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Consapevolezza

[25 novembre 2016, venerdì mattina]

Reyna non dormì tutta notte.

Pensò e ripensò a ciò che la figlia di Athena le aveva detto la sera precedente al cottage. Certo, era stata piuttosto aggressiva e sgarbata, per certi aspetti... ma, per Dike, più ci pensava e meno riusciva a darle torto.

Potendo, avrebbe scelto il suo progetto un milione di volte rispetto a qualsiasi altro, non c'era dubbio. Ma dovevano seguire delle procedure, e delle leggi, che, teoricamente, dovevano servire a garantire che a Nuova Roma dominassero la giustizia e l'imparzialità.

Invece, in certi casi, i disonesti abili potevano riuscire a sfruttare il sistema a discapito di persone più meritevoli, ma con meno agganci.

Se solo avesse potuto scegliere senza interferenze... E si chiese se Cesare si fosse trovato a fare gli stessi ragionamenti, oltre duemila anni prima...

Intorno alle 6 di mattina, ancora insonne, decise di farsi servire la colazione nel patio, nella speranza che il giardino d'inverno le liberasse la mente da quei pensieri imperialisti... e di incrociare il proprio collega al rientro dalla sua notte brava.

Perché lei lo sapeva bene, che Percy non era rientrato a dormire, la sera prima. Quindi, oltre ad avere i sensi di colpa nei confronti di Annabeth e di tutti i professionisti meritevoli che venivano scavalcati per dei cavilli burocratici, era rimasta anche tutta notte in pensiero per quello sprovveduto, chiedendosi dove fosse finito e con chi.

Come immaginava, lo vide planare con Blackjack verso il palazzo intorno alle 6.30. Probabilmente anche lui la vide, perché sembrò virare all'ultimo cambiando punto di atterraggio dal proprio terrazzo privato al patio.

Una volta smontato, entrò nel giardino d'inverno facendo un cenno imbarazzato col capo. Lei lo squadrò, con espressione impassibile, e notò che pure lui aveva l'espressione di uno che non ha chiuso occhio.

Si sedette al tavolo schiarendosi la voce. Non facevano colazione insieme da un pezzo, ma anche lui si rendeva conto che dovevano parlare della sera precedente, e sapeva che lei lo aveva atteso apposta.

<<Non sei rientrato per dormire.>> sottolineò atona fissando il proprio caffè.

<<No.>> confermò tagliandosi un panino.

<<Hai un livido sul collo.>> gli disse poi, indicandogli con il dito il punto interessato.

Lui si corrucciò, e si nascose meglio con il colletto della sua giacca in pelle.

Reyna sorrise, sarcastica <<Dovresti dire alle tue amanti di essere più delicate, viste le circostanze.>>

Percy sorrise a sua volta, con sguardo di sfida <<Lo farò presente, grazie.>>

La ragazza sospirò, e, ignorando quella sfacciataggine, proseguì con discorsi più seri <<Quindi, dopo che me ne sono andata, immagino che Annabeth sia venuta a parlarti...>>

Percy annuì, e si bevve un sorso di caffelatte appena portatogli da Emone.

<<E...?>> lo incitò curiosa.

Anche lui sospirò per prendere il coraggio di affrontare quel tema <<E ha ragione. Il suo progetto era il migliore, lo sappiamo bene... Se solo fosse ingegnera, sarebbe stata presa in considerazione...>>

<<O forse no... non ha esperienza rispetto agli altri che erano candidati... ci sono anche delle le leggi non scritte, diciamo...>>

<<Sciocchezze.>> la interruppe lui, <<Ha progettato la ricostruzione dell'Olimpo dopo lo scontro con Crono, esiste un biglietto da visita migliore come esperienza!?>>

Reyna fece una smorfia <<Lo sai che per i Romani non conta se non ha tutte le carte in regola... E con tutte le leggi e la burocrazia in azione, non è detto che la scelta sarebbe ricaduta su di lei anche fosse stata ingegnera.  L'unica possibilità sarebbe stata se avessimo potuto scegliere noi, senza altri filtri...>>

Percy schioccò la lingua sonoramente, e la guardò curioso socchiudendo gli occhi <<La Console Ramirez-Arellano non sta insinuando quello che immagino, vero?>>

Lei inarcò un sopracciglio <<Lo sai che non esiste nulla di più importante per me della giustizia e del rispetto della legge. Ma ancora più importante è il bene di Nuova Roma... mi rendo solo conto che, a volte, le due cose non vanno d'accordo tra loro, purtroppo... è lo scotto da pagare per...>>

<<La democrazia?>> concluse Percy per lei con un'occhiata furba. A volte dimenticava quanto potesse essere arguto, nonostante sembrasse sempre così disinteressato e naïve.

La figlia di Bellona scosse la testa <<Non esiste una forma di governo perfetta, di questo siamo consapevoli... Ma noi siamo dei governatori giusti e buoni. Se anche avessimo più potere, non sarebbe un male...>> pensò ad alta voce.

Percy ponderò quelle parole, e ribatté <<Sarebbe proprio quello che Annabeth boccerebbe, invece. Penso tema che abbiamo già troppo potere e che potremmo sfruttarlo in modo scorretto...>>

Reyna ridacchiò <<Impossibile. Non lo faremmo mai.>> sancì decisa.

I due ragazzi restarono in silenzio per un paio di minuti, continuando la colazione sovrappensiero, forse immaginando modi scorretti di esercitare il proprio potere e ripugnandoli.

Quando ebbe finito l'ultimo goccio del proprio caffè, Reyna affrontò l'enorme elefante nella stanza che avevano evitato fino a quel momento <<Cosa facciamo con Leo?>>

<<In che senso?>> chiese lui tornando un perfetto naïve.

<<Beh, non possiamo ignorare quanto sia grave la sua situazione... Potrebbe essere pericoloso... E nel tuo stato...>> disse con un'occhiata eloquente.

Senza nemmeno rifletterci, Percy rispose convinto <<Se è un pericolo, lo è solo per sé stesso.>>

<<Non so, Percy... forse... forse dovremmo fare un passo indietro, con lui. A questo punto non penso che farlo uscire in anticipo sia stata una buona idea... Magari potremmo chiedere a Nico di prendere il suo posto per proteggerti.>> propose lei.

Percy iniziava a spazientirsi. Avrebbe voluto ribattere che non aveva bisogno di protezione, ma sapeva che sarebbe stata una bugia. L'idea di avere Nico al suo fianco anziché Leo non era così male, ma sentiva che sarebbe stato sbagliato ripudiare Leo, soprattutto ora che, in fondo, si stava affezionando a lui <<Senti, non possiamo tornare indietro. Sarebbe un gesto sleale, e visto come sta Leo, lo distruggeremmo definitivamente. E comunque... tu ancora dai per scontato che Sisto non esista, ma non trovarlo al cottage ieri sera non dimostra un bel niente! Magari si era solo assentato!>> aggiunse ancora speranzoso.

<<Oh ma dai, nemmeno lui ci crede più, hai visto come era ridotto!>> sottolineò lei scettica.

<<Beh, hai controllato i registri, come avevi detto!?>> le chiese quasi in tono di rimprovero.

<<No... non ho avuto il coraggio...>> ammise stropicciandosi le mani <<Ma credo sia il momento. Non sarà facile, ma dobbiamo scoprire la verità e prendere una decisione.>>

<<Non dovete disturbarvi. Chiudiamo questa storia.>>

Percy e Reyna trasalirono: troppo concentrati nel discutere concitatamente, non avevano minimamente sentito arrivare Leo. Aveva il viso stravolto, con gli occhi cupi e scavati da profonde occhiaie. Era il volto di qualcuno che abbia pianto per ore.

<<Leo... eccoti... che intendi con "chiudiamo"?>> lo esortò a spiegare Reyna in tono comprensivo riprendendo il controllo della situazione.

Il ragazzo deglutì, spostando lo sguardo tra i due Consoli, mortificato <<Avevate ragione. Sisto non esiste. Ho inventato tutto.>> mentì infine fissando il pavimento.

