Un Ago nel Pagliaio
12 dicembre 2015
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Il semidio arrivò a Great Falls nel tempo record di 15 ore, fermandosi solo 4 volte in aree di servizio per il rifornimento, per mangiare qualcosa di veloce, e per un salto al bagno.
Entrò in città verso tarda mattinata, sentendosi già oltre metà dell'opera, ma si rese presto conto che non aveva idea di dove Dorothea potesse trovarsi, e non aveva nemmeno una foto con sé da mostrare a qualcuno per ottenere informazioni.
Forse poteva cercare l'indirizzo di casa della nonna tramite il cognome Rivers, che doveva per forza essere il cognome del marito, ovvero del padre del genitore mortale di Dorothea. Fece una rapida ricerca online, ma non trovò nulla. Pensò quindi di controllare gli archivi cittadini e gli elenchi telefonici cartacei, ma anche in quel caso non ebbe successo.
Stava cercando una semidea romana adolescente, che probabilmente utilizzava un cognome falso, senza alcun riferimento per identificarla, in una città di 60 mila abitanti, dei quali nessuno l'aveva vista nell'ultimo decennio. Un'idea geniale, proprio!
Inoltre, dalla fretta di partire, non aveva considerato bene nemmeno la propria meta, ovvero una località sperduta in Montana alla base delle Montagne Rocciose, a 1000 metri di altitudine, dove in quel periodo la temperatura massima si aggirava intorno allo zero.
Quindi ora il semidio, per quanto resistesse alle escursioni termiche, si stringeva nella propria giacca di pelle nera come un completo idiota, e ogni passante lo guardava con pena scuotendo la testa e bisbigliando "forestiero!" per non dire altri epiteti più coloriti.
Stanco, infreddolito e sconsolato, decise di concedersi una pausa ed entrò in una tavola calda per un pasto e un caffè. D'altronde, non dormiva da quasi 36 ore, e aveva guidato tutta notte a velocità sostenuta, e un caffè lo avrebbe sicuramente aiutato a schiarirsi le idee.
Non appena fu entrato, tutti i clienti lo osservarono: era davvero palese che non fosse di quei luoghi: carnagione troppo mediterranea rispetto agli autoctoni, i vestiti per niente adatti al clima, e l'aspetto curato di chi vive una vita agiata.
Anche un poliziotto al bancone si soffermò a squadrarlo insospettito, e osservò dubbioso la sua Mustang visibile dalle vetrate del locale, come chiedendosi dove un tipo come lui l'avesse rimediata, e Percy non ne fu affatto lieto: aveva sempre avuto la faccia da piantagrane, e un'innata abilità nell'attirare guai.
Si sedette in un angolo del locale sperando di passare più inosservato, e ordinò la zuppa del giorno e un caffè lungo.
Quando gli portarono quell'acqua sporca che gli americani chiamano caffè, ora che era abituato all'espresso di Nuova Roma, Percy si chiese come aveva fatto per 18 anni a bere quell'intruglio senza dare di stomaco.
Allontanò la tazza dalla propria vista con una smorfia schifata in volto, poi si tolse la giacca e restò con un maglioncino leggero ora che si era acclimatato, si risvoltò le maniche per non sporcarsi, e iniziò a mangiare la sua zuppa calda sperando che almeno quella fosse commestibile.
Cercò di rilassarsi, ma non gli fu affatto facile, visto che quel poliziotto, un uomo di circa 45 anni con i capelli e i baffoni rossi e i lineamenti sfuggenti, continuava a fissarlo.
Si limitò a mangiare metà della zuppa e si diresse in cassa per pagare e andarsene il prima possibile da quel posto, ma appena ebbe estratto la sua carta di credito nera e porpora dal portafoglio (una specie di American Express Centurion Card, la più esclusiva al mondo, e, nel suo caso, ancora più rara dato che era la versione Consul creata appositamente per i due Consoli di Nuova Roma), il poliziotto che lo aveva osservato per tutto il tempo lo guardò ancora più intensamente.
