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Idolo

[1 novembre 2016, notte]

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Dorothea stava nuotando. Era immersa fino al mento in un mare placido e trasparente. L'acqua era fresca, non troppo da far venire i brividi, ma abbastanza da ristorare le membra.

Era completamente a suo agio, doveva limitarsi solo a muovere piano le gambe e le braccia per restare a galla. Ma era così rilassata, che pensò addirittura di mettersi supina e lasciarsi cullare.

Ora l'acqua le copriva le orecchie, creando un mondo ovattato. Chiuse gli occhi, isolandosi totalmente, fluttuando come una piuma. Che pace.

Poi, udì un suono, via via più acuto, ripetitivo.

Era un allarme, di quelli che aveva sentito solo nei vecchi film di guerra per preannunciare un bombardamento, o una catastrofe naturale.

Riaprì gli occhi e si rimise a galleggiare in posizione eretta, chiedendosi stupidamente se gli allarmi moderni suonassero allo stesso modo.

Sentì il vento sferzarle il viso, e notò il mare non più pacifico, ma scosso da violente onde, sempre più tumultuose. Si voltò verso l'orizzonte, e vide una tremenda tempesta avvicinarsi rapida, con nuvoloni neri saettanti, e rombi di tuono. E l'allarme continuava a suonare, ma lei non aveva paura, era curiosa, piuttosto.

Quel suono si fece via via più distorto, reale. La ragazza aprì gli occhi sbattendo più volte le palpebre e rendendosi conto che era il suo cellulare a suonare, ma continuava comunque a cercare di capire da dove venisse il pericolo.

Guardò il display assonnata, e divenne subito lucida appena ebbe letto con stupore il nome di chi chiamava. Rispose, abbastanza sveglia da stare attenta a non fare nomi, e con le palpitazioni <<Pronto?>>

<<Vestiti ed esci.>> disse perentoria la voce all'altro capo.

<<Dove? Perché? Quando?>> sussurrò lei.

<<Quante domande! Infilati degli abiti ed esci dal dormitorio, adesso.>> e riagganciò.

La ragazza fissò per qualche secondo il display, attonita. Restò anche sconvolta dall'orario: le 4:30. Senza pensarci due volte, scattò in piedi e indossò i primi jeans e la prima maglia che trovò a disposizione. Poi, considerando la temperatura, ebbe il buon senso di prendere anche una felpa pesante.

Si assicurò di non fare rumore e che nessuno la stesse spiando, e uscì in meno di 3 minuti.

Salvo qualche Legionario più anziano che ancora gironzolava vestito come fosse in un film horror, reduce da qualche festa e ubriaco, ormai il Campo era vuoto.

Dorothea trovò Percy nascosto dalla luce dei lampioni, in una viuzza laterale. Era in vestiti casual, con jeans, Vans e giacca di pelle. Sembrava un qualsiasi ragazzo di 23 anni, salvo quell'espressione così vissuta che ormai da molto tempo lo accompagnava. E che, se possibile, lo rendeva ancora più attraente.

Gli si avvicinò col cuore in gola, senza lasciar trapelare alcuna emozione e sperando di non arrossire <<Che c'è?>> gli chiese spavalda, ignorando ancora una volta la loro distanza sociale.

<<Seguimi.>> le disse semplicemente, e si incamminò veloce. Si stava dirigendo proprio verso i boschi e le colline dove si erano allenati di nascosto molti mesi prima. Lei lo seguì senza opporsi e senza porre domande, guardando i suoi piedi muoversi ritmicamente, con un'andatura più "libera" rispetto a quella impostata e rigida che usava di solito davanti a tutti. E aveva le mani in tasca, con molta semplicità e naturalezza.

Restarono in silenzio per tutto il tragitto, con la tensione palpabile nell'aria.

Arrivarono in una delle loro radure abituali. Percy si sfilò la giacca gettandola a terra, restando in maniche corte, continuando a darle le spalle.

