Commiato
22 - 24 dicembre
Poseidone si fermò a contemplare l'Empire State Bulding prima di decidersi ad entrare.
Sospirò e attraversò l'atrio diretto all'ascensore, l'unica via a lui concessa per raggiungere il Regno di Zeus.
Gli dei, in genere, avevano libero accesso e potevano materializzarsi direttamente sull'Olimpo.
Ma i due fratelli di Zeus, Ade e Poseidone, invece dovevano essere invitati e passare dall'ingresso principale... se non volevano scatenare un incidente politico. E data l'irascibilità del Re degli Dei, era meglio rispettare le sue assurde regole.
Salì con pazienza, non molto desideroso di confrontarsi con il Pantheon al completo per spiegare cosa fosse successo durante la Guerra degli Abissi, soprattutto considerando che nessuno dei presenti aveva voluto aiutarlo – ad eccezione dell'unica che non lo avrebbe mai ammesso.
Mentre attraversava le strade della città, divinità minori, muse, ninfe e satiri lo fissarono con stupore, vociferando tra di loro stupiti che fosse vivo.
Quando finalmente raggiunse la cima del monte, dove svettava la Sala dei Troni, non fu sorpreso di trovare il Consiglio già riunito e in pieno dibattito.
<<Buongiorno, cara famiglia. Nemmeno attendete più il vostro fratellone preferito!?>> chiese con sarcasmo dirigendosi al proprio trono.
<<Poseidone, non pensavamo riuscissi a venire date le circostanze...>> disse Zeus burbero.
<<E invece, caro fratello, eccomi qui. Mi sottovaluti sempre...>> sorrise sarcastico.
Ade, che non avendo un trono ufficiale se ne era generato uno di ombre nella parte vuota del semicerchio a U, ridacchiò divertito.
<<Bene, allora possiamo continuare il Consiglio del Solstizio d'Inverno, ora... A tal proposito, Poseidone, aggiornaci sulla situazione del tuo Regno.>> lo incalzò Zeus, più curioso di sapere quanto la casa del fratello fosse allo sfascio, piuttosto che preoccupato.
<<Il mio Regno è, e grazie per preoccupartene – disse pungente – glorioso come sempre. La ribellione è stata sedata e tutto è tornato alla normalità. Peccato che nessuno di voi fosse lì per contemplare la magnificenza della mia stirpe.>> concluse allusivo; era solo un modo per rimproverarli, sempre con molto sarcasmo, di non essersi degnati di aiutarlo.
Nessuno degli dei rispose od osò guardarlo in volto, tranne l'unica che, effettivamente, aveva fatto qualcosa per aiutarlo. Poseidone, impercettibilmente, le sorrise, e Athena distolse lo sguardo con imbarazzo.
<<La tua stirpe? Tritone si è distinto in battaglia?>> chiese infine Ares curioso.
<<No, caro nipote... Non lui, ahimè. Anzi, a quanto pare, era proprio lui il sovvertitore principale, insieme a mia moglie... Mi riferisco a Perseus, ovviamente.>> concluse con soddisfazione accendendo la curiosità dei presenti.
<<Tua moglie Anfitrite!?>> chiese stupita Era.
<<Tuo figlio Tritone, l'erede!?>> incalzò Apollo.
<<Ex moglie, ed ex erede. Ho ripudiato entrambi.>> confermò con decisione. Era e Apollo, che si erano macchiati di un crimine simile tempo addietro proprio con l'aiuto di Poseidone per spodestare Zeus, tacquero.
<<Perseus!? Il mortale!?>> chiese poi di nuovo Ares piuttosto scocciato.
<<Sì, lui, mio figlio.>> confermò con orgoglio.
Zeus alzò un sopracciglio sorpreso, ma cercò di nasconderlo <<Quindi il semidio ti ha aiutato a salvare il Regno. Piuttosto avvilente dover fare tutto questo affidamento su un mortale, non credi fratello??>> lo punzecchiò.
<<Ah! Se non ricordo male, proprio tu 5 anni fa gli hai proposto di diventare un dio come ricompensa per aver salvato il tuo di regno, caro fratello!>> lo colpì sul vivo.
Zeus inspirò nervoso. Ade si godeva la scena sorridendo. Poseidone proseguì <<Il ragazzo è destinato alla grandezza, anche tu, che non hai mai avuto un briciolo di potere profetico, lo percepisci.>>
Zeus, sempre più irritato, non seppe cosa rispondere.
<<E a tal proposito, ho una richiesta da porre al grande Re degli Dei. Dato che non ho più un erede né una moglie che possa darmene uno, ho bisogno di proteggere la mia linea di successione...>> iniziò a dire Poseidone con tono più pratico. Tutti lo ascoltarono con interesse, e Zeus si incupì.
<<Il ragazzo sarà il mio erede, e come tale tu lo renderai un dio.>> concluse. Non suonava proprio come una richiesta, quanto più un ordine.
<<No.>> rispose deciso il re.
<<No? Se lo merita, lo sai.>>
<<No. Il ragazzo non diventerà un dio.>> confermò Zeus temendo non fosse una mossa saggia.
<<Sì. Sarà il mio erede, ed un dio. Se non lo farai tu, lo renderò dio da solo.>> insistette Poseidone.
<<NON OSERESTI! Sai bene che è una prerogativa del Re degli Dei innalzare un mortale allo stato divino!!>>
<<E tu ben sai che dovrei essere io a sedere su quel trono che tu ti sei arrogato. Ho tanto potere quanto te, se non di più, fratello. Non tentarmi.>> minacciò.
<<HAI RINUNCIATO AL TUO DIRITTO DI NASCITA QUANDO IO HO SALVATO TE E TUTTI GLI ALTRI FRATELLI DA NOSTRO PADRE...>>
<<... HO RINUNCIATO SOLO PERCHÉ ERI UN ARROGANTE ARRIVISTA E VOLEVO EVITARE UN'INUTILE GUERRA FRATRICIDA! MA POSSO PUR SEMPRE CAMBIARE IDEA, SE NON MI LASCI ALTRA SCELTA... PERCY DIVENTERÀ UN DIO E SARÀ IL MIO EREDE. UN TUO NO VERRÀ CONSIDERATO UN ATTO DI GUERRA.>>
Ci fu un rombo di un tuono e il tempio tremò. Si alzò il vento e il cielo si oscurò. I due fratelli si fissavano in cagnesco, sull'orlo di uno scontro. Nessuno dei due sembrava voler cedere. Nessuno degli dei presentì osò fiatare o intromettersi, ma nemmeno Ares sembrava attratto dall'idea di una guerra.
<<Calma, calma, fratelli...>> si intromise infine Ade con tono mellifluo <<Vi sembra il caso di litigare per questo? Poseidone, sei reduce da una guerra, guardati, sei ancora debole...>> disse quasi preoccupato rivolgendosi al fratello maggiore, poi si voltò verso il minore <<E Zeus, è innegabile che il ragazzo abbia talento. Se meritava di diventare un dio quando ha sconfitto Crono, perché non ora??>>
Tutti guardarono Ade esterrefatti. <<Che c'è?! Pensate che voglia una guerra tra questi due!? Ho fin troppo lavoro da fare negli Inferi, non mi va di ricevere milioni di anime a causa di un nuovo sterminio per colpa di un bisticcio tra fratelli...>> concluse pragmatico.
<<Ade ha ragione>> intervenne Athena. <<Il ragazzo deve essere premiato, che si compia il suo destino. Padre, non sarebbe saggio né giusto negare a tuo fratello il diritto di designare il proprio erede.>>
Apollo, ancora scosso dall'ultima punizione subita, si fece coraggio ed annuì convinto <<Sì, Percy merita senz'altro di diventare un dio. Non conosco semidio più degno, nemmeno Ercole aveva fatto così tanto.>> poi deglutì, sperando di non inimicarsi di nuovo il padre.
Ermes e Ares non sembravano affatto convinti, ma Afrodite, Efesto ed Artemide si dimostrarono d'accordo. Anche Dioniso, per quanto sembrasse poco interessato alla questione, propendeva per il sì. Era e Demetra invece non si pronunciarono e non fecero trapelare il proprio parere. Estia, pur non avendo un trono, guardò Zeus dritto negli occhi, e, senza nemmeno il bisogno di parlare, fu chiaro cosa ne pensasse: il focolare doveva restare acceso.
Quando tornò nel proprio regno la sera del 22, Poseidone chiese di poter vedere Percy, ma il ragazzo non fu trovato. Decise quindi che gli avrebbe dato la bella notizia il giorno seguente con calma e dopo una notte di riposo. Era stata una giornata molto impegnativa anche per un dio.
Il 23 dicembre, il dio invitò il figlio a pranzo nei suoi appartamenti privati, per stare solo con lui e concludere la questione della successione al trono.
Ma quando Percy arrivò, era chiaro che fosse turbato, anche se il dio era troppo di buonumore per notarlo.
Poseidone lo invitò a sedersi di fronte a lui sul lato opposto di un'ampia scrivania, dove stava posando varie scartoffie.
Percy si avvicinò titubante. Aveva pensato e ripensato tutta notte a ciò che avrebbe detto al padre sforzandosi di non perdere il controllo e non risultare irriverente; non era facile confrontare un padre riguardo certi argomenti così delicati, ancor di meno se il padre in questione era un potentissimo dio con un passato sanguinario!
Quindi inspirò per farsi coraggio <<Papà... dovrei parlarti...>>
<<Certo, certo...>> disse Poseidone scartabellando delle carte, che iniziò a mettere davanti a Percy mentre si accomodavano alla scrivania <<Intanto inizia a firmare un po' di scartoffie prima di pranzo, eh? Portiamoci avanti...>>
Percy, in ansia per il confronto che stava per avere, iniziò a firmare distrattamente i primi fogli <<Di che si tratta??>> chiese con gentilezza, sperando di mettere il dio di buonumore; il padre spiegò <<Beh, come ti ho anticipato l'altro ieri, ci sono molti affari di famiglia nel mondo umano di cui è ora che tu faccia parte... sono solo dei proforma, atti di proprietà, eccetera... Nessuno saprà che ci sei tu dietro a queste attività se non vorrai, ho dei buoni notai da qualche centinaio d'anni...>>
Percy, incuriosito, mise in stand-by il discorso spinoso che stava per intavolare e prestò attenzione alle varie carte che aveva iniziato a siglare.
Quando intravide alcune delle cifre da capogiro di cui sarebbe diventato possessore, strabuzzò gli occhi e aprì la bocca sotto shock: tutti quegli zeri lo facevano entrare di diritto nella top 10 degli uomini più ricchi al mondo, senza dubbio.
<<Papà... ma... tutti... tutti questi soldi...!?>>
<<Beh, sono uno dei tre uomini più ricchi al mondo...>>
<<E chi sono gli altri due...??>> prima ancora che il dio rispondesse, Percy si sentì sciocco per la domanda e intuì la risposta, mentre Poseidone gli sorrideva sardonico.
Era incredibile come gli dei sfruttassero ogni ambito umano che poteva far loro comodo, economia inclusa. Come se i poteri divini non fossero sufficienti!
<<È giusto che il mio unico figlio umano in vita possa godere di certi privilegi, poi, se diventerai mio erede...>>
Percy, che si sentiva in una situazione surreale ed era ancora esterrefatto per le ultime scoperte, tornò lucido e serio, e guardando torvo il padre lo interruppe <<Ma io non ti ho detto che diventerò il tuo erede. Non ho accettato.>>
<<Non ancora, certo, ma pensavo che conoscendo meglio la situazione della tua famiglia potessi capire che...>>
<<Mi stai forse ricattando, papà?>> chiese interrompendolo di nuovo.
Il dio si bloccò, sorpreso e un po' offeso <<No, certo che no. Ma forse non ti era ben chiara la mia proposta, Percy. Potrai fare e avere tutto ciò che vuoi, che tu voglia vivere qui con me o altrove fingendoti un mortale. Ti sarà tutto concesso... Sarai un re in terra, e non solo!>> disse pensando di tentarlo.
Percy chiuse gli occhi sospirando per mantenere la calma, e prese il coraggio di affrontare finalmente il padre <<Io non diventerò il tuo erede, te l'ho già detto.>>
Ci fu un minuto di silenzio, in cui i due si fissarono negli occhi intensamente. Poi il dio parlò con tono perentorio <<Percy, ormai è cosa fatta. Zeus ha dato il suo consenso, e non sai quanto sia stato difficile convincere il Consiglio!! Verrai con me sull'Olimpo, verrai proclamato mio erede, e diverrai un dio.>>
Percy si accigliò e sbottò <<COSA!? NON HAI NEMMENO ASPETTATO IL MIO CONSENSO!? NO, NON ACCETTO! NON PUOI COSTRINGERMI!>> si scaldò.
<<È per quella ragazza, vero? Annabeth, la figlia di Athena. Credimi, capisco l'ascendente che ha su di te più di quanto pensi, ma non decidere di tutta la tua vita mortale basandoti su di lei e sui vostri sentimenti attuali! Sei ancora così giovane e ingenuo, pensa a tutto ciò che potresti realizzare in un'eternità come dio e non come un semplice e qualunque semidio! Potrai avere tutte le donne che desideri!! Non perdere tutto solo per una...>> Poseidone, pur cercando di mantenere un tono pacato, era così esaltato da non rendersi conto di quanto offensive fossero le sue parole.
Il figlio rimase basito, e offeso esclamò <<Un semplice e qualunque semidio!? È solo questo che sono?>> sbuffò incredulo <<Ecco. Non sarò mai tuo erede. E non solo per l'amore verso Annabeth, ma perché NON VOGLIO essere associato a qualcuno come te!>> pronunciò quelle parole con più repulsione di quanto avesse programmato, e Poseidone aggrottò la fronte, molto infastidito.
<<Che stai dicendo ragazzo?>> chiese burbero.
Percy proseguì prima di farsi sopraffare dal potere emanato dal padre <<Ho parlato con Tritone. Pensavo di essere venuto qui per salvare il mio povero padre morente, ma sono stato davvero ingenuo, come dici tu. Mi chiedevo come potesse un figlio arrivare a tanto contro il padre, e forse ho capito. Hai sbagliato. Sei stato un re tirannico in passato, e un pessimo padre per Tritone e Bentesicima. E sei un uomo che ha compiuto azioni rivoltanti.>> con quelle ultime parole, Percy sorpassò un limite invisibile.
<<STAI FORSE RIMPROVERANDO UN DIO?!?>> tuonò Poseidone alzandosi dal proprio scranno con veemenza.
Percy si sentì un essere infimo e impotente, ma la rabbia che montava gli diede il coraggio di proseguire imperterrito e deciso <<SÌ. SEI STATO CRUDELE E MESCHINO! NON AVEVO CONSIDERATO TUTTE LE AZIONI CHE HAI COMPIUTO DA QUANDO ESISTI, E QUANTE SOFFERENZE HAI CAUSATO. TI CREDEVO IL MIGLIORE TRA GLI DEI, ORA INVECE MI VERGOGNO DI ESSERE TUO FIGLIO E NON DIVENTERÒ MAI IL TUO EREDE!!>> Percy, infervorato, si alzò dal proprio posto per fronteggiare il padre, che sembrava volerlo incenerire.
<<COME OSI! TU SEI CIÒ CHE SEI GRAZIE A ME! IO TI HO DATO TUTTO, TI HO DATO I TUOI POTERI, TI HO DATO LA VITA!!>>
<<TU MI HAI DATO LA VITA, MA SONO IO A DECIDERE COSA FARNE, E USO I MIEI POTERI MEGLIO DI QUANTO TU NON ABBIA MAI FATTO E DI QUANTO MAI FARAI!>> esplose di collera ripensando ai racconti del fratello.
<<BADA A CIÒ CHE DICI, SEMIDIO!!>> Poseidone emanava un potere terribile, e Percy percepì il mare ribollire e la terra tremare.
<<Mi stai minacciando, padre!?>> chiese irriverente abbassando la voce e reggendo lo sguardo del dio. Non l'aveva mai chiamato padre, e non aveva mai usato quei toni con lui.
Poseidone, d'un tratto, si rese conto del proprio comportamento, e orripilato da sé stesso batté velocemente le palpebre e voltò le spalle al figlio per nascondere il volto, in preda alla vergogna <<Certo che no. Io... non farei mai... Non... ti farei mai...>>
<<Lo faresti eccome. Lo hai già fatto in passato con altri prima di me, mortali innocenti, quindi ne sei in grado. Preferirei morire che diventare come te... accomodati.>> disse scuotendo la testa e aprendo le braccia.
Poseidone, consapevole di essere nel torto, tacque.
<<Se non hai intenzione di uccidermi, ti chiedo di concedermi del tempo per salutare i miei fratelli, poi prenderò le mie cose e domani me ne andrò. E ti prego, Poseidone, di non cercarmi più. Potrai certamente fare affidamento su un qualsiasi altro semplice semidio in caso di bisogno.>> si diresse verso l'uscita della stanza, ma un attimo prima di andarsene si bloccò e si voltò a guardare un'ultima volta il padre <<E comunque...>> esclamò con tagliante decisione <<... tu hai già un legittimo erede degno di questo nome, ma non l'hai nemmeno presa in considerazione, vero? Tu le donne le preferisci nel tuo letto piuttosto che sul tuo trono, immagino.>> e se ne andò definitivamente, mentre il dio, più ferito di quanto si fosse mai sentito, guardava il figlio voltargli le spalle.
Percy passò le ultime ore a disposizione in compagnia di Bentesicima e Tyson, senza rivelare loro cosa fosse accaduto col padre.
<<I gioielli sono pronti?>> chiese al fratello ciclope.
<<Quasi, domani te li do! Poi te ne vai, allora?>>
<<Sì Tyson, appena saranno pronti i gioielli me ne andrò.>>
<<Poi tornerai a trovarmi però, vero!?>> chiese speranzoso come un bimbo.
<<Non so Tyson, avrò molto da fare, forse è meglio se vieni tu...>> propose per non rivelargli che non sarebbe mai più tornato nel regno di Poseidone.
<<Oh... ma Percy vive a Nuova Roma. I ciclopi non possono entrare a Nuova Roma...>>
Era vero, nessun mostro era il benvenuto. Ma Percy pensò di poter ottenere una deroga, dato che già gliel'avevano concessa per la Signora O'Leary.
<<Oh vedrai che troveremo un modo, campione! Non ti preoccupare! E non sarò sempre a Nuova Roma, dai!>> lo rassicurò.
Il 24 dicembre prima di partire Percy passò da Tyson per prendere i gioielli creati con le pietre preziose donategli dal padre per la sua vittoria contro Tritone.
<<Ehi campione, sono pronti!?>>
<<Ehm... Sì... sì ma...>>
<<Ma...?>>
<<Ehm... i gioielli... papà ha voluto vederli... li ha lui adesso... Ha detto che te li da lui quando vai a salutarlo...>> disse Tyson in imbarazzo. Per quanto Percy avesse taciuto la litigata col padre, forse il terremoto, e il mare in subbuglio e le urla dalla stanza del dio non erano passati del tutto inosservati.
Non poteva crederci. Ringraziò e saluto il fratello con un abbraccio, trattenendo la rabbia, ma appena fu solo esplose come un uragano.
Andò subito nella sala del trono ed entrò senza attendere convocazione e senza preoccuparsi di sbattere le porte.
Vi trovò Poseidone e Bentesicima che parlavano. Sorpresi dall'interruzione, Poseidone congedò la figlia <<Finiremo il nostro discorso più tardi...>>. Lei annuì, si inchinò, e si voltò per andarsene, non prima di aver lanciato un fugace sorriso compiaciuto al fratello, che invece aveva uno sguardo assassino.
Rimasti soli e a porte chiuse, Percy sbottò <<Quindi non è più reclusa nella sua stanza!?>>
Poseidone sorrise appena <<Qualcuno mi ha fatto notare che forse ho esagerato con lei...>>.
Percy, troppo arrabbiato per accettare il velato ringraziamento, proseguì <<Beh, ora che non sono più il tuo figlio prediletto mi togli anche i doni concessi per averti salvato!? Mi hai dato tu quelle pietre preziose, e io ho preso solo il necessario per farne dei regali, non ho preso niente per me!>>
<<Lo so...>> annuì il dio compiaciuto. <<Volevo solo vederli.>>
<<O forse sapevi che sarei venuto qui per riprendermeli...>>
Poseidone fece spallucce <<Chiamalo, se vuoi, un subdolo stratagemma di un vecchio padre che vuole salutare il figlio.>>
Percy non rispose e allungò un braccio <<Dammeli, per favore, così posso andarmene.>> esclamò perentorio.
<<Poseidone prese una scatolina di velluto rosso di circa 20 cm, un'altra cubica sempre di velluto rosso, e un'ultima sempre cubica ma leggermente più piccola e di un elegante velluto bianco. Prima di porgerle al figlio, le aprì una ad una per vedere i gioielli contenuti.
<<Questo regalo è per tua madre? Per Natale?>>
<<Sì>> confermò.
Poi aprì quella di velluto bianco, e sorrise <<E questo... per Annabeth, immagino...>>
<<Ovvio.>> rispose spavaldo.
Poseidone ridacchiò, poi aprì l'ultima scatolina cubica rossa <<E questa... sempre per Annabeth?>>
<<Sì, per Natale...>> confermò di nuovo secco <<Posso riaverli?>>
Il dio si soffermò a guardare il gioiello contenuto in quell'ultima scatolina rossa, con un sorriso malinconico <<Sai... è buffo, ma tanto... tanto tempo fa feci un regalo analogo ad una donna che ho amato davvero tanto. Speravo che con quell'oggetto, una conchiglia, si sarebbe sempre ricordata di me...>>
Percy stava perdendo la pazienza e non capiva lo strano comportamento del padre <<Quindi??>>
<<Quindi... è un po' ironico che ora tu voglia regalare questa proprio ad Annabeth...>> ridacchiò e sorrise guardando il figlio, che era più confuso che mai. <<Un giorno, magari, ti racconterò tutta la storia... fino ad allora ho pensato potesse farti piacere un piccolo extra...>> si alzò dal proprio trono e camminò con calma verso il figlio per dargli i 3 cofanetti.
<<Ovvero?!>> chiese il ragazzo sempre irritato.
<<L'ho incantata. Io speravo che la donna a cui feci quel dono si ricordasse di me. Ma è un tormento non sapere se mi pensa, sai? Quindi... quando Annabeth indosserà questa, se ti penserà e avrà bisogno di te, ovunque voi siate, tu lo saprai... e magari potrai andare da lei, o rincuorarti di sapere che sei nel suo cuore e nella sua mente...>>
<<È una cosa stupida...>> sbottò Percy ancora troppo arrabbiato col padre per capire il significato di quella magia.
<<Dici? Ah... non credo... Vedrai. Le nostre maggiori insicurezze derivano dalla paura di non essere ricambiati da chi amiamo.>> e porse le 3 scatole al figlio, che le prese senza guardarlo.
Poi, fece per intavolare un discorso <<Percy... Io...>>
<<Questo non conta. Lo sai, vero? Puoi anche tenerti i gioielli o darmene il doppio, ma non cambia ciò che penso di te, se mi conoscessi lo sapresti.>>
<<Lo so. Voglio solo che tu sappia che... ti sono grato per ciò che hai fatto, e sono orgoglioso di te... E sono pentito del mio passato. Non sono perfetto e non ho mai avuto la presunzione di dichiararmi tale, ma posso sicuramente migliorare, dammene la possibilità...>>
Percy deglutì e finalmente guardò il padre negli occhi, percependo la sua sincerità <<Lo vedremo. Ma preferisco comunque vivere la mia vita senza più ingerenze da parte tua... Vorrei che mi lasciassi in pace. Sono stanco.>> concluse espirando con un filo di voce, rivelando tutto lo stress accumulato negli ultimi anni per il peso di essere un semidio tanto potente e famoso.
Poseidone, capendo che insistere avrebbe peggiorato le cose, annuì mestamente, e diede un'ultima carezza al figlio <<Come desideri, Percy. Ricordati che ti voglio bene.>>
Percy annuì <<Addio, papà.>> e con gli occhi lucidi finalmente se ne andò.
Poseidone lo guardò allontanarsi, ed ebbe la sensazione che quella fosse l'ultima volta in cui vedeva l'adorato figlio.
E quindi... che cosa pensate!?! Sono curiosa!! Commentate!! 😘
P.S. chi ha notato il collegamento con l'altra opera "Athena e Poseidone - Una storia dimenticata"!? Vi giuro che aggiornerò anche quella a nei prossimi giorni!!!
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro