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Il Compleanno della Bella Addormentata

[21 dicembre 2016, mercoledì mattina]

I due amici restarono sulla collinetta vicino al cottage per almeno mezzora, ammirando le primissime luci dell'alba e la città incolume.

Troppo stanchi per un qualsiasi discorso, apprezzarono il reciproco silenzio mentre riprendevano le energie.

Percy era distrutto. Aveva freddo e sentiva dolori ovunque. Unica nota positiva, con l'acqua gelida gli si era anestetizzata la scottatura sulla spalla. La sua mente era totalmente vuota, troppo esausta anche solo per autocommiserarsi.

Leo, invece, si sentiva più vivo che mai. Era provato, ma vigile ed eccitato. Appoggiato con le mani sull'erba, e si godeva ogni sensazione, ogni goccia di rugiada, ogni formicolio, ogni imperfezione del terreno. Era bellissimo. E si chiedeva chi gli avesse concesso quella grazia.

Poi, d'un tratto, il suo pensiero tornò alla realtà quando udì la voce di Annabeth dal walkie talkie:

<<Ragazzi? Ragazzi? Ci aggiornate? Come state? E la diga?>>

<<Ehi, Annie, catastrofe scampata, per ora. Potrebbero esserci allagamenti in valle, ma meglio dell'alternativa.>>

La ragazza rispose <<Okay. Aggiorno Reyna. Sarà da convocare il Senato e intervenire strutturalmente il prima possibile... chissà che stavolta non mi diano retta!>> commentò aspra, per poi aggiungere in tono premuroso <<Ma voi state bene? E Percy?>>

Leo guardò l'amico, che gli fece un cenno stanco col mento <<Stiamo bene, sì. E Frank?>>

<<Che ha Frank?>> si interessò subito Percy accigliandosi.

Leo spiegò velocemente l'accaduto mentre Annabeth li aggiornava <<Stabile, ha molte ossa rotte, ma mentre cadeva ha avuto la lucidità di trasformarsi in farfalla e non schiantarsi troppo violentemente! È forte, si riprenderà, ora sta riposando.>>

Percy si alzò in piedi barcollando, ma risoluto <<Voglio andare a trovarlo!>>

L'amico annuì, e proseguì la conversazione con l'amica <<Altri feriti gravi? Quella ragazza... Dorothea?>> chiese sapendo che Percy aveva a cuore la sua incolumità.

Difatti, il figlio di Poseidone aggrottò la fronte e si diresse velocemente verso Blackjack, mentre la figlia di Athena rispondeva <<Non so di preciso, la stanno visitando, era svenuta e aveva la testa sporca di sangue. Purtroppo, ci sono state delle perdite, seppur esigue...>> concluse mesta.

<<Dai, Leo, andiamo!>> lo chiamò Percy mettendogli fretta per salire in groppa.

I due volarono velocemente verso l'ospedale. Blackjack atterrò a pochi metri dell'ingresso principale.

Stavano per varcare la soglia, ma Percy si bloccò.

<<Che fai? Non entri?>> chiese Leo.

L'altro tirò le labbra in una smorfia, e con tono ambiguo disse <<Nah, passo dal retro... Non sono ridotto bene, meglio non farmi vedere così da tutti i Legionari presenti... non avrei nemmeno dovuto essere presente allo scontro, no? Ma tu entra, vai!>> lo esortò, e gli fece un occhiolino, per poi allontanarsi e cercare un ingresso secondario.

Leo scosse la testa confuso, ed entrò. Subito tutti i presenti si voltarono a guardarlo, smettendo di fare qualsiasi cosa stessero facendo e iniziando a mormorare. Imbarazzato, si schiarì la voce e attraversò l'atrio diretto alla reception per chiedere dove avrebbe trovato Frank, ma non riuscì nemmeno ad arrivarci che qualcuno iniziò ad applaudire, e poi altri si unirono, finché tutti non furono intenti a rendergli omaggio.

Restò a bocca aperta, poi sorrise rispondendo con cenni e mezzi inchini, piacevolmente sorpreso e sentendo una carica di autostima senza precedenti, e capì che l'amico aveva voluto lasciargli le luci della ribalta per quel momento di gloria.

