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Blackout

Dorothea balzò giù con agilità dalla ruota panoramica a 5 metri da terra.

Si voltò per assicurarsi che Percy fosse ancora al sicuro nella sua cabina, poi si guardò intorno per cercare di capire da dove arrivasse quello strano e flebile suono che percepiva. Sembrava una cantilena, piacevole forse, ma sinistra se la si ascoltava bene.

Il blackout, che sembrava limitato al parco divertimenti del molo, stava causando non poco scompiglio. Molte persone illuminavano la zona con i cellulari creando bagliori accecanti, e in ressa cercavano di abbandonare il molo spintonandosi e imprecando.

<<Brian! BRIAN! DOVE SEI!?>> urlò una ragazza sulla trentina impanicata. Probabilmente cercava il figlio disperso nella calca, pensò Dorothea.

<<Hannah! Hannah! HANNAH!>> gridò una seconda signora poco distante.

In molti urlavano per chiamare i famigliari, ma queste due sembravano proprio disperate. Alla loro disperazione si aggiunse la voce di un ragazzo, che chiamava a gran voce qualcuno che si chiamava "Brad".

Dorothea avrebbe voluto aiutarli, ma non poteva perdere tempo. Era sicura di percepire una presenza mostruosa, e doveva agire subito se voleva evitare che dei mortali venissero coinvolti in un attacco.

Si concentrò per ascoltare meglio quella cantilena, e provò a seguirne la fonte, facendosi largo contro al flusso di gente.

Notò un bambino di circa 6 anni che si aggirava da solo. La ragazza non poté ignorarlo, temendo che potesse perdersi e sapendo che, purtroppo, il mondo è pieno di malintenzionati anche tra i comuni mortali, quindi provò a chiamarlo <<Ehi, piccolo, cerchi mamma e papà? Ti serve aiuto?>> chiese in tono dolce.

Ma il bimbo la ignorò. Nemmeno si voltò a guardarla, e continuò a camminare verso un punto preciso, un ristorante.

Lo osservò preoccupata, e si rese conto che sembrava andare verso proprio quella cantilena che anche lei voleva individuare, e che diventava più nitida man mano che lo seguiva.

Il bimbo entrò in quel ristorante che era rimasto quasi totalmente vuoto, eccezion fatta per un pugno di clienti che si ostinava a finire la propria cena nonostante il blackout. Nessuno prestò attenzione al bambino, che proseguì indisturbato verso il retro del ristorante, nei locali di servizio.

Lo seguì con nonchalance senza attirare l'attenzione dei pochi presenti, ma con i riflessi pronti.

Dalla cucina, il bimbo puntò delle scale che conducevano in un seminterrato, in un buio ancora più profondo. Ma lui sembrava conoscere perfettamente la strada, e proseguì imperterrito fino in fondo alle scale, senza mai nemmeno inciampare.

Dorothea ci mise qualche secondo ad abituarsi al buio, e proseguì quatta quatta, senza far rumore. Le sembrava che quella cantilena fosse più intensa ora. Che fossero quasi alla fonte?

La sua curiosità cozzava con il timore di ciò che avrebbe trovato, e il cuore le martellava contro lo sterno.

Quel seminterrato era enorme, composto da moltissime stanze comunicanti come dispense e ripostigli. C'era un odore acre nell'aria, come di carne andata a male, e la pochissima luce disponibile erano un paio di lampade di emergenza a batteria. Passò davanti ad una grande cella frigorifera, da cui proveniva un brusio continuo.

Il bambino proseguì, attraversando una porta che restava quasi del tutto nascosta dietro a delle scaffalature, ma che ora era semiaperta. C'era un piccolo simbolo inciso sul muro, ma non lo riconobbe, né ci prestò troppo caso.

Appena varcata, alla semidea sembrò di entrare in un locale totalmente diverso, leggermente illuminato da lanterne ad olio, una sorta di scantinato in muratura molto antico, stracolmo di botti, bottiglie e vecchi rudimentali utensili. Li utilizzò per nascondersi man mano che proseguiva, pensando che ormai mancasse poco alla fonte della cantilena.

