Il Mostro
Autrice: ho dovuto riutilizzare una vecchia parte che ho recuperato unendo due vecchi capitoli, quindi ha già delle letture e potreste vedere già il vostro like a questo capitolo... In tal caso, lasciatemi un commento per farmi sapere se vi è piaciuto, oppure togliete e rimettete il like così vedo la notifica! :-D
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Percy era riuscito a risalire fino al bordo della fossa, mentre Ceto iniziava a ingrandirsi al punto di sbucare fuori da quel baratro con la testa e il busto grandi quanto un grattacielo. Il ragazzo guardò la sua avversaria negli enormi e mostruosi occhi serpentini, mentre lei si passava la lingua biforcuta tra i denti, assaporando la vittoria e il suo prossimo spuntino semidivino.
Per un istante, Percy si sentì pervadere dallo sconforto, e strizzò forte gli occhi, come sperando di svegliarsi da un brutto incubo. Sarebbe finita così? Si sarebbe fatto divorare da un mostro che il suo omonimo aveva sconfitto oltre duemila anni prima diventando una leggenda? Una parte del suo ego, per quanto la ignorasse, aveva sempre pensato che fosse lui, davvero, il più grande eroe mai esistito, il semidio più potente mai nato. Lo negava in pubblico, ma in segreto si beava di quella convinzione ripetutagli da molti. Invece, era un incapace, debole e ingenuo, e sarebbe morto molti anni prima se non fosse stato per una buona dose di fortuna, per l'aiuto dei suoi amici, e per Annabeth.
Annabeth.
Non l'avrebbe più rivista. Non le aveva nemmeno detto addio. E non avrebbe mantenuto la promessa fattale. Tutto ciò che avevano passato insieme, tutte le avventure, le litigate, i sacrifici, i momenti intimi tra le sue braccia guardandosi negli occhi, i baci, le carezze... Sarebbe stato tutto vano. Non poteva andare così, non ne aveva affatto avuto abbastanza di quella vita.
Si infuriò e urlò tutta la sua frustrazione spalancando gli occhi. Nonostante la debolezza, la rabbia fu abbastanza per dare a Percy la forza di scatenare un enorme vortice, un tornado acquatico che attirasse Ceto sul fondo della fossa, per non farla uscire.
Voleva vincere. Per la prima volta nella sua vita, si lasciò andare completamente al proprio potere, senza freni, senza remore. La rabbia lo pervase, dandogli la forza di far crescere quel mulinello tanto da creare un vuoto d'aria che da quel punto arrivava fino in superficie, al livello del mare, a formare un grande imbuto per risucchiare Ceto e tenerla bloccata.
Il mostro urlò dalla frustrazione di non riuscire ad uscire; inoltre, ora che era al centro di quel vortice, era fuori dall'acqua, il che la indeboliva notevolmente. Cercò di afferrare il ragazzo con le sue enormi mani, ma lui riuscì con agilità ad evitarla ogni volta, ferendole anche le membra con Anaklusmos in più punti.
Ceto cercò di liberarsi da quel vortice, ma Percy, ora più infuriato che mai, scatenò il proprio potere in modi mai raggiunti fino a quel momento: oltre a quell'enorme tornado acquatico, riuscì a scuotere la terra, e fece muovere le placche terrestri in modo da stringersi contro Ceto in quella strettoia in cui si incontravano, noncurante del terremoto che questo avrebbe causato; la immobilizzò ancora di più in una tenaglia di rocce; poi ordinò all'acqua di slanciarlo verso l'alto, nel vuoto creato dal suo stesso vortice, fin sopra l'enorme testa di Ceto, e poi piombò giù dritto in picchiata circondato da un personale tornado che lo proteggeva, e con un unico e profondo affondo infilzò la creatura sul collo fino all'elsa, e calò giù, attraverso tutto il suo busto per oltre 50 metri, squartandola con un unico lungo taglio.
Il mostro emise un gemito straziante, da raggelare il sangue, e scomparve in una nuvola di fumo, mentre Percy cadeva per migliaia di metri verso le profondità della fossa, ora priva d'acqua per via del vuoto da lui stesso generato.