Dorothea era più confusa che mai <<Mi vuoi dire che succede? Non hai detto una sola parola e mi hai buttato giù dal letto per portarmi fin qui!>> lo esortò.

Percy si voltò a guardarla. Aveva un'espressione seria e rassegnata <<Dai, combattiamo. È questo che vuoi, no?>>

Lei scosse la testa, ancora più perplessa <<Hai bevuto!?>>

Lui fece spallucce, pensando allo stato in cui si trovava fino a 2 ore prima <<Un po'. Ma non è questo il punto. Avanti, combatti! Me lo chiedi da settimane!>> insistette.

La ragazza roteò gli occhi al cielo, pensando si trattasse di un'altra delle strambe trovate del ragazzo per esasperarla, o per darle qualche lezione simbolica e farla sentire una ragazzina inetta <<Non abbiamo armi...>> fece notare mentre si toglieva la felpa.

<<Non ci servono, ti ho insegnato a combattere a mani nude.>>

Lo squadrò con un sopracciglio inarcato, poi sbuffò esasperata e decise di stare al gioco. Si misero in posa, pronti per quel duello. Dorothea manteneva un'espressione fiera e composta, ma in verità era tremendamente in soggezione, e temeva di fare una figuraccia... o di prenderle di santa ragione dal proprio idolo. Non era stato piacevole, quando lui l'aveva messa KO senza nemmeno impegnarsi, l'anno precedente.

Lui le fece un cenno, e lei attaccò.

Stavolta, le bastarono due mosse per superarlo in velocità, e alla terza riuscì a mollargli un pugno in faccia, nemmeno troppo forte.

Ma con grande stupore della ragazza, quel colpo sembrò fargli proprio male, tanto che il ragazzo si portò una mano sulla guancia colpita e si ritrasse per qualche istante, con una smorfia di dolore sul volto.

Lo guardò incredula. Lo vide sputare a terra della saliva mista a sangue, per poi rimettersi in posa <<Avanti, di nuovo.>> ribadì.

Dorothea fissò quella macchia rossastra sulle foglie secche con una strana sensazione. Non era convinta di voler continuare, ma lui la esortò in tono perentorio <<Combatti!>>

Quindi, lei caricò ancora, cambiò stile, provò a usare dei calci. Lui parò il primo, e il secondo a fatica, ma non fu in grado di evitare il terzo, che lo colpì al fianco destro, all'altezza dei reni.

Anche stavolta, non le sembrava di aver usato troppa forza, non quanta ne avrebbe usata durante un vero scontro... ma il ragazzo comunque cadde in ginocchio col fiato spezzato e gli occhi serrati, e lamentandosi dal dolore.

<<Ma... ma che...>> mormorò la ragazza non concependo cosa stesse accadendo. Perché Percy Jackson non era in grado di reggere nemmeno 5 secondi di combattimento contro di lei?

Il figlio di Poseidone si rialzò di nuovo, ansimando <<Perché ti sei fermata?! Dai! Combatti!>> urlò rabbiosamente.

Ma la figlia di Spes voleva fermarsi, dati i risultati del tutto inaspettati che stava ottenendo <<No! Non ti stai impegnando, non combatterò così!>> disse.

Lui si incazzò ancora di più, e le abbaiò dietro <<STO DANDO IL MASSIMO! COMBATTI!>>

Vedere il ragazzo che le piaceva e che tanto ammirava in quello stato la destabilizzò, e tentennò. Frustrato, fu quindi lui a farsi avanti per attaccarla.

Provò a colpirla più volte, ma lei parò ogni pugno, ogni calcio, ogni tipo di mossa... così lente, così poco potenti, prevedibili... che diavolo stava succedendo?

Lui si infervorò per sopraffarla, ma lei reagì d'istinto per difendersi, e pur senza voler imprimere troppo vigore, lo colpì comunque abbastanza violentemente al petto da mandarlo KO.

Lo vide accasciarsi a terra tenendosi una mano sullo sterno, tossendo e respirando con affanno.

