di dicembre 2014, gli dava fastidio una tale insinuazione, e rispose con convinzione <<Lo ha fatto, mi ha spiegato come funziona il Tridente. Si nutre di... energia vitale. Non crea nulla che già non esista, amplifica il potere di chi la utilizza...>> ricordò ad alta voce.
<<Già.>> confermò Ares passando un dito sulla lama di un'ascia <<E deve anche averti detto che... è un'arma pensata per un dio.>>
<<Sì...>> confermò Percy sempre con tono irriverente.
Ares sorrise <<Non vedi il punto? L'energia vitale di un dio è infinita. Così come il potere divino... Ma tu non sei un dio.>> e senza preavviso, scagliò l'ascia verso il ragazzo.
Percy rimase paralizzato, mentre l'arma gli volava a pochi centimetri dalla testa andando a conficcarsi contro alla parete alle sue spalle. Non ebbe nemmeno il tempo per reagire, né i propri riflessi più lenti del solito gliene diedero modo.
Ares fece una smorfia <<Uhm, è bilanciata male. Peccato.>> passò vicino al semidio, che si era accasciato a terra tremante e fissava il dio senza sapere come comportarsi. Si abbassò, e gli sussurrò ad un orecchio <<Le cose sono cambiate, per te. Farai meglio a guardarti le spalle, eroe! Non voglio davvero ucciderti qui e adesso solo perché sono curioso di vedere come vivrai da adesso in poi, nel terrore, in attesa di scoprire chi sarà tra i tuoi tanti nemici a fartela pagare! Non vedranno l'ora!>> e in un baleno di fuoco scomparve.
Percy rimase immobile, rintanato in quell'angolino dell'armeria col cuore in gola, incapace di rialzarsi per almeno mezzora, totalmente in preda al panico.
Quando il panico smise di attanagliargli il petto, ricominciò a sentire dolori in ogni punto del corpo, e si trascinò fino alla propria cabina a fatica.
Si coricò sul letto, accoccolandosi al cuscino per trarne conforto, e per la prima volta si sentì totalmente solo, e vulnerabile.
Sera del 8 maggio 2016
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Il ragazzo si svegliò dopo molte ore sentendosi ancora uno straccio. Provò a tirarsi su facendo leva sulla mano infortunata, e urlò dal dolore.
Se la guardò, e notò che era gonfia e pulsante. Rimpianse come uno stupido di non aver tenuto il ghiaccio per il tempo suggerito da Ines.
Si mise seduto e sentì ancora delle fitte all'addome mentre inspirava, oltre ai crampi allo stomaco per la fame. Si guardò allo specchio, e notò le varie ferite sul proprio corpo ancora aperte.
Nonostante non avesse alcuna voglia di uscire da quella cabina, ormai più simile ad un rifugio dove nascondersi, si convinse ad andare verso le aree comuni per cenare.
Una volta entrato nella sala da pranzo, gli sembrò che il locale fosse tristemente vuoto: delle 24 Cacciatrici che aveva visto a bordo oltre Talìa, ne contava ora solo 5. Altre 2, a quanto scoprì, erano ancora nelle proprie cabine, troppo deboli per potersi recare a cena, ma almeno non più in pericolo.
Le Cacciatrici erano una razza in estinzione, a quanto pareva.
Le ragazze lo degnarono di uno sguardo, e anche un mezzo sorriso, ma il loro umore non permise nulla di più.
Percy si sedette da solo in un angolo, sforzandosi di mangiare, ma non aveva il suo solito appetito, e il cibo sembrava meno saporito di come lo ricordava.
Anche Dorothea era appartata per una cena in solitaria, e lanciò un'occhiata al ragazzo, forse sperando in un cenno di qualsiasi tipo. Ma lui si sforzò di ignorarla, tenendo gli occhi puntati sul proprio piatto.
A cena finita, decise di tornare subito in cabina, e incrociò per caso Reyna che rientrava nella propria dopo una doccia.
Fu così felice di vederla, che per la prima volta da dopo lo scontro col Leviatano la sensazione di piacere sovrastò il dolore fisico. Per un momento. E le sorrise <<Ciao... Stai bene?>>
Lei sorrise di rimando <<Sì, grazie. E tu? Ho preferito lasciarti riposare... e io ho fatto altrettanto... per quello non ti ho disturbato...>> concluse come accampando scuse. In verità, si era assicurata che stesse bene, ma aveva preferito stargli alla larga per schiarirsi le idee.
E lui in tono dolce, senza offendersi per quell'assenza del tutto giustificata, la rassicurò <<Hai fatto bene.>>
Si avvicinò di più alla ragazza, e in un gesto premuroso le scostò un ciuffo di capelli corvini sfuggito dallo chignon con cui se li era legati per non bagnarseli.
Reyna si sentì in imbarazzo, come se fosse un indizio di un'insperata intimità. Forse non era tutto perduto, forse era finalmente il momento giusto per loro due. E con coraggio propose <<Ti va di entrare in camera?>>
Percy non se lo fece ripetere. Da quando si era svegliato, con tutti i dubbi che lo attanagliavano, non aveva desiderato altro che un po' di tempo in compagnia della sua migliore amica e confidente, così saggia e forte, che sicuramente lo avrebbe rincuorato e distratto da quei pensieri.
Si sedette sul letto, mentre lei si asciugava e rivestiva, e non poté fare a meno di notare alcuni lividi e lievi tagli ormai quasi del tutto guariti sul corpo della ragazza. Si rese conto che lui non era affatto messo bene quanto lei in termini di guarigione.
<<Hai avuto modo di vedere le Cacciatrici? Sono decimate...>> commentò cupo.