In quel momento, il semidio fu sopraffatto dalla stanchezza, smise di controllare il vortice, e il vuoto fu riempito dall'acqua che si riversò con delle possenti ondate in tutta la fossa, travolgendolo. Ora che aveva sconfitto Ceto, si sentiva terribilmente debole per l'enorme sforzo, e non riuscì ad evitare che quelle forti onde lo scagliassero contro gli scogli della fossa, tramortendolo. Si ritrovò quindi ad affondare lentamente, semi-cosciente e ferito, verso quell'abisso oscuro.
La sua lenta caduta finì quando toccò con la schiena il fondo, a 8300 metri di profondità, dove tutto era iniziato.
Il cuore gli batteva ancora velocemente, in tachicardia, e fece ritrarre l'armatura per vedere meglio la pugnalata che lo aveva attraversato da parte a parte. Perdeva ancora molto sangue e non sapeva se la rimarginazione sarebbe stata sufficientemente veloce. Era ferito anche sul collo e la spalla e in altri punti in cui aveva sbattuto contro alle rocce, ma non gravemente quanto all'addome.
Rimase lì, al buio, premendosi una mano sulla ferita, troppo debole per muoversi, pensando a tutto ciò che si stava lasciando dietro, a tutte le promesse che avrebbe infranto, alle persone amate, ad Annabeth... e pensò a quanto poco fosse contato aver vinto quella battaglia contro Ceto, se ora moriva lasciando comunque il regno di suo padre nel caos... E perse i sensi.
Quando rinvenne, Percy si ritrovò avvolto in una specie di bozzolo creato da morbide alghe intrecciate, e si accorse che stava viaggiando a gran velocità, trainato da degli Hyppocampi.
Provò a divincolarsi, ma era avvolto stretto in vita, e temette di essere stato rapito da alcuni dei nemici di suo padre.
<<Tranquillo ragazzo, sei al sicuro>> un enorme delfino nuotò vicino a lui e lo rassicurò.
<<Delfino... come... come mi avete trovato?>> biascicò.
<<Dopo 2 giorni di battaglia vicino alle coste brasiliane, stavamo tornando verso il palazzo, e abbiamo percepito dei forti sismi provenire dalla fossa di Porto Rico. Ho pensato di deviare per venire a controllare la situazione... ma non abbiamo percepito la presenza di Ceto, quindi siamo scesi nella fossa e ti abbiamo trovato là sotto...>>
<<Oh... ero io... a causare i sismi?>>
D:<<Sì... eri privo di sensi ma emanavi molto potere, eri in una sorta di stato catatonico, devi aver concentrato tutte le forze nella rigenerazione...>>
<<... ho causato molti danni?>> chiese timoroso.
Delfino non rispose subito, poi disse <<Non ho mai visto un figlio di Poseidone con tali poteri, hai scosso il mare e la terra, ragazzo, come avrebbe fatto tuo padre. Ne sarebbe fiero. Ora riposa tranquillo, siamo quasi arrivati.>>
Percy, ancora esausto, chiuse gli occhi approfittando del rimanente viaggio per rimettersi in sesto del tutto.
Arrivati a palazzo, dei soldati lo liberarono dal suo bozzolo; era ancora molto debole, ma l'acqua lo aiutava a restare in piedi. Abbassò lo sguardo sullo squarcio nella sua maglia, e vide la ferita sul suo fianco ormai rimarginata.
<<Impressionante>> commentò Delfino. <<Saresti dovuto morire, senza dubbio...>>.
Delfino lo aiutò ad arrivare fino alla sala del trono, dove Percy entrò da solo, camminando un po' barcollante sul pavimento (riusciva a farlo comodamente come fosse sulla terraferma) aiutato dal sostegno dell'acqua. Si rizzò per bene con la schiena per assumere un tono inspirando a fondo prima di entrare nella sala, per non dar modo al fratellastro di notare quanto fosse provato dallo scontro.
Tritone era seduto al trono di suo padre come fosse già suo, circondato da guardie e nereidi, e parlava fitto con la madre Anfitrite, seduta alla sua sinistra su un trono più piccolo a forma di valva d'ostrica. Quando vide entrare il fratellastro semidio con la coda dell'occhio, si bloccò, e si voltò a guardarlo stupito. Anfitrite fece lo stesso. Percy riservò loro il suo miglior sorriso sarcastico, e fece un profondo e plateale inchino derisorio <<Vedo che il palazzo è ancora in piedi!>> esclamò.
<<Anche tu.>> rispose Tritone a denti stretti.