Reyna lanciò un'occhiata complice al proprio collega, della serie "te l'avevo detto"; nessuno dei due se la sentì di commentare, e Leo proseguì <<Dovete rimandarmi in prigione, è quello che mi merito. Reyna ha ragione, sono pericoloso.>> poi si voltò a guardare proprio la ragazza, alla quale aveva fatto una promessa che non era riuscito a mantenere <<Mi dispiace molto.>> le disse in tono mesto.

Percy inspirò, e intervenne con un secco <<No.>> mentre si teneva saldamente al tavolo come per dimostrare letteralmente la propria posizione decisa.

<<No?>> chiese confuso Leo. I due ragazzi si guardarono negli occhi, e Percy ribadì in tono semplice <<No. Non tornerai in prigione.>>, come fosse l'unica opzione possibile.

<<Ma...>>

<<Niente ma. Io ho bisogno di protezione, inutile negarlo... e tu sei probabilmente il semidio più potente in vita al momento...>> lo interruppe.

Il figlio di Efesto sbatté le palpebre qualche volta, poco convinto di quel complimento <<Ci sono Nico... Hazel, e Frank... loro sono... sicuramente più potenti...>> pigolò.

<<No.>> insistette Percy alzandosi dal tavolo per avvicinarsi. Reyna restò invece seduta in disparte, osservando quella scenetta del tutto inaspettata.

<<Ma... Non credo tu sia al sicuro con me.>>

Percy ridacchiò <<Non conta quello che credi tu, ma quello che credo io, no? E io mi fido di te e voglio te al mio fianco.>> gli disse continuando a guardarlo negli occhi.

Era impossibile mettere in dubbio le sue parole, quando faceva così. Leo comprese come quel ragazzo potesse esercitare un ascendente su così tante persone, e vi cedette a sua volta <<Dici... dici sul serio?>> gli chiese con gli occhi lucidi.

Percy annuì serio, e il figlio di Efesto sentì una sfera di calore irradiarsi nel proprio petto. Era una sensazione piacevole. Gratitudine, e una spinta di autostima.

Distolse lo sguardo da quegli occhi verdi che lo stavano destabilizzando. Non era così tanto sicuro di odiarli ancora. Tirò su col naso, e cercando di essere disinvolto mormorò <<Okay. Quindi, posso restare?>> e stavolta nel chiederlo guardò verso Reyna, che era ancora impassibile, seduta con i gomiti appoggiati sul tavolo e le mani incrociate, come stesse contemplando e giudicando quanto aveva visto finora.

Lei inspirò, e con semplicità disse <<Hai sentito il Console Jackson. Se tu te la senti, puoi restare e continuare a svolgere il tuo compito come suo protettore. Ma...>> aggiunse seria <<... vedi di rigare dritto. Niente più stronzate. Non avrai altre opportunità. Puoi farcela?>>

Leo era ancora titubante, ma con la coda dell'occhio vide l'espressione di Percy, serio e composto vicino a lui. Gli sembrò di vederlo fare un lieve cenno di esortazione col capo, e decise di fidarsi del suo giudizio <<Sì, posso farcela.>>

Il figlio di Poseidone sorrise <<Ottimo. Vieni a fare colazione.>> gli propose poi passandogli una mano sotto al braccio per accompagnarlo, come per sostenerlo. Era strano quel contatto fisico così gentile e premuroso, ripensando a come era stato violento nei suoi confronti.

E si sedette al tavolo con loro per la colazione, voltando pagina sul capitolo Sisto.

<<Dora! DORA!! SI FA TARDI!>>

<<Arrivo...>> mugugnò la ragazza in tono stanco dai meandri della sua trapunta. Si mise seduta sul letto, contemplando la propria totale mancanza di voglia di abbandonare il letto quella mattina, e sbuffò.

<<DORAAA! Sono quasi le 8!>>

<<Ho detto che arrivo...>> si alzò e si diresse verso il soggiorno.

Nadia stava già facendo colazione con yogurt e frutta fresca, e un sorrisetto compiaciuto in volto.

La figlia di Spes si trascinò fino al bancone della cucina, dove si preparò svogliatamente un espresso, per poi berlo seduta al tavolo con l'amica.

E dopo il primo sorso, riacquistò l'uso della parola <<Ti odio.>> esordì.

Nadia si accigliò, continuando a gustarsi il proprio yogurt <<Svegliata storta, eh?>>

<<Non sarei così storta se avessi dormito... Ma che casino che hai fatto stanotte! Tu e quel tuo... "amico ansimante"...>> concluse facendo le virgolette con le dita.

Nadia ridacchiò <<Scusa, non pensavo avresti sentito fino in camera tua...>>

<<Vi avranno sentiti anche i vicini di casa all'altro capo della strada, se è per questo...>> commentò acida.

<<Dai su! Mi dispiace... ma sai... lui aveva... molta voglia di sfogarsi, diciamo! E non è stato molto discreto...>> aggiunse Nadia giuliva nel tentativo di incuriosire Dorothea. Lo faceva sempre, perché le piaceva davvero un sacco raccontare delle proprie conquiste.

E Dora stava al gioco da brava amica <<Uno nuovo o quello dell'altro ieri?>>

<<Nuovo... Era la seconda volta... a dire il vero, la prima volta mi ero limitata ad un...>>

<<Shh shh ok ok... ho capito...>> la bloccò parandole una mano davanti alla bocca e strizzando gli occhi, mentre lei ridacchiava.

<<Che pudica che sei... comunque, devo dire che è stato meglio delle aspettative... ed erano alte!>>

<<Fantastico.>> commentò sarcastica finendo il caffè. Quella scenetta si ripeteva almeno 2 volte a settimana, di solito con più dettagli piccanti, e Dorothea doveva per forza sopportarla: era lo scotto da pagare per essere libera e convivere in quell'appartamento con la procace amica figlia di Voluptas.

Si era trasferita da circa 3 settimane, da quando la commissione l'aveva ammessa in via temporanea ai corsi dell'Universitas, che si trovava in centro città e che era quindi più comodamente raggiungibile vivendo lì piuttosto che al Campo Giove.

Fintanto che attendeva di sapere se era stata accettata come studentessa ufficiale, doveva tenere il piede in due scarpe e fare il possibile per frequentare anche i corsi del Liceo. Ah, ovviamente, non poteva esimersi dagli addestramenti, 4 ore al giorno. Almeno non erano tante ore quanto quelle della Settima Coorte...

<<Beh, vado a prepararmi...>> sospirò infine la figlia di Spes con poco entusiasmo, consapevole di essere già in ritardo sulla sua serrata tabella di marcia giornaliera.

<<Dovresti mangiare qualcosa la mattina! Non fa bene bere solo un caffè!>> la rimproverò l'amica.

<<Okay...>>

<<Ah... e hai ricevuto posta...>>

<<Posta?>> chiese curiosa e stupita. Nadia annuì e le indicò una busta che aveva appoggiato sul tavolo.

La ragazza tornò indietro veloce, finalmente del tutto sveglia, e aprì la busta con smania. Lesse velocemente le prime righe, per poi proseguire con un sorriso stampato in volto. Poi, esplose di gioia ed esultò <<ODDIO! SÌ SÌ SÌ! NON CI CREDO!>>

<<Che succede!?>>

Dorothea sventolò la lettera di fronte all'amica <<Mi hanno ammesso! Sono ufficialmente iscritta all'Universitas!>>

<<Ma dai!? Anche se le lezioni sono iniziate da più di 2 mesi!?>>

<<Sì! Beh, devo rimettermi in pari con le lezioni del mese scorso, e posso dare gli esami solo dal prossimo semestre, ma comunque... sono dentro! E posso trasferirmi qui ufficialmente!>>

Non poteva essere più felice. Dopo aver rivelato quel suo desiderio a Percy, lui aveva effettivamente smosso un po' di ingranaggi parlando col proprio professore e mentore, il Senatore Casena, e la ragazza aveva ottenuto un colloquio e la possibilità di ripetere i test di ingresso per dimostrare la propria preparazione.

Era sicura di essersela cavata, ma gli esaminatori le avevano preventivato che il suo fosse un caso limite data l'età e il fatto che le lezioni fossero già iniziate.

Eppure... era filato tutto liscio, per una volta, e finalmente dopo oltre 2 settimane aveva avuto la conferma alla deroga.

Prese la propria lettera e corse in camera, mentre l'amica ancora si congratulava. Aveva fretta di prendere il proprio cellulare, fare una foto, e mandarla a Percy scrivendogli "GRAZIE <3!".

Lui le rispose dopo qualche minuto con una faccina sorridente, e una frasetta sarcastica "Adesso sarai contenta e smetterai di stressarmi, spero!"

"Giammai! Stasera al Tipsy alle 17, devo offrirti un milione di birre! Sempre di nascosto, ovvio..."

"Certo, non mancherò. 😉 Sarò il tizio con la corona d'alloro." Concluse ironico.

La ragazza ridacchiò. Si preparò con una rinnovata energia, e iniziò la giornata fantasticando sulle proprie nuove prospettive.

[27 novembre 2016, domenica]

<<Passami quel travetto... no... non quello, l'altro, quello più piccolo... grazie!>> disse il figlio di Efesto.

Percy annuì e tornò a levigare le assi per il pavimento della camera da letto.

<<Tirami un paio di autofilettanti, quelle da 8...>>

Percy schizzò ancora per cercare le viti, borbottando tra sé per non dimenticarsi la misura, e dopo averle trovate le portò con il fiatone all'amico.

<<Ehi, vacci piano... fai una pausa se respiri così...>>

Il figlio di Poseidone si passò il polso sulla fronte imperlata, e accettò la proposta. Andò verso il lago, e si sedette sull'erba fresca, respirando a fondo. Anche fare il falegname gli veniva male con così poca forza in corpo.

Dopo qualche minuto sentì dei passi alle spalle, e seppe che Leo l'aveva raggiunto, <<Dimmi che quella non è una sigaretta.>> lo rimproverò sedendosi al suo fianco.

<<Non è una sigaretta...>> mentì spudoratamente l'altro tossicchiando.

Leo fece una smorfia, per niente contento <<Non riesci nemmeno a levigare delle travi per 20 minuti senza andare in iperventilazione, non penso che una sigaretta sia la migliore delle idee...>>

In risposta, Percy espirò il fumo facendo dei cerchi, e lanciando uno sguardo compiaciuto al compagno <<Questo mi riesce bene!>>

Il figlio di Efesto sospirò scuotendo la testa <<Beh, sicuramente meglio della carpenteria... non è il tuo campo, eh?>>

Percy fece spallucce <<Suppongo di no, ma tu hai dei ritmi assurdi, anche uno che se ne intende farebbe fatica a starti dietro!>>

Leo ci rifletté, e decise di prendere quel commento come un complimento. Poi, si schiarì la voce, e un po' imbarazzato disse <<Ad ogni modo... grazie per aver deciso di aiutarmi a finire questa... impresa...>> usò volutamente quell'ultima parola, memore della loro routine di quando erano ragazzini, riferendosi alla ricostruzione del cottage.

Il figlio di Poseidone fece spallucce di nuovo, come fosse cosa di poco conto <<Ci tenevi tanto...>> e tirò di nuovo dalla sigaretta.

Restarono qualche minuto in silenzio a contemplare quel paesaggio lacustre. Era una domenica di inizio dicembre piuttosto mite per la stagione, col sole che scaldava la pelle nonostante l'aria fredda.

Leo osservava Percy di sottecchi. Ormai era un'abitudine, per assicurarsi che il suo protetto fosse in forma e non si affaticasse. Strano da ammettere, ma era preoccupato per lui, e voleva davvero proteggerlo.

<<Quella sigaretta fa davvero male, ai tuoi polmoni... e al cuore... e a tutto il resto che ora non funziona tanto bene in te... non dovresti scherzare...>>

In risposta, l'altro sventolò una mano come per zittirlo, e gli lanciò contro altri cerchi di fumo. Leo roteò gli occhi al cielo, e lo insultò <<Che idiota!>>

Ridacchiarono per qualche istante, poi tornarono in silenzio, contemplando di nuovo quel lago nefando, eppure bellissimo.

