Il "Meraviglioso"
Delirio.
Era l'unica parola che veniva in mente a Percy per descrivere la situazione in cui si trovava. Totale, assoluto, folle delirio.
Pochi istanti prima, non appena l'armata nemica era stata alla giusta distanza in posizione di leggero svantaggio e in discesa data la conformazione del fondale marino, Percy aveva ordinato la carica, e l'esercito al completo con Delfino a capo si era lanciato incontro al nemico.
Percy restò positivamente sorpreso dall'effetto dei sonagli, che facevano un baccano assordante e inquietante: se non avesse conosciuto il trucco, avrebbe davvero pensato che si trattasse di un'imponente truppa di cavalieri assetati di vittoria, e sperò che lo pensassero anche gli avversari! E giurò di aver visto l'armata nemica rallentare un po' nel vedersi venire incontro quell'esercito fantoccio.
Senza più esitare, premette il ciondolo a tridente per rivestirsi con l'armatura, sguainò Anaklusmos, e si gettò nella mischia appena le due armate si furono scontrate, e iniziò a menare fendenti come un pazzo scatenato: da solo aveva la forza combattiva di 10 uomini e otteneva risultati per 20: decisamente efficace!
I nemici non avevano il tempo di rendersi conto di aver di fronte per lo più cavalieri finti, perché Percy, come un'ombra, era già lì, ad ucciderli prima che potessero comunicare il tranello ai compagni. Si spostava da una parte all'altra del campo di battaglia con una velocità incredibile, sfruttando le correnti e il proprio potere, e, quando ne aveva l'occasione, scagliava forti getti di acqua in pressione contro ai nemici, sbaragliandone decine per volta. Mozzò chele, pinne e altri arti vari più o meno umanoidi senza mai voltarsi ad ammirare il proprio operato, e sventrò e sgozzò mostri con un'abilità e un'eleganza esasperante: non lo vedevano nemmeno arrivare.
Delfino e gli altri non furono da meno, e riuscirono a reggere lo scontro per almeno mezzora nonostante fossero in inferiorità numerica. Con grande soddisfazione, avevano eliminato tutti i carcini, anche grazie al supporto degli arcieri che avevano appiccato il fuoco greco, e avevano indotto le sirene alla ritirata, il che era stato un ottimo punto a loro favore. Ora se la stavano vedendo con i serpenti di mare velenosi e i loro cavalieri, e l'apporto di Percy fu fondamentale data la sua agilità.
Nel frattempo, Briareo e Tyson impedivano a mostri più grandi, come pistrici e ozene giganti, di avvicinarsi alla città nuotando dall'alto, e ci mettevano del loro anche nello spaventare le retrovie dell'armata nemica, scagliando massi e palle di bronzo celeste oltre la linea di combattimento. Forco era rimasto nascosto proprio là, nelle retrovie, senza guidare la propria armata. "Gran bel coraggio!" pensò Percy.
Quel marasma delirante durò almeno un'ora senza un attimo di tregua, e Percy, ancora una volta, si lasciò pervadere dal suo potere, intensificato dal fatto che si trovasse nelle profondità del mare. Si lasciò prendere così tanto dall'euforia del momento, che il suo sguardo diventò folle, e gli uomini suoi alleati capirono di dovergli davvero stare alla larga se non volevano rischiare di essere colpiti per sbaglio dalla sua furia guerriera.
Il semidio aveva appena conficcato Anaklusmos nel petto di un telchino fino all'elsa, mentre ne calciava un altro in faccia facendo una capriola e rigirando la lama nel corpo del povero mostro infilzato, quando si accorse di un gran parapiglia tutt'intorno accompagnato da grida di trionfo: il nemico si stava ritirando!
Percy si fermò e calmò il proprio animo bellicoso ansimando pesantemente e guardandosi intorno; si sentì d'un tratto stanco, si tolse l'elmo e si passò l'avambraccio destro sulla fronte, come per asciugarsi dal sudore, anche se non ne aveva bisogno visto che era immerso in acqua.
Si morse le labbra continuando ad ansimare e valutò velocemente il numero dei nemici in fuga, e quello degli alleati al loro inseguimento: avevano retto bene il colpo, ma non senza perdite. Se avessero subito un nuovo attacco a breve, o se quell'orda non si fosse ritirata proprio in quel momento, avrebbero perso senza dubbio. Si chiedeva se, almeno, quel tempo fosse bastato a Tritone per portare i cittadini in salvo verso Atlantide dal versante sud.
Ma in quel momento l'unica cosa che interessava all'esercito vincitore era la vittoria stessa! Tutti esultavano e festeggiavano per essere riusciti a sbaragliare il nemico nonostante fossero in inferiorità numerica. Il semidio avrebbe voluto che restassero concentrati, ricomponendosi e riportando i feriti dentro le mura il prima possibile, ma non riuscì a trattenere un sorriso mentre li richiamava <<Ok ok ragazzi! Torniamo all'interno delle mura, subito!>>.