<<Oh, non ho mai visto questa carta prima! Deve essere molto esclusiva...>> cinguettò la giuliva cameriera del locale ammiccando all'attraente semidio.
<<Abbastanza...>> rispose lui senza darci troppo peso. A quel punto il poliziotto curioso si era già alzato per andare incontro a Percy, che avrebbe voluto scappare senza un ragionevole motivo, e gli si parò davanti deciso, con le mani appoggiate alla propria cintura <<Mi scusi, lei non è di qui, vero?>>
<<Ehm, no. Sono solo di passaggio.>> ammise sorridendo.
Il poliziotto annuì corrucciato, e chiese <<Può seguirmi fuori dal locale? Dovrei parlarle...>>
Percy si accigliò <<Perché? C'è qualche problema, agente?>>
<<Oh me lo deve dire lei. Mi segua, per favore...>> insistette.
Ecco, ci risiamo! Non aveva lasciato Nuova Roma da nemmeno un giorno, che nel mondo normale si era già incredibilmente cacciato nei guai! Ormai era talmente abituato ad essere famoso e rispettato a Nuova Roma, che si era dimenticato quanto fosse sfortunato nel mondo mortale.
Percy strizzò forte gli occhi, incredulo, e sbuffando seguì l'agente fuori dal locale nel vicolo sul retro lontano da orecchie indiscrete <<Senta, non so quale sia il problema, ma non voglio guai, davvero, sono solo venuto a cercare un'amica... e anche se non ci crederà, la macchina e la carta di credito sono mie, lo giuro!>>
Il poliziotto si voltò verso il ragazzo, e sorridendo gli disse <<Oh ma lo so, Console Jackson!>>
Percy rimase a bocca aperta e occhi sbarrati <<Ehm... che cosa...?>>
Il poliziotto sorrise ancora di più e lo incalzò <<Sono un figlio di Adeona! Non vivo più a Nuova Roma da quando ho finito il servizio militare, ma per Giove mai mi sarei aspettato di incontrare proprio lei qui, Signore! Quando ho visto il tatuaggio non potevo crederci, qualsiasi semidio la conosce! Che onore!>> era quasi commosso e si inginocchiò davanti al figlio di Nettuno, tenendo il braccio destro alzato con la mano distesa, e il pugno sinistro sul petto.
Percy, più imbarazzato che mai, si guardò intorno preoccupato che qualcuno potesse vedere quella bizzarra scena, e spronò il poliziotto ad alzarsi e a contenere il suo entusiasmo <<Ehm sì, certo, wow, grazie! Ma... ma alzati dai, non è necessario, davvero! Così attiri l'attenzione! E metti giù quel braccio, di immortales!!>>
Il signore si rialzò in fretta, sempre con un sorriso a 32 denti, continuando a lodare il giovane Console ed elencando le sue famose gesta.
Mentre ascoltava quegli elogi, Percy capì che forse quell'incontro non era del tutto fortuito, e approfittò della situazione <<Ehm... Signor...??>>
<<McAdams! Arthur McAdams, al suo servizio, Console!>>
<<Arthur. Ok. Piacere, io sono Percy, ma lo sai già, a quanto vedo...>> disse ironico, e proseguì <<... Comunque, ero sincero quando dicevo di essere qui per cercare un'amica, una semidea per la precisione, e magari puoi aiutarmi, data la tua posizione...>>
Il poliziotto si illuminò <<Oh! Lei ha bisogno del mio aiuto!? Io posso... aiutare il Console Jackson in questa impresa!?>> disse stralunato, come parlando a sé stesso.