Restò nascosta dietro ad una specie di enorme barile, aguzzando la vista per vedere meglio nella stanza adiacente, dove il bimbo era appena entrato. Avrebbe voluto correre, prenderlo in braccio e scappare via con lui, ma doveva capire con chi aveva a che fare.

La stanza sembrava una specie di caverna fiocamente illuminata. Un ragazzo che dimostrava circa 25 anni, biondo e con i lineamenti taglienti, quasi da folletto, se ne stava scompostamente seduto su una poltroncina, suonando con maestria e ad occhi socchiusi una specie di flauto con un ampio padiglione. Un piffero.

Dorothea non sentiva alla perfezione la musica creata, ma capì si trattasse di quella flebile cantilena che aveva sentito fino a quel momento.

Il bambino, invece, ne sembrava incantato, e si avvicinò a un mucchio di sacchi, vicino ai quali si accovacciò.

Sacchi? Non erano sacchi! Dorothea strizzò gli occhi e capì che erano altri bambini, tanti bambini, tutti rannicchiati a terra, apparentemente addormentati.

La ragazza era indignata, e sarebbe corsa subito ad affrontare quel dannato pifferaio, che non sembrava assolutamente pericoloso.

Ma doveva calmarsi e restare lucida. Si sfilò i propri orecchini di perla per evocare i propri pugnali, e si preparò mentalmente alla battaglia.

Per fortuna aveva atteso quei 30 secondi, perché, nel frattempo, sentì dei passi avvicinarsi dallo stesso percorso che l'aveva portata fin lì. Rimase quindi nascosta, e vide passare una donna dai lineamenti mediorientali, intorno alla trentina, vestita come un'addetta delle giostre del luna park.

In braccio portava una bambina, che dimostrava al massimo 4 anni e che curiosa guardava verso la caverna.

<<Ti piace la musica, eh? Adesso l'ascolterai per bene...>> disse la donna in tono premuroso portandola vicino agli altri bambini e mettendola a terra.

<<Un, due, tre... sei... nove... dodici... quindici. Un bel bottino, stavolta. Idea geniale quella del luna park!>> commentò verso il pifferaio, che sorrise e annuì, continuando a suonare con eleganza.

<<Ma dopo stasera dovremo andarcene, avevo suggerito di limitarci ad un paio al mese per non destare sospetti... Ma qualcuno è così avido!>> aggiunse in tono pungente.

La semidea era scioccata. Quei due rapivano i bambini, e sembrava lo facessero da un sacco di tempo! E quella sera avevano deciso di fare il grande colpo... Ma perché mai!?

Per fortuna sembravano furbi ma non forti, quindi decise di attaccare il prima possibile. Stava per balzare fuori dal proprio nascondiglio, quando sentì un'altra voce, sempre di donna ma più profonda, venire dalla caverna.

<<A chi hai dato dell'avida!?>>

<<A te, Lamia, cara mia! Non ti bastano mai, vero!?>>

<<Ho un appetito insaziabile, in effetti...>> ridacchiò autoironica quella. Era molto attraente, con carnagione mediterranea e l'aspetto regale. Anche lei era vestita come un'addetta del parco, una manager.

Dorothea non poteva credere alle proprie orecchie. La rabbia iniziò a montarle dentro. Ora doveva proprio agire e farla pagare a quei tre, chiunque essi fossero! E fece per alzarsi e attaccare...

<<Psss! No!>> sentì mormorare. Si voltò, e in quella penombra vide Percy nascosto dietro ad una specie di seminatrice rudimentale, a pochi metri da lei. Aveva un braccio che cadeva strano contro al corpo, con la spalla più bassa dell'altra, e il volto di chi stia provando molto dolore.

Percy aveva guardato Dorothea atterrare incolume e correre verso la calca di gente per attraversarla.

Se ne stava lì, in quella cabina di metallo, a dannarsi.

Come poteva lasciarla sola in quel frangente? E se le fosse successo qualcosa? E tutta quella gente, era in pericolo... non poteva stare con le mani in mano a guardare!