Stavano tornando verso la città continuando a gioire e schiamazzare, quando sentirono tutt'altro tipo di urla provenire dalla città stessa, e videro in lontananza le guardie sulle mura che lasciavano le proprie postazioni dirigendosi all'entrata sud, a loro opposta.
Percy e Delfino cambiarono espressione e, scambiatosi uno sguardo terrorizzato, nuotarono velocemente verso il versante sud.
In pochi minuti raggiunsero le mura in quel punto, dove vi trovarono già Brizo e Leucotea con il resto delle guardie. Percy fu piuttosto confuso per ciò che vide, e si chiese come mai tutti fossero così preoccupati: un manipolo di guerrieri, meno di 50, erano posizionati a circa 50 metri dalle mura, fermi immobili. E tra loro e le mura, un altro guerriero in armatura greca placcata in platino si era avvicinato a circa 20 metri dall'ingresso. Se era quello il motivo di tanto scompiglio, poteva risolverlo lui stesso con poco sforzo! Che problema c'era!? Avevano appena sbaragliato un'orda di mostri contro ogni probabilità! Ma gli altri fissavano quell'uomo, come paralizzati.
Poi, quell'uomo si tolse l'elmo, rivelando un bel viso mascolino dai lineamenti definiti e con la mascella scolpita, e degli occhi di un profondo azzurro scuro con striature violacee, e parlò: <<Arrendetevi. Sappiamo che non avete abbastanza risorse per contrastarci a lungo. Deponete le armi, e tutto questo avrà fine, ora, e non verrà torto un capello ai cittadini.>> aveva una voce profonda, calda e suadente, e un tono sicuro e composto.
Percy si voltò verso Tritone, che li aveva appena raggiunti <<I cittadini?! Non li hai fatti evacuare durante la battaglia!?>> chiese rabbioso.
Tritone, visibilmente in difetto, non si voltò verso il fratellastro, ma rispose a denti stretti <<Non abbiamo potuto. Poco tempo. E gli Atlantidi ci hanno negato asilo, non sapevo dove portarli.>>
"Eh no eh! Merda, cosa cazzo abbiamo combattuto a fare!? Doveva essere un diversivo per portare in salvo i cittadini. Stupido coglione di un anfibio..." - questo fu ciò che passò nella testa di Percy in quel momento, ma si limitò ad inspirare scuotendo la testa nervosamente, e chiese <<Perché siamo qui fermi e spaventati!? Perché non scendiamo a combattere questi pochi soldati!?>>. La domanda era più che legittima, ma per qualche istante nessuno proferì parola, continuando a fissare quell'uomo.
<<Non scendiamo, perché quello è Taumante. È lo spadaccino migliore che si conosca, e quei guerrieri sono il suo esercito personale, i migliori combattenti che ha raccolto in giro in migliaia di anni. Nessuno di noi può sconfiggerli, ragazzo. Nemmeno tu, temo.>> concluse con rammarico Delfino.
Taumante. Cosa si sapeva di lui? Oltre che fosse uno dei figli di Ponto - e, quindi, il prozio di Tritone - il resto era oscuro. Nessun mito, nessuna leggenda lo riguardavano. Il suo nome, però, poteva essere esplicativo: Meraviglioso, era il significato. Derivante dalla parola thauma, che in greco significa meraviglia, ma anche terrore di fronte alla morte. E a quale accezione fosse dovuto questo nome, non era ben chiaro. Poteva essere per la sua incredibile bellezza, paragonabile a quella della sorella Euribia, o per le sue abilità fatali come combattente. Forse lo avrebbero scoperto presto...
Taumante parlò ancora, con lo stesso tono tranquillo e convinto <<Potete rendere le cose facili, o potete renderle molto facili. Vi offro due alternative: sfiderò il vostro miglior guerriero e, una volta sconfitto, faremo irruzione in città con violenza, dove deporremo la dinastia di Poseidone e ripristineremo il dominio della mia famiglia. Se vi ritirate ora, invece, vi garantiamo l'incolumità per i cittadini e per tutti voi... ad eccezione di Poseidone, ovviamente... cesserà di esistere quando anche i suoi figli avranno smesso di credere in lui.>>
Qualsiasi opzione avessero scelto, il figlio di Ponto sembrava certo della vittoria, e dell'imminente fine di Poseidone. Percy, per un attimo, non poté fare a meno di chiedersi se non avesse ragione, e se aggrapparsi così pateticamente ad un'inconsistente illusione non fosse davvero inutile, e valutò con tentazione la seconda opzione, che avrebbe garantito la salvezza a tutti... ma avrebbe sicuramente determinato la fine di suo padre.