Percy cercò di ridimensionare il tutto <<Beh non è proprio un'impresa, devo trovare questa ragazzina che si è... persa... e...>>
Ma il poliziotto non stava davvero ascoltano quelle ultime parole, e con sguardo fiero e deciso guardò il ragazzo, e solennemente disse <<Negotium suscipio, Consul!>>
Percy scosse un po' la testa frastornato, alzando le mani come in segno di resa <<... oooook, bene, ehm come dici tu... quindi... questa ragazzina ha... penso 17 o 18 anni, ma ne potrebbe dimostrare anche un paio in più. È alta circa un metro e settanta, forse un po' meno... snella ma un po' muscolosa - e sorrise appena, pensando a quanto la ragazza si fosse impegnata per aumentare la massa muscolare dopo le indicazioni del suo mentore -, capelli castani lunghi oltre le spalle, occhi nocciola con delle leggere striature verdi, labbra piccole ma carnose... ehm...>> si perse un attimo ripensando al suo viso e a quei sorrisi genuini che le aveva visto solo quando erano soli a combattere, e stava per descrivere dei lati del suo carattere, tipo che sbuffava e pestava i piedi a terra quando era infastidita, o che ripeteva sempre "balle!!" quando pensava che una cosa fosse stupida o non veritiera, ma si bloccò in tempo per rendersi conto che non sarebbero state informazioni utili a trovarla, poi proseguì <<... Si chiama Dorothea Rivers, viveva qui da bambina con la nonna, ma credo che il cognome sia falso, ho già cercato sui registri...>>
Arthur ascoltava con attenzione, annuendo ad ogni dettaglio.
<<... ehm... ecco... tutto qui. Non so altro...>>
<<Uhm. Beh, dalla descrizione non andremo molto lontano, ha descritto un buon 70% delle ragazzine d'oggi, un po' troppo comune eh...>> e ridacchiò.
Percy si corrucciò nel sentire quel commento, e avrebbe voluto ribattere che assolutamente no, non era una ragazzina comune, anzi, era speciale... ma si rese conto che si trattava di un altro dettaglio irrilevante per la ricerca.
<<Quindi, non abbiamo una foto, né un nome vero. Non è un buon inizio... ma se è scappata dall'esercito, senza mezzi per mantenersi, so dove potrebbe essersi nascosta...>> ipotizzò l'agente.
Arthur invitò poi il Console a seguirlo sulla propria auto di pattuglia per accompagnarlo nel luogo in cui pensava che Dorothea si trovasse.
Durante il tragitto, il poliziotto proseguì con la sua personale "ode al Console", e Percy si sforzò per sembrare compiaciuto così da renderlo felice, ma in realtà avrebbe voluto vomitare. Poi il ragazzo cercò di riportare il discorso sull'argomento che più gli interessava.
<<Come facevi a sapere che Dorothea è scappata dall'esercito?>> chiese ripensando a quell'allusione.
Il poliziotto fece spallucce <<Sono passati 30 anni da quando ero un ragazzino impaurito al Campo Giove, ma le cose non saranno cambiate. Anche ai miei tempi molti non reggevano la pressione e le regole ferree, e scappavano. Questo presuppone la perdita della cittadinanza romana, solo Plutone sa dove siano finiti tutti quei ragazzi perduti...>>
<<Davvero? Non pensavo ci fossero così tante diserzioni...>> commentò turbato.
<<Oh, più di quanto si pensi. Ma d'altronde, quando un romano abbandona la propria coorte, diventa un reietto, un tabù di cui non si deve parlare, e finisce presto dimenticato dai più...>>
Percy si rabbuiò, sentendosi in colpa per quella situazione. Come Console, avrebbe dovuto essere al corrente di una dinamica così grave: se così tanti ragazzi abbandonavano il Campo Giove, forse il loro metodo di addestramento non era affatto efficace.
Era sicuro che le cose fossero migliorate negli ultimi anni, ma se anche solo un ragazzo scappava, era un problema da risolvere, perché per Percy ogni semidio era importante e meritava un luogo sicuro in cui vivere.
<<Le cose vanno meglio ora, ma sicuramente l'esercito pretende molto da ogni soldato. Speriamo di arrivare al punto da non avere alcun caso del genere...>>
<<Per questo è venuto qui? Sta cercando questa ragazzina per migliorare questa situazione?>>
Percy soppesò le parole <<Sì, certo... per questo...>>, ma non avrebbe mai potuto ammettere che c'erano anche altri motivi.
Per trascorrere il tempo, Arthur raccontò a Percy di quanto Great Falls fosse una cittadina tranquilla e sicura in cui vivere, rincuorandolo sul fatto che Dorothea non fosse in alcun modo in pericolo.
<<Credimi, il Montana in generale è un posto stupendo in cui vivere! Il tasso di omicidi è uno dei più bassi negli Stati Uniti, solo 3 casi ogni 100 mila abitanti contro i 5 della media nazionale! Anche se di contro abbiamo più stupri...>> aggiunse in imbarazzo.
Percy si accigliò guardando torvo quello strano personaggio che non aveva smesso di parlare un solo secondo da quando erano saliti in automobile <<Arthur... forse non è la cosa migliore che potessi dirmi per tranquillizzarmi, non credi!?>>
Il poliziotto arricciò le labbra e iniziò a tormentarsi i baffi <<Uhm... Sono sicuro che starà bene... siamo quasi arrivati, comunque...>>
Erano finiti in una zona periferica della città, dove un imponente edificio commerciale era stato abbandonato prima di essere concluso, e ora versava in stato di rovina.
Erano solo le 4 del pomeriggio ma ormai era buio, e Percy poté notare che da alcune delle finestre, prive di vetrate, si vedevano dei bagliori, probabilmente provenienti da dei fuochi improvvisati da qualcuno che voleva scaldarsi.
<<Ma... qualcuno vive... qui?>>
Arthur annuì <<Sì, alcuni ragazzi... ladruncoli, per lo più, ma anche orfani e senzatetto...>>
Percy si indignò <<E voi non fate niente per aiutarli!?>>
Arthur si fece serio <<Certo! Ormai conosco quei ragazzi per nome, e periodicamente li veniamo a prendere per affidarli a delle case famiglia, o per aiutarli a trovare dei lavoretti se hanno l'età adeguata... ma è inutile, scappano e tornano qui a perdere tempo, stanno meglio così... non puoi aiutare chi non vuole essere aiutato!>>
Percy scosse la testa in dissenso <<Tutti vogliono essere aiutati, solo non vogliono ammetterlo... è assurdo... devono pur avere qualcuno a cui rivolgersi, di cui fidarsi...>>
Arthur rispose tristemente <<Console Jackson... se non riusciamo nemmeno ad aiutare e vegliare su ragazzi semidei in una società organizzata come Nuova Roma, come pensa che possiamo salvare dei ragazzi mortali qualsiasi nel mondo normale? È triste da pensare, ma a nessuno importa di loro...>>
Il ragazzo ebbe l'impulso di gridare per la frustrazione, e avrebbe voluto fare qualcosa, ma non poteva farsi carico di ogni problema del mondo, e doveva innanzitutto risolvere quello per cui era finito in quel posto.
Entrarono nell'edificio con cautela, dove, come immaginato, i ragazzi si erano raggruppati attorno a dei fuochi al centro di quell'ampio spazio vuoto per tenersi al caldo, ma l'aria gelida di montagna entrava comunque dalle enormi finestre senza vetri.
Alcuni dei ragazzi fecero un cenno ad Arthur quando lo videro passare, ma senza grande entusiasmo, mentre altri si nascosero nelle loro cuccette di cartoni e stracci, temendo forse che il poliziotto fosse lì per loro.
Un ragazzo magro e piuttosto mingherlino, con la pelle pallida, occhi profondi e capelli neri e piuttosto lunghi, vestito con abiti scuri e sgualciti, andò loro incontro. Non era il più vecchio tra i presenti, e nemmeno il più muscoloso e minaccioso, ma sembrava quello più segnato in volto dalle difficoltà affrontate, e si era imposto come leader in quel triste gruppo.
Percy lo scrutò a fondo, e gli ricordò subito il suo caro amico Nico quando aveva all'incirca quella stessa età, intorno ai 14 anni, e vagava in giro per il paese senza una casa e senza volersi fidare di nessuno.
