Un Improbabile Body-guard
Sera del 13 maggio 2016
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Reyna si ritirò nelle proprie stanze, e ora, sola, si lasciò andare al panico.
Quello che stava accadendo a Percy la sconcertava e destabilizzava nel profondo.
Non solo perché era il semidio più potente che avesse mai conosciuto: questo era sicuramente un motivo valido, considerando che bastava a mantenere tutti i semidei in pace finché proprio Percy, buono e altruista, era il punto di riferimento e l'esempio da seguire.
Ma, soprattutto, perché lo amava, ormai ne era certa. E ora, totalmente vulnerabile, lo vedeva con un bersaglio appuntato sul petto mentre stava perdendo sé stesso nell'abisso delle proprie paure.
Avrebbe dato la vita per proteggerlo, ma sapeva benissimo di non essere potente quanto lui, e non poteva garantire di riuscire in quell'impresa.
Benché restia, aveva davvero bisogno di aiuto.
Sicuramente, come prima scelta avrebbe voluto Frank ed Hazel al suo fianco in quel frangente, ma, come spiegato a Talìa, loro dovevano restare del tutto ignari per poter essere degli eventuali Consoli di riserva nel caso la situazione fosse sfuggita di mano.
D'altronde, in tutto quel caos, non doveva dimenticarsi l'importanza di proteggere Nuova Roma e di lasciare due leader buoni in eredità alla città.
Il potente Nico, al momento, era già troppo confuso e depresso. Non era sicura di come avrebbe potuto reagire nel sapere che il suo migliore amico, di cui lei sospettava fosse ancora un po' infatuato, fosse ridotto in quelle condizioni. Glielo avrebbe detto, certo, ma a tempo debito. Restava, comunque, la persona più indicata a cui chiedere aiuto...
E Annabeth? Beh, le scocciava ammetterlo, ma quella ragazza era sicuramente geniale, e poteva essere un'ottima alleata. Ma... poteva fidarsi? Aveva lasciato Percy, quindi, forse, non le interessava poi molto del suo bene.
Anzi, magari, se era in collera, avrebbe potuto usare quell'informazione per fargli del male. Soprattutto visto che era l'amante di Lacroix, temibile rivale politico...
Oppure, ancor peggio dal punto di vista di Reyna, se fosse stata ancora innamorata, avrebbe potuto sfruttare quell'occasione per riavvicinarsi all'ex fidanzato...
Di chi altro poteva fidarsi, in quel dannato mondo?
Non aveva molti amici. Dei pochi che aveva, alcuni erano anche abbastanza potenti da poterla aiutare... Ma li aveva già elencati mentalmente tutti!
Si abbandonò su una poltrona con le lacrime agli occhi, convinta che ben presto avrebbe perduto il suo amato per mano di qualche vendicativo nemico.
Si accoccolò ad un cuscino, e iniziò a fissare il fuoco, acceso da Emone poiché quell'improvviso temporale aveva abbassato drasticamente le temperature di almeno 10 gradi.
Le serviva qualcuno di fidato e motivato, e abbastanza potente da essere una buona guardia del corpo per un semidio come Percy!
Continuò a fissare le fiamme volteggiare e lambire i ceppi, e quella visione la ipnotizzò.
E un'idea folle le attraversò la mente. Un'improvvisa epifania.
Forse c'era qualcuno che non aveva considerato. Forse aveva trovato la persona giusta per quel compito.
Dopo aver cacciato le due ragazze dalla propria stanza, Percy si rigettò sulla propria poltrona preferita sbuffando. Prima di farlo, portò con sé la bottiglia di vino aperta, e non ebbe nemmeno più bisogno del calice.
Si risvegliò parecchie ore dopo, sprofondato nel sedile in una posizione scomposta e con la bottiglia di vino ribaltata sul tappeto, mentre Xanto stava provando a ripulire senza fare rumore.
<<Xanto... che-che fai?>>
La naiade, concentrata sul tappeto, sussultò <<Console, mi dispiace, non volevo svegliarla!>> pigolò.