<<Penso di non averti mai chiesto scusa.>> esordì dal nulla il figlio di Efesto, dopo aver preso un bel respiro d'incoraggiamento.

Percy gli lanciò un'occhiata di sbieco, mentre ancora si godeva il sole sul viso <<Eh?>>

<<Sì, beh... sai... per... per quello che ti ho fatto...>> pigolò a disagio muovendo convulsamente le dita robotiche tra l'erba.

Percy osservò quel gesto, e senza nemmeno rifletterci pensò che la punizione subita dall'amico era stata già sufficiente; non infierì minimamente, anzi, provò compassione, e l'unica cosa che riuscì a dire fu <<Uhm-mh... ok...>>

A Leo sembrò che banalizzasse, e non lasciò cadere il discorso <<Dai, sono serio. Non l'avevo ancora fatto... mi dispiace... di... di averti quasi... ucciso...>> ammise, dando per la prima volta davvero peso a quelle parole.

<<Non c'è problema.>> ribadì l'altro con voce calma.

<<Non puoi dire che non c'è problema! Io... insomma... mi sono comportato come... come...>> farfugliava, incapace di trovare una parola abbastanza crudele per definirsi <<... sono ingiustificabile! E mi sono intromesso nella vostra storia d'amore... sono io l'incomodo, era destino che voi steste insieme! E io ho rovinato tutto!>> insistette Leo quasi delirando, ora conscio di come la sua relazione con Calypso fosse stata pilotata e per nulla spontanea, e di come Percy, in fondo, fosse molto più adatto e meritevole di stare con lei di quanto non fosse lui, visto che era solo grazie alle sue azioni che aveva potuto ritrovare Ogigia.

Percy ridacchiò, cercando di alleggerire il clima <<Non esagerare... non era niente di speciale... anzi, noi... noi ti abbiamo nascosto la nostra storia, quando era solo uno sfizio, un capriccio, in fin dei conti...>>

<<Capriccio? Ma... pensavo... pensavo... che foste innamorati...>> boccheggiò l'altro incredulo.

Per un istante, a Percy tornarono in mente i momenti passati con la ragazza. Le litigate, le incomprensioni, il senso di noia e disagio placato solo dal sesso, che nemmeno era granché... erano tutti segnali che non erano fatti per stare insieme, ma in quel momento, sopraffatti dalla passione, non li avevano interpretati. Avevano cercato di ricostruire una storia che non avrebbe mai dovuto esistere, e ne erano rimasti intrappolati per mesi col peso dei sensi di colpa e della paura del fallimento.

<<No, decisamente non era amore, Leo.>> disse con convinzione, e un po' di imbarazzo.

<<E lei, lo sapeva?>>

Percy prese un ultimo tiro, annuendo. <<Dovresti smettere di rimuginare così tanto sul passato.>> sottolineò poi spegnendo la sigaretta e riponendo, come d'abitudine, il mozzicone nel pacchetto per gettarlo via in seguito.

Leo non rispose, sembrava pensieroso. Percy lo osservò di sbieco, alzandosi dall'erba e preparandosi a tornare al lavoro. <<Ma come mai questi discorsi?>> gli chiese poi un po' perplesso.

Il ragazzo fece spallucce <<La pazzia rende onesti, suppongo.>>

Percy non indagò, e non commentò per evitare di toccare nervi scoperti. Tuttavia, ebbe la sensazione che la storia con Sisto avesse molti più dettagli di quanti Leo ne avesse rivelati. Si voltò poi verso il cottage grattandosi la base del collo <<Beh, siamo a buon punto, no?>>

Leo osservò il cottage a sua volta, e gli scappò un mezzo sorriso soddisfatto <<Forse 40 o 50 ore, sì... Ci siamo quasi...>>

<<Ottimo! In piedi, allora! Entro fine anno avremo portato a termine questa impresa!>>

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