Quando rinvenne, Dorothea ci mise qualche secondo per mettere a fuoco l'asettica stanza in cui si trovava, e un ragazzo che le passava di fronte al naso una boccettina; poi, lo vide richiuderla, mentre le chiedeva <<Stai meglio?>>

Anziché rispondere, lei fece per scattare in piedi con i nervi ancora pronti alla battaglia; ma quello la trattenne rispingendola contro il lettino su cui si era risvegliata <<Ehi, vacci piano, hai un trauma cranico... Devi stare a riposo e dobbiamo attendere l'esito di alcuni esami... Poi ti daremo una stanza, se ne troveremo una disponibile...>>

<<Sei un guaritore?>> chiese sfiorandosi le bende che sentiva in testa, e sentendosi una perfetta idiota un attimo dopo nel notare il camice bianco e lo stetoscopio, e capendo di trovarsi in una saletta dell'ospedale di Nuova Roma.

Lui le sorrise continuando ad annotare appunti sulla propria cartella <<Mettiti comoda, non sembri grave ma dobbiamo tenerti in osservazione. C'è qualcuno che possiamo chiamare per te? Hai famigliari in città, o amici?>>

Dorothea storse le labbra <<La mia migliore amica con cui convivo era sul campo di battaglia con me, Nadia Rajan, mi sembra stesse bene.... Ma magari è ancora impegnata... e il mio amico Vlad è rimasto ferito... e non ho nessun altro...>> concluse abbattuta, per poi chiedere <<Come sta lui? Può dirmelo?>>

Il ragazzo sorrise ancora <<Posso chiedere a qualche infermiere notizie sul tuo amico, ma se non hai nessuno temo dovremo tenerti in osservazione in qualche modo... Magari possiamo aggiungere una brandina in qualche stanza, se non te la senti di tornare a casa da sola...>>

Mentre lei soppesava le proprie opzioni, si sentì del trambusto arrivare da fuori la stanza. Una voce femminile esclamò <<... ma sta venendo visitata! Non si può entrare ora...>>

E una voce maschile, nota alla ragazza, in tono perentorio protestò <<Devo vederla subito!>>

<<Ma... Console...>> reclamò l'infermiera, però Percy aveva già aperto la porta ed era entrato nella camera senza nemmeno bussare. Aveva un pessimo aspetto, ma sembrava più risoluto che mai, e anche piuttosto arrabbiato.

Dorothea si mise a sedere composta, allarmata da quella visita e da quei modi bruschi.

Il medico si schiarì la voce, e con cautela disse <<Console, buongiorno. La paziente è fuori pericolo e stabile ma necessita riposo e...>>

<<Devo parlarle.>> ribatté serio fissando la ragazza in volto, al che lei deglutì, temendo una ramanzina coi fiocchi.

Il guaritore, coraggioso, rimase fermo sul proprio punto <<Se non è urgente le chiederei di...>>

<<È molto urgente...>> confermò lui con apprensione, e aggiunse <<Devo parlare con la mia Legionaria ora. Farò in fretta.>> ribadì categorico senza battere ciglio, e continuando a fissarla serio, mentre lei si ritraeva come poteva sul lettino.

Il medico, per quanto contrariato, non riuscì ad opporsi al capo di Stato, quindi annuì e lasciò la stanza.

Appena chiusa la porta, lei iniziò a giustificarsi preparandosi per la predica <<Lo so, sono stata avventata, ma non potevo abbandonare il mio amico! E so che...>>

Ma Percy non la ascoltava. Si avvicinò a lei d'impeto e sospirando sussurrò un semplice <<Sei viva...>> un istante prima di stringere la ragazza in un abbraccio protettivo e avvolgente.

Dorothea, troppo stupita da quel gesto, ammutolì, e si rese conto di quello che stava succedendo soltanto dopo qualche secondo. Forse era il trauma cranico che la rendeva così lenta!

Mentre ancora era stretta tra le sue braccia, ricordò il loro ultimo diverbio, e come lui le avesse spezzato di nuovo il cuore senza pietà, così si divincolò lamentandosi <<Ma... cosa... che fai?>>

Lui la guardò altrettanto confuso <<Che c'è?>>

Lei si immusonì <<Dopo quel che mi hai detto, cos'è ora questo!?>> chiese accigliata.

Il ragazzo sospirò e scosse la testa stancamente <<Ma davvero dai retta a tutto quel che dico? Lo sai che sparo un sacco di cazzate...>> banalizzò con un mezzo ghigno irresistibile.