Si sporse ancora, e provò le vertigini. Non era nel punto più alto della giostra, ma comunque ad almeno 35 metri di altezza.

Lanciò un'altra occhiata verso il molo, e individuò la ragazza con facilità: era l'unica persona che stava cautamente entrando in un ristorante, anziché scappare via dal parco in preda al panico e urlando per chiamare i propri cari.

In tanti urlavano nomi vari, notò il ragazzo.

Inspirò per farsi coraggio, e uscì dalla propria cabina iniziando ad arrampicarsi sulla struttura. Qualcuno dei vicini provò a chiamarlo per fermarlo da quella pazzia, altri gli urlarono di chiedere aiuto per farli scendere. Lui cercò di ignorare le voci per concentrarsi, iniziando a scendere senza guardare in basso.

Per fortuna restava un essere umano agile e atletico, quindi riusciva ad essere anche piuttosto veloce nella propria impresa. Era bravo! Si entusiasmò per la propria destrezza, e accelerò per raggiungere Dorothea il prima possibile.

Tuttavia, salsedine e umidità sul metallo combinate alla fretta non erano l'ideale. Gli scivolò un piede, mancando una sbarra e cadendo; sbatté contro ad altre sbarre provando a riprendere il controllo, e si ritrovò col busto verso il basso anziché le gambe; non riuscì ad aggrapparsi e in un paio di secondi era già a terra supino.

Era caduto da almeno 5 metri, pur incontrando varie sbarre durante la propria rovinosa discesa, che non gli fecero affatto bene!

Fece per alzarsi e sentì un dolore acuto alla spalla destra mentre provava a far leva con le braccia.

<<Cazzo...>> imprecò rendendosi conto che si era slogata, di nuovo. Era la stessa che si era slogato nel Labirinto di Ecate. Da semidio guariva velocemente e non aveva quasi mai ripercussioni a lungo termine sul proprio fisico, nemmeno cicatrici – eccezion fatta per quella provocata dal Tridente. Eppure, da quando aveva perso i poteri, gli sembrava che ogni singola ferita subita in passato fosse in qualche modo rispuntata fuori per fargli male.

Quella spalla quindi era particolarmente debole e soggetta a slogature, come aveva appena malauguratamente scoperto.

Una volta in piedi, corse verso il ristorante facendosi strada tra la ressa, imprecando ogni volta che qualcuno lo spintonava prendendogli contro alla spalla.

Entrò sempre di fretta, noncurante dei pochi clienti ancora presenti e incollati ai propri hamburger. Dovevano essere proprio buoni per volerli finire anche durante un blackout, pensò Percy. Nessuno si voltò a guardarlo.

Poco male, meno cose da spiegare. Ma Dorothea lì non c'era. Immaginò fosse andata sul retro del locale, verso le cucine. Le ispezionò velocemente, chiamandola a bassa voce <<Dora! Dora dove sei!?>>

Sentì dei passi avvicinarsi decisi dalla parte frontale del ristornate, e si nascose dietro ad uno scaldavivande. Vide una donna sulla trentina con in braccio una bimba. Imboccò veloce delle scale che scendevano in un seminterrato.

Percy si rialzò e provò a seguirla, lanciando uno sguardo verso il fondo di quella rampa, ed ebbe uno strano presentimento <<Per forza Dora sarà finita là sotto, mai in posti belli e luminosi, nooo... sempre sottoterra e al buio...>> commentò a bassa voce ipersarcastico.

Dopodiché, estrasse il proprio cellulare, e nervoso inviò la propria posizione via whatsapp a qualcuno che potesse venire ad aiutarli "Seminterrato del ristorante. Emergenza. Porta Leo!" e scese piano le scale tastando la parete alla sua sinistra come guida.

Arrivato alla fine di queste, comunque non riusciva a vedere nulla, i suoi occhi non si abituavano al buio velocemente come una volta, ma non sentiva nemmeno più i passi della donna come guida.