Dopo qualche istante di totale disorientamento, la ragazza si gettò a terra vicino a lui, in ginocchio, preoccupata come non mai <<Percy! Percy... che succede? Stai bene? Ti ho fatto male? Oh, Percy!>>

Lui non rispose a parole, ma si limitò ad un cenno del capo e un pollice in su per tranquillizzarla. Lei gli passò un braccio dietro la schiena, e lo aiutò a trascinarsi fino ad un albero per sedersi appoggiato al tronco.

Dopodiché, rimase in ginocchio al suo fianco, con quegli occhioni nocciola pieni di apprensione, mentre lui, ad occhi chiusi, cercava di tornare a respirare ritmicamente.

<<Che succede...>> mormorò ancora lei.

Percy aprì gli occhi e finalmente la guardò <<Ti presento... il nuovo Percy...>> bofonchiò con un sorriso tirato e indicando sé stesso.

Lei scosse la testa, sconvolta, mentre lui, con ancora il fiato corto, diceva <<Capisci... perché non posso più allenare la Settima? E perché non potevo... battermi con te?>>

La ragazza rifletté; le si potevano quasi sentire gli ingranaggi del cervello lavorare <<Dopo il Leviatano...>> non concluse la frase, ma ebbe la conferma di ciò che stava pensando da lui stesso, che annuì cupo.

<<Ma... ma sembri... sembri sempre tu... eppure... avevo notato qualcosa di diverso, ma non riuscivo a spiegarmi di cosa si trattasse... e ricordo quelle dita rotte della mano, non avevi voluto spiegarmi... e sono venuta a cercarti a Palazzo a giugno, per parlarti e chiederti come stavi... ma Reyna mi ha intercettato e mandata via, mi sembrò strano...>> snocciolò velocemente collegando ogni tassello.

Lui le sorrise, trovandola molto dolce in quella sua preoccupazione <<E aveva ragione a dire che sei sveglia. Ciò che non poteva dirti è che ero in coma per una polmonite che mi ha quasi stroncato...>> ridacchiò ancora per l'ironia, e aggiunse <<Non mi sono nemmeno ripreso del tutto... e per certi aspetti... mai mi riprenderò. Resto chiuso a Palazzo la maggior parte del tempo per evitare qualsiasi rischio fisico e occhi indiscreti, come vedi non sono proprio in forma come un tempo ed è meglio non destare sospetti, o attirare nemici in città...>>

Ancora incredula e con la bocca spalancata, con premura chiese <<Questa cosa... che ti è successa... è reversibile?>>

La fatidica domanda. Percy si strinse nelle spalle <<Non ne abbiamo idea...>>

<<Voi chi?>> chiese lei notando il plurale.

<<Beh... io e gli altri che lo sanno... Reyna, Annabeth... poi, vediamo... non so se li conosci... Nico di Angelo e il suo ragazzo Will Solace, che è anche il mio medico e mi ha salvato per un pelo... e Leo Valdez.>> elencò.

<<Leo Valdez... un momento, quindi... quello là riccio e strano, lui è... tipo la tua guardia del corpo, o qualcosa del genere?>>

Percy sorrise <<Qualcosa del genere.>> ammise.

<<Lo sapevo che c'era qualcosa di strano sotto!>> mugugnò con tono vittorioso. Poi, sperando di farlo ridere, aggiunse <<Beh, se devi attirare poco l'attenzione, mi dispiace informarti che quel tipo strano non passa proprio inosservato!>>

<<Vero... ma era il miglior combattente disponibile per il ruolo, e aveva un bel debito da ripagare...>>

<<Cioè?>>

Senza nemmeno pensarci, Percy le disse tutta la verità, con molta naturalezza <<Beh, mi ha quasi ucciso l'anno scorso... farmi da bodyguard per la mia incolumità è un bel modo per rimediare...>>

<<Aspetta... è quell'incendio di cui si parla anche nell'articolo scandalistico!?>> chiese curiosa.

