Il Premio
Dorothea osservò Percy, Leo, Reyna e i due Pretori uscire dal fortino seguiti dalla Settima in festa, mentre tutti gli altri erano ancora immobili a leccarsi le ferite e a vergognarsi. Nessuno ebbe il coraggio di alzare lo sguardo verso la ragazza, ancora troppo imbarazzati per ciò che era stato svelato, mentre altri erano invidiosi per il premio concessole.
Ma lei non voleva peggiorare la situazione <<Dai ragazzi, ai prossimi Ludi li stracceremo!>> esclamò con convinzione, e senza nemmeno accorgersene infuse in tutti un briciolo di speranza, e notò con piacere qualche volto aprirsi in un mezzo sorriso.
Si avviarono verso i propri dormitori per del meritato riposo, ma non la figlia di Spes.
Lei deviò dal percorso e si diresse nella zona centrale del campo, dove era stato allestito un banchetto ristoratore per i vincitori davanti al pub preferito dai legionari, il Tipsy Legionnaire.
Non badò alle occhiatacce dei curiosi che si chiedevano cosa ci facesse alla loro festa, e si diresse verso Markus con passo deciso.
Il ragazzo stava bevendo una pinta di birra in compagnia di Ryan e un altro paio di ragazzi. Si zittirono nel vederla arrivare, ma Markus non la degnò nemmeno di uno sguardo, continuando a sorseggiare.
<<Ehi... nessun rancore, vero?>> esordì Ryan con un cenno del capo.
Lei gli fece una smorfia, poi prese il discendente di Marte per un braccio facendogli rovesciare la birra, e lo trascinò via <<... Ma che cazzo, Dora!>> protestò lui mentre lo portava in una vietta laterale tra gli edifici, lontano da sguardi e orecchie indiscrete.
Di malo modo, lo spinse verso un muro e lo affrontò furiosa <<Come ti sei permesso!?>>
<<Ma di che diavolo parli?! Sei impazzita?!>> chiese lui confuso.
<<Hai mandato Ryan a farmi fuori!>> sbottò lei.
Lui rise di gusto, e spavaldo ammise <<Beh, sapevamo che avresti provato ad entrare e rubare la bandiera, non sei così furba come credi! Ora, se non ti dispiace, me ne torno a festeggiare la vittoria...>>
<<Pff! Vittoria? Sei solo un codardo! Se sapevi che sarei entrata, e tu eri a guardia della bandiera, sapevi anche che ci saremmo scontrati io e te! Avevi paura di perdere? E hai usato delle sfere trabocchetto per non combattere nemmeno!? Che eroe!>> lo punzecchiò per offenderlo.
Il ragazzo si fece serio e irrigidì la mascella <<Smettila. È solo strategia militare, era meglio non rischiare...>>
Ma, da quella strana reazione, Dorothea capì di aver ragione, e insistette <<Allora è così! Non volevi scontrarti con me! Ma non può essere perché hai paura di perdere... Perché...>> smise di parlare nel momento stesso in cui realizzò il vero motivo per cui il ragazzo avrebbe preferito evitare uno scontro diretto con lei. E si vergognò dei propri modi rudi nei suoi confronti.
Gli aveva già spezzato il cuore una volta, non poteva anche devastargli l'autostima <<Markus...>>
Lui continuava a sforzarsi di non guardarla in volto <<Senti... abbiamo vinto, questo è l'importante, no? Dai, devo tornare dagli altri...>>
<<No... non puoi comportarti così! Nonostante quello che è successo tra noi, se davvero mi rispetti, allora non puoi trattarmi diversamente da come tratteresti gli altri! Se ti rifiuti di batterti con me, mi offendi!>> spiegò lei in tono più dolce rispetto a pochi istanti prima.
Markus sbuffò, e si voltò a guardarla <<Ma non capisci? Non ci riesco, a battermi con te... Non voglio... farti del male...>> si avvicinò alla ragazza, e, in un gesto dolce, le spostò una ciocca di capelli dalla guancia, accarezzandola.