Quell'attimo titubante passò, e il semidio era già pronto ad offrirsi come guerriero per quel combattimento fatale. Stava inspirando per farsi coraggio, quando vide al suo fianco Tritone con volto fiero scattare per scendere dalle mura <<Che fai!? Ti farai ammazzare!>>
<<Sembri quasi preoccupato! Questa è la mia città, il mio futuro regno, la mia eredità, e sarò io a battermi, semidio.>> poi si voltò e guardò il fratellastro intensamente negli occhi, e con enfasi gli disse <<Resta al tuo posto, stavolta.>> e scese sul fondale marino per andare incontro a Taumante, che lo attendeva sorridendo.
Percy stava per ribattere, ma si trattenne; in fin dei conti, per quanto detestasse ammetterlo, Tritone aveva ragione: stavolta toccava a lui, come futuro re, tenere alto l'onore di loro padre.
I due guerrieri si misero in posizione, pronti allo scontro con le spade già sguainate. Tritone aveva la metà inferiore del corpo simile a quella di un pesce, mentre Taumante, in quel momento, aveva sembianze totalmente umane: Percy notò che era alto circa come lui, ma più massiccio, il che gli fece sperare fosse poco agile e veloce.
Ovviamente, dopo pochi secondi dall'inizio dello scontro, dovette ricredersi: i due guerrieri si lanciarono all'attacco, e le loro lame iniziarono a cozzare rimbombando in quel silenzio tombale. Tritone era veloce, facilitato nei movimenti dalla sua pinna caudale e da millenni di esperienza, ma Taumante fu una terribile sorpresa: non sembrava nemmeno sforzarsi per rispondere ai colpi, dimostrando sia più forza bruta che agilità dell'erede di Poseidone.
Percy osservava i due guerrieri, e non poté negare la bravura di entrambi. Taumante provò un affondo violento, ma Tritone lo schivò agilmente e si spostò fulmineo alle spalle dell'avversario, pronto a colpirlo; ma il figlio di Ponto lesse quell'azione, e gli assestò un bel calcio in mezzo al petto, lasciandolo senza fiato. Il figlio di Poseidone non demorse, e tornò all'attacco ringhiando, troppo inebriato dalla rabbia e poco lucido, e Percy capì subito che Taumante ne avrebbe approfittato, perché Tritone rimase scoperto sul fianco sinistro: un piccolissimo dettaglio, che, tuttavia, uno spadaccino esperto nota subito. E, difatti, Taumante fece una finta, inducendo Tritone a spostarsi a destra, dove lui desiderava, e all'ultimo lo scartò e lo colpì di striscio al fianco scoperto.
Percy strinse gli occhi, dispiaciuto, mentre una nuvoletta di sangue si formava intorno al punto in cui il fratellastro era stato colpito, e il suo avversario si voltò lentamente e con eleganza per osservarlo col volto impassibile, senza tuttavia accanirsi e rincarare.
Tutti sulle mura sussultarono, mentre il loro futuro re si premeva una mano sulla ferita. Si ricompose, dolorante, e guardò sprezzante il proprio sfidante, che invece gli sorrise per scherno.
Tritone strinse i denti, e tornò all'attacco più deciso che mai. Taumante lo attese, impassibile, e parò senza difficoltà ogni suo colpo, e lo ferì alla pinna caudale, sempre di striscio, ma tanto da impedirgli di muoversi agilmente in acqua. Lo scontro proseguì con Tritone in continuo svantaggio, e dopo qualche minuto finì sul fondale, incapace di nuotare e ferito di striscio in più punti.
Il figlio di Ponto si fermò a qualche metro dal figlio di Poseidone, e rivolse per qualche istante uno sguardo alle persone sulle mura, che seguivano quello scontro con ansia. Anche Anfitrite e Bentesicima, che erano rimasta al capezzale di Poseidone durante la battaglia rifiutandosi di andare nelle grotte sotterranee, avevano raggiunto le mura per assistere allo scontro. L'antica divinità soffermò l'attenzione qualche secondo in più sul volto di Percy, poi tornò a guardare il proprio avversario, che si contorceva a terra dal dolore, preparandosi a prendere la rincorsa per sferrare il colpo fatale.
La spada di Taumante stava calando su Tritone, quando cozzò contro al filo di una lama lucente e cangiante, con grande sorpresa di entrambi i duellanti.
Taumante voltò piano la testa per guardare gli occhi verde acqua del proprietario di quella spada che si era interposta tra lui e la vittoria, e dopo un iniziale momento di stupore, gli sorrise.
Percy, dal canto suo, gli riservò lo sguardo più tagliente imparato da Lupa. Tritone, svilito e umiliato alle sue spalle, non sembrava affatto felice dell'intervento del fratellastro in sua difesa, ma tacque.
<<Vuoi prendere il posto di tuo fratello, semidio?>> chiese con calma il dio.
In tutta risposta, il ragazzo lasciò la presa dell'elsa con una mano, che tese aperta verso il petto dell'uomo, respingendolo lontano di qualche metro con una corrente da lui generata; poi fece un cenno veloce verso le mura indicando di portare Tritone in salvo.
Taumante continuò a sorridere, e si rimise in posizione per quel nuovo sfidante; e così fece anche Percy, con Anaklusmos ben stretta in pugno.
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