Nel Labirinto di Ecate
Revisionato il 06/01/2021 a seguito di nuovi dettagli ne "Le Sfide di Apollo".
Se non volete spoiler, non leggete!!! 😛
Domenica 16 Febbraio 2014
- - -
Appena furono dentro al Labirinto, l'entrata si richiuse alle loro spalle e sparì.
Non si vedeva più nemmeno il simbolo di Ecate. Annabeth provò a cercarlo e a toccare la parete che si era chiusa, ma non successe nulla.
Negli anni, i ragazzi erano diventati più bravi a eludere la Foschia e a notare i segni che la Magia lasciava impressi; quindi, se ci fosse stato il simbolo di Ecate, lo avrebbero visto.
Ma lì, il simbolo non c'era. Si guardarono, preoccupati, e decisero di non parlarne, ma entrambi si chiesero come avrebbero fatto ad individuare le possibili uscite dal Labirinto.
Iniziarono a camminare nell'unica direzione disponibile lungo quello che sembrava un infinito corridoio di pietra scura. Era tutto molto più cupo di quanto ricordassero, da mettere i brividi. C'era qualcosa di profondamente sbagliato e nefasto, lì sotto.
Proseguirono per circa 3 ore, e arrivarono ad una specie di incrocio che si apriva in ogni direzione... letteralmente!
Un corridoio proseguiva dritto, uguale a quello da cui venivano. Altri due corridoi, con pareti di mattoni rossi, si aprivano a destra e sinistra. E altri due corridoi, uno verso l'alto e uno verso il basso, erano invece come dei cubicoli in metallo. Quindi, se avessero voluto proseguire dritti, avrebbero dovuto saltare via l'apertura verso il basso del cubicolo in metallo.
Percy scrutò le varie direzioni <<Bene. I semplici bivi non vanno più di moda, eh? Dove andiamo? Dritto? Destra o sinistra... su o giù?>>
Annabeth rispose sovrappensiero <<Immagino che una scelta valga l'altra, ma i corridoi di destra e sinistra mi sembrano più luminosi, mentre su e giù... piuttosto inaccessibili, che dici?>>.
Per pura curiosità, provarono ad accendere un bengala e lo fecero cadere nel cubicolo di metallo. Lo videro cadere, ma non atterrare. Ad un certo punto, non lo videro nemmeno più.
Il ragazzo si accigliò, e con sarcasmo esclamò <<Bene, giù decisamente no. Proviamo su??>>
La fidanzata lo guardò interdetta <<... Cosa!?>>
Lui aveva già acceso un altro bengala, e, per scherzare, provò a lanciarlo verso l'alto, nell'altra direzione del cubicolo in metallo. Contro ogni previsione, quel bengala, anziché ricadere giù, continuò a salire, prendendo velocità, finché anche quello non fu più visibile.
Si guardarono in faccia, esterrefatti.
Percy sgranò gli occhi <<Beh, io su non ci vado comunque. Sinistra!?>>
<<Perché proprio sinistra?>>
<<Non c'è un perché, mi ispira... E come hai detto tu, una scelta vale l'altra...>>
Annabeth sospirò <<Va bene... sinistra, allora...>>
Le sorrise di sbieco <<Ok, ottimo! Allora andiamo a destra...>> prese una piccola rincorsa e saltò nel corridoio di destra senza aspettare risposta, evitando di cadere nel cubicolo di metallo. <<Dai, salta, è poco più di un metro...>>
Lei lo guardò basita <<Non sei normale...>>, e saltò nel corridoio per seguirlo.
Quel corridoio sembrava più luminoso del precedente, ma la sensazione che ci fosse qualcosa di malevolo restava.
Camminarono per altre 3 ore buone, senza alcuna novità. Decisero di fermarsi per mangiare e riposarsi facendo dei turni di veglia. Dopo qualche ora di riposo, ripresero a camminare per altre 5 ore.
Arrivarono in una sala ricoperta di edera. C'era molto caldo e molta umidità, sembrava di essere in una giungla, e non era del tutto improbabile. Non vedevano le pareti della stanza, quindi non capivano se ci fossero trappole o altro.
Percy non era convinto di voler attraversare quella stanza così ambigua <<Forse ci conviene tornare indietro. So che l'incrocio era a molto indietro e dovremo camminare parecchio ma... Non vediamo dove stiamo per mettere i piedi qui, non mi fido...>>
Annabeth si guardò intorno in cerca di qualche indizio che rivelasse qualcosa di più. <<Sono d'accordo, non mi piace questa stanza. Ci vorrà molto ma... torniamo all'incrocio...>>.
Si voltarono per tornare sui loro passi, ma non c'era alcun corridoio da percorrere. Si trovarono davanti una parete chiusa, e loro erano in una piccola nicchia di 1 metro di profondità che li separava da quella stanza ederosa. Il Labirinto era mutato, e li costringeva ad attraversare la camera.