Percy, con qualche lamento, si mise a sedere composto <<Ufff, quante volte ti ho detto di trattarmi con meno riverenza!? È fastidioso...>> commentò con più sprezzo di quanto volesse.
La timida ragazza arrossì dall'imbarazzo <<Scusa...>> mormorò.
Percy notò quanto l'avesse messa in difficoltà, e si sentì un gran cafone. Solo perché la sua vita faceva schifo, non doveva rendere uno schifo anche quella altrui...
<<No, scusami tu, Xanto... Fai... fai qualsiasi cosa ti vada di fare, trattami come preferisci, qualsiasi cosa ti faccia stare a tuo agio, per me andrà bene...>> e provò a mettersi in piedi, ma aveva la testa pesante come un macigno: evidentemente non reggeva nemmeno più molto bene il vino!
Xanto, in un gesto spontaneo, si protese per aiutarlo.
Dapprima, Percy la fulminò con lo sguardo, offeso da quelle attenzioni che lo facevano sentire un inetto. Poi, però, capì che doveva accettare quella nuova realtà, e non sarebbe stata la prima volta in cui avrebbe avuto bisogno di aiuto; le sorrise, e accettò il sostegno della ragazzina per arrivare fino al letto.
E apprezzò che lei non commentasse nulla, né sembrasse turbata. Sicuramente aveva sentito il diverbio tra lui e le due ragazze, poche ore prima, quindi era a conoscenza delle sue "nuove particolari condizioni". Ma era sicuro di potersi fidare della sua ninfa personale.
L'indomani si svegliò in tarda mattinata, ancora con un cerchio alla testa e la sensazione che tutto il mondo stesse andando a puttane. Rimase immobile nel letto a braccia e gambe aperte, fissando il soffitto.
Si concentrò su ogni giuntura, ogni muscolo, ogni nervo del proprio corpo, e si rese conto di quanto si sentisse... debole, e dolorante.
Non era solo per i postumi del combattimento di quasi una settimana addietro. Capì che quella era la sua nuova condizione mortale con cui convivere, qualcosa che gli altri semidei non avrebbero mai provato o compreso, ma che miliardi di persone provavano ogni giorno senza battere ciglio.
I sensi erano meno affinati, i movimenti meno fluidi e veloci, le azioni più dispendiose e dolorose.
Essere mortali era una merda, ecco la verità. Non aveva mai davvero apprezzato i lati positivi di essere un semidio, ma ora li rimpiangeva tutti.
Si chiese cos'altro fosse cambiato in peggio nella sua vita di tutti i giorni, e non poté fare a meno di ripensare, con imbarazzo, all'ultima volta che era stato con Reyna in intimità...
Un nodo allo stomaco gli fece venire la nausea, mentre, vergognandosi, si chiedeva se sarebbe mai più stato in grado di essere all'altezza di soddisfare appieno una donna come era abituato a fare... una semidea, soprattutto.
Innervosito da quell'ulteriore dubbio che, sebbene potesse sembrare superfluo, gli poteva peggiorare ulteriormente la vita, si alzò di scatto dal letto convincendosi di dover combinare qualcosa di utile del proprio tempo, almeno.
Tuttavia, dopo una giornata alquanto deludente, passata nel tentativo di comportarsi ancora come un semidio e subendone le dolorose conseguenze, seguì una serata altrettanto deprimente, trascorsa in solitudine, nella propria stanza, a guardare la televisione e perdere a videogames giocati con poca voglia. E il giorno seguente fu una perfetta replica, solo di domenica...
Né Talìa né Reyna, dopo essere state trattate male la sera precedente, si erano più fatte vive o interessate a lui.
E all'inizio il ragazzo pensò che andasse bene così e di non voler essere disturbato.
Poi, invece, iniziò a sentirsi abbandonato, e si chiese se questi cambiamenti nella sua persona non avessero anche portato le sue amiche a vederlo in modo diverso, allontanandole.
Verso le 9 di sera di quella domenica, dopo una cena grama della quale non riuscì ad assaporare i gusti come un tempo, Percy si sedette alla scrivania nel proprio studio, e decise di scrivere delle lettere.
Certo, nel 2016 avrebbe semplicemente potuto alzare il telefono e digitare il numero di chi voleva contattare, o inviare un messaggio... Ma non stava lasciando scritte parole facili da dire. Erano più degli addii, in caso quella situazione non si fosse risolta e avesse avuto uno scontro mortale di lì a breve.
A pensarci bene, era sempre stato parecchio sotto tiro, ma non si era mai sentito davvero in pericolo, aveva sempre saputo di poter fare affidamento sui propri poteri per battersi fino all'ultimo, e questo l'aveva sempre rincuorato e reso ottimista.
Ora, invece, era consapevole che sarebbe bastato ben poco per spezzarlo. In realtà, gli sarebbe bastato inciampare per le scale, cadere male e battere la testa, ad essere onesti...!
Dopo quasi un'ora dall'inizio di quell'allegro compito, sentì bussare alla porta dello studio.
Sovrappensiero mormorò <<Avanti...>>, ignaro che, vedendo Reyna entrare con l'ultima persona che si sarebbe aspettato al mondo, la sua serata sarebbe addirittura peggiorata!
Inconsciamente scattò sull'attenti, si alzò, e si nascose appena dietro la poltroncina su cui era stato seduto fino ad un istante prima.
<<E LUI CHE DIAVOLO CI FA QUI!?>> gracchiò sconvolto.
<<Ehilà, Aquaman... ti sono mancato!?>> Leo allargò le braccia platealmente. Dove prima aveva solo dei monconi, a metà avambraccio, ora erano innestate due braccia robotiche in titanio, molto elaborate e di fattura impeccabile.
Del resto, Leo Valdez era un inventore formidabile, e non avere gli arti con cui costruire non gli aveva impedito di creare...
Aveva lavorato a quel progetto per quasi un anno, in prigione, ideandolo in ogni minimo dettaglio e chiedendo a suo fratello Harley, ormai quattordicenne, di aiutarlo per mettere il tutto nero su bianco e realizzarlo.
Leo lo considerava il figlio di Efesto più ingegnoso e dotato... dopo sé stesso, ovviamente! Ma, non potendo portare a termine il lavoro da solo, aveva necessariamente avuto bisogno di un assistente che eseguisse ogni sua idea. E non era stata nemmeno l'unica persona a contribuire al progetto...
Infine, l'operazione di impianto, con una buona dose di magia semidivina, era stata portata a termine da Nico stesso, che, insieme a Will, aveva spronato Leo a progettare quelle braccia meccaniche, convincendolo di poterlo aiutare e rimediare a quel danno che lui stesso aveva causato.
Nessuno lo sapeva, ma Nico era andato a trovare Leo in cella ogni giorno, dopo quella fatidica notte di mezza estate, finché non lo aveva convinto ad ascoltarlo.
Leo, all'inizio, gli aveva dato del pazzo, dicendogli che quella tecnologia protesica non era ancora stata realizzata.
<<E chi meglio di te, per realizzarla?>> lo aveva punzecchiato Nico. <<Sono sicuro che tu potresti creare delle braccia robotiche perfettamente funzionanti, d'altronde, è proprio il tuo lavoro! ... E io... io studierò approfonditamente per affrontare l'operazione insieme a Will.>>
<<Perché dovrei fidarmi?>> aveva chiesto Leo, che, involontariamente, aveva già iniziato a galoppare con la mente progettando quell'assurda idea. <<Sei proprio tu ad avermi tagliato le mani e parte delle braccia.>> rammentò con rancore.
Nico aveva deglutito, colpevole, per poi dire <<Proprio per questo. Voglio rimediare. Ti prego.>>
Leo lo aveva guardato in quegli occhi neri come le tenebre, sconcertato <<Sei un figlio di Ade piuttosto bizzarro, Di Angelo...>>
Nico aveva fatto spallucce <<Ne conosci così tanti da potermi giudicare negativamente?>> e aveva continuato a sostenere lo sguardo del prigioniero.