Percy gli sorrise ancora di più <<Bene, entrambi abbiamo compiuto i nostri doveri, dopotutto. Ora credo che andrò a salutare nostro padre, e poi pianificherò qualche altra azione vincente, che ne dici?>> e si voltò per andarsene.
<<Ammirevole, davvero. Uno scontro senza precedenti. Tuttavia, mi chiedo chi abbia fatto più danni, se Ceto in 2 mesi, o tu in 2 giorni...>> fece comparire un messaggio iride su una conchiglia gigante, trasmettendo dei notiziari umani che riportavano le devastanti immagini degli effetti dei cataclismi causati dal fratellastro umano durante il combattimento, e anche dopo mentre si rigenerava negli abissi della fossa.
Percy guardò quelle immagini, e la sua espressione prima beffarda si fece cupa e orripilata. Era stato davvero lui? Anni prima aveva causato un'eruzione vulcanica e involontariamente accelerato il risveglio di Tifone. Ora quello. Come poteva essere in grado di tanto potere, senza nemmeno rendersene conto?
<<Complimenti, Fratello. Hai distrutto i Caraibi.>>
Percy inspirò. Si sentì montare nuovamente da una rabbia ardente e primordiale; lanciò un'occhiataccia al fratello, e si limitò a dire <<Non hai visto ancora niente>> e se ne andò. Non sapeva dove avesse trovato l'ardire per quelle parole, ma sapeva che erano vere.
Una volta rimasto solo al fianco del letto del padre, la rabbia lasciò posto ad un terribile senso di colpa. Aveva creato più danni lui di quanti ne aveva causati Ceto. Si disse che era stato costretto a quelle azioni, per vincere la battaglia e riportare il regno alla pace. Ma una vocina gli chiese "Sei sicuro che il fine giustifichi i mezzi, eroe?". No. Non ne era sicuro affatto. Tutte quelle persone innocenti, sfollate, ferite, morte... E tutte le altre forme di vita che aveva devastato... Danni collaterali, li avevano chiamati.
Avrebbe voluto che suo padre si svegliasse e gli spiegasse cosa gli succedeva e perché era in grado di fare quelle cose senza nemmeno saperlo. Avrebbe voluto Chirone, a battergli sulla spalla e a ricordargli che lui, Percy, era un brav'uomo e agiva per il bene. Avrebbe voluto Annabeth, la sua Annabeth, ed era sicuro che se ci fosse stata lei al suo fianco, lui non avrebbe mai perso il controllo in quel modo, e il problema non sarebbe nemmeno sorto. Invece era da solo, in territorio ostile, senza sapere di chi fidarsi, e con tanta rabbia repressa da distruggere un mondo intero.
<<Quello che hai fatto, è stato terribile, ma necessario. Poseidone ti direbbe lo stesso.>>
Bentesicima era entrata in stanza senza fare il minimo rumore, e si dirigeva leggera verso Poseidone per controllare che stesse bene.
<<Tu credi?>>
Lei lo guardò e gli sorrise <<Devo, se penso di essere dalla parte dei giusti. Hai fatto molti danni, ma hai sconfitto Ceto, impedendo che lei ne facesse molti di più, per molto, molto tempo... E hai segnato una vittoria importante in questa guerra. Ora la nostra situazione è migliore rispetto a 2 giorni fa, dopotutto.>>
Percy annuì piano, ma non era convinto. Poi notò come la ragazza si prendeva cura di suo padre <<Lo conoscevi bene?>>
Lei non lo guardò, ma rispose <<Meno di quanto avrei sperato, ma più di molti altri... E abbastanza per sapere che avrebbe agito come te. Non c'era alternativa. E il Dio del Mare fa sempre ciò che è necessario per raggiungere lo scopo, per il bene superiore.>>
Ma la supremazia di suo padre era davvero da considerarsi il bene superiore? E gli tornarono in mente le parole di Luke di molti anni prima: "Stai dalla parte degli dei perché sono i giusti, o solo perché sono la tua famiglia?". Forse non le aveva mai comprese a fondo, fino a quel momento.
E rimasto solo quella sera, quando si coricò sul suo lussuoso letto di madreperla, tutti quei pensieri si concentrarono in un'unica semplice domanda, che lo attanagliava impedendogli di prendere sonno: chi era il vero mostro?
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