<<Sì... purtroppo, ho notato. Ma credo non saremmo nemmeno qui se non fosse per te, Percy. Non so come avremmo potuto sconfiggere quel mostro senza Tridente...>> aggiunse lei sperando di fargli un complimento.
Percy invece non prese molto bene quella considerazione. Eccolo là, il motivo per cui era tanto richiesto, amato e desiderato: il grande eroe Percy Jackson, potente semidio figlio di Poseidone. E se così non fosse stato? Chi si sarebbe mai curato di lui? Chi mai lo avrebbe ritenuto importante?
Reyna notò l'improvviso malumore del ragazzo, e si andò a sedere vicino a lui <<Qualcosa non va?>> chiese accarezzandogli un braccio.
<<No. No, è tutto ok, sono solo un po' giù... e ancora stanco.>> rispose tormentandosi la fasciatura alla mano.
<<Che hai fatto alla mano? Non ricordavo che fosse ferita...>> sottolineò stupita.
<<Oh, solo una delle tante parti del mio corpo messe male... Sai, sono ammaccato un po' ovunque, a dire il vero. Non un gran spettacolo!>> disse cercando di sembrare brillante come al suo solito.
Reyna fece una smorfia <<Ah! Non sei l'unico, sono ancora indolenzita pure io... Ma scommetto che i miei lividi sono peggiori dei tuoi! Dai, fammi vedere!>> lo esortò lei in tono allegro provando a togliergli la maglia.
Lui ridacchiò, ma si sentì in imbarazzo nel farsi vedere così poco in forma. Comunque, si tolse la maglia, e lasciò che lei gli ispezionasse il corpo.
La ragazza gli accarezzò il petto, e l'addome, e le spalle, mantenendo un'espressione impassibile <<Beh, sei ancora tutto intero, no?>> concluse sorridendo, e gli baciò dolcemente una guancia.
<<Ti interessa davvero che stia bene?>> chiese lui dubbioso.
Lei non capì la profondità di quella domanda, e rispose <<Ma certo... cosa potrei mai fare senza di te?>>
Percy si chiese cosa intendesse con quelle parole. Era preoccupata per l'eroe, o per il ragazzo? Non gli piaceva che qualcuno fosse così legato a lui per necessità. Ma non ebbe tempo di indugiare di più su quei pensieri, poiché lei lo baciò ancora, stavolta con passione.
Nonostante il dolore fisico e l'umore cupo, sentì un groppo allo stomaco e al basso ventre, e si ritrovò coricato su di lei, sul letto, mentre si accarezzavano e baciavano.
Lei si tolse la camicia da notte appena indossata, e aiutò lui a spogliarsi del tutto dato che aveva una mano fuori uso. Questo gli rendeva anche difficile tenersi sollevato sopra di lei. Avrebbe dovuto riuscirci senza problemi anche solo con un braccio, ma si sentiva privo di forze, e ben presto si ritrovò del tutto appoggiato al corpo della sua amante.
Non che a lei dispiacesse, anzi, lo strinse forte a sé con le gambe per incitarlo ancor di più nei movimenti, mentre lo baciava.
Ma anche solo muovere appena il bacino gli causava delle tremende fitte all'addome e alla schiena, impedendogli di essere vigoroso come al solito.
<<Vuoi che venga sopra io?>> propose Reyna dolcemente notando la difficoltà dell'amante.
Percy deglutì imbarazzato, e annuì.
Si scambiarono di posto con cautela per evitare movimenti bruschi, e lei si posizionò su di lui, riprendendo a muoversi ritmicamente, ma con prudenza.
Tuttavia, nonostante gli accorgimenti, il ragazzo continuava a provare più dolore che piacere. Ogni ansimo, era una coltellata nelle costole.
Strinse gli occhi per concentrarsi nel far godere la sua compagna e non deluderla, sperando che lei non si accorgesse delle sue enormi difficoltà.
Si sforzò di appagarla, ma non era nemmeno in grado di tirarsi su con la schiena per baciarla e dedicarle le dovute attenzioni.
Perché diavolo stava ancora così male? E il dolore sarebbe mai cessato? E cosa significava tutto quello? Cosa intendeva Ares? Era davvero così grave?
<<Percy, va tutto bene?>> Reyna, che aveva smesso di muoversi sopra di lui, ora gli teneva una mano sul petto, e con l'altra lo accarezzò in un gesto premuroso, guardandolo con trasporto e preoccupazione.
Lui, che si era isolato dal momento per contrastare il dolore, sembrò rendersi conto di lei solo in quel momento, quasi sorpreso, e corrugò la fronte <<Io... sì, sto bene, perché?>>
Lei inarcò un sopracciglio, non sicura di come proseguire quel discorso <<Beh, ehm... ecco... non... non sembri molto... predisposto, al momento...>> pigolò con una smorfia.
Percy abbassò lo sguardò verso i loro ventri, e capì di non essere affatto in grado di sostenere l'atto sessuale. Si ritrasse di scatto, imbarazzato a morte, spostando la ragazza a fatica con la poca forza che aveva <<Scusami... io... io non... perdonami...>> mugugnò.
Lei cercò di rassicurarlo, accarezzandolo e provando a tenerlo a letto <<Oh ma no, tranquillo... sei ancora... fuori forma e debole... devi riposare!>> ma lui si era già alzato e si stava rivestendo di tutta fretta, paonazzo in volto.
<<Percy, non è niente, torna qui, dai. Possiamo riposare... e parlare...>> propose dolcemente.
Lui ridacchiò nervosamente, senza guardarla in volto, ed esclamò <<Oh no no, se non posso soddisfarti ti servo a ben poco!>> temendo che lei non desiderasse nulla di più da lui se non l'eroe, e l'amante. E fuggì dalla cabina per rintanarsi nella propria, dalla quale non uscì fino a quando non arrivarono a San Francisco.
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