Dorothea, che aveva capito le intenzioni del ragazzo, si ritrasse allontanandosi di qualche passo e fissando un punto a terra <<Esistono molti modi per ferire qualcuno oltre alla violenza fisica...>> sottolineò risoluta per spezzare quel momento di imbarazzo.
Markus, deluso, bofonchiò <<Già. E tu ne conosci parecchi, vero?>> ribatté allusivo e in tono aspro. E approfittò di quel colpo di grazia per allontanarsi e tornare ai festeggiamenti, mentre lei, dispiaciuta e confusa, se ne tornava al dormitorio attraverso quelle stradine poco battute.
La ragazza si svegliò di soprassalto, madida di sudore.
Scostò le lenzuola con un gesto scattoso, ansimando.
Si alzò dal letto e corse verso il bagno, inciampando in uno scatolone pieno di rotoli di carta da disegno, tempere e pennelli.
<<Rachel! Che casino! Voglio dormire!>> esclamò una voce assonnata dall'angolo opposto della stanza.
<<Scusami, Linda...>> mugugnò la ragazza chiudendosi in bagno.
Guardò il proprio riflesso allo specchio, assicurandosi di non avere bagliori verdi dagli occhi o cose simili che potessero far rivoltare il cervello alla propria coinquilina.
Si sciacquò il viso con acqua fresca, cercando di tornare lucida.
Cosa diavolo aveva appena visto?
Era tutto confuso, frammentario, distorto... ma spaventoso. Era come aver osservato la vita intera di molte persone, in un solo fulmineo istante. E ricordava i volti di tutti coloro che erano coinvolti. Molti li conosceva bene, altri non li aveva mai visti prima.
Istintivamente, volle chiamare chi tra loro conosceva meglio. Si fiondò di nuovo nella stanza buia, alla ricerca del proprio cellulare. Inciampò di nuovo nello scatolone.
<<RACHEL! SONO LE 2 DI NOTTE!!>>
<<Le 2? Le 2... allora a San Francisco sono le 11 di sera... ok...>> farfugliò sovrappensiero.
La coinquilina, esasperata, si nascose la testa sotto al cuscino sbuffando, mentre Rachel si infilava un soprabito e usciva fuori dai dormitori del college per poter telefonare indisturbata.
Dopo quelli che le sembrarono 3 squilli interminabili, finalmente sentì quella voce amichevole e rassicurante <<Rachel...? Ciao!>>
<<Ehi, Percy... disturbo?>> chiese dubbiosa rendendosi conto che le 11 di sera non è proprio un orario consono per una telefonata.
<<Ma no, non disturbi mai! Come va al college?>>
Come sempre, i modi di Percy la mandarono su di giri per qualche istante, facendole perdonare il fatto che non si ricordasse che si era già laureata <<Oh beh, sai... mi sono laureata a giugno, ora sto seguendo dei corsi post laurea...>>
<<Caspita... è vero, scusami.... Mi ero proprio scordato...>> mormorò colpevole.
<<Oh tranquillo, ci sentiamo così poco che è normale che non ricordi ogni dettaglio... dovremmo sentirci più spesso...>> aggiunse con rammarico. Poi si ricordò perché lo aveva chiamato <<Comunque, tutto bene lì? Qualche news da raccontarmi?>>
Percy, coricato scomposto su una poltrona del proprio salotto, si irrigidì un poco e si schiarì la voce per mentire meglio <<Mhh-mmh, nessuna news... qui tutto bene, perché?>> chiese iniziando a preoccuparsi. Non sentiva l'Oracolo da parecchio, se non degli sporadici messaggi di tanto in tanto... e non le aveva ancora raccontato della propria particolare situazione. Ma una telefonata improvvisa a quell'ora poteva significare solo una cosa: guai.
<<Oh, così... sai... mi chiedevo se ultimamente avessi avuto qualche sogno strano, come ti capita ogni tanto... ero curiosa...>>
<<No... no, non ho fatto sogni particolari... tu sì?>>
Rachel soppesò quella domanda. Doveva dirgli la verità, o evitare di angosciare un amico se ancora non aveva nemmeno capito se il proprio sogno fosse una visione, e che tipo di visione?
<<Rachel? Ci sei ancora?>> chiese Percy dopo qualche secondo di attesa.
La ragazza si ridestò e decise di non nascondere la verità, ma nemmeno di rivelare tutto <<Oh, sogno particolare... diciamo... qualcosa del genere, ma non saprei bene come definirlo.>>
<<Vuoi raccontarmelo?>> chiese lui in tono serio.
Lei si morse un labbro, ringraziando che lui non potesse vederla e capire che stesse nascondendo qualcosa <<In verità, non avrei molto di cui parlare... è tutto molto confuso, ho visto dei volti, tra cui il tuo... ma tu... tu me lo diresti, se avessi visto qualcosa di strano, vero? O se percepissi qualcosa... sei molto sensibile in questo ambito, da sempre...>>
Percy rifletté su quelle parole. Aveva sognato qualcosa di strano, in passato, certo. Ma i suoi sogni premonitori erano spariti insieme a tutti gli altri suoi poteri. Non aveva nemmeno mai rivelato ciò che era accaduto durante la proclamazione consolare, quando Rachel era andata in trance per qualche secondo, dandogli i brividi. Ma, a quale pro parlarne ora, se in un anno e mezzo Rachel non aveva più avuto visioni a riguardo?
<<Se tu non hai visto nulla di preoccupante, io non ho di che preoccuparmi...>> le disse in tono rassicurante.
Rachel sorrise, ma non era molto convinta di quella conclusione <<Va bene... allora... ti aggiorno, semmai... ok?>>
<<Ok...>> confermò lui.
<<Ehi... e quando vieni sulla costa est? Potremmo vederci...>> propose poi, desiderosa di rivedere l'amico. Le dispiaceva non poter avere un rapporto più stretto con lui.
<<Per il momento non pianifico viaggi da quelle parti... a dire il vero, non vengo da un pezzo... dovrei proprio passare a salutare la famiglia, anche... magari organizzo qualcosa e ti faccio sapere...>> rispose vago, sentendosi in colpa per come si stava comportando con i propri affetti.
<<Ma certo... dai, allora... fammi sapere! In caso... mi basta anche poco preavviso... prendo un elicottero e arrivo a New York!>>
Percy ridacchiò <<Okay! Ciao, Rachel!>>
<<Credo sia una pessima idea...>> commentò Reyna appena il ragazzo ebbe riagganciato.
<<Come tutte le mie idee ultimamente, a quanto pare...>> commentò Percy sarcastico.
Reyna lo aveva raggiunto in camera dopo cena proprio per dirgli quanto, secondo il suo modesto parere, fosse rischioso allenare Dorothea Rivers in prima persona: non era in grado di sostenere dei combattimenti con un qualsiasi semidio, e quella ragazzina era astuta, avrebbe capito subito che qualcosa non andava, memore di ciò che aveva visto dopo lo scontro col Leviatano.
Percy aveva appena fatto in tempo a dirle che non gliene fregava un cavolo e che avrebbe trovato il modo di nasconderle la sua situazione, quando era squillato il cellulare.
La figlia di Bellona aveva atteso la conclusione della conversazione, per poi commentare anche quella <<Beh, sicuramente avere l'Oracolo di Delphi vicino al proprio ex fidanzato, ora single, non è un'ottima idea... potremmo rischiare di non avere più un oracolo!>>
<<Non mi porterò a letto Rachel.>> dichiarò Percy capendo la frecciatina.
<<Ma lei vorrebbe tremendamente portarti a letto, Percy, è ovvio! E se sapesse che ora sei un semplice mortale, potrebbe decidere di mollare tutto per una romantica vita con te!>> ipotizzò con acidità, e forse un pizzico di gelosia.