<<Già, ci hanno azzeccato in quello... Sai, mi portavo a letto la sua ex, e si è infuriato... ha perso il controllo.>> ammise semplificando di molto tutta la storia <<Però lei non stava già più con lui eh, cioè, sia chiaro. Non ero l'amante.>> specificò in seguito imbarazzato.

<<Oh... capito...>> rispose stupita da quella confidenza: immaginarlo con un'altra ragazza in atteggiamenti intimi la fece arrossire. Poi, notò che il ragazzo, ancora intento a massaggiarsi lo sterno, tremava <<Ma tu hai freddo...>> sottolineò.

Percy annuì appena <<Un altro inconveniente del non avere più i miei poteri... zero resistenza alle escursioni termiche, al contrario di come ero abituato... un tempo mi adattavo a qualsiasi temperatura estrema...>>

La ragazza quindi si alzò e andò a prendere la giacca di pelle che Percy aveva gettato a terra prima di combattere. Gli si avvicinò e gliela posò con accortezza sulle spalle. Dopodiché, si sedette di nuovo vicino a lui... molto vicino, tanto da essere appoggiati fianco a fianco, per poterlo scaldare un po'. Lui la lasciò fare. Ma entrambi restarono con le mani tra le proprie cosce e lo sguardo fisso in avanti, come a voler evitare particolari contatti.

<<Comunque... avresti potuto dirmelo subito cosa stava succedendo...>> lo rimproverò poi.

<<E come? Non è un argomento semplice da affrontare...>> mugugnò.

<<Beh, ma avevo molti indizi, ho visto come eri ridotto dopo lo scontro... Non sarei rimasta così sorpresa!>>

<<Ah no? Il tuo mentore diventa un mortale umano e tu non ti sbilanci nemmeno un po'!?>> chiese voltandosi a guardarla incredulo.

Lei fece spallucce, con un mezzo sorriso <<E perché me lo hai detto, ora?>>

Lui sospirò, soppesando la risposta. Scelse la semplice verità <<Avevo bisogno di confidarmi. Gli altri che lo sanno sono così presi dal trovare una soluzione e dal proteggermi, che hanno finito per mettermi sotto una campana di vetro... Mi trattano in modo così strano... come se potessi spezzarmi da un momento all'altro... non lo sopporto.>> ammise.

Dorothea pensò che, dopotutto, non avevano tutti i torti a trattarlo in quel modo, e li comprendeva. Tuttavia, decise di non farglielo notare, visto che per la prima volta da mesi vedeva uno spiraglio di avvicinamento <<... e ti senti solo?>> ipotizzò quindi. Lui annuì.

Dopo quell'ennesima confidenza, ci fu qualche secondo di silenzio imbarazzante, spezzato dalla ragazza che iniziava a far muovere gli ingranaggi del suo cervello <<Ma... se provassimo, per esempio, a...>>

<<No. No, non farlo!>> la interruppe subito lui seccato alzando una mano <<Tutti sono ossessionati dal trovare una soluzione e mi trattano come fossi fatto di cristallo! Almeno tu, per favore, trattami normalmente... come se niente fosse... e non concentrare i nostri discorsi su questo.>>

<<Beh, non è una cosetta così da niente, da poter ignorare e tornare a parlare dei tuoi film preferiti, eh...>> sottolineò lei sarcastica.

Lui apprezzò la battuta con un sorrisetto, e rispose <<E invece sì. Se vuoi ne possiamo parlare, con leggerezza, come un dato di fatto. Possiamo anche scherzarci su... Ma niente commiserazione, niente congetture... ti prego!>>

A fatica, lei serrò le labbra e annuì. Dopodiché, sospirò, e pensò ad un'altra cosa da raccontargli, qualcosa che voleva dirgli da qualche settimana, e per la quale non aveva mai avuto occasione.

<<Sai... ho fatto dei test universitari...>>

<<Ah sì? Non è presto per te?>>

<<Sì... mi mancherebbero due anni... ma i test sono aperti a chiunque, quindi ho provato... e sono andati molto bene, anzi, sarei stata ammessa senza problemi, se avessi l'età giusta...>> ammise con imbarazzo e cercando di non pavoneggiarsi.

Percy si accigliò <<Wow, brava. Non sapevo fossi una secchiona!>> ridacchiò positivamente stupito.

Lei lo fulminò con lo sguardo <<Beh... non proprio... diciamo che... era una specie di sfida con i miei amici, sono tutti più grandi di me, non volevo essere da meno...>>

<<Non sminuirti così. Non volevo prenderti in giro... ma se hai ottenuto questi risultati significa che ti sei impegnata molto per studiare, no?>>

<<Beh, sì...>> ammise. Poi, arrivò al punto <<Comunque, già in passato qualcuno ha saltato degli anni scolastici, ma servono dei permessi speciali per iscriversi e delle raccomandazioni dai professori... per le raccomandazioni non ci sono problemi, ma le iscrizioni all'Universitas sono già chiuse... quindi, mi chiedevo se tu potessi, in virtù del tuo ruolo... insomma, intercedere... in qualche modo...?>> snocciolò tutto d'un fiato ammorbidendo il proprio volto per attirare il favore del ragazzo.

Tuttavia, Percy sembrava molto serio e pensieroso a riguardo, e infine disse <<Non dovrei fare preferenze, specialmente verso i miei soldati.>>

Dorothea si corrucciò <<Ma non sarebbe una preferenza! Io ho superato i test, merito l'ammissione... serve solo una specie di lasciapassare per via dell'età... sono sicura che basterebbe una tua lettera al Consiglio di Ammissione per permettermi di iscrivermi fuori corso!>>

Percy la lasciò parlare, e non intervenne nemmeno quando lei sembrò finire la propria arringa. Per riempire quel vuoto, la ragazza proseguì <<E poi... io sono già un'adolescente emancipata, essendo orfana, quindi non vedo perché dovrei continuare a vivere una vita da ragazzina! Iscrivermi all'Universitas mi permetterebbe di lasciare i dormitori della Legione, trovare un lavoro e un appartamento tutto mio, e seguire soltanto i corsi che voglio anziché perdere ore e ore al giorno con materie obbligatorie di cui non mi interessa niente! E le ore risparmiate le potrei dedicare all'esercito!>> spiegò con fervore sporgendosi sempre di più, involontariamente, verso il ragazzo.

Lui distolse lo sguardo dal viso della ragazza per non lasciarsi influenzare <<Infatti, mi preoccupa tutto il contorno di questo cambiamento... Saresti pronta a questa nuova vita?>>

<<Certo! Che domanda è? Hai visto in Montana che ero in grado di badare a me stessa, un anno fa!>>

Un sopracciglio di Percy schizzò in aria, pensando che non avrebbe definito quella situazione come "badare a sé stessi", ma doveva ammettere che la giovane semidea era tenace e caparbia e che era in grado di ottenere ciò che voleva sporcandosi le mani, ma pur sempre a testa alta. Ed erano tutte doti che trovava ammirabili... e irresistibili in una donna.

<<Okay. Vedrò cosa riesco a fare, allora.>> confermò infine <<Ma non ti prometto niente. Non fantasticare.>> aggiunse poi notando che la ragazza si era già illuminata.

<<No, certo! Grazie!>> esclamò, e si slanciò in un abbraccio verso il ragazzo.

Percy si irrigidì per la sorpresa, e per la stranezza di quel contatto fisico così inaspettato, e così proibito. Decise di interpretarlo come un gesto fraterno, e piano piano, ridacchiando, si districò da quella stretta <<Vacci piano, ho dolori ovunque!>> si giustificò, e lei capì di doversi ritrarre.

Subito dopo, per non lasciare modo che il silenzio diventasse imbarazzante, Percy si schiarì la voce, e le chiese <<Quindi, ti piacerebbe dedicare ancora più tempo all'esercito? Vorresti una carriera militare?>>

La ragazza rannicchiò le gambe contro il grembo, e rispose vaga <<Perché no, ci sono ottime prospettive per i soldati a Nuova Roma...>>

Percy scosse la testa <<Non dovresti dedicare la tua vita a qualcosa che non sia una passione... Servire nell'esercito deve essere un po' come una vocazione, credo...>>

Dorothea rimuginò su quelle parole, e dopo qualche secondo rispose <<Infatti. Lo desidero davvero.>>

Il ragazzo fece una smorfia <<Non si direbbe, visto come ti sei comportata nella Settima Coorte. Insomma... inutile negarlo, la Settima è una corsia preferenziale per i gradi più alti dell'esercito, se uno vuole fare carriera, non c'è Coorte migliore per mettersi in mostra... hai bruciato un bel biglietto da visita.>>

La ragazza mugugnò <<Lo so... mi sono lasciata distrarre dai miei obiettivi... da altro.>>

Percy ebbe il dubbio di essere lui stesso quella distrazione, e cercò di rincuorarla <<Comunque, se ti impegni, puoi rimediare, e i tuoi sforzi e la tua dedizione saranno notati.>>

La ragazza annuì. Era ancora sovrappensiero, con le labbra appoggiate alle proprie ginocchia, mentre si stringeva le gambe al petto. Lo sguardo perso nel vuoto. Iniziò a parlare trasognata <<D'altronde, fino a poco tempo fa, le regole erano molto più restrittive, non era permesso alcun passo falso, Nuova Roma è sempre stata intransigente e rigidissima... Eppure... le cose sono cambiate... ricordo quando ero una bambina... sai, quando arrivi in città orfano, dopo la prova con Lupa, in automatico vieni assegnato ad una Coorte per servire l'esercito. Ma avevo meno di 9 anni, ero scappata da una casa con regole assurde e soffocanti, non volevo essere sottomessa di nuovo...>>

Il figlio di Poseidone la lasciò fare, senza interromperla, senza commentare. Si limitò a fissarla con interesse.

Lei proseguì <<... quindi, prima della Probatio, scappai dal dormitorio provvisorio. Ci sono dei posti, in cui ragazzini come me possono stare in città per campare. I fauni aiutavano in questo... e ci insegnavano come sgraffignare qualcosa da mettere sotto i denti, o da indossare... Eravamo sotto gli occhi di tutti, ma nessuno ci vedeva.>>

Percy si corrucciò <<Altri orfani che non volevano servire l'esercito?>>

Lei annuì <<Esistono da sempre. Quasi tutti poi tornano alla vita normale, fuori da Nuova Roma, senza addestramento, senza protezione... verso il destino di ogni semidio. Altri semplicemente cedono al sistema, e si arruolano, alla fine. Ma... io, invece, non ho ceduto... io ho VOLUTO tornare nell'esercito... perché qualcuno mi ha ispirato.>> disse con un sorriso, che non le abbandonò più il volto per il resto della storia <<Ricordo che era giugno 2010. Il 19. Ero in città da oltre un anno, ormai. Stavo rubando una mela al mercato cittadino. Quella volta il vecchio Rick, il fruttivendolo, mi beccò, e non era un tipo molto flessibile, oh no! Mi avrebbe picchiato, o peggio, denunciato, e sarei stata cacciata dalla città... non importava che fossi un'orfana affamata di 10 anni! Ma un ragazzo vide la scena, mentre il vecchio Rick mi strattonava per un braccio. Ci venne incontro, chiedendo curioso cosa stesse succedendo, e nel sapere che avevo rubato, scoppiò a ridere "Ahah! Mi perdoni, buon uomo... non ho ancora insegnato bene a mia sorella che servono i soldi per poter avere delle cose in cambio... ahhh, non ci si comporta così, monella!" ed estrasse delle monete dalla tasca, un po' impacciato. Chiese al fruttivendolo Rick, che non si era bevuto la messa in scena e lo guardava con scetticismo, di contare i sesterzi necessari per comprare un po' di frutta mista, e si fece fare un sacchetto. Dopodiché mi prese per mano come se niente fosse, e mi portò via, in una via laterale, mentre imprecava sottovoce in una lingua che non avevo mai sentito. Poi, mi disse "Ehi, piccola, perché stavi rubando? Non lo sai che non si fa?". Non gli risposi, misi il broncio. Lui mi sorrise, e mi diede quel sacchetto di frutta. Dopodiché, qualcuno lo chiamò, quindi mi salutò con un buffetto sulla guancia, dicendomi "Non metterti nei guai, eh? Torna a casa." e se ne andò. Nessuno era mai stato così gentile con me prima di allora, a Nuova Roma. Nessun Romano.>>