La semidea si indignò <<Ma questo è assurdo, noi siamo arrivati da qui 30 secondi fa! Non si è sentito nemmeno un rumore, come è possibile?!>>
Percy era sconvolto e spaventato, ma cercò di non farlo notare alla fidanzata <<Ok. Che facciamo? Corriamo o attraversiamo cauti?>>
Provarono la seconda opzione, cercando di appoggiare i piedi a terra con la massima attenzione, sperando di non pestare nulla di strano o pericoloso, o che attivasse qualche meccanismo...
E proprio mentre pensava a questa eventualità, la figlia di Athena sentì che stava esercitando una lieve pressione su qualcosa con il piede, ma il tutto era iniziato dopo che lo aveva appoggiato... dopo che aveva pensato...
Si sentì una specie di fischio, e Percy ebbe giusto il tempo di prendere la fidanzata, farle da scudo, e spingerla a terra, mentre lei ancora cercava di capire cosa stesse succedendo.
Una serie di frecce ad altezza uomo era stata sparata dalle pareti, da dei buchi che nemmeno si vedevano fino a 2 secondi prima. Percy era riuscito ad evitarle per un pelo, ma una lo aveva ferito di striscio ad un fianco, all'altezza del rene.
I due ragazzi si ritrovarono coricati a terra, e mentre si ricomponevano, Annabeth notò il taglio sul fianco del fidanzato <<Sei ferito!>>
Lui la tranquillizzò <<Non è niente, usciamo da qui!>>, esclamò risoluto.
Si misero carponi e si diressero verso l'unica uscita della stanza con molta cautela.
Annabeth valutò che fosse più sicuro proseguire con calma, sperando di evitare altre frecce.
E mentre lo pensava... una sua mano cedette sotto al suo peso; l'alzò, e vide che la parte di pavimento che la sosteneva, sotto all'edera, si era sgretolata ed era caduta in un baratro, sul fondo del quale erano presenti vari spuntoni affilati e scheletri conficcati (un cliché proprio!).
Si voltò a guardare il fidanzato con gli occhi sbarrati, e, senza bisogno di dirselo, si alzarono e corsero verso l'uscita mentre tutto il pavimento crollava sotto i loro piedi.
Arrivati in fondo alla stanza, si gettarono nell'oscurità oltre l'unica apertura a dimensione di porta presente per uscirne, senza sapere cosa ci avrebbero trovato.
Annabeth si fermò di scatto appena varcata la soglia, e giusto in tempo, perché oltre a 30 centimetri di pavimento di pietra, non c'era niente.
Percy arrivò un attimo dopo di lei, urtandole contro e sbilanciandola; lei fece per aggrapparsi a lui e lui la abbracciò, e caddero entrambi nel nulla.
Caddero per circa 15 metri, atterrando su una superficie morbida. Era tipo sabbia, e attutì in parte la loro caduta.
La figlia di Athena, vigile, si alzò di scatto da quella strana sostanza e andò verso una superficie più stabile, di terra solida.
Mille idee le attraversavano la testa: stava analizzando tutto ciò che era successo negli ultimi 5 minuti, terrorizzata dalle proprie conclusioni.
Il Labirinto capiva, e cambiava. Era già successo, ma ora era sadico. Non potevano mai abbassare la guardia, o pensare di essere al sicuro, perché non lo erano affatto. Quel posto li voleva morti.
Realizzò questa terribile verità in pochi secondi, giusto il tempo che Percy ebbe per mettersi seduto, provare ad alzarsi e dire <<Meno male che siamo caduti sul morbido, questa specie di sabbia ci ha salvato...>>.
La semidea sbiancò, e si irrigidì turbata, sperando che non l'avesse davvero detto. Si voltò verso il fidanzato, e un attimo dopo lo vide sprofondare totalmente in quelle sabbie, urlando.
Ma era pronta: in meno di un secondo aveva già in mano la fune col rampino che aveva nello zaino e lanciò l'estremità col rampino, più pesante, nelle sabbie, sperando che Percy vi si aggrappasse.
Si sforzò di concentrarsi solo su ciò che stava avvenendo, senza lasciare che il suo geniale cervello galoppasse con la fantasia. Lui era lì dentro, e stava prendendo il rampino dentro a quella sabbia, ne era certa. Contava solo questo. Sentì strattonare la fune, e iniziò a tirare con tutta la forza che aveva in corpo, cercando di correre verso la parte opposta.
Lo vide emergere piano, e continuò a tirare. Percy ora aveva la testa libera e iperventilava: almeno poteva respirare. Continuò a tirare, finché lui fu in grado di arrampicarsi fuori da quelle sabbie, facendo leva con i gomiti sulla terra ferma che era solo a 30 centimetri da lui. Ne uscì totalmente e rimase disteso supino cercando di prendere aria.
