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Al Capezzale di un Dio

27 -29 Novembre 2014

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Il mese di novembre fu il peggiore di tutti. Dopo l'incendio al tempio di Giunone, del quale nessuno conosceva la vera origine, Annabeth fu più strana che mai. Mangiava a stento, dormiva pochissime ore al giorno, e si dedicava totalmente ai propri studi. Eppure, sembrava che qualcosa fosse cambiato nel suo atteggiamento. Sembrava meno preoccupata e cupa, più menefreghista forse.

Continuava a trattare male Percy, ma dopo 5 minuti da un'invettiva, era capace di fargli un bel sorriso genuino, che lo lasciava più confuso che mai. Lui sperò che quel cambiamento significasse che almeno finalmente qualcosa stava migliorando dopo mesi di stallo.

In vista della Festa del Ringraziamento del 27 novembre, i due fidanzati giunsero, non senza litigi, alla decisione di passare del tempo a New York a casa della famiglia di Percy, approfittandone per andare a trovare anche gli amici al Campo Mezzosangue e per rilassarsi un po' lontano dalla routine quotidiana. Sarebbero partiti mercoledì 26, e sarebbero rimasti un mese intero, per passare in famiglia anche le feste di Natale.

L'anno precedente avevano passato il Natale con la famiglia di Annabeth a San Francisco, e non visitavano la famiglia di Percy da quasi un anno, quindi era naturale pensare che quell'anno sarebbero stati con gli Stockfis. Tuttavia, quando Percy propose il viaggio, lei si oppose senza un vero motivo, solo per il gusto di farlo: ogni pretesto era buono per aggredirlo.

Il pranzo del Ringraziamento lo passarono quindi tutti insieme, godendosi i legami famigliari, grati di poter ancora passare delle festività così insieme nonostante le molte difficoltà sperimentate negli anni. Annabeth riuscì a non essere troppo acida col fidanzato in presenza della famiglia, ma Sally, donna saggia e acuta, aveva percepito ci fosse della tensione tra i due fidanzati, ma, per quanto preoccupata, non si intromise.

Percy e Annabeth avevano una camera tutta per sé nella nuova casa della famiglia Stockfis, e potevano ritirarsi per stare da soli quando volevano. Il problema era che lei non voleva assolutamente stare sola con lui, quindi ogni scusa era buona per restare in soggiorno e in cucina col resto della famiglia, e si era portata con sé una quantità di libri da leggere da bastare per un anno intero. Percy continuò imperterrito con dei tentativi di avvicinamento, sia fisico che emotivo, ma lei non lo assecondava mai, molto più interessata alle sue letture o a qualsiasi altra cosa.

Il venerdì sera, 28 novembre, Percy la convinse a fare un giro in centro, e la serata sembrava proseguire piuttosto bene rispetto al solito. Sarà stato l'essere lontani da casa, o l'atmosfera di festa, ma lui giurò di averla anche vista ridere un paio di volte. Era più leggera e spensierata, e meno incline alle cattiverie. Percy si azzardò a prenderla a braccetto, e lei lo lasciò fare. Dopo mezzora, si era addirittura aggrappata al suo braccio per stargli più vicino, con la scusa di scaldarsi meglio.

Effettivamente, era già da un paio di mesi che il clima dava di matto. Le temperature erano incredibilmente rigide per la stagione, e si era registrato un insolito alto numero di cicloni e tempeste, con inondazioni e uragani in tutto il Paese. Tuttavia, non c'erano state segnalazioni che questi episodi dipendessero da un qualsiasi squilibrio divino, e Percy ed Annabeth erano troppo presi dai loro problemi personali per prestarvi attenzione.

Quando tornarono a casa, stavano ancora parlando, come non facevano da prima della missione.

Arrivati in camera, lei ci mise 10 minuti per svestirsi e prepararsi ad andare a letto, mentre a lui bastò spogliarsi e si infilò subito sotto le coperte, aspettandola. Quando lo raggiunse, si coricò dandogli le spalle, e lui provò ad avvicinarsi. Le sfiorò piano le spalle, scendendo lungo la schiena e i fianchi, e le baciò dolcemente il collo. Lei era titubante, ma si lasciò andare: dopotutto, le erano mancate quelle labbra e quelle mani decise ma delicate. Lui continuò, sperando che finalmente quella sera fosse la volta buona per buttare giù il muro che lei aveva costruito. Ma d'un tratto, lei si staccò dal suo abbraccio e dal suo bacio, e lo guardò negli occhi, come stralunata e smarrita <<Io... Mi dispiace, non... non riesco...>>

Percy ci rimase molto male, ma non insistette <<Ok. Va bene... Non ti preoccupare... Un po' alla volta, ok?>> e la baciò dolcemente sulla fronte, coricandosi al suo fianco.

Era più forte di lei: per quanto volesse lasciarsi andare e voltare pagina, come si era ripromessa ad Halloween, una parte di lei provava una forte repulsione nei confronti di Percy. Era un sentimento insensato che prorompeva improvvisamente, come una voce, un urlo nella testa che le ordinava di smetterla, facendola impazzire e rendendola astiosa e insofferente alla sua presenza.

Lei si voltò, dandogli nuovamente le spalle, e lui l'abbracciò, sperando che almeno quel contatto fisico fosse concesso. Lei non si oppose, ma le costò molta fatica resistere e riuscire ad addormentarsi.

Il sabato mattina, durante la colazione, la tensione tra i due sembrava tornata, ma fu presto spezzata da una visita inaspettata.

S:<<Oh ma che sorpresa! Tyson!>>

T:<<Buongiorno Sig.ra Sally, posso parlare con Percy?>> chiese freneticamente il ciclope.

S:<<Ma certo, vieni entra, fai colazione con noi!>>

Tyson era cresciuto parecchio negli ultimi anni, ma per il resto era il solito ragazzone gentile e timido che Percy ricordava.

T:<<Fratello! Ti ho trovato! Per fortuna!>> era raggiante, poi salutò Annabeth e arrossì.

P:<<Tyson! Wow non ti vedo da un pezzo, come stai!?>>

Tyson si rabbuiò <<Io sto bene. Ma devi venire subito con me... per papà.

P:<<Papà? Cosa... cosa succede?>> chiese preoccupato.

Tyson strinse le labbra <<Non potrei parlartene. Mi è stato vietato. Ma non potevo non venire! Papà ha bisogno di te, il regno ha bisogno di te... e io non mi fido dell'altro fratello!>> aveva iniziato a spostare il peso da una gamba all'altra, agitato.

Percy si alzò serio dal tavolo <<Tyson, di cosa stai parlando? Cosa sta succedendo?>>

Tyson guardò le proprie enormi scarpe per non dover guardare il fratello negli occhi <<Credo che papà sta morendo.>>

Il semidio rimase sgomento <<Cosa? Ma... non è possibile... di cosa parli!?>>

T:<<È scoppiata una rivolta, papà è debole, si sta spegnendo. Lui voleva vedere Percy, ma l'altro fratello ha vietato a tutti di chiamarti. Ma devi venire con me, prima che si fa troppo tardi!>>

Il gelo era calato nella stanza; anche la piccola Estelle era in silenzio e attenta alla discussione, pur senza comprenderne appieno il senso. Sally era turbata e triste, Annabeth era rimasta a bocca aperta. Percy guardò la propria famiglia, poi incrociò lo sguardo della sua fidanzata, come a chiedere il suo consiglio, e la sua benedizione. Lei si alzò e si avvicinò al fidanzato, lo guardò negli occhi, annuì piano, e lo baciò dolcemente, sforzandosi di far tacere quella voce insistente che lo respingeva.

Così il semidio si voltò verso il ciclope <<Ok, andiamo subito.>> e insieme partirono per raggiungere il capezzale del padre.

Durante il viaggio verso il Regno di Poseidone sul fondale marino, Tyson aggiornò il fratello riguardo alla situazione.

A quanto pareva, era scoppiata una rivolta per spodestare il dio dei mari. Era capitato molte volte nei millenni, e anche durante il risveglio di Crono, ma stavolta non sembrava essere Oceano a voler prendere il potere direttamente, eppure gli antichi mostri si erano destati e stavano attaccando il regno all'unisono. Il problema era la facilità con cui i rivoltosi sbaragliavano l'esercito di Poseidone prevedendo ogni mossa, e avevano delle strategie militari più complesse che in passato. Poseidone aveva via via perso sostenitori, e si era indebolito terribilmente. La situazione non era mai stata così grave. Ora non era nemmeno in grado di reggersi in piedi, e suo figlio ed erede, Tritone, aveva preso in mano le redini del regno e dell'esercito.

P:<<E come sta andando!? Sta riuscendo a riprendere il controllo!?>>

Tyson tacque.

P:<<Tyson dai, raccontami tutto! Cosa è successo dopo che ha preso il potere Tritone!?>>

Tyson sembrava spaventato; Percy non lo aveva mai visto così. Poi si fece coraggio, e parlò.

T:<<Fratello, è difficile. Lui ora comanda. Ha espressamente vietato di chiamarti, pena la condanna per alto tradimento. Lui è diventato più forte da quando papà sta male, ma non è come papà. E da quando papà è a letto, Tritone non attacca i nemici, difende il Palazzo ma non fa nulla per fermare i mostri cattivi del mare che fanno tante cose brutte in giro.>>

Percy rifletté, e capì da dove dipendessero tutti quei problemi climatici e le catastrofi naturali a cui non aveva prestato molta attenzione fino ad allora.

P:<<Ma gli altri dei non stanno intervenendo!? Nessuno sta aiutando papà!?>>

Tyson era triste <<No... Zeus l'ha vietato. Si tratta del Regno di Poseidone, dice che deve cavarsela da solo, è sua giusd... gir...>>

P:<<... Giurisdizione?>>

T:<<Sì! Ha usato quella parola nel suo messaggio...>>

Percy sentì montare la rabbia <<Ma non è giusto! Quando l'Olimpo era in pericolo, papà non solo ha sconfitto i mostri marini da solo, ma appena vinta la sua guerra in mare, è intervenuto per difendere il Regno di Zeus! Tifone avrebbe raggiunto e distrutto l'Olimpo se non fosse stato per papà! E poi tutto questo ha ripercussioni ben oltre il suo regno!>>

Il ciclope scosse la testa mestamente <<Quindi Tyson ha deciso di chiamare Percy. Tu puoi aiutare papà davvero.>>

Percy era preoccupato, ma quando arrivò al palazzo si sentì sopraffatto: l'intera città era distrutta, bruciava ancora nel fuoco greco. Il palazzo era in rovina, le mura squarciate in più punti, sembrava abbandonato da millenni. L'esercito girava in perlustrazione, ma non si vedevano altri cittadini.

Percy entrò a Palazzo da solo, sperando di poter difendere Tyson dall'accusa di tradimento in caso ci fosse stato bisogno.

Si diresse verso la parte centrale del Palazzo, dove ancora le mura avevano protetto le stanze principali, in una delle quali riposava Poseidone.

Percy si era immaginato come avrebbe trovato suo padre, si era fatto un'idea di come potesse essere ridotto ricordando come era il dio Pan quando aveva cessato di esistere; invece, non era pronto a ciò che vide quando entrò nella stanza spalancando le porte: Poseidone giaceva nel proprio enorme letto di madreperla, ma non era l'uomo possente e vigoroso che ricordava. Era un vecchietto raggrinzito ed emaciato avvolto in una tunica bianca, con profonde rughe a solcare il volto un tempo fiero. I pochi capelli rimasti erano bianchi e sottili come ragnatele. La pelle era grinzosa e così pallida da sembrare traslucida e tempestata di ecchimosi. Rantolava piano, come se faticasse a prendere aria, o cercasse di parlare senza riuscirci. Il Tridente, il simbolo del potere del dio del mare, era ancora stretto tra le sue ossute mani, appoggiato sul letto.

Di fianco al letto, sulla sinistra, una bella donna mora con la coda da sirena e dei piccoli cornetti da cavalluccio marino sedeva su una poltrona, col viso serio e regale, mentre Tritone, il futuro re, era in piedi sull'altro lato del letto, osservando il padre... e il Tridente.

Percy ebbe un tuffo al cuore, ed esclamò piano <<Papà...>>

Anfitrite guardò il semidio con sorpresa e disprezzo; Tritone prese parola:

<<Fratello...>> disse con disgusto <<... sei venuto al capezzale di nostro padre per reclamare un'eredità? Non lo sai che ai figli bastardi non spetta nulla?!>>

Se fossero stati in un'altra situazione e non al cospetto del padre morente, Percy lo avrebbe sgozzato con Anaklusmos, ma lì si limitò a gonfiare il petto e a respirare a fondo per trattenersi, e gli rispose calmo <<Quando pensavi di avvisarmi delle sue condizioni!? Il Regno è allo scatafascio, stai lasciando che venga distrutto e questo sta uccidendo nostro padre!>>

