Un Malinteso
Vi ho fatto aspettare più di un mese per il capitolo precedente... ma solo mezza settimana per questo!
Mi sono fatta perdonare, no?!
Buona lettura... sempre occhio ai temi trattati senza alcun tabù... e attendo commenti, thanks!
[19 agosto 2016]
<<Ero a tanto così... mi mancava davvero pochissimo... e invece PUFF! Tutto svanito...>> esclamò Leo gesticolando e mostrando uno spazio irrisorio tra pollice e indice.
<<Quella non ci sarebbe mai stata, Leo, piantala di stressarmi...>> commentò Percy dopo aver sbuffato un rigolo di fumo.
<<Oh invece sì! Mi servivano solo altri 5 minuti, ma che dico, 2! E avrei rimorchiato...>> insistette il figlio di Efesto.
Percy scosse la testa, esasperato, mentre Leo continuava a lamentarsi <<E invece no! No, perché Mr. Bipolare Jackson sul più bello della festa ha deciso di andare a letto e ha cacciato tutti dal suo Palazzo...>>
<<... E guarda caso lei se l'è data a gambe appena ne ha avuto l'occasione!>> sottolineò l'accusato.
<<Solo perché è rimasta turbata dalla tua melodrammatica uscita di scena! Ma si stava godendo la mia compagnia e rideva ad ogni mia battuta...>>
<<Perché era troppo ubriaca per capire che facevano pena. Senti, non mi interessa, non è così importante che tu non abbia rimorchiato...>> tagliò corto Percy infastidito gettando della cenere sull'erba con un gesto scattoso.
Erano nel parco, vicino ad uno stagno, dopo una corsetta mattutina per sgranchire le membra, e per proseguire la routine salutare di Percy per l'allenamento cardiocircolatorio. Ora, si stavano riposando coricati sul prato... l'intento iniziale era di fare addominali, ma il discorso di Leo sulla sera precedente era degenerato, e Percy ne aveva approfittato per una molto coerente pausa sigaretta.
<<Non è così importante!? Sono single da oltre un anno e mezzo! E sai da quanto non faccio sesso!? Lo sai!?>> chiese Leo sarcastico.
<<Un anno e 8 mesi circa?>> ipotizzò Percy beffardo cogliendo l'amico alla sprovvista.
Leo si bloccò un attimo per fare il conto giusto, e infastidito borbottò <<Beh, è da tanto. Ecco. Non puoi proprio capire! Non credo tu sia stato mai nemmeno una settimana senza fare sesso!>>
<<... allora potrei stupirti...>> ribatté Percy gettando altra cenere a terra con disinvoltura e inspirando un altro tiro di sigaretta.
<<Ehi, ma da dove salta fuori quella? Non mi sembra proprio il caso nel tuo stato! E poi da quand'è che fumi?!>> lo rimproverò Leo indicando la sigaretta ormai a metà e dimenticandosi della propria autocommiserazione.
Percy sbuffò facendo spallucce <<Solo quando sono stressato, o dopo del buon sesso...>>
<<Chissà quale dei due casi è questo...>> esclamò Leo con un sopracciglio inarcato.
<<Indovina.>> lo sfidò con ironia.
<<Beh, se sei preoccupato per la tua salute, ti do una notizia: il fumo uccide! Nel tuo caso, ti ucciderà più velocemente!>>
<<Il piano è questo...>> mugugnò l'altro spegnendo la sigaretta. Poi, assicuratosi che fosse ben spento, mise il mozzicone nel pacchetto per gettarlo nelle immondizie in un secondo momento, e con calma si alzò da terra, stiracchiando le membra doloranti.
<<Che vorresti dire?>> indagò Leo un po' preoccupato.
<<Niente. Non è per me che sono in pensiero. Ma devo fare una cosa... devo andare al Campo Giove, mi accompagni?>> tagliò corto il figlio di Poseidone. Aveva trascorso le ultime ore a ripensare a ciò che aveva visto in quella saletta isolata e buia, durante la festa.