Non era sporco e non sembrava nemmeno che fosse stato dentro a delle sabbie mobili. Come se nemmeno fosse successo.
Annabeth, curiosa, fece un tentativo per verificare una teoria, e gettò di nuovo il rampino nelle sabbie... e questo rimase sulla superficie.
Come temeva, quelle sabbie erano diventate un pericolo solo nel momento in cui uno di loro aveva pensato che fosse tutto sotto controllo e che quelle sabbie fossero state la salvezza.
Ansimando, il figlio di Poseidone sbottò confuso <<Ma che cazzo è successo?!>>
La fidanzata era terrorizzata. Come potevano vincere contro un nemico che interpretava ogni loro pensiero, speranza e paura?
<<Amore, penso sia molto peggio di quanto temessimo.>> E si maledisse, poi, per aver avuto anche quel pensiero, perché sapeva che si sarebbe realizzato.
Percy si rimise a sedere dopo aver ripreso fiato, e la guardò serio <<Cosa intendi?>>
Annabeth deglutì, e spiegò <<Il Labirinto... ci ascolta... e ci legge dentro, Percy. Non dobbiamo abbassare la guardia e dobbiamo cercare di... pensare il meno possibile. Non sto scherzando. Prima mi stavo chiedendo se ci fossero meccanismi nascosti per delle trappole, e ho pestato una pedana a pressione che ha attivato quelle frecce. Poi, mi sono detta che procedendo carponi avremmo evitato altre frecce e saremmo stati al sicuro, e il pavimento ha iniziato a sgretolarsi per farci alzare e correre. Mi sono lanciata oltre alla porta sperando ci fosse un pavimento solido, al contrario di quello che si stava sgretolando, ma c'era solo un baratro e siamo caduti. E quando tu hai pensato che quelle sabbie fossero state provvidenziali, ti hanno inghiottito. Non sono coincidenze, è impossibile.>> si guardarono negli occhi, preoccupati.
<<Quindi, cosa facciamo? Non possiamo smettere di pensare. Tu no di certo...>> e le sorrise genuinamente cercando di sdrammatizzare la situazione.
Annabeth pensò che quel sorriso fosse la cosa più bella che aveva visto nelle ultime 18 ore. Appena lo pensò, Percy fece una smorfia di dolore, e si toccò il fianco. Lei sgranò gli occhi in preda al panico. Gli alzò la maglietta e guardò la ferita di striscio lasciata pochi minuti prima dalla freccia, e vide che non stava guarendo, anzi... Era violacea e gonfia.
Scosse la testa, incredula <<No... no no...>> mormorò. Prese il kit di pronto soccorso e provò a disinfettare la ferita.
Il semidio si lamentò, e non era affatto da lui <<Annabeth, perché fa così male?! Non vedo bene... Cosa vedi!?>>
La ragazzastava pulendo la ferita più che poteva, ma temeva che fosse infetta o avvelenata. E se lo temeva... Quindi gli fece anche un'iniezione già pronta di antibiotici ad ampio spettro che avevano nel kit, sperando bastasse.
<<Amore, mangia un po' di ambrosia, tieni, vedrai che guarirai...>> cercava di convincere soprattutto sé stessa.
Lo aiutò a rialzarsi per convincere entrambi che andasse tutto bene. Ripresero a camminare lungo quel nuovo corridoio, un tunnel sotterraneo molto stretto, in cui spuntavano radici di alberi da ogni parete. In quel buio, erano spaventose, e a Percy, che iniziava a barcollare e a sentirsi confuso, quelle radici sembravano dei tentacoli pronti ad afferrarli.
Non fece in tempo ad immaginarselo, che quelle iniziarono a muoversi e provarono ad afferrare i due ragazzi.
Percy sguainò Anaklusmos e iniziò a recidere tutte le radici che si avvicinavano a lui ed Annabeth, ma erano tantissime, sembravano moltiplicarsi.
La ragazza le stava tranciando con la sua spada d'osso, ma una radice le afferrò il polso e iniziò ad avvinghiarsi intorno al suo braccio, impedendole di usarlo. Lei fece cadere la spada dalla mano bloccata e la riprese al volo con l'altra, cercando di tranciare le radici che l'avevano avvolta, ma altre la stavano prendendo, da una gamba, poi intorno alla vita, intorno al collo: volevano strozzarla.
<<NOOO!!>> Percy cercò di liberarla, ma anche lui stava venendo immobilizzato. Quindi, fece l'unica cosa sensata: evocò a sé tutta l'acqua che sentiva vicino, e riuscì a far convogliare l'acqua di una falda acquifera in quel tunnel sotterraneo, dirompendo da una delle pareti con la massima pressione che riuscì ad imporre.
Tranciò di netto con la spada le radici che tenevano Annabeth e l'afferrò per la vita, mentre il flusso li trascinava via a gran velocità.
Erano sommersi dall'acqua che li trasportava con sé in quel tunnel; lui teneva stretta Annabeth e cercava di guidare il flusso per non farli sbattere contro le pareti. Dopo circa 40 secondi, la pressione dell'acqua precipitò e la velocità diminuì, finché il flusso non scomparve del tutto, riducendosi ad un piccolo rivolo.
Restarono qualche secondo coricati, cercando di recuperare le energie. Annabeth non si era aspettata quella mossa e aveva inghiottito dell'acqua, restando in apnea senza aver avuto il tempo di prepararsi e prendere fiato.
Tossiva e cercava di rimettersi in piedi, e vide Percy al suo fianco ancora disteso sulla schiena, con gli occhi socchiusi.
<<Percy... Amore... che succede?>> si inginocchiò di fianco a lui e sentì che scottava, cosa del tutto inaudita. Aprì lo zaino per prendere il termometro, e nel frattempo lui le disse di sentire freddo.
Era pallido, sudava e batteva i denti, e non aveva nemmeno usato il proprio potere per restare asciutto. Aveva la febbre oltre 40, e ancora stava salendo velocemente. La ferita era infetta ed era peggiorata. Non era normale, non era da lui, avrebbe dovuto guarire, rigenerarsi, soprattutto dopo essere stato in acqua.
Gli mise lo zaino sotto la testa e lo coprì anche con il proprio giubbotto. Gli diede altra ambrosia e per qualche minuto sembrò stare meglio, ma tornò a battere i denti e a tremare dopo poco.
Annabeth non sapeva cosa fare, era una situazione senza precedenti per lui. Si mise seduta e lo tirò a sé, facendolo appoggiare alle sue gambe e accarezzandogli i capelli con le lacrime agli occhi sentendosi inutile.
Annabeth sussurrò al proprio fidanzato <<Percy, mi senti? Ti prego, resisti... resisti...>>. Provava a scaldarlo e gli stringeva la mano, ma lui non ricambiava la stretta. Poi, ebbe una crisi convulsiva, molto forte e incontrollabile. Aveva gli occhi riversi e la bava alla bocca. Annabeth cercava di tenerlo fermo. La crisi durò circa 30 secondi. Sembrò stare meglio, ma dopo 2 minuti ne ebbe un'altra, più forte e lunga. Annabeth lo stringeva e piangeva, impotente.
<<Ti prego, ti prego resisti, ti prego...>>.
Ebbe altre 3 crisi, sempre peggiori, e Annabeth ormai temeva il peggio.
Poi, tutto si placò, Percy iniziò a respirare più lentamente e sembrava non essere più così caldo. Gli provò la febbre, che era scesa a 39; ancora alta, ma stava migliorando. Gli diede altra ambrosia, con cautela, e rimasero lì distesi quasi 4 ore, mentre Percy era privo di sensi.
Finalmente aprì gli occhi e sembrava stare meglio.
<<Che... che è successo?>> bofonchiò.
<<Hai avuto la febbre alta, ma ora stai bene.>> gli disse lei dolcemente accarezzandole la fronte e i capelli, grata che fosse vivo.
Percy provò a mettersi seduto <<Ohhh la testa... mi gira da morire...>>.
Annabeth gli diede altra ambrosia, e gli controllò di nuovo la ferita, che fortunatamente stava guarendo. Si sforzò di non esserne felice, e si alzò di scatto, pronta a ricominciare la perlustrazione per tenersi occupata.
<<Su, andiamo.>> lo incitò.
Decisero di proseguire senza più porsi domande e senza compiere scelte secondo ragioni logiche, perché lì sotto di logico non c'era proprio niente.
Quella, fu solo la prima giornata, e già avevano rischiato di morire più volte. Si rimisero in marcia frustrati, sforzandosi di parlare di vari argomenti per tenere i pensieri occupati e non permettere al Labirinto di approfittarne. Riuscirono a trovare un ritmo: camminavano per circa 5 o 6 ore, dopodiché si fermavano per mangiare qualcosa e uno dei due riposava per almeno 4 ore; poi riprendevano, e dopo 5 o 6 ore ripetevano. Non sapevano se fosse giorno o notte, quindi, dopo 4 volte di quella routine, si abituarono e la trovarono funzionale.
Il Labirinto sembrava un semplice infinito tunnel per la maggior parte del tempo, e andava bene così: significava che era "calmo" e non stava sfruttando i pensieri dei ragazzi per distruggerli. Tuttavia, questo significava anche che vagavano senza sapere dove stessero andando. Non c'era alcun indizio, alcun "filo" magico da seguire, e camminavano soltanto fino allo sfinimento.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro