La Grotta
Revisionato il 06/01/2021 a seguito di nuovi dettagli ne "Le Sfide di Apollo".
Se non volete spoiler, non leggete!!! 😛
I due fidanzati cercavano di tenersi su di morale come potevano, pensando alla loro vita fuori da quel posto, e Percy non poteva non pensare al loro futuro insieme.
Quando fossero usciti di lì, l'avrebbe portata in Europa per quel viaggio che la ragazza tanto desiderava, ovunque desiderasse.
E le avrebbe chiesto di sposarlo, non sapeva ancora bene come e dove, ma lo avrebbe fatto, voleva che fosse sua moglie il prima possibile e non voleva più rimandare per futili motivi come la laurea, o un lavoro stabile, o altre cose sciocche da mortali. E voleva dei bambini, una famiglia, con lei.
Si disse che, magari, di lì ad un paio di anni, avrebbe cullato tra le braccia un piccolo fagottino, frutto del loro amore. Gli si scaldò il cuore e quel pensiero lo rinvigorì per qualche ora.
Proseguirono per quella che sembrò loro una settimana, ma non potevano dirlo, perché i loro orologi erano fermi: avevano smesso di funzionare nel momento in cui i ragazzi si erano sentiti confortati dal loro piano orario.
Quindi, ora camminavano finché avevano forza, e quando uno dei due sentiva molta fame o stanchezza (e di solito era Annabeth), si fermavano.
Annabeth dormiva e mangiava molto più di Percy: avevano le razioni già pronte per ogni pasto (barrette energetiche e cibo secco iperproteico, niente di che), ma lui le lasciava sempre un po' della sua parte, e la lasciava dormire almeno 2 ore di più del previsto ogni volta.
Era un po' insolito, era sempre stata molto resistente; tuttavia, non affrontavano un'impresa da tempo, ed entrambi erano arrugginiti, quindi Percy non ci fece molto caso, e continuò a riservarle queste premure.
Dopo quelli che potevano essere giorni o settimane, finirono in una piccola stanza circolare di circa 3 metri di diametro. Si aspettavano che fosse un incrocio con altri tunnel o corridoi, ma si trovarono davanti solo delle lisce pareti di metallo. Girarono su sé stessi, e notarono che l'apertura da cui erano arrivati era già svanita.
<<Oh no un'altra volta no!! Ma dai!!!>> Percy provò a toccare le pareti per percepire delle fessure o altro, ma quelle pareti sembravano un unico blocco di metallo intorno al pavimento polveroso.
<<Deve esserci un'uscita, dobbiamo continuare a cercare.>> Annabeth si guardò intorno, poi guardò a terra, provando a spostare col piede la polvere che copriva il pavimento <<Percy, guarda... Sembrano dei rilievi nel metallo... tutt'intorno al pavimento, a formare una spirale verso il centro. È latino...>>
Percy l'aiutò a leggere e capire tutta la spirale:
Come vide avvilito Cupido, Ciprigna gli disse:
"Quale dolore ti sciupa, figliolo?" Il figliolo rispose:
"Dall'Elicona portavo le mele: le colsero tutte
dal mio grembo le Muse, chi qua chi la le disperse.
Clio se ne prese un quinto, la parte duodecima Euterpe,
un ottavo a Talìa luminosa toccò, la ventesima parte
fu da Melpòmene presa per sé, da Tersicore un quarto;
Èrato invece alienò la settima parte, Polimnia
alle mie mani sottrasse di trenta mele la preda,
venti più cento Urania ne tolse, sparì dileguando
con un fardello pesante di mele trecento Calliope.
Ecco ch'io vengo da te con le braccia leggere: cinquanta
mele ti porto, le sole che m'hanno lasciate le dee.
Quante mele aveva raccolto Cupido?"
<<È un'equazione!!>> intuì la ragazza.
<<Bene, tu sei sicuramente la migliore in queste cose... Ma... Una volta risolto...?>>
<<C'è una specie di cilindro incastonato, qui al centro... con degli zeri... Penso che si possano far roteare per comporre una cifra con altri numeri... Dopodiché, non so... si aprirà un qualche passaggio, suppongo.>>
<<Ottimo. Mi fido. Allora... risolvilo...>> la incitò. Era frustrato, gli spazi angusti e chiusi non gli erano mai piaciuti.