Cos'era successo davvero? E, se era come temeva, perché diavolo aveva lasciato che Markus Bauer se ne andasse senza conseguenze?
Forse per evitare lo scandalo, e, in tal caso, si disse che gli insegnamenti politici di Reyna lo avevano influenzato più di quanto pensasse, perché il Percy di una volta avrebbe tirato un cazzotto a quel ragazzo e lo avrebbe esposto alla gogna pubblica per il suo vile atto, noncurante delle conseguenze.
Poi, si disse che forse si era trattenuto perché, sulla gogna, ci sarebbe finita anche Dorothea... poiché si sa, in questi casi la vittima è considerata quasi complice... d'altronde, se una indossa un abito così scollato, e se beve così tanto, e si ferma ad un festino che si sta trasformando in orgia, in fondo lo sta chiedendo, di essere stuprata. No?
Una brava ragazza, se ne sarebbe andata a mezzanotte, insieme ai più pudici. E si sarebbe vestita con un sacco di yuta molto largo e poco appariscente. Anzi, una brava ragazza non sarebbe nemmeno uscita di casa e sarebbe andata a pregare al tempio di Vesta, altro che festa!
Percy trovò quel pensiero rivoltante, ma negli anni aveva perso parte della propria ingenuità e aveva capito che il mondo non girava come lui avrebbe voluto, e se la sera precedente non fosse stato discreto, sarebbe andata proprio così.
Lui voleva solo proteggere Dorothea, in ogni modo, in ogni senso, e sapeva di doverla proteggere anche dalle malelingue alimentate da quella cultura maschilista che, purtroppo, ancora permeava il modo di pensare comune.
Tuttavia, restava pur sempre il Console di Nuova Roma, e nessuno gli impediva di prendere dei seri provvedimenti verso quel verme. Era stato fin troppo gentile a risparmiargli la vita, ma di certo non gliel'avrebbe fatta passare liscia.
<<Vorrei dirti di no, ma sono il tuo fottuto bodyguard, quindi... Andiamo!>> rispose Leo fingendosi infastidito da quell'invito e alzandosi a sua volta. In fondo, non gli dispiaceva affatto, e il rapporto con Percy era migliorato parecchio, anche se continuavano a punzecchiarsi come cane e gatto.
Per andare fino al Campo Giove, Percy volle evitare di passare dalla città con la solita carrozza e con i suoi Littori al seguito, e propose a Leo di seguire una strada in mezzo ai campi, più defilata, da percorrere in macchina. Decise anche di vestirsi in abiti comuni, anziché agghindarsi da Console – tanto lo avrebbero riconosciuto ovunque e comunque, ma voleva almeno provare a passare inosservato.
<<Te la senti?>> gli chiese mentre finivano di vestirsi.
<<Cosa? Di guidare una delle tue macchine lussuose tra le colline di Nuova Roma? Oh no, che noia!>> esclamò sarcastico il figlio di Efesto.
Percy si lasciò sfuggire una mezza risata <<Intendo dire, di essere da solo a farmi da scorta, di solito ho sempre i Littori alle calcagna, oltre a te... E comunque, chi ti ha detto che guiderai tu?!>>
Dopo altri 10 minuti di battibecchi su chi avrebbe guidato, Percy lanciò le chiavi di un Porsche decapottabile al figlio di Efesto, e approfittò del viaggio per pensare a come avrebbe affrontato Markus.
Non ci aveva riflettuto inizialmente, ma non avrebbe mai potuto affrontarlo in un duello fisico, quindi forse era un bene che non avesse provato a picchiarlo la sera prima, o si sarebbe fatto autogol.
Però, aveva qualche altra idea per punirlo, e gli avrebbe anche fatto tenere la bocca chiusa su tutta la faccenda.
<<Un po' taciturno oggi, tutto ok?>> chiese Leo disturbando i pensieri dell'amico.
<<Sì, tutto ok. Accosta lì, proseguiamo a piedi... ci vorranno solo pochi minuti.>> ordinò Percy indicando il limite del Campo Giove, appena fuori dal confine.
Una volta arrivati al Campo, non poterono far a meno di notare quanto i campi di allenamento fossero vuoti, e quanto i locali ricreativi fossero pieni, dato che i Legionari erano stati esonerati dal servizio come fosse un giorno di festa.
<<Ascolta... di quello che potresti sentire oggi, ti prego di non farne parola con nessuno.>> disse all'improvvisto Percy mentre camminavano verso i dormitori delle Coorti.
Leo, che percepì la serietà nel tono del suo protetto, non ribatté, e si limitò ad annuire.
Percy si fermò ad una ventina di metri dal dormitorio della Settima Coorte, e si voltò verso Leo <<Okay, aspettami nei paraggi... e, ehm... se dovessi sentire del trambusto strano... magari... magari vieni a vedere che succede, eh? Non si sa mai...>> disse con un filo di preoccupazione. Dopotutto, stava per affrontare faccia a faccia un discendente di Marte in perfetta forma, la cautela era necessaria.
<<Okay.>> confermo Leo con un sopracciglio inarcato per la curiosità.
<<Okay.>> replicò Percy, poi sbuffò, e senza troppi preamboli entrò nel dormitorio; lo trovò quasi vuoto, e quei pochi ragazzi presenti, occupati in qualche gioco di società o a scambiarsi due chiacchiere, scattarono sull'attenti appena notato il Console.
<<Riposo, ragazzi. Non è una visita ufficiale... avete visto Bauer?>>
Le reclute si scambiarono delle occhiate confuse, quasi tutti scossero la testa per negare, un paio invece annuirono e mormorarono <<È uscito...>>
<<Sapete per dove?>> insistette.
<<Doveva vedersi con una ragazza, diceva...>> aggiunse l'altra recluta.
Sconsolato e irritato, Percy ringraziò e uscì. Si chiese dove fosse finito quel ragazzo, e con chi fosse. Come diavolo si permetteva di uscire con una ragazza dopo quello che aveva fatto meno di 12 ore prima!?
Bauer avrebbe fatto meglio a pregare, perché anche senza poteri divini lo avrebbe fatto nero, a costo di farsi del male.
<<Dora... ti prego, perdonami!>> scongiurò il ragazzo con le lacrime agli occhi. Si era praticamente messo in ginocchio, mentre la ragazza sedeva su un tronco tagliato, a braccia incrociate e guardando da tutt'altra parte.
Dopo la terribile figuraccia che aveva portato alla conclusione della festa di compleanno del Console, Markus aveva provato subito a mettersi in contatto con lei, ed era andato al dormitorio della Quinta Coorte appena aveva avuto modo.
Dorothea, tuttavia, era troppo imbarazzata per affrontare il ragazzo così presto, e avrebbe voluto attendere di schiarirsi le idee e metabolizzare l'accaduto con lucidità.
Ma l'insistenza del ragazzo, che l'attendeva da ore fuori dal dormitorio, l'aveva infine convinta ad uscire con ancora un cerchio terribile alla testa e lo stomaco sottosopra, e si erano diretti verso il bosco vicino al Campo per trovare un posto più riservato.
<<Non hai nulla da farti perdonare, Markus, te l'ho detto... smettila...>> mormorò lei massaggiandosi le tempie.
<<E allora perché mi sento così male?! Avrei dovuto capire che non eri abbastanza lucida da volerlo davvero!>>
<<Ma nemmeno tu eri lucido!>> sbottò lei esasperata. Ormai lui le aveva chiesto perdono una decina di volte con la coda tra le gambe, e lei continuava a ripetergli di smetterla; <<E poi... io lo volevo davvero, non hai nulla per cui sentirti in colpa!>> aggiunse poi.
<<Sul serio? Lo desideravi?>> chiese lui vedendo un nuovo spiraglio di luce e cercando di guardarla negli occhi.