<<Al diavolo!>> mormorò, e accese la torca del cellulare. Era consapevole che in questo modo si rendeva facilmente individuabile, ma doveva trovare la ragazza, era l'unica cosa importante.

Gironzolò ogni stanza con smania, cercando di non far caso all'odore rancido che permeava tutto quello scantinato.

Dorothea aveva parlato di un rumore, che fosse stata attratta da quello? Provò a concentrarsi per sentire qualcosa, ma non sentiva proprio nulla.

Si stava ormai disperando, perdendo la pazienza. Dove cavolo erano finite la donna e la bambina!?

Poi, fu attratto da un lieve bagliore.

Percy vi si avvicinò, e si accorse in quel momento di una porta che restava nascosta dietro a delle scaffalature, ma che ora era semiaperta.

Il bagliore violaceo era emanato da un particolare marchio inciso nella parete, proprio sopra la porta.

A Percy si raggelò il sangue. Non poteva essere. Non di nuovo.

Sperava non avrebbe mai rivisto quel dannato marchio, ma eccolo invece ad entrare ancora una volta nel Labirinto di Ecate per salvare la propria ragazza.

Deglutì e iniziò ad addentrarsi, sentendo il proprio cuore fino in gola. Aveva anche il respiro affannato. Cercò di calmarsi e decise di spegnere la torcia mentre prendeva dei grandi e profondi respiri, nascosto.

Avrebbe potuto restare lì, immobilizzato, per sempre. Poi, si fece coraggio e riprese ad ispezionare quel nuovo locale, una specie di enorme cantina piena di utensili, barili e botti, e anche scaffalature con bottiglie impolverate e ormai deformi.

Sentì delle voci provenire da un altro locale, oltre ad un'apertura nella roccia in fondo a quella grande stanza. Con cautela, seguì le voci, proseguendo piano e continuando a nascondersi dietro a qualsiasi oggetto lo permettesse.

E finalmente la vide. Il suo cuore fu per un attimo più leggero, mentre guardava Dorothea nascosta dietro una grande botte a spiare ciò che accadeva nel locale adiacente, una specie di grotta, a quanto poteva vedere da lì.

...

<<A chi hai dato dell'avida!?>>

<<A te, Lamia, cara mia! Non ti bastano mai, vero!?>>

<<Ho un appetito insaziabile, in effetti...>>

L'attenzione del ragazzo fu attirata da quel dialogo, e comprese c'entrasse la bambina appena rapita.

Si sentì di nuovo col cuore pesante e i brividi lungo la spina dorsale. La sua reazione sarebbe stata di sguainare Anaklusmos e irrompere in quella grotta come un deus ex machina per risolvere la situazione.

Ma non poteva, ne era ben consapevole. Per fortuna aveva già chiamato i soccorsi da qualche minuto, ma chissà quanto ci avrebbero messo ad arrivare...

Vide Dorothea irrigidire i muscoli e prepararsi all'attacco, proprio come avrebbe fatto lui. Non poteva permetterle di affrontare quelle psicopatiche da sola.

<<Psst! No!>> le mormorò. Fortunatamente, lei lo sentì, e si voltò.

<<Che ci fai qui!?>> mimò con le labbra sussurrando appena e con espressione sorpresa.

Il ragazzo attese che le due donne tornassero a parlottare per avere del rumore di fondo e avvicinarsi a lei senza attirare l'attenzione, nascondendosi dietro lo stesso barile.

<<Che hai fatto!?>> chiese la ragazza indicando la spalla di Percy.

Lui fece una smorfia <<Sono caduto dalla ruota...>>

Lei gli lanciò un'occhiataccia molto eloquente, come a dire "te l'avevo detto di startene buono al tuo posto, stupido!" e sbuffò appena. Poi, sempre muovendo le labbra, sussurrò <<Hai sentito che fanno?>>

Percy annuì cupo, e lei lo incalzò <<Dobbiamo agire! Ora!>>

<<No! Sei sola! Non riusciresti!>> rispose lui sempre mormorando.

<<Ma sembrano deboli!>>

<<Non sai di cosa siano capaci! Ho chiamato rinforzi... aspettiamo...>>

<<Aspettiamo!?>> chiese scocciata, mentre lui si portava un dito alle labbra indicandole di fare silenzio: voleva ascoltare ciò che veniva detto nella grotta, osservando i propri nemici per studiarli.

Ora poteva vedere anche un ragazzo con in mano uno strumento musicale a fiato. Lo suonava, ma Percy non riusciva a sentire nulla. Poi, riconobbe che a terra erano rannicchiati almeno quindici bambini, tutti sotto i 10 anni.

<<Era lui a suonare la lieve cantilena che sentivo...>> spiegò Dorothea a bassa voce, <<La senti?>>

Percy scosse la testa, continuando a scrutare ogni dettaglio potesse tornare utile anche in un eventuale, nonché imminente, scontro.

<<Però in effetti abbiamo esagerato. Ne hai rapiti troppi, Abyzou!>> sottolineò la donna chiamata Lamia.

<<Ma pensavo ti facesse piacere! Avevi detto di stupirti!>>

<<Sì ma... mi stavo affezionando a questo posto, ora dovremo per forza andarcene, come dici tu... Inizieranno ad indagare...>>

<<Oh, anche indagassero, possiamo sparire e andare dove vogliamo... e poi non abbiamo lasciato alcun indizio! I bambini sono venuti tutti qui sotto spontaneamente, nessuno ci ha visto con loro!>>

<<Ma se ne hai portata una in braccio!>>

<<Ah era già nel ristorante che seguiva la musica, ma era lenta...>> spiegò Abyzou banalizzando.

<<Beh, direi, con quelle gambotte belle grassocce...>> commentò Lamia allegra, passandosi velocemente la lingua sulle labbra.

I due ragazzi ascoltavano sempre più sconcertati. Chi erano quei tre?

Percy rifletté. Lamia e Abyzou. Aveva già sentito quei nomi? Il secondo non gli diceva nulla, ma il primo non gli sembrava nuovo. E quel tizio con il piffero?

Lamia. Lamia. Lamia. Si ripeteva il nome a mente, ed ebbe un flashback. Stava studiando mitologia con Annabeth, una domenica invernale di qualche anno prima. Nulla di strano, fin lì. Era una loro abitudine per essere pronti a qualsiasi evenienza, e la ragazza ci teneva molto.

Ma quella lezione gli era rimasta impressa...

<<Senti questa, era un'amante di Zeus...>> aveva esordito Annabeth sfogliando il proprio libro e schiarendosi la voce.

<<Spara...>> l'aveva esortata mentre lui giocava alla xBox.

<<Era una bellissima regina della Libia, figlia di Belo: Zeus le concesse il dono di levarsi gli occhi dalle orbite e rimetterli a proprio piacere...>>

<<Che schifo...>> aveva commentato Percy.

<<Beh, sì, ma non è questa la parte più raccapricciante. Ovviamente, Zeus si innamorò di lei provocando la rabbia di Era, che si vendicò uccidendo i figli che suo marito ebbe da Lamia. L'unica figlia ad essere risparmiata fu Scilla... quel mostro simpatico che abbiamo incontrato...>>

<<Oh... Quindi questa tizia è sua madre...>>

<<Sì, Lamia... e non è finita qui. Lacerata dal dolore, Lamia iniziò a sfogarsi divorando i bambini delle altre madri, dei quali succhiava il sangue. Il suo comportamento innaturale fece in modo che la sua bellezza originaria si corrompesse, trasformandola in un essere di orribile aspetto, capace di mutare forma e apparire attraente per sedurre gli uomini, allo scopo di berne il sangue... Da qui forse nascono altri mostri mitologici come i vampiri...>> aveva spiegato poi la figlia di Athena.

<<Stai scherzando? Questa mangiava i bambini?>> aveva chiesto Percy disgustato smettendo di guardare lo schermo.

<<Già...>>

...