<<Non ci vorrà molto, un paio di minuti...>> disse lei.
<<Va bene, tranquilla, abbiamo tempo...>>
Appena Percy pronunciò quelle parole, la stanza sembrò muoversi. Ed era vero: le pareti si muovevano verso il basso, o il pavimento verso l'alto, chi poteva dirlo!? Ad ogni modo, si stavano avvicinando al soffitto, che sembrava almeno 100 metri più in alto, e da cui proveniva una luce.
<<Oh che palle...>> sbuffò il ragazzo spazientito.
Annabeth fulminò Percy rimproverandolo in silenzio, poi guardò in alto, sotto stress, e tornò al suo indovinello.
Il soffitto si avvicinava velocemente, come un macabro conto alla rovescia, e decisamente non avevano due minuti di tempo.
Percy fissava in alto, cercando di capire cosa fosse quella luce.
Quando mancavano circa 40 metri, iniziò a mettere a fuoco, ma non poteva credere ai propri occhi... Era contro ogni logica, contro ogni legge fisica: si stavano avvicinando a della lava! Ma come era possibile!? Era il soffitto, sarebbe dovuta cadere! Ma, vista da un'altra prospettiva, sembrava proprio un baratro di lava...
<<Ehm... Annabeth...>> pigolò.
<<Percy per favore, non farmi perdere il conto!!>>
Iniziava a fare caldo, molto caldo. Percy non disturbò più Annabeth, ma non sapeva come aiutare: se avesse provato ad evocare dell'acqua, quella sarebbe evaporata al contatto con la lava, e li avrebbe lessati in quel cubicolo stagno!!
Annabeth snocciolava numeri a bassa voce, per completare i conti. Era passato poco più di un minuto, ma non avevano più tempo, in meno di 20 secondi sarebbero finiti arrostiti.
<<Oh non sono sicura, non sono sicura...>> era impanicata e sudava per il caldo emanato dalla lava.
<<Annabeth, per lo Stige, quante cazzo di mele aveva raccolto Cupido!?!>> sbottò Percy.
<<3360!!!!>> si buttò, senza esserne certa, e compose il numero velocemente sul cilindro girevole.
Per un terribile, infinito istante, sembrò non succedere nulla. La lava era a meno di 5 metri da loro, coricati sul pavimento di metallo diventato rovente.
Poi, il pavimento si aprì, e caddero nel vuoto.
Le pareti erano così strette, che Percy, all'apertura del pavimento, cadde scomposto sbattendoci la spalla destra contro, e sentì un dolore lancinante: era sicuro di essersela rotta.
Cercò di non pensarci e prese Annabeth, che gridava spaventata, con la mano sinistra, così da potersi avvicinare e cadere diritti e abbracciati.
Caddero per quella che sembrò un'eternità, sicuramente più dei 100 metri iniziali che avevano separato il soffitto dal pavimento. Prendevano velocità, senza vedere cosa potesse esserci alla fine.
Poi Percy la sentì, la presenza dell'acqua, e guardando in basso la vide avvicinarsi sempre di più; purtroppo, a quella velocità, sarebbe stato come schiantarsi sul cemento. Lui non avrebbe avuto problemi, ma sapeva che per Annabeth sarebbe stato fatale.
<<Resta dritta più che puoi!!>> le ordinò, e la strinse forte col braccio sinistro (mentre quello destro svolazzava in alto come quello di un omino gonfiabile!) cercando di fare da scudo e di toccare l'acqua per primo con le gambe in modo da infrangere la tensione superficiale. Ordinò inoltre all'acqua di "scivolare" addosso a loro, in modo da non impattare troppo contro la ragazza e lasciare loro modo di decelerare un po'.
Il tuffo fu comunque devastante, e il loro abbracciò si spezzo. Con una caduta del genere, dopo aver toccato l'acqua, che era gelida da togliere il fiato, andarono molto, molto a fondo.