Il figlio di Poseidone sbuffò <<Siamo solo amici.>>
<<Me lo auguro, Apollo solo sa quanto abbiamo bisogno di un Oracolo in questo momento!>>
Percy corrugò la fronte <<Beh, molto umano da parte tua! Ti preoccupi che non perda la sua verginità solo per mantenere i suoi poteri, ma non ti sfiora minimamente l'idea che una ragazza di 23 anni possa decidere di avere una vita sessuale e rinunciare ad essere l'Oracolo per fare quel che vuole del proprio corpo!? Eppure sei una donna! Dovresti capirla!>>
<<Sapeva a cosa andava incontro quando ha accettato di ricevere lo spirito dell'Oracolo! E le conviene rigare dritto, o perdere i poteri non sarebbe la conseguenza peggiore...!>> ribatté seria, poi ripensò alla chiamata, e chiese <<Ma perché ti ha chiamato, comunque? Ha visto qualcosa?>>
<<Non sono affari tuoi.>>
<<Oh sì che lo sono se ci sono guai in vista, dato che non puoi difendere nemmeno te stesso!>>
Percy si infuriò nel sentire quel commento riguardo alla sua inadeguatezza, e si alzò di scatto dalla poltrona per andare verso la ragazza in modo minaccioso, ma lei non si scostò di un centimetro e lo attese a braccia incrociate; <<Dovresti andartene.>> le intimò.
<<O...? Mi picchierai? Vorrei proprio vederti...>>
<<Non oserei mai... ma ti porterei fuori da qui di peso...>>
<<Non ci riusciresti, non sei così forte!>> lo sfidò.
<<Sono abbastanza forte per questo!>> ribatté, e senza alcun preavviso la prese in braccio di forza e si diresse verso l'ingresso dell'appartamento, mentre lei protestava dimenandosi <<Come osi!? Lasciami giù!>> e gli mollò una ginocchiata sull'addome così forte che il ragazzo urlò dal dolore e lasciò andare la presa per contorcersi.
La ragazza cadde in piedi senza alcun problema, mentre Percy si era rannicchiato in ginocchio tenendosi le mani sul punto colpito.
Terrorizzata dall'avergli fatto male, si coprì la bocca imprecando <<Mi dispiace! Percy, mi dispiace! Stai bene?>> si inginocchiò vicino a lui con fare premuroso, provando ad accarezzarlo e a capire come stesse, ma lui la allontanò <<Vattene, ti prego.>> gracchiò col fiato corto e l'umore nero.
La figlia di Bellona capì di averlo davvero ferito più del dovuto, e non fisicamente; quindi senza più reclamare se ne tornò nel proprio appartamento.
[lunedì 3 ottobre 2016]
Erano le 17:50, e Dorothea era già pronta e in attesa del suo istruttore. Si era posizionata fuori dal proprio dormitorio, a gambe incrociate su una panchina.
Gli allenamenti ordinari erano terminati da meno di un'ora, e lei si era subito docciata e preparata per quell'incontro tanto desiderato.
Mai avrebbe immaginato di convincerlo così facilmente, anzi, la cosa l'aveva un po' destabilizzata e sconcertata. Cosa c'era sotto?
Il loro ultimo scontro verbale non era stato dei più piacevoli, dopo che lui aveva goffamente provato a difenderla contro Markus; ma era sembrato sinceramente dispiaciuto dopo aver capito il malinteso, quindi non era più arrabbiata. Inoltre, era dal ritorno dalla missione contro il Leviatano che notava qualcosa di diverso nel ragazzo, e ancora non era riuscita a capire quale fosse la reale situazione.
Iniziò a pensare a ciò che era successo, a come si era ridotto Percy dopo lo scontro, e a tutto ciò che non tornava di quella faccenda.
E quell'articolo scandalistico uscito da poco sul Novae Romae Rumor? Non era proprio lusinghiero, e poneva molti quesiti interessanti... Sarebbe stato bello poterne parlare con lui e aiutarlo ad aprirsi e superare quel momento, pensò.
<<Wow, puntuale. Credo sia tipo un record!>> esclamò Percy.
La ragazza sussultò. Non si era nemmeno resa conto che ormai erano arrivate le 18 e che il suo istruttore l'aveva raggiunta. Avrebbe voluto ribattere con sarcasmo, ma era rimasta troppo stupita dal vederlo insieme a quel suo galoppino buffo, di nuovo. Perché sembrava seguirlo come un'ombra!?
Quindi, si limitò a lanciargli una delle sue solite occhiatacce, e scattò in piedi per dirigersi verso i campi di allenamento senza nemmeno salutare i due ragazzi.
Percy ridacchiò sotto i baffi senza farsi vedere: in quel periodaccio, un po' di quel pepe gli mancava, dopotutto.
Arrivata ai campi, la ragazza proseguì per andare oltre, verso il bosco e le colline, dove si erano allenati insieme molti mesi prima.
<<Dove vai?>> le chiese Percy da dietro.
Lei si voltò a guardarlo confusa, chiedendo <<Non andiamo...>> stava per dire "al solito posto", ma si rese conto che quegli incontri dovevano restare un segreto, e non sapeva quanta confidenza concedere a quel Leo vattelapesca.
<<No, direi di no. Hai chiesto che ti allenassi davanti all'intera Legione, che senso avrebbe nasconderci? Anzi, sarebbe strano... non credi?>> sottolineò Percy ironico.
Touché. Se aveva sperato di rivivere quei momenti di intimità post-allenamento, che tanto li avevano avvicinati all'epoca, si era sbagliata di grosso.
<<Quindi, ci alleniamo qui al Campo?>>
<<Certo. Qui abbiamo tutto il necessario.>> confermò lui togliendosi il mantello da console e ripiegandolo con cura, mentre Leo si sgranchiva le gambe.
<<Ok... allora... iniziamo?>>
Percy annuì, e nel frattempo posò il mantello ripiegato su una panchina di fianco alla linea di partenza del circuito da corsa <<Fai 10 giri di campo.>> le ordinò con semplicità mentre si sedeva.
Lei strabuzzò gli occhi <<Cosa!?>>
Lui le sorrise mettendosi ben comodo<<Hai capito. Corri!>>
Dorothea incrociò le braccia, pestò a terra, e iniziò a protestare <<Vengo da 5 ore di allenamento con i Pretori, ho finito meno di un'ora fa! Non ho bisogno di scaldarmi!>>
Percy chiuse lentamente le palpebre e riaprì gli occhi fingendo un'espressione stupita <<Oh! Fammi capire... hai chiesto di essere allenata da me perché sono il migliore guerriero mai nato... però decidi tu che allenamento fare? Interessante...>>
Leo ridacchiò, e anche Percy non riuscì a trattenere un sorrisetto sardonico. Dorothea si imbestialì <<Mi prendi in giro? So cosa stai cercando di fare!>> commentò puntando un dito contro al ragazzo.
<<Ah sì?>>
<<Sì! Ma non ci riuscirai! Non cambierò idea e non mollerò, quindi fai pure l'odioso finché vuoi, ma tu mi allenerai, e da qui non me ne vado!>> e iniziò a correre per dimostrare di essere all'altezza della richiesta.
Percy ridacchiò di nuovo, bofonchiando mentre lei si allontanava <<Sì, e intanto ti stai facendo i 10 giri di campo, come dicevo...>>
Leo rise di nuovo <<Sei terribile. Non ti ho mai visto fare neanche mezzo giro di campo di corsa! E lo pretendi dagli altri?>>
Percy si fece un po' più cupo <<Non è per la corsa in sé... è per la disciplina. E a lei serve più di qualsiasi altro insegnamento che possa darle...>> ammise.
Il figlio di Efesto capì il punto, e capì anche quanto doveva essere difficile ricoprire quel ruolo da mentore. Non ci si poteva concedere di sbagliare e ci si sentiva responsabili della crescita e dell'incolumità di giovani semidei. Si doveva indossare una maschera e recitare alla perfezione una parte, quotidianamente, senza sbavature, senza permettere a nessuno di dubitare del proprio operato.
Forse non era così semplice, essere un Percy, o una Reyna, si disse. Si avvicinò al proprio protetto, e a bassa voce e in tono serio chiese <<Le dirai la verità?>>
Percy lo guardò negli occhi, valutando quell'evenienza. <<No.>> rispose infine, <<Ci sono già troppe persone coinvolte, che rischiano molto per difendere questo segreto, e me. Lei non sarà una di queste.>> sancì.
Leo annuì, poi si sedette sulla panchina vicino a lui. Dopo qualche minuto di silenzio, con non-chalance poco riuscita, esordì <<Sentì un po', comunque... quella ragazzina ti tratta come un tuo pari, sembra proprio fregarsene delle gerarchie, e da certi discorsi ho inteso ci siano stati degli incontri segreti o qualcosa del genere... inoltre, avete avuto un gran bel litigio qualche settimana fa, e durante la Caccia alla Bandiera eri ossessionato da lei...>> snocciolò tutto d'un fiato.
Percy non commentò, e continuò a fissare la ragazza che correva. Leo proseguì con coraggio <<Dimmi la verità, te la scopavi?>>
Il figlio di Poseidone gli lanciò un'occhiataccia poco lusinghiera mugugnando <<... Ma perché tutti pensate che mi sia scopato mezzo mondo...>, e Leo tergiversò con leggerezza <<Eddai, è per dire... ormai ti seguo da mesi... Non dico che siamo amiconi dati i nostri trascorsi, ma se ti affidi a me per la tua protezione puoi anche confidarti per questo... sono solo curioso...>>
<<Ti ricordo che ha solo 16 anni.>> puntualizzò Percy.
<<Sì, e tu ne hai appena compiuti 23. Non sei mica un matusa! Sarebbe accettabile... siamo semidei, siamo piuttosto libertini e aperti mentalmente... sono meno di 7 anni di differenza, dai!>>
<<Non sarebbe accettabile per molti motivi qui e in questo momento, per le nostre posizioni... quindi no, non me la sono portata a letto...>> rispose con diplomazia.
<<Ahhhh ma non hai detto che non ti piacerebbe... stai dicendo che le circostanze ti frenano!>>
Percy gli lanciò un'altra occhiataccia, e Leo sorrise trionfante <<E allora cosa facevate durante i vostri incontri segreti nel bosco?>> chiese facendo un cenno verso la zona in cui la semidea stava per andare a inizio allenamento.
Con molta semplicità, l'altro rispose <<La allenavo.>>
<<La allenavi?>> chiese basito.
<<Sì, la allenavo nel combattimento. E parlavamo. Tutto qui... è stato... bello, instaurare un legame più intimo con lei, ma non poteva durare, lei si stava affezionando troppo.>> ammise rammaricato.
Il figlio di Efesto sbatté velocemente le palpebre, cercando di concepire quello strano rapporto. Come era possibile restare così distaccati pur avendo un'evidente attrazione per qualcuno? Non era un comportamento da semidei. Oh no! Le pulsioni erano qualcosa di indomabile, a volte.
Era ciò che più li rendeva pericolosi, andando verso l'età adulta e acquisendo pieni poteri. Le storie di ogni semidio famoso erano costellate da aneddoti raccapriccianti riguardo a gesti estremi, era intrinseco nella loro natura.
La storia di Ercole, che uccise moglie e figli durante uno scatto d'ira, ne era un esempio lampante, e nemmeno isolato.
Percy comprese lo sconcerto nell'espressione dell'amico, e aggiunse <<Lo so, è strano, per noi greci... ma se avessi vissuto a Nuova Roma quanto me, e se ricoprissi un ruolo come il mio, capiresti che ci sono delle dinamiche delicate e dei ruoli sociali da rispettare... Per questo la disciplina è così importante per noi romani...>>. Era stupito dalle proprie stesse parole, uscite in modo spontaneo, ma ormai aveva imparato a vivere in quel modo.
<<Hai detto "noi greci" e subito dopo "noi romani"... sei confuso, amico mio...>>
Lui scosse la testa <<Ma no... è che, in qualche modo, io appartengo ad entrambi i mondi... posso lasciare andare la mia natura greca, in privato, ma quando ricopro cariche pubbliche e negli eventi mondani devo essere un perfetto romano... non so se mi spiego...>>
<<Ho capito solo che i Romani sono pazzi, pensano troppo all'apparenza... e poi fanno le orge di nascosto, bah!>>
<<Hai ragione, ci sono molte contraddizioni. Ma è quello che ha salvato la stirpe romana per oltre mille anni. È quello che ha permesso all'Impero di diventare leggenda. Non so dirti se sia giusto o sbagliato agire così e avere due vite parallele, ma è fondamentale per sopravvivere e prosperare. C'è un motivo se i semidei romani non sono così tristemente famosi come i nostri ascendenti greci, Leo. Un semidio romano sa trattenersi, sa domare le proprie pulsioni, controllare i propri poteri, proprio perché è disciplinato e rispetta il ruolo sociale assegnato. Non esistono eroi, esistono leader.>> spiegò. Quel discorso stava diventando molto più filosofico di quanto Leo si aspettasse, ma non meno interessante.
Poi, Percy aggiunse <<Ad esempio... Se tu fossi stato romano, non avresti mai provato ad uccidermi per essermi portato a letto la tua ex, un tale scandalo non è concepibile... mi avresti distrutto a livello sociale per rendermi un reietto, piuttosto...>> concluse.
Leo sbuffò <<Che ipocrisia...>> commentò sprezzante.
Percy sorrise di sbieco <<Tu la chiami ipocrisia... noi Romani la chiamiamo politica...>>
<<Ehi... io.... ho... finito...>> esclamò Dorothea avvicinandosi col fiatone ai due ragazzi intenti a dialogare. Era evidente che avesse corso il più veloce possibile per terminare quell'odioso incarico.
I due si voltarono a guardarla, come rendendosi conto solo in quel momento della sua presenza, e Percy fece un'espressione fintamente stupita <<Uhm... sei stata veloce... non vedevi proprio l'ora di combattere, eh?>>
<<Ora... combattiamo?>> chiese speranzosa cercando di riportare la respirazione a ritmi normali.
<<Certo!>> confermò lui, poi si voltò verso Leo, facendogli l'occhiolino.
Il figlio di Efesto sospirò, si alzò dalla panchina, e si sgranchì le membra mentre andava a pararsi davanti alla ragazza.
Lei saettò lo sguardo tra i due ragazzi, confusa, e incredula chiese <<Un momento... devo combattere contro di lui?! Ma così non mi stai allenando!>>
<<Certo che sì. Stai facendo quello che io ti dico, come te lo dico... no? Non devo per forza partecipare in prima persona...>> sottolineò Percy astuto.
<<Mi stai solo prendendo in giro!>> protestò lei.
<<Ehi, dammi una chance, non sono proprio da buttare!>> le disse Leo ironico.
Esasperata, Dorothea fece qualche smorfia e pestò i piedi, ma, alla fine, accettò di battersi contro quel sostituto.
E davvero, non era affatto male a combattere, anche se nemmeno minimamente comparabile a Percy, ma era di certo ingegnoso.
Nel frattempo, Percy aveva dato consigli ad entrambi, suggerendo mosse e contromosse. Alla fine, si poteva dire che Dorothea fosse all'altezza di Leo, e dopo un'ora Percy decretò la fine dell'allenamento.
<<Bene... a lunedì prossimo.>> esclamò alzandosi finalmente dalla panchina massaggiandosi l'addome, dove la sera precedente era stato colpito.
<<Cosa!? Tra una settimana?>> sbottò lei.
Il ragazzo roteò gli occhi al cielo fingendosi molto seccato <<E va bene. Facciamo giovedì? Due volte a settimana può bastare, direi! Non ho tutto questo tempo da perdere!>>
<<Ma se nemmeno alleni più la Settima! Ne hai parecchio di tempo libero!>> sottolineò lei.
Un po' stufo di tutta quell'insolenza, il Console fece ricorso alla gerarchia per pretendere rispetto e obbedienza, e seriamente disse <<Congedati, soldato.>>
Dorothea capì di aver superato i limiti, di nuovo, e si trattenne. Non avevano combattuto, non avevano parlato, non si erano confidati, non erano nemmeno rimasti soli un secondo. Non era successo niente di quello che lei si era immaginata quando aveva chiesto quel premio.
E se ne andò sconsolata.
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