T:<<Come osi!? Tu, inutile bipede mortale che te ne stai sereno lassù senza mai interessarti minimante alle nostre questioni! Pensi ora di poter venire qui a dirmi come dovrei regnare? Io combatto al fianco di mio padre da millenni! Non lascerò che un insignificante errore umano mi faccia la morale!>>

Percy dovette impegnare tutte le proprie energie per non aggredirlo, e alzò la voce <<Sarei venuto ad aiutare se mi avessi chiamato! Invece sei così orgoglioso da preferire il Regno distrutto piuttosto che chiedere l'aiuto del tuo fratellastro semidivino! È così che si comporta un re degno? Domineresti su cadaveri e macerie pur di non ammettere che hai bisogno di me!>>

Tritone stava per rispondere sguainando la propria arma, ma Poseidone inspirò forte e aprì gli occhi all'improvviso <<Percy? Sei... sei qui...?>> riuscì a dire con voce flebile e supplicante, sorprendendo tutti.

Anfitrite fece una smorfia, mentre Tritone si abbassò per sussurrare all'orecchi del dio <<Padre... è venuto solo ora perché sa che te ne stai andando, non si è interessato a te finora... Vuole solo parte del tuo potere divino prima che ci abbandoni...>> disse viscido.

Percy strinse gli occhi e con odio esclamò:<<Sei un verme.>>

Poseidone agitò debolmente un braccio, come a voler allontanare degli invisibili insetti <<No... no... lasciatemi solo... andatevene... lasciatemi solo!!>> riuscì ad alzare la voce per ordinare a tutti di lasciare la stanza. Tritone guardò il fratellastro come a dire "vedi che effetto gli fai? Non vuole nemmeno vederti ora!".

I 3 si stavano dirigendo verso le uscite, quando Poseidone riuscì a parlare ancora <<No... non Percy... resta...>> ansimava.

Tritone e Anfitrite si accigliarono e si scambiarono uno sguardo preoccupato.

A:<<Marito, forse dovresti riposare...>>

Pos:<<FUORI!>> sembrò recuperare le sue energie per un istante, e i due trasalirono e non poterono far altro che obbedire.

Percy, sorpreso, si avvicinò al letto del padre e si sedette al suo fianco. Il Tridente emetteva un fioco bagliore ed emanava un antico potere, ma sembrava si stesse spegnendo, così come colui che l'aveva impugnato per tutti quei secoli. Il vecchio tese una mano verso il figlio, e il ragazzo la prese tra le sue.

Pos:<<Percy... figliolo... sei qui...>> era tornato debole e riusciva appena a bisbigliare.

P:<<Certo papà.>>

Pos:<<Perché... Perché... non sei venuto prima?>>

Percy si sentì un groppo in gola <<Mi dispiace. Non sapevo nulla, o sarei arrivato subito!>> ed era vero, per quanto fosse stato arrabbiato con gli dei per ciò che gli era successo durante l'ultimo anno, non avrebbe mai abbandonato il padre morente, nonostante lo avesse incontrato così poche volte in vita sua.

Pos:<<Come... come? Io ho chiesto di... di chiamarti... tempo fa. Non ha più importanza... Ora sei qui, figlio mio. Sto morendo...>>

P:<<No, non morirai papà. Combatterò e difenderò il tuo Regno con Tritone, vinceremo anche questa guerra e tu recupererai il tuo potere.>> non pensava si sarebbe mai trovato in quella situazione. Suo padre era un dio, aveva sempre pensato che non avrebbe mai dovuto vederlo morire. Ma eccolo lì, totalmente inerme, un vecchietto tremante, ma i suoi occhi verdi erano ancora incredibilmente vivi. Percy sentì le lacrime bagnargli le ciglia.

Pos:<<Mi dispiace... di... non averti... fatto da padre... Ma sei cresciuto bene, meglio così... forse...>>

Percy scosse la testa senza parlare, con le lacrime sempre più insistenti a riempirgli gli occhi. Poseidone sorrise appena, e disse una frase che il ragazzo mai si sarebbe immaginato di sentirsi dire da un dio: <<Io... credo in te. Figlio mio... il migliore... Tu... tu puoi...>> mise enfasi in quelle ultime parole, e sembrava voler dire altro, ma chiuse gli occhi, esausto.

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