Dorothea si lasciò sfuggire un sorriso sotto i baffi, e ironica mormorò <<Allora, un po' a me ci tieni...>>

<<Oh, stai zitta...>> ribatté lui a bassa voce, e le baciò la testa affettuosamente. Poi la guardò in volto tenendole le mani sulle spalle, e tornò serio <<Ma cosa ti è saltato in mente, eh!? Potevi farti ammazzare! Sei stata davvero stupida a restartene lì impalata!>> la rimproverò.

La ragazza mise il broncio <<Stupida!? Tu avresti fatto lo stesso! E ho imparato da te ad essere coraggiosa e avventata e a non abbandonare gli amici... sei il mio maestro...>> rispose pungente come al solito e incrociando le braccia, ora sicura che il ragazzo volesse solo sincerarsi della sua salute.

Lui socchiuse gli occhi con una smorfia, consapevole di doverle dare per forza ragione, e con un tono leggermente infastidito commentò <<Tu mi farai impazzire.>>.

Dorothea ridacchiò, e in tono leggero chiese <<Ed era questa la cosa urgente che dovevi fare? Sgridarmi?>>

Percy sospirò di nuovo, la scrutò inclinando la testa, le passò una mano sulla guancia in una lieve carezza, fin sotto al mento per alzarglielo, e mormorò <<No. Dovevo fare questo, prima di tornare lucido.>> e la baciò.

Ancora una volta, la ragazza rimase sbalordita, e solo dopo qualche istante si lasciò andare, accarezzando il petto del ragazzo e rispondendo con passione a quel bacio, mentre lui le accarezzava il volto e i capelli.

Quando le loro labbra si staccarono, lei ancora tramortita chiese <<Perché?>> nel tono più trasognato possibile, <<Avevi detto che non ti piacevo...>> aggiunse confusa.

<<Ripeto, davvero mi hai dato retta!?>> ribatté ironico; poi, inspirò, e le accarezzò nuovamente una guancia prima di rispondere in tono leggero <<Oggi mi sono ricordato che la vita è breve, ed è proprio da stupidi rimandare qualcosa di così bello e che può renderci felici, col rischio di non poterne mai godere... solo per... cosa? Senso del pudore? Paura di pettegolezzi? Gerarchia? Assurdo...>> concluse scuotendo la testa.

Dorothea, meravigliata, annuì <<Ci sei arrivato, finalmente. Però...>> si morse le labbra, temendo di sembrare troppo precipitosa, sapendo di correre il rischio di spaventarlo e vederlo scappare via di nuovo. Ma decise che se c'era una sola possibilità di portare la situazione ad un altro livello, era quella, e ormai non temeva più nulla... quindi azzardò <<... però... Se vuoi illudermi di nuovo, vattene. Perché ora dovrai proprio farti perdonare... e a me solo un bacio non basta più.>>

Lui le sorrise, con quel suo tipico ghigno, sussurrando <<Nemmeno a me.>>

A quel punto, alla ragazza sembrò che tutto il mondo girasse, e non sapeva dire se per quell'inaspettato risvolto, o se per il trauma cranico. E avrebbe voluto già in quel momento approfondire quel discorso, se non avessero sentito bussare alla porta.

Percy si allontanò da lei di scatto, riassumendo un tono composto e impettito da Console, e fingendo di essere ancora intento a rimproverare la Legionaria mentre il medico entrava <<... Questo comportamento è assolutamente riprovevole... Tuttavia, ammetto che sei stata coraggiosa, e con una buona dose di fortuna sei riuscita a cavartela, Rivers...>>

<<Sì, Console, capisco...>> rispose lei reprimendo un sorrisetto compiaciuto.

<<Bene. Riprenderemo il discorso quando ti sarai rimessa del tutto. Quanto ci vorrà?>> chiese poi rivolgendosi al guaritore.

<<Sembra stare bene, dagli esami preliminari appena ricevuti non si rivelano ferite gravi, se non un trauma cranico da tenere sotto controllo...>> rispose provando pena per la ragazza per la ramanzina che pensava avesse ricevuto.

<<E come va tenuto sotto controllo?>> chiese Percy.