<<Del resto...>> aveva proseguito Leo ignorando quella frecciatina e grattandosi il mento con una spalla <<...sei fratello di Hazel, e lei sembra fidarsi ciecamente di te... E io mi fido ciecamente di lei, quindi, suppongo che, per la proprietà transitiva...>>
Nico a quel punto aveva roteato gli occhi al cielo. Trovava Leo piuttosto snervante, ma non poteva commentare, o avrebbe rovinato tutto, quindi si limitò a sospirare <<Per favore, Leo, accetta. Voglio solo aiutarti.>>
<<Eeeeeee va bene! Proviamoci... del resto... cos'altro ho da perdere!? Peggio di così...!>>
E ora, eccolo lì, nel pieno splendore del suo autocompiacimento per quell'opera di biomeccanica così ben riuscita.
Reyna rispose alla domanda di Percy con calma e compostezza, ma senza guardarlo negli occhi, con cui lui la stava fulminando <<Leo è qui... per proteggerti, Percy.>>
Percy spalancò la bocca, inorridito <<Ha-hai detto a Leo della mia condizione!? MA MI PRENDI PER IL CULO!? VOLEVA AMMAZZARMI! Sono vivo solo perché ero un semidio potente, ora potrebbe farmi fuori con un pugno!!>>
Leo ridacchiò <<Non tentarmi!!>> mentre Reyna, sempre mantenendo un autocontrollo invidiabile, proseguì <<Sì, ho dovuto. Abbiamo bisogno di aiuto, in queste circostanze...>>
<<MA-MA PERCHÉ PROPRIO LUI!?>> urlò Percy iracondo, con le vene del collo in rilievo.
<<Ehi, mi sta passando la voglia di fare questa cosa!>> commentò Leo con sarcasmo.
<<...perché non Nico!? O Hazel e Frank!?>> continuò Percy gesticolando, sempre da dietro alla poltrona come fosse uno scudo <<O anche...>> stava per osare, ma si interruppe prima di dire un nome tabù.
E Reyna non gli lasciò il tempo di aggiungere nomi a quella lista <<Perché... Nico è distrutto dalla rottura con Will, e non credo sia in grado di aiutarci davvero ora. Hazel e Frank, invece... se ti fossi fermato a pensarci, capiresti che devono restarne fuori per garantire a Nuova Roma dei Consoli alternativi in caso venissimo scoperti! Non lascerò che la città finisca nelle mani di Ascoriati e dei suoi scagnozzi!>> spiegò Reyna alzando un po' la voce e guardandolo finalmente negli occhi.
Percy l'ascoltava, ma scuoteva la testa incredulo; si avvicinò alla ragazza, e la prese per le spalle <<Non ho bisogno di tutto questo! Continuerò a vivere la mia vita e ricoprire questo ruolo, come sempre, e quando sarò in giro per la città avrò i Littori come guardie del corpo...>>
<<Non sono sufficienti! Sono semidei mediocri...>> ribatté lei sentendosi un po' meschina per quella considerazione... Ma non era il momento di pensare al politically-correct! Deglutì, e ribadì <<Mediocri rispetto a te, intendo... Hai bisogno di qualcuno di potente al tuo fianco, che vegli su di te e che nasconda le tue debolezze... qualcuno anche di più... flessibile, di un romano, diciamo... che possa dissimulare la situazione...>>
<<Ma non puoi davvero pensare che lui voglia proteggermi!>> insistette il ragazzo.
<<Ehi, posso dire la mia!?>> propose Leo alzando una mano con ironia.
Percy lo guardò con gli occhi a fessura, e Reyna annuì <<Certo, parla.>>
<<Beh, per come la vedo io... Percy, non me ne frega un cazzo se ora entra da quella porta un qualsiasi dei tuoi nemici e ti sfracella il cervello sull'arazzo del muro...>>
Percy si voltò verso Reyna con le sopracciglia inarcate <<...Visto!?>>
<<Ma...>> proseguì Leo con enfasi <<... ho promesso a Reyna di aiutarla... per redimermi. Ho una pena da scontare, e intendo farlo. E poi – guardò Reyna intensamente - le sono debitore, è l'unica che mi è stata vicino quando stavo male, e farò di tutto per farmi perdonare da lei... anche...>> e si dovette sforzare molto per dire quelle parole <<...proteggerti!>> concluse un po' schifato.
Reyna inarcò un sopracciglio guardando Percy <<Visto!?>>
Ma Percy non era affatto convinto <<Non è sufficiente. Come posso fidarmi di lui?>>
<<Non farlo.>> ribatté Reyna con trasporto, e guardandolo negli occhi supplicò <<Fidati di me. Non avrei portato qui Leo se non fossi sicura che è all'altezza del compito e motivato a compierlo. E io... mi fido di lui.>> esclamò guardando il figlio di Efesto.
Leo sorrise, e per la prima volta, forse nella sua intera vita, non ebbe nulla da dire.
Percy non sapeva come controbattere. Quindi sbuffò, alzò gli occhi al cielo, ed esclamò <<Assurdo. Sempre peggio! ASSURDO!>> prima di andarsene sbattendo tutte le porte.
Era così rabbioso, che sbraitò e prese a calci una malcapitata anfora d'arredo che ebbe la sfortuna di trovarsi sul suo cammino.
E, in circostanze normali, nonostante fosse un'anfora di terracotta bella grossa e spessa, l'avrebbe semplicemente fatta a pezzi.
Invece, dopo un nanosecondo, si ritrovò a zoppicare imprecando contro l'universo <<CHE PALLE!!!>> non poteva nemmeno più sfogare la propria frustrazione, senza rischiare di farsi del male.
In effetti, nell'ultima settimana, si era fatto male più volte in incidenti quotidiani che in un'intera vita.
Aveva sempre vissuto come un semidio, senza preoccuparsi più di tanto di quanta forza usava per svolgere un'attività, o di quanto potesse essere rischiosa o dolorosa, dato la resistenza fisica fuori dal comune. Né si era mai trattenuto dall'alzare molto peso, o fare salti e movimenti convulsi e non concessi ad un semplice corpo mortale.
Ora, invece, ogni azione che prima era per lui normale, era uno sforzo immane e celava un pericolo.
Arrabbiato, sconsolato e nuovamente dolorante, decise di aprirsi l'ennesima bottiglia di vino prima di provare a dormire.
mattina del 16 maggio 2016
Appena aperti gli occhi, Percy si chiese come diavolo avesse fatto ad arrivare incolume fino al letto. Si ricordava di aver iniziato a bere, e poi... niente. Vuoto.
Ora, invece, si ritrovava bello comodo tra le proprie lenzuola di raso, stiracchiando le membra intorpidite.
Poi, voltatosi alla propria destra, inorridì.
<<Buongiorno, Aquaman. Lo sai che quando dormi sbavi?>>
Percy, paralizzato da quell'inaspettata e ben poco gradita presenza, borbottò <<Che cazzo ci fai nella mia stanza?!>>
Leo fece spallucce <<Beh, il mio incarico è iniziato ufficialmente ieri sera... Non è stato proprio uno spasso portarti in bagno a sboccare e poi portarti a letto di peso mentre provavi a picchiarmi, ma, ahimè, questo rientra tra i miei compiti visto che devo tenerti in vita... e sai, non potevo lasciarti soffocare col tuo vomito, o lasciarti bere fino al coma etilico... Ah, a proposito, credo tu abbia un problema di alcolismo, oltre a qualche delirio di onnipotenza occasionale, e non ti farebbe male tracciare dei nuovi limiti per il tuo fisico ora così delicato...>>
Percy si portò un cuscino sulla faccia e premette forte per urlare in silenzio, o provare ad asfissiarsi <<TACI TACI TACI!!!>>
Si tolse il cuscino dal volto, quasi sperando di essersi risvegliato solo in quel momento da un terribile incubo, ma il figlio di Efesto era ancora seduto sulla poltrona al fianco del letto, in una posa molto rilassata, con le sue nuove dita robotiche intrecciate e con un sorriso sardonico <<Mi dispiace, sono ancora qui. Allora, pronto per una nuova entusiasmante avventura insieme al tuo nuovo mitico body-guard?!>>
Ehi, ve l'aspettavate!? 🙄
Spero siate curiosi! Alla prossima! 😘
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