<<Neil... ancora qui eh? Non ti avevo riportato alla tua famiglia affidataria il mese scorso?>> sottolineò Arthur in tono spavaldo.
Il ragazzo fece spallucce <<Stanno meglio senza di me... e io senza di loro. Che ci fai qui, Irlandese? E chi è questo tizio ripulito?>> chiese studiando il semidio.
<<Un mio amico. Sta cercando una ragazza, sua... ehm...>> guardò dubbioso il Console.
<<...Sorella...>> lo incalzò Percy, e proseguì <<... cerco mia sorella, ha litigato con i miei ed è scappata qualche giorno fa... la sto cercando per riportarla a casa, al sicuro...>>
Il ragazzino non se la bevve, e fece un sorriso storto <<Sì... capisco. E dimmi... hai una foto di tua sorella...?>>
Percy scosse la testa <<No, ma...>> stava per iniziare a descriverla, poi un lampo gli attraversò la mente, e si ricordò all'improvviso che aveva una sua foto sul cellulare: una sera, dopo i loro allenamenti, lui stava messaggiando con Nico mentre Dorothea si stava riprendendo, e d'un tratto lei, curiosa e imprevedibile come sempre, si era alzata e gli aveva rubato il cellulare per vedere se stesse flirtando con un'ipotetica fidanzata; chiarito che quel Nico con cui messaggiava non era la sua amante - nonostante alcuni messaggi scherzosi fossero piuttosto equivoci! - aveva aperto la fotocamera e aveva iniziato a scattare foto a caso a lui e a sé stessa, per scherzare... In seguito, lui aveva cancellato tutta quella serie di inutili foto, ma ne aveva tenuta una di lei, e nemmeno sapeva spiegarsi il perché...
<<... aspetta, ho un suo selfie, ora che ci penso!>> perché non gli era venuto in mente prima?
Prese lo smartphone e sfogliò la galleria in cerca di quel selfie <<Ecco... vedi... è lei... Dorothea... Beh qui ha delle orecchie da gatto per via di un filtro, ma insomma... si vede il viso...>>
Il ragazzo prese il telefono e osservò la foto; storse un attimo il naso, poi parlò <<Carina...bel sorriso. Però non vi somigliate granché!>> gracchiò ironico, poi proseguì <<Comunque non la ricordo. No... non penso sia passata di qua, e se anche fosse passata, sarebbe rimasta poco. Sicuramente si è già trovata un "paparino"...>>
Percy si accigliò <<Un che...?>>
Neil si strinse nelle spalle <<Beh sai... uno che... l'aiuta... in cambio di qualcosa... è carina, non avrà avuto problemi. Ogni tanto qua passano dei tizi interessati e ti portano da mangiare o ti ospitano qualche notte al caldo, in cambio di compagnia... sai...>>
Percy provò disgusto, e non seppe cosa dire, non conosceva parole adeguate per commentare quello schifo, ma era sempre più preoccupato per Dorothea.
<<Neil... lo sai che dovete informarmi su queste cose, dovreste dirmi chi sono queste persone...>> intervenne Arthur arrabbiato.
Neil incrociò le braccia <<Che vuoi che ti dica, Irlandese... non ci dicono di certo il loro vero nome e di solito non li guardiamo granché in faccia... è più facile così...>>
Percy scrutò quel ragazzo, ed ebbe la sensazione che non gli avesse detto tutto. Anche lui, a 16 anni, aveva vissuto per qualche mese come senzatetto per le strade di San Francisco, quando Era/Giunone l'aveva rapito eliminandogli la memoria per sottoporlo al test di Lupa e sfruttarlo a suo piacimento per la Profezia dei Sette, e in quel periodo aveva imparato a interpretare certe espressioni, e a leggere i ragazzi come Neil.
<<Va bene, Neil... grazie. Se dovessi vederla, mi chiameresti, per favore?>> e gli porse un bigliettino da visita porpora vellutato, con scritto solo il suo nome e cognome e il numero di telefono personale. Se fosse stato un semidio o avesse avuto il dono della Vista oltre la Foschia, avrebbe anche potuto leggere l'epiteto "Fili Neptuni - Novae Romae Consul" sotto al nome.
Il ragazzino studiò quel pezzetto di carta con interesse, immaginandosi che quel giovane che glielo aveva dato fosse qualcuno di importante e ricco <<Sì, certo. Contaci...>> disse senza entusiasmo.
Mentre si allontanavano, Percy si guardò intorno, e non poté non notare ciò che accumunava tutti quei ragazzi: quello sguardo, cupo e disilluso, lo sguardo di chi ha perso ogni speranza verso il futuro.
E si rese conto che una come Dorothea non poteva di certo essere finita in un posto del genere: lei di speranza ed entusiasmo per la vita ne aveva da vendere.
Percy e Arthur tornarono verso il centro, dove il poliziotto lo salutò, consigliandogli alcuni hotel per passare la notte e posti in cui cenare, e promettendogli di risentirsi il giorno seguente per continuare la loro ricerca. Nel frattempo, avrebbe diramato un'allerta a tutti i colleghi, facendo anche loro vedere il buffo selfie con le orecchie da gatto, che poteva tornare comunque utile.
Quando rimase solo verso le 18, Percy aveva già un piano per quella sera. Prelevò dei contanti, e andò in un fast food, dove ordinò una trentina di menù completi con ogni cosa extralarge, e, dopo aver caricato tutto in macchina con cura, tornò verso quell'edificio abbandonato.
Dovette per forza avvicinarsi all'edificio il più possibile con la Mustang, e i ragazzi gli andarono incontro incuriositi. Per un istante, Percy sperò di non essere stato troppo sprovveduto a recarsi da solo di sera in quel posto, con una macchina sportiva costosa e con quell'aria da babbeo benestante.
Neil gli andò incontro separandosi dal resto del gruppo, e gli parlò a bassa voce cosicché gli altri non potessero sentire <<Sei tornato... Percy, vero? Immaginavo che uno come te si sarebbe rifatto vivo, anche se per un momento ho sperato di no...>>
Percy non comprese subito quell'allusione, e rispose <<Ciao Neil... so che non mi hai detto la verità oggi. Li capisco, i tipi come te... ma... dobbiamo finire di parlare... vieni, intanto, voglio farti vedere una cosa...>> e gli fece segno di seguirlo verso la macchina.
Neil annuì <<Va bene, se vuoi possiamo appartarci sulla tua macchina, ma un po' distante da qui, 50 dollari per mezzora, ma solo se hai il preservativo...>>
Percy sgranò gli occhi, poi li strinse in una smorfia schifata, e sibilò indignato <<COSA?! NO NO! Hai proprio frainteso! Io voglio solo sapere la verità, dove trovare Dorothea! Che hai pensato!?>> si offese e rabbuiò allo stesso tempo.
Il ragazzino fece spallucce come al suo solito, sulla difensiva <<Beh, di solito sono i tipi come te, quelli più pervertiti... sembrano persone per bene, all'inizio. E poi sei tornato qui per quella ragazza così presto... fammi indovinare! Sei il suo ragazzo possessivo, l'hai picchiata e lei è scappata, e la rivuoi, eh?>>
Percy continuò a scuotere la testa in dissenso, sempre più triste nel vedere come quel ragazzino potesse pensare solo cose negative <<No... no davvero. Voglio solo riportarla a casa, al sicuro. Sono un suo amico...>> poi per un attimo pensò al loro combattimento del venerdì precedente, e si vergognò nel pensare a quanto era stato violento.
Neil sorrise furbo <<Pensavo foste fratelli...>>
Percy non rispose, ma inarcò un sopracciglio e fece cenno al ragazzo di seguirlo verso la macchina, dove gli mostrò tutto il cibo che aveva portato per i ragazzi dell'edificio.
Neil sbarrò gli occhi <<Wow... Ragazzi, stasera si mangia!>> e invitò tutti a prendere la loro parte.
Percy e Neil si appartarono lontani dal resto del gruppo, e con la pancia piena fu più facile far parlare quel ragazzino di cose positive. Cercò di conoscerlo meglio, provando anche a spronarlo verso un altro stile di vita.
<<Certo, facile a dirsi... ma nessuno vuole davvero dare una possibilità ad uno come me... Anche le famiglie affidatarie mi guardano come fossi spazzatura.>>
<<Perché dici così? Credo che tu te ne sia convinto e faccia di tutto per far sì che sia vero... Come una profezia autoavverante! Invece dovresti darti una possibilità...>>
Neil si strinse nelle spalle <<Non so... non credo servirebbe a molto. Sono un incapace e a nessuno importa di me...>>
<<Beh, ad Arthur importa... Puoi fidarti di lui, sembra volervi aiutare tutti...>>
<<Può darsi... ma quando finisce il turno e se ne torna nella sua casetta da medio borghese, diventa solo uno dei tanti, e a noi non ci pensa più.>>
Percy strinse le labbra senza sapere cosa ribattere, poi provò a fargli una domanda più spinosa <<E la tua famiglia? I tuoi genitori? Non hai nessuno a cui chiedere aiuto?>>
<<No, i miei genitori erano entrambi figli unici, e non ho nonni in vita... e i miei... sono morti l'anno scorso... e io non mi trovo bene in nessuna casa famiglia...>>
<<Oh... mi dispiace... hanno avuto un incidente?>>
Neil distolse lo sguardo <<Più o meno... stavano festeggiando il loro anniversario ai Caraibi, quando c'è stato quel grande Tsunami a dicembre... in tanti sono morti quel giorno, non hanno nemmeno trovato i corpi in mare...>>
Percy sentì il proprio cuore fermarsi, e un dolore acuto irradiarsi dal centro del petto a tutto il corpo.
Non riuscì a rispondere subito, totalmente immerso nei suoi terribili pensieri. Ricordava bene quello Tsunami, perché lo aveva involontariamente causato lui nello scontro contro Ceto. E si era sentito tremendamente in colpa, ma mai aveva dovuto vedersi faccia a faccia con una conseguenza del suo operato: il dolore di quel ragazzo, la sua perdita, tutto ciò che di brutto gli stava accadendo dopo la morte dei genitori, erano colpa sua.
<<Mi dispiace...>> sentiva gli occhi bruciare, ma trattenne le lacrime.
Neil sorrise a labbra strette, poi dopo qualche secondo disse <<Senti... sembri davvero un tipo a posto, te lo si legge in faccia. Non credo tu voglia fare del male a quella ragazza. Non so dirti dove sia, ma... lei è passata un paio di volte questa settimana, e ha portato qualcosa da mangiare a tutti noi, come hai fatto tu stasera... forse dopotutto vi somigliate!>> gli sorrise, e proseguì <<Non so quanto possa essere utile, ma entrambe le volte i sacchetti del cibo erano del Rogue Saloon, si trova nella zona dell'aeroporto...>>
Percy era ancora così assorto nel proprio senso di colpa, che quando Neil gli disse quelle informazioni, non le recepì subito. Poi si ridestò, capendo che quella poteva essere una buona pista da cui partire <<Grazie Neil... Davvero, grazie.>> si alzò di scatto, pronto per andarsene da quel posto deprimente. Si guardò intorno un'ultima volta, poi si rivolse al ragazzo <<Le cose cambieranno per te, credimi. Devi solo cogliere le occasioni che ti capitano...>>
<<Nah, non credo che cadrà la manna dal cielo! Non per uno come me... o come loro...>> e indicò gli altri ragazzi dell'edificio.
<<Succederà... abbi fede... te lo prometto.>>
I due si sorrisero, poi il semidio corse alla propria auto, e impostò sul navigatore la destinazione desiderata.
Hola ragazzi! Come va?
Ho deciso di pubblicare già oggi, perché domani sera nessuno avrà tempo di leggere, giusto!?
Ecco, come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate e lasciatemi un like se vi piace la storia!! Thanks!! 😘
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