<<Beh, niente sforzi per qualche giorno in caso di capogiri, e di solito si consiglia di monitorare ogni anomalia comportamentale per almeno 24 ore, cercando di non far addormentare il soggetto... Per noi semidei, 12-15 ore possono bastare, e può prendere degli analgesici in caso di mal di testa.>>

<<Ed è tutto?>>

<<Sì, certo. Un po' di ambrosia aiuterà.>> sottolineò il medico porgendo alla paziente una specie di minisnack a base di cioccolato e ambrosia, aggiungendo <<Purtroppo, come dicevo alla soldatessa, non abbiamo più camere disponibili per i casi lievi, sono tutte occupate per chi necessita di cure fondamentali... Sicura di non avere posto dove stare per la convalescenza, per riposare e restare in compagnia di qualcuno in caso di bisogno?>> chiese poi rivolgendosi nuovamente a lei.

La semidea, mordicchiando la barretta e sentendo una vampata calda, scosse la testa <<A casa sarei sola finché la mia amica non rientra, come dicevo...magari ci vorrà solo qualche ora. O dovrei tornare ai dormitori della Legione...>>

<<Verrà a palazzo, le nostre ninfe si prenderanno cura di lei.>> intervenne Percy d'un tratto con tono autorevole, e aggiunse <<Se ci sono altri casi come il suo rimasti senza alloggio, apriremo il nostro palazzo e affitteremo le camere degli hotel in città, e qualsiasi spesa extra sarà a carico dei Consoli.>

Il medico si accigliò per lo stupore, e annuì <<Va bene, organizzeremo gli spostamenti. Grazie per la disponibilità, Console Jackson. Ora... forse dovrebbe essere visitato anche lei...>> propose notando le varie escoriazioni e tumefazioni, e avvicinandosi al ragazzo.

Ma lui si ritrasse di scatto, quasi spaventato che il guaritore potesse notare il suo anomalo stato fisico <<No... no, io... Non ne ho bisogno, mi rigenererò in poche ore... Grazie.>> rifiutò mantenendo un tono serio, e, dopo aver fatto un cenno a Dorothea, si congedò uscendo dalla porta sforzandosi di mantenere una postura eretta e sicura, non prima di aver chiesto dove avrebbe trovato il Censore Zhang.

Si diresse quindi subito alla sua camera, e nel corridoio antistante vi trovò Annabeth e Reyna, stanche, sporche, ma illese.

Entrambe sembrarono sollevate nel vederlo e avere la certezza che stesse bene, però Reyna poi mise il broncio, mentre Annabeth gli andò incontro per accoglierlo <<Ehi, stai bene?>>

Lui annuì provando a nascondere la scottatura sul braccio e spalla e le varie ferite, con il risultato di attirare ancor di più l'attenzione della ragazza, che lo scrutava ad occhi socchiusi <<Devi essere visitato, chiamo Nico, sperando che stavolta risponda.>>

<<Aspetta, dimmi come sta Frank!>> la bloccò preoccupato.

<<Tutto sotto controllo. È sedato, si sveglierà tra qualche ora.>> rispose rassicurante.

Lui annuì corrucciato, aggiungendo <<Ed Hazel?>>

<<Riposa anche lei, è distrutta. Avresti dovuto vederla! Ha strappato via le ossa in metallo da Behemoth, un portento!>> raccontò fiera gesticolando.

Percy si accigliò, stupito di quella violenza <<Wow. Doveva proprio essere fuori di sé!>>

<<Beh, direi! Dopo aver visto Frank colpito, è esplosa. Immagino sia normale quando vedi la persona amata in pericolo...>> commentò Annabeth cupa.

Lui la guardò, forse un po' deluso, e in tono serio, a bassa voce per farsi udire solo da lei, disse <<Non hai bisogno di immaginarlo.>>

La figlia di Athena inarcò un sopracciglio scambiandosi uno sguardo intenso con l'ex, e capì a cosa lui alludesse: in più di un'occasione l'aveva visto superare i propri limiti, per proteggerla.

Imbarazzata, boccheggiò senza riuscire a rispondere, e fu salvata da quella situazione spiacevole dalla voce di Reyna.

<<Leo! Ma... ma che...? Le tue mani!>>

Anche Annabeth si voltò a guardarlo, e rimase a bocca aperta dallo stupore mentre andava incontro all'amico iniziando a toccargli i ricomparsi arti.