<<Ricordo chi è Lamia!>> mormorò Percy, poi guardò di nuovo il ragazzo <<E quello... è assurdo ma... sembrerebbe il Pifferaio Magico... ma non è un mostro greco... è solo una fiaba...>>

<<Strano...>>

<<Ma avrebbe senso... I bambini attratti. Io non sento nulla, tu appena un brusio, perché sei adolescente. Ma l'altra, Abyzou, non so chi sia...>> commentò poi.

<<Percy... ma... se quella mangia i bambini...>>

<<Lo so. Ma se è la Lamia del mito, non è da sottovalutare. Dobbiamo aspettare i rinforzi!>>

<<Ehi, che è questo rumore?>> chiese d'un tratto Lamia.

<<C'è qualcuno, sento anche io!>> confermò Abyzou.

I due semidei si lanciarono un'occhiata preoccupata, e si rintanarono meglio nel buio del proprio nascondiglio.

Poi, sentirono anche loro un rumore strano provenire dall'ingresso della cantina. Si voltarono, e videro l'ennesimo bambino, di poco più di 2 anni, attirato dalla melodia del pifferaio e sfuggito alla supervisione dei genitori. Trascinava con sé un trattorino legato ad una cordicella, molto rumoroso.

Dorothea ebbe l'impulso di slanciarsi e trarlo in salvo uscendo allo scoperto. Però, Percy la trattenne col braccio sinistro, sussurrando <<Devi aspettare!>>

Lei gli lanciò un'occhiataccia sdegnata, per poi osservare il bimbo entrare nella grotta.

<<Oh ma che carino!>> esclamò Lamia eccitata.

<<Vero. Ma forse ora è meglio smettere, non credi, pifferaio?>> chiese Abyzou rivolgendosi al ragazzo.

<<Ma se sono tutti così belli e succulenti, facciamone arrivare ancora!>> disse la prima sfregandosi le mani.

<<E dove li mettiamo poi!?>>

<<Beh, basta chiudere la porta del Labirinto, non li troveranno mai qui. Teniamoli nella grotta, al fresco. Ricordiamoci di prendere il sale dalle dispense...>>

Percy e Dorothea si scambiarono l'ennesimo sguardo sconcertato intuendo il sottinteso, e il ragazzo controllò il proprio cellulare. Non prendeva nulla, lì dentro, ovvio. Non poteva quindi sapere se il messaggio fosse stato letto e se i soccorsi fossero in arrivo, ma erano passati quasi 10 minuti.

Abyzou si avvicinò all'ultimo bambino arrivato prendendolo in braccio <<Questo è proprio adorabile, non credi?>>

<<Già...>> confermò Lamia. Il suo sguardo si stava facendo sempre più bramoso, con gli occhi più sporgenti e i lineamenti meno attraenti, più marcati. Ben presto la sua avvenenza fu totalmente stravolta.

<<Sai, amica mia, ormai collaboriamo da un po'. So cosa ti piace... E stasera sei stata fantastica nell'organizzazione... Ti meriti una ricompensa.>> disse Abyzou, la cui carnagione stava perdendo colore roseo, diventando verdognola, mentre i suoi capelli lunghi iniziavano ad ondeggiare in modo innaturale.

Nonostante non avesse più i poteri, Percy percepì il pericolo imminente. Forse quelle due stavano per mostrare il proprio vero aspetto.

<<Mmm tu credi?>> chiese Lamia avvicinandosi alla compagna.

<<Oh sì, uno spuntino prima di chiudere il labirinto e sparire?>> le propose Abyzou tendendo l'ignaro bimbo tra le sue braccia.

Accade tutto in meno di un secondo. Il volto di Lamia si contorse in una smorfia, mentre apriva la bocca a dismisura, rivelando delle fauci con denti aguzzi. Il suo volto ormai totalmente mutato, a mostrare la propria natura mostruosa.

Azzannò il bimbo ad un braccio con una tale inaudita violenza che i due semidei non se l'aspettavano. Sembrava troppo brutale, anche per un mostro del genere.

Percy e Dorothea, senza nemmeno accordarsi, saltarono fuori d'impeto dal proprio nascondiglio e si lanciarono nella grotta, entrambi con le proprie armi in mano.

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