Lei non riuscì a reggere quello sguardo, imbarazzata com'era, e si alzò in piedi con uno scatto, iniziando a gironzolare gesticolando <<Ma sì, in quel momento... sì, lo volevo! Ma non è che lo abbia sempre voluto in modo assoluto... insomma... ci stavamo solo divertendo!>>
<<Solo divertendo?>>
<<Sì! Dai, era una festa, eravamo ubriachi e... beh, è andata come è andata... finché è durata, è stato divertente, no?>> tagliò corto lei, confusa dai propri stessi pensieri.
<<Divertente.>> replicò lui, deluso e confuso a sua volta. <<Quindi... se non fossi stata ubriaca... non ti saresti appartata con me... per fare quelle cose...>> ipotizzò ad alta voce, temendo la risposta.
Dorothea smise di camminare, e guardò il ragazzo in faccia senza potergli più mentire <<No, Markus. Mi dispiace. Non mi piaci... in quel senso. Insomma, sei un bel ragazzo, e sei anche simpatico, e in quel momento ero eccitata... ma no, se fossi stata totalmente lucida, e se non fosse stata una festa di quel tipo, probabilmente non avrei mai... fatto certe cose con te...>> dichiarò molto diretta, ma senza l'intento di essere cattiva.
Markus deglutì, prese posto sul tronco, e abbassò lo sguardo, sconsolato <<Quindi... almeno non ti ho fatto del male... non ti ho costretta...>>
Dorothea sbuffò, esasperata e dispiaciuta <<No, assolutamente no! Markus, dai, basta... andiamo oltre! È stata solo una situazione imbarazzante tra due amici ubriachi, ok!? Tra qualche mese ci rideremo sopra!>>
<<Per me non è stato questo.>> ribatté lui in tono mesto.
Dorothea capì che, in fondo, forse era stata lei ad approfittarsi di lui, e si sentì in colpa.
Sapeva che Markus aveva un debole per lei da tempo, e stava per fare qualcosa che lo avrebbe illuso e ferito, solo per svagarsi e divertirsi, sperando di dimenticare un ragazzo che non poteva avere.
<<Mi dispiace. Pensavo... in realtà, non pensavo. Era solo... divertimento.>> pigolò, sentendosi egoista come non mai.
Markus annuì, e cercò di nascondere la propria delusione. Poi, sospirò, e si fece coraggio <<Però, il Console pensa che ti abbia stuprata. Questo è terribile. Io non sono uno stupratore... solo il pensiero mi ripugna!>> mugugnò grattandosi la testa disperato.
<<Ma no che non lo sei...>> ribadì lei avvicinandosi e accarezzandogli una spalla per confortarlo.
<<Me la farà pagare, ne sono certo... Mi caccerà dalla Legione, o peggio, mi sospenderà la cittadinanza... sarò espulso dalla Città! Questo succede ai traditori, e ai criminali di questo genere...>>
<<No, non lo farà... non ti devi preoccupare, parlerò io con lui... gli spiegherò come è andata.>> gli disse in tono rassicurante.
<<Non ti crederà...>>
<<Ohhh mi crederà, fidati.>> ribatté convinta continuando a rincuorare l'amico in preda al panico.
Markus si asciugò gli occhi, e cercò di tornare in sé. Si godette ogni carezza che la ragazza gli stava dando, sapendo bene che, probabilmente, non avrebbe mai più avuto quel contatto fisico con lei.
Ora ogni sua speranza di poterla conquistare, era svanita. Se ripensava alla sera prima, sentiva un groppo allo stomaco, nel ricordare quando, in modo del tutto inaspettato dopo una stupida battuta, lei lo aveva baciato. Un bacio a stampo, ma lungo e morbido. Da quel momento, si era sentito sull'Isola dei Beati.
E ripensava al suo sorriso, e alle sue risate spensierate mentre lo abbracciava, fino a quando si erano appartati per avere più intimità. Era sicuro che lei fosse felice con lui, in quei momenti. Perché non potevano esserlo ancora? Perché lei non gli dava una possibilità?
Forse, se il Console non li avesse interrotti, sarebbe filato tutto liscio. E, magari, sarebbe scattata la scintilla e quel giorno avrebbero avuto un appuntamento romantico, anziché un incontro per chiarire quel terribile malinteso.
<<Senti, andiamo a prendere un bel gelato? Credo ci potrebbe aiutare...>> propose lei sperando di passare oltre a quel triste e imbarazzante momento.
Il ragazzone annuì, e lei lo aiutò a rimettersi in piedi. Lui inspirò gonfiandosi il petto, e sembrò tornare il serio e rigido discendente di Marte tutto d'un pezzo di sempre.
Si incamminarono insieme per tornare verso il Campo Giove, in silenzio e guardando a terra. Arrivati quasi agli alloggi della Settima Coorte, che restavano verso i confini esterni, Markus si bloccò.
<<Che c'è?>> gli chiese Dorothea preoccupata. Ma lui fissava davanti a sé, paralizzato dal terrore.
<<Eccolo...>> mormorò; la ragazza guardò ciò che turbava l'amico. O meglio, chi.
Percy era proprio davanti al dormitorio della Settima Coorte, insieme a quel buffo ragazzo riccio che ormai lo accompagnava sempre.
Era vestito come un comune cittadino, con jeans e T-shirt, e Dorothea pensò fosse un pessimo segno per Markus, della serie "ora regoliamo i conti in privato e nessuno saprà nulla.". Sarebbe stato meno minaccioso se fosse stato in visita ufficiale, come Console.
La figlia di Spes sperò che non si voltasse verso di loro così da non vederli, ma non fu esaudita dalla madre. Anche da 30 metri di distanza, lo sguardo che Percy riservò a Markus fece rabbrividire pure lei.
E rimasero immobili, mentre lo vedevano marciare verso di loro.
<<Okay, tranquillo, se ti parla rispondi con calma, al resto ci penso io...>> sussurrò la ragazza per tranquillizzare l'amico, che già iperventilava.
<<Mi ucciderà.>>
<<Ma no! Smettila, lascia fare a me...>>
<<BAUER!>> tuonò Percy quando fu a meno di 10 metri da loro, come se non fosse chiaro che li aveva puntati.
Dorothea si fece avanti, provando ad interporsi con coraggio per difendere Markus <<Percy, aspetta...>>
Il figlio di Poseidone lanciò un'occhiataccia alla ragazza e la corresse <<Console Jackson, Rivers!>> poi tornò a guardare il ragazzo al suo fianco <<Pensavi di cavartela così facilmente dopo quel che hai fatto?! Ti cancellerò dal ricordo di questa città! Non sei nemmeno degno di essere definito umano, figurarsi un Romano!>> ringhiò.
<<I-io non ho f-fatto n-niente...>> balbettò lui rimpicciolendosi di fronte al suo idolo.
<<Neghi l'evidenza!? Ti ho visto con i miei occhi, ti sei approfittato di una ragazza quasi priva di sensi!>>
<<Non si è approfittato di un bel niente ed ero sveglissima!>> puntualizzò lei offesa.
<<Con te parlo dopo, Rivers! Non difendere questo verme!>> ribatté lui in preda alla collera.
<<No, con me parli adesso, Percy! Vattene, Markus! Ci penso io!>> lo intimò la ragazza.
Markus fece per muoversi, ma Percy gli si parò davanti <<No no no, dove credi di andare?! Non ho affatto finito con te!>>
<<Oh invece sì che hai finito, Percy!>> rincarò lei spingendo via l'amico.
<<CONSOLE JACKSON!>> la corresse nuovamente con rabbia. Lei stava per ribattere, ma chiuse la bocca e si limitò a lanciargli l'occhiataccia peggiore che lui si fosse mai visto rivolgere, forse anche più di quelle di Annabeth.
Markus approfittò di quel momentaneo impasse per darsela a gambe. E quando il ragazzone fu abbastanza distante, Percy cambiò tono, abbassò lo sguardo, e mormorò <<Scusami.>>
<<Ah ecco! Come ti permetti di alzare la voce così? Non vuoi sapere come sono andate le cose, da me!? Sono la diretta interessata, o sbaglio!?>> disse lei tagliente più che mai.
Lui si sentì in colpa, e ammise <<Hai ragione. Ero solo arrabbiato per...>>
<<Per cosa? Perché pensi che lui si sia approfittato di me, o perché mi hai vista con un altro ragazzo?>>
Colpito e affondato. Percy sentì una fitta al petto, e imbarazzato cercò di spiegare le proprie emozioni <<Ma no, certo che no. Anzi, sarei felice se tu trovassi un bravo ragazzo della tua età con cui stare! Ma non così!>>
<<Così come? Devi spiegarmi tu come devo condurre la mia vita privata!? Forse dovrei conoscere la mia anima gemella al tempio mentre preghiamo, o in biblioteca mentre studiamo? Sarebbe un modo più consono, per fare conoscenze!?>>
<<Ma no... ma...>> il discorso stava degenerando. Lui era andato lì per difenderla e dare una lezione al suo assalitore, e ora invece si stava beccando una ramanzina coi fiocchi <<Cosa c'entra tutto questo!? Lui ti ha sedotta mentre non eri in grado di capire cosa stesse accadendo! È questo che non va bene!>> ribatté spazientito gesticolando verso il ragazzo che ormai si stava rintanando nel dormitorio.
<<No, IO ho sedotto lui approfittando del suo debole per me, solo per divertirmi! E tu ci hai interrotti sul più bello!>> puntualizzò lei alzando la voce.
<<... cosa?>> chiese lui sbigottito abbassando i toni.
<<Hai capito bene. Pensi di sapere sempre tutto e di avere ragione su tutti... Ebbene, qui ti sbagli di grosso! Eravamo entrambi ubriachi, ma lui non ha fatto niente di male... Io sì!>>
<<Ma... no... io... ho visto...>> mugugnò confuso.
<<Hai visto solo quello che volevi vedere! La povera ragazzina indifesa e innocente che viene stuprata da un ragazzo senza scrupoli! Beh, non sono né indifesa né innocente! E se c'è una vittima in tutto questo è Markus! Io gli ho spezzato il cuore e tu stavi per rovinargli la reputazione e la carriera! O sbaglio!?>>
Percy deglutì. Non gli era passato nemmeno nell'anticamera del cervello che le parti potessero essere invertite. Forse anche questo era sintomo di un pensiero maschilista e patriarcale.
<<Io... non sapevo...>> pigolò.
<<No, infatti! Ma, anziché chiedere a me spiegazioni, volevi solo scontrarti con lui, e mi hai anche detto di stare zitta!>>
<<Non ti ho detto di stare zitta, volevo solo affrontare lui per difenderti...>>
<<Difendermi... pff... Come se ne avessi bisogno! Non ho bisogno di te, Percy!>> disse sprezzante.
Quelle parole furono come carta vetrata. Senza rendersene conto, Percy aveva idealizzato Dorothea, riducendola ad uno stereotipo: una dolce bambola debole, innocente e bisognosa di aiuto. E lui, doveva essere il mentore che l'avrebbe istruita e difesa, senza coinvolgimenti.
Eppure, aveva visto di cosa era capace, quanto fosse forte e determinata... Perché solo ora si rendeva conto di averla trattata come una ragazzina, quando ragazzina proprio non era? Era matura, e potente. E lui era superfluo. Poteva insegnarle a combattere, ma non doveva insegnarle come essere una donna adulta.
Si chiese quindi se non avesse mal interpretato anche i suoi sentimenti per lui: pensava avesse un'infatuazione, la classica cotta per il proprio mentore che ogni discepolo sviluppava in una certa fase del rapporto. Forse era così, o forse lui aveva sottovalutato l'intensità e la natura di quel sentimento, considerandolo qualcosa di adolescenziale e passeggero.
<<Mi dispiace.>> mormorò guardandola negli occhi.
Lei avrebbe voluto infierire e approfittare della superiorità che aveva ottenuto per demolirlo del tutto. Ma, guardandolo negli occhi, capì che erano delle scuse sincere, e non ci riuscì. Tra sé e sé pensò "Ti prego, non guardarmi così, non guardarmi così, non con quegli occhioni!" sforzandosi di resistergli; sospirò, e si passò di nuovo le dita sulle tempie pulsanti.
<<Non stai bene?>> chiese lui premurosamente notando quel gesto.
<<Ti interessa davvero?>> chiese acida.
Avrebbe voluto dirle che sì, ovvio, gli interessava. Ma non rispose. Anzi, si sentì se possibile anche peggio. Annuì ripetutamente a labbra tirate, e si congedò <<Buona giornata, Rivers.>>
Nel vederlo così affranto, Dorothea avrebbe voluto fermarlo e parlargli, e magari chiedergli come stesse davvero, visto che lo vedeva ancora ridotto a uno straccio. Ma era troppo arrabbiata per cedere così facilmente al suo fascino, e lo lasciò andare via.
Leo attendeva Percy appoggiato al muro del dormitorio. Aveva osservato tutta quella scenetta, non sentendo tutto il discorso ma solo qualche parola urlata, però aveva intuito che dovesse essere successo qualcosa di grosso.
Poi, quando vide il suo protetto tornare con la coda tra le gambe, cercò di sdrammatizzare la situazione <<Wow, tosta la ragazza. Ti ha domato in pochi minuti, eh?>>
Percy era così a terra da non avere nemmeno la forza di ribattere. Leo capì che dovesse essere molto, molto grave, e non infierì.
Si incamminarono insieme attraversando una parte del decumano per raggiungere la macchina, e Leo non poté fare a meno di notare che i ragazzi che incrociavano per strada sembravano molto interessati a loro due.
Certo, in generale, quando Percy si spostava attirava non poco l'attenzione in quanto Console ed eroe famoso, nonché ragazzo davvero molto attraente (per il fastidio di Leo!)... ma quel giorno sembrava diverso: gli sguardi erano più interrogativi che d'ammirazione, e i bisbigli che li accompagnavano erano un ronzio cupo e per nulla piacevole.
<<Ma che hanno?>> chiese Leo ad alta voce iniziando a spazientirsi.
Percy, che aveva camminato guardando fisso a terra, nemmeno si era reso conto del comportamento della gente fino a quel momento, e iniziò a guardarsi intorno notando la stranezza.
<<Non ne ho idea...>> mormorò.
Poi, Leo notò un capannello di gente davanti ad un negozietto, che alla fine riconobbe come un'edicola <<Oh... capisco...>> disse avvicinandosi agli espositori, dove la faccia di Percy, scavata e con lo sguardo spento, svettava sulla copertina lucida di un tabloid.
Il titolo parlava chiaro: "Cosa è successo al Console? Luci e ombre di un eroe controverso. A pagina 3, 4, 5 e 6. Di Alejandro Garcia-Ortiz."
Quel nome non gli era nuovo. Prese il tabloid e lo aprì all'articolo incriminato, iniziando a leggerlo con smania, mentre Percy si avvicinava incuriosito <<Che è?>>
<<Ehi! Non è una libreria! O compri o smammi! Tu, riccio! Hai capito?>> sbottò il proprietario dell'edicola.
Leo se ne fregò altamente e continuò quella lettura compulsiva, ma gli bastarono 15 secondi per capire di dover proseguire in privato ed evitare che Percy leggesse quelle cose in pubblico, o la sua reputazione sarebbe solo peggiorata in seguito alla scontata reazione epocale.
<<Dai, torniamo a Palazzo...>> disse il figlio di Efesto arrotolando la rivista e infilandosela nella cintura, dove scomparve.
Percy osservava ancora gli altri tabloid esposti con espressione corrucciata e sconcertata, mentre Leo lo prendeva per un braccio per trascinarlo via.
<<EHI! Lo devi pagare...!>> urlò il venditore, che subito dopo si accorse di chi stava accompagnando il ragazzo riccio <<Oh... mi scusi Signore... Console... non l'avevo riconosciuta... prenda pure... Vale!>>
<<Vale...>> salutò Percy ancora confuso, e si lasciò condurre velocemente alla macchina da Leo senza altre interruzioni.
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