Leo fece un sorriso sghembo <<Ah, niente di che...>> banalizzò ironico, mentre le ragazze lo osservavano curiose.

<<No, infatti. Hai solo evitato una catastrofe naturale e che avessi un attacco di cuore, ma poca roba insomma.>> sottolineò Percy sarcastico; poi, si sentì debole e annebbiato, e si appoggiò al muro del corridoio con la schiena per sorreggersi.

Reyna notò quell'improvvisa defiance <<Tutto okay? Che intendi con attacco di cuore?>> indagò preoccupata, mentre il ragazzo si massaggiava lo sterno dolente.

<<Vi spiego tutto a palazzo, non qui. Ma forse è davvero meglio che chiamiate Nico e Will.>>

I due medici erano arrivati in meno di mezzora. Nico non aveva spiegato come mai fosse stato irrintracciabile durante tutta la notte, ma appena viste le chiamate e i messaggi si era palesato a palazzo con Will senza nemmeno dover essere ricontattato.

E grande era stato il loro stupore nel vedere il figlio di Efesto di nuovo con le proprie mani autentiche! Si erano congratulati e avevano contemplato quel miracolo fino a quando il ragazzo non iniziò a esserne troppo fiero, tanto da iniziare a pavoneggiarsi un po', o minimizzare l'intera situazione...

<<Peccato, mi ci stavo quasi affezionando a quelle di titanio!>> commentò ironico mentre Percy usciva dalla doccia e squadrava tutti i presenti nascondendo il proprio corpo.

<<Se vuoi te le ritaglio...>> gli propose Nico con un sarcasmo così accentuato da sembrare serio.

Leo scosse la testa a labbra strette <<No, grazie. Una volta mi è bastata!>>

<<Un po' di silenzio, per favore! Anzi, chi non è un medico per favore esca dalla camera da letto, grazie!... No, tu no, Percy! Tu devi restare!>> ordinò Will.

<<Scherzavo!>> mugugnò il figlio di Poseidone cercando di sdrammatizzare e prendendo posto dove il figlio di Apollo gli indicava.

Reyna, Annabeth e Leo eseguirono, sedendosi a parlottare sui divanetti del salotto mentre Will faceva cenno alla nereide Xanto di restare in camera e Nico chiudeva le porte.

Dopodiché, iniziò a visitare Percy, mentre Xanto si occupava di disinfettare accuratamente le ferite e gli medicava la scottatura sulla spalla.

<<Meno male che dovevi riguardarti e stare attento agli sforzi, eh?>> lo rimproverò Nico a braccia incrociate.

<<Giuro che mi sono trattenuto, sul serio!>> si giustificò alzando le mani.

Il figlio di Apollo fece una smorfia dubbiosa mentre gli auscultava battito e polmoni, e Nico sbuffò con altrettanto scetticismo.

Dopo una ventina di minuti e un elettrocardiogramma, Will finalmente proferì parola <<Cosa vuoi che ti dica, Percy?>> chiese in tono stanco.

Il ragazzo fece spallucce con un risolino beffardo <<Che sto da dio e che mi merito un goccetto?>>

Il medico scosse la testa con espressione desolata <<No, purtroppo no.>>, mise via i propri strumenti, poi si voltò a guardare il paziente negli occhi <<Forse io e Nico non eravamo stati chiari, quando ti abbiamo detto di evitare situazioni di stress e fisicamente estreme. Te lo ripetiamo...>> fece una breve pausa per dare solennità alle proprie parole, e riprese <<Percy, non stiamo scherzando, rischi grosso, capisci? Una persona normale non si tufferebbe da 30 metri nel lago di una diga in piena, né si pianterebbe davanti ad un mostro mentre gli sputa addosso fuoco...>>

<<Non era fuoco...>>

<<Non è questo il punto!>> ribatté con una severità inaudita, e proseguì <<Ora sei una persona normale, oltretutto con delle patologie cardiopolmonari. Non puoi concederti questi rischi, chiaro?>> concluse scandendo le parole.

La spavalderia abbandonò il volto del figlio di Poseidone, che non poté più mantenere la maschera di sarcasmo indossata fino a quel momento. E con espressione cupa annuì <<Va bene. Ho capito.>>

Will inspirò, e aggiunse <<Onestamente, se quel ragazzo là fuori non fosse un costruttore formidabile, non credo tu saresti qui, ora. Ti ha evitato un arresto cardiaco. Non deve ricapitare, intesi?>>

Percy annuì di nuovo tirando le labbra, e pacato chiese <<Quindi, ora?>>

<<Ora ti riposi. Per davvero. Niente sforzi, di nessun tipo. Relax. Prendi tutti i giorni le medicine e un po' di nettare e ambrosia, e ti tieni medicate le ferite.>>

<<Okay.>> confermò atono.

<<Quando diciamo niente sforzi, intendiamo niente di niente per almeno una settimana. Evita le scale, passeggiate troppo lunghe e veloci, e il sesso. E anche l'alcol e cibi troppo grassi.>> sottolineò Nico ben conoscendo l'amico.

Percy si accigliò, e fece per chiedere <<Ma... per...>>

<<Se seguirai il percorso di ripresa, in un paio di settimane o massimo tre potrai tornare alla tua normale routine, escludendo dighe e mostri però.>> aggiunse Will intuendo la domanda del ragazzo.

Il paziente sospirò, e annuì di nuovo stancamente <<Okay.>>, poi si rivolse a Xanto <<Grazie mille. Devo chiederti un altro favore... Dovrebbero arrivare dei pazienti dell'ospedale, coordina le altre ninfe per assegnare ad ognuno una camera. A Dorothea Rivers voglio che venga assegnata la camera di Estia, e prenditi cura di lei personalmente, ti prego.>>

La fanciulla annuì e accettò l'incarico con fierezza.

<<Wow.>> sospirò la ragazza. 

Stava ammirando la vista dalla propria finestra, al secondo piano del palazzo Consolare. Poteva vedere tutta Nuova Roma baciata dalle rosee luci dell'alba che facevano brillare la vallata ricoperta da quella spolverata di neve notturna, e le colline che la abbracciavano, oltre le quali il mondo mortale ignorava l'esistenza di quella meravigliosa città.

Era stata una nottata difficile. Per la seconda volta in meno di un anno aveva avuto a che fare con mostri epici, ed era sopravvissuta. Si ritenne fortunata, dopotutto, e iniziò a capire davvero cosa significava essere semidei e vivere un'esistenza precaria.

A maggior ragione, si convinse di voler vivere al massimo quel fugace intervallo di tempo che le era concesso. Inspirò a fondo la brezza mattutina, poi chiuse la finestra con decisione.

Si fece una bella doccia e si mise la vestaglia da notte più decente che aveva... era la stessa con l'unicorno che Percy le aveva visto sulla nave Zoe, la sera che l'aveva baciata. Non era il massimo, ma non aveva proprio di meglio.

Per l'occasione, si era anche depilata, pensando di rendersi più attraente. E ricominciò a fantasticare su cosa sarebbe successo, ora che avevano scoperto le loro carte.

La sua fantasia galoppava veloce, perché lui era in quel palazzo, a qualche decina di metri da lei, il che rendeva tutto più concreto.

Probabilmente stava venendo visitato e medicato da qualcuno di fidato a conoscenza della sua situazione, e si corrucciò per la preoccupazione.

Si chiese se poi sarebbe venuto subito lì, in quella stanza, per stare con lei. E sarebbe successo quello che lei sperava?

Certo, ci aveva fantasticato tante volte, ma ora che quelle fantasie si stavano per avverare, aveva una fifa pazzesca.

Lei era così inesperta e ingenua... conosceva la meccanica dell'atto in sé, e Nadia non era mai stata parsimoniosa nel raccontare i dettagli delle proprie avventure... ma di sesso a livello pratico non sapeva proprio nient'altro, se escludeva il petting con Markus a quella festa a palazzo.

Lui, invece, aveva una storia di più di 5 anni alle spalle con tanto di convivenza e proposta di matrimonio con probabilmente la più famosa semidea greca, una relazione con la semidea romana più in vista ai loro tempi, una storia tormentata con una divinità per la quale era quasi morto, e chissà quante altre avventure oltre a quelle di cui si vociferava – compresa la voluttuosa ed esperta figlia di Voluptas Nadia, per l'appunto.

Come poteva reggere il confronto e affrontare la situazione senza risultare una sciocca ragazzina inetta?

Ebbe un capogiro mentre camminava nervosamente su e giù per la stanza, e si chiese se fosse dovuto al trauma cranico, o all'ansia di incontrarlo.

Si appoggiò al letto per riprendersi, e sentì bussare. Il suo cuore tamburellò all'impazzata saltando dei battiti, e col magone disse <<Avanti!>>

Ma era solo una ninfa di servizio che le portava la colazione.

<<Oh... grazie...>> esclamò andandole incontro imbarazzata. L'eterea fanciulla annuì gentilmente, e si congedò dopo aver lasciato il vassoio su un tavolino in un angolo della stanza.

Dorothea si avvicinò al tavolino e si sedette sul divanetto a muro lì vicino. Iniziò a spiluccare un muffin, però aveva lo stomaco chiuso dal nervoso. Dopo una decina di minuti, sentì una valanga di stanchezza affossarla, e decise di bere un caffè per riprendersi, visto che non avrebbe potuto dormire per le successive 15 ore.

Scrisse a Nadia per aggiornarla e sapere come stesse, poi a Vlad, che a quanto le avevano detto era fuori pericolo ma ancora in osservazione per delle lesioni da schiacciamento.

Rispose poi a Markus tranquillizzandolo sul proprio stato.

Dopo mezzora, sentì bussare di nuovo. Stavolta era davvero lui.

Inconsciamente, Dorothea si rizzò a sedere assumendo una postura più composta, gonfiando il petto e irrigidendosi. Lui entrò un po' di soppiatto, sorridendole, e si richiuse la porta alle spalle silenziosamente.

<<Ciao!>> le disse semplicemente, e lei rispose pigolando <<Ciao...>> col cuore in gola.

Indossava dei semplici pantaloni da pigiama morbidi, blu, una maglietta bianca leggermente attillata, e delle pantofole color porpora. Dalla manica sinistra si intravedeva una fasciatura che proseguiva sicuramente fino alla spalla e a parte della schiena, dove Dorothea sapeva che il ragazzo si era scottato nel proteggerla.

Si avvicinò piano ma deciso al letto, dove, raggiunta la ragazza seduta, la abbracciò e le baciò la fronte <<Stai bene?>> le chiese dolcemente e con naturalezza, come fosse una loro routine.

La ragazza era così poco abituata a quei toni e a quei gesti spontanei e intimi, che ebbe un altro capogiro, e ammise <<Ho la testa un po' pesante...>>

Lui le sorrise con un'espressione premurosa, e si mise sul letto di fianco a lei. Sistemò dei cuscini contro la testata, e si appoggiò comodo con qualche smorfia di dolore per trovare la posizione giusta senza poggiare troppo sulla scottatura. Dopodiché, prese il telecomando dal comodino di fianco, e accese la TV con disinvoltura, come fosse nella propria stanza <<Cosa guardiamo?>>

Lei lo aveva osservato sbigottita, chiedendosi ad ogni movimento cosa lui avrebbe fatto, e se l'avrebbe anche solo sfiorata. Restò basita nel vedere quel comportamento così sciolto, ma sembrava anche ovvio che non avesse alcuna intenzione di approfondire il discorso lasciato in sospeso in ospedale.

<<Oh... non saprei... ma... hai davvero voglia di vedere la TV?>> indagò vaga.

Lui le sorrise <<Devi riposare e restare sveglia per le prossime – guardò l'orologio per fare il conto – diciamo 14 ore almeno. Una maratona televisiva è la cosa migliore, no?>>

Suo malgrado, la ragazza concordò annuendo, e sistemò a sua volta i cuscini per poter prendere posto. Era rigida come un palo, con le mani incrociate sullo stomaco, e delle farfalle impazzite dentro.

Lui, invece, sembrava molto più rilassato rispetto al solito, senza quell'alone di distacco e rigidezza che teneva sempre nei confronti della ragazza, o di tutto il mondo quando era in pubblico comunque. Tuttavia, non mostrava alcun desiderio di contatto fisico.

Una volta scelta la serie di cui fare la maratona, i due restarono in silenzio per qualche minuto. Poi, Percy ruppe il silenzio con qualche domanda riguardo allo scontro. Dopo una decina di minuti, crollò un altro silenzio imbarazzante, nonostante il ragazzo dissimulasse bene la tensione con battute e commenti alla serie.

Ma Dorothea no. Dorothea stava morendo di ansia. Si tormentava, chiedendosi se e quando lui avrebbe preso l'iniziativa, e come sarebbe stato.

Sarebbe stato rude? O impacciato? O spiacevole? Potevano andare male un sacco di cose! Potevano non essere compatibili sessualmente! O magari uno dei due sarebbe rimasto deluso.

Oppure, sarebbe stato bellissimo, da far venire i brividi e il batticuore! Ma se lui non si faceva avanti, chi poteva saperlo? E l'attesa era logorante!

Non ce la faceva più. Dopo quasi un'ora, prese coraggio, inspirò, e si voltò di scatto, mettendosi a sedere su di lui cogliendolo totalmente alla sprovvista. E lo baciò con ardore, prima che lui avesse anche solo il tempo di chiederle qualcosa.

Dopo un'iniziale tentennamento, lui la lasciò fare, e le accarezzò i fianchi e le cosce scoperte, mentre continuavano a baciarsi. Lei inizialmente gli teneva il volto tra le mani, poi scese per toccargli il petto, e poi ancora più giù, intrepida...

<<Ehi... Ehi, Dora... aspetta...>> mormorò lui staccandosi dal bacio e bloccandole le mani.

La ragazza lo guardò col broncio e le labbra ancora umide <<Che c'è? Non... non ti piace?>> chiese preoccupata.

Percy ridacchiò <<Certo che mi piace! Però... non è il momento... Devi riposare e non fare sforzi...>>

<<Ma io sto benone!>> esclamò su di giri.

<<Lo vedo... ma io... non proprio. Sono esausto. Distrutto. Ho dolori ovunque... Sono sveglio solo per farti compagnia finché è richiesto per l'osservazione del trauma cranico, sennò sarei già svenuto a letto!>>

<<Oh...>> mormorò lei delusa sentendosi una perfetta idiota. Lui era troppo stanco per quello!? Ma davvero!?

Rimase seduta sul ragazzo, non sapendo bene come comportarsi. E si accorse che una parte di lui era sicuramente meno stanca di quanto dicesse!

E difatti, Percy l'accarezzò ancora in volto, scostandole una ciocca di capelli portandola dietro l'orecchio, per poi scendere con la mano lungo il suo corpo, seguendone ogni curva, fino ai fianchi e alle cosce. Lei si sentì rabbrividire e socchiuse gli occhi assaporando quel momento.

<<Non fraintendere, vorrei. Ma non posso fare sforzi, davvero. Non sarei proprio in grado...>> aggiunse mormorando, con espressione lussuriosa.

<<Sei così... stanco?>> chiese eccitata, provando a muoversi un po' col bacino per convincerlo.

Il ragazzo storse le labbra, e annuì <<Ho quasi avuto un attacco di cuore stasera. Devo astenermi da ogni sforzo fisico per un po'.>> spiegò con leggerezza.

La semidea strabuzzò gli occhi, e si sentì ancora più stupida <<COSA!? Sei serio!? Perché non me l'hai detto prima!>>

<<Non volevo farti preoccupare... ma non voglio nemmeno che pensi ti stia respingendo per altri motivi.>> ammise.

Lei gli passò una mano sullo sterno, verso il cuore, e corrucciata chiese <<Ma ora... stai bene? Ti riprenderai del tutto, vero?>>

Le sorrise <<Tranquilla. Dai, scendi. Per favore.>> la scongiurò con un filo di voce.

Dorothea annuì, e, con delicatezza per il timore di fargli male, si scostò da lui e si rimise al suo fianco, continuando a fissarlo con apprensione.

<<Non guardarmi così, dai...>> la supplicò sospirando.

Lei si strinse tra le spalle <<Scusa. Ma... puoi raccontarmi cosa è successo alla diga?>>

Percy fece un ghigno furbo e si drizzò meglio con la schiena contro al cuscino <<Beh, sì, questo penso di poterlo fare!>>, e la squadrò per qualche istante, sempre con soffocato desiderio negli occhi.

Dopodiché, le sorrise <<Ma prima... c'è anche altro che forse potrei concedermi...>> e si slanciò appena per poterla baciare di nuovo, abbracciandola e accarezzandola, <<Buon compleanno, Bella Addormentata!>> le sussurrò. Lei ridacchiò, sorpresa ed estasiata.

E si coricarono, avvinghiati, per delle dolci ma trattenute effusioni.

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