Percy deglutì, ripensando a quel giorno.

Lei lo guardò, finendo il proprio racconto <<All'epoca i Greci erano odiati quanto i mostri, eppure, quando rividi quel ragazzo, dopo soli 5 giorni dal suo arrivo in città, stava già guidando l'intero esercito, e da solo sconfisse Polibote, e fu innalzato a Pretore per acclamazione. Pensai che se era possibile tutto questo, per un Greco... se le regole erano state così abbattute, allora, forse, anche un'orfana come me poteva ambire alla grandezza, capisci? Forse potevo essere utile, cambiare la mia storia. E desiderai così tanto essere al suo posto, che iniziai la mia Probatio quel giorno stesso, ripromettendomi di diventare una guerriera così formidabile, un giorno.>>

Percy deglutì, e si schiarì la voce <<Credo dovremmo andare, ormai è l'alba.>>. Non commentò il ricordo della ragazza. Si vergognò per non essersi reso conto della situazione di Dorothea all'epoca, e per non aver capito cosa accadesse sotto i propri occhi nemmeno ora che era Console. E si sentì il peso sulle spalle di essere l'idolo ispiratore di una ragazzina che aveva plasmato poi la sua vita sull'ideale di eroe che si era creata, basandosi su di lui. Non lo voleva, un tale peso. Soprattutto non ora che non poteva più rispecchiare quell'ideale.

Dorothea invece rimase delusa da quell'indifferenza verso una tale confidenza, ma non commentò. Si avviarono verso il Campo Giove, in silenzio.

Arrivati, si godettero le strade deserte, passeggiando come due ragazzi qualsiasi, senza pensare al proprio status. Poi, il profumo dei primi impasti in cottura, proveniente dal fornaio del campo già al lavoro, li attirò e li rimise di buonumore.

Così, in un impeto di gioia, lei propose di andare a prendere delle brioche per fare colazione insieme. Ma quell'idea riportò Percy alla realtà <<Non possiamo farci vedere in pubblico in questo modo, lo sai...>> le ricordò in tono serio.

L'entusiasmo si spense nuovamente sul volto della ragazza, che iniziò a fissare le proprie sneakers sporche di terriccio umido, mettendo il broncio.

In quel momento, Percy rivide la bambina affamata di oltre 6 anni prima, l'espressione atterrita era proprio la stessa.

Gli si strinse il cuore, e addio buoni propositi per mantenere dei paletti <<Ma... per le strade non c'è ancora nessuno... vai tu a prendere qualcosa, ti aspetto qui dietro, in quella vietta... okay?>> le disse sorridendo e indicando col mento una via laterale, e porgendole poi dei sesterzi estratti dalla tasca della giacca, stavolta contati con naturalezza.

Lei esplose in un sorriso genuino, prese i soldi e ridacchiò <<Vedi? Ora ho imparato che le cose vanno pagate!>> e corse a comprare due brioche al cioccolato dal fornaio lì vicino, mentre Percy la guardava sorridendo contro il proprio stesso volere.

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