Percy riuscì a fermarsi senza problemi, ovviamente, ma non riuscì a tenere Annabeth, anche perché aveva un braccio fuori uso. La vide andare sempre più a fondo, priva di sensi.
La raggiunse subito e la strinse a sé col braccio funzionante. La riportò a galla e si guardò rapidamente intorno, sperando di trovare un'uscita, ma sembravano dentro ad un tubo chiuso, in trappola.
No, non ci stava, avrebbe trovato un modo per uscirne.
Raccolse l'energia e provò a forzare le pareti con la pressione dell'acqua. Le sentiva espandersi, avrebbe potuto riuscirci.
Si concentrò sempre di più e riuscì a farle esplodere, rivelando uno spazio enorme, una grotta sotterranea con stalattiti e stalagmiti, tutto intorno a quel cubicolo di metallo che sbucava dal soffitto e che ora aveva l'estremità più bassa esplosa.
Caddero per circa 10 metri dallo squarcio creato sul fondo del tubo, e finirono dentro ad un piccolo lago sotterraneo al centro della grotta.
Portò Annabeth a terra, sulla roccia fredda, e cercò di farla respirare: le mise la mano sinistra sul petto, e col proprio potere le fece espellere tutta l'acqua ingerita.
Era stato in tensione per tutto il tempo, mantenendo il sangue freddo per portarla al sicuro, ma quando la vide tossire gli venne da piangere dallo stress. Si trattenne, prese dell'ambrosia dallo zaino e gliela diede subito.
Lei tremava e batteva i denti dal freddo, ma sembrava illesa, tutto sommato.
<<Senti dei dolori!? Ti sei fatta male!?>> le chiese preoccupato.
<<N-n-no.... Solo... u-un brutto colpo... e fre-freddo...>> mormorò battendo i denti.
<<Ok, ok... tranquilla, adesso l'ambrosia ti farà riprendere.>> la rassicurò.
Annabeth sembrava già più lucida, e lo guardò sgranando gli occhi <<P-Percy... la la tua sp-spalla!!>>
Percy ora si guardò la spalla destra, e notò che era molto più bassa della sinistra: non se l'era rotta, ma era sicuramente slogata.
Annabeth si mise a sedere cautamente <<Dev-devi sistemarla, o gu-guarirai m-male!>> continuava a battere i denti.
Percy si tolse la giacca con fatica, e la mise sulle spalle di lei; poi, si alzò e cercò una parete che facesse al caso suo. Trovata quella giusta, strinse i denti e chiuse gli occhi, e vi si buttò contro con la spalla con tutta la forza che poteva, riuscendo a rimetterla in sede. Ovviamente, urlò come un disperato.
<<OHHH CAZZO CHE MALE... CAZZO CAZZO... AHHHHHH!!!>>
<<Vieni qui... ti fascio...>> lo aiutò a fasciarsi il braccio in modo da tenerlo sollevato finché il suo potere rigenerativo non lo avesse aiutato a guarire, e diede dell'ambrosia anche a lui.
Rimasero lì seduti per qualche minuto, stanchi e ammutoliti. Faceva molto freddo e c'era un'umidità penetrante. Erano provati e sconsolati, e non sapevano cosa dirsi l'un l'altro.
<<Non avrei dovuto accettare questa impresa. Mi dispiace.>> mormorò lui ad un certo punto. Sembrava davvero pentito.
Annabeth lo guardò, triste <<Lo so. Ma non puoi farne a meno. Non potrai mai... Ti amo anche per questo.>> e gli sorrise debolmente.
Lui l'abbracciò col braccio sano, e rimasero lì appoggiati ad una roccia, senza avere la forza di proseguire per molte ore.
Ci vollero molte ore perché i due fidanzati trovassero il coraggio di destarsi da quel torpore. Erano stanchi e demotivati. Non avevano una meta ben definita, vagavano senza uno scopo, e le uniche volte che succedeva qualcosa, rischiavano di morire.
Annabeth prese coraggio, ed esclamò <<Dobbiamo alzarci>>. Era ancora appoggiata a Percy, indossava anche la sua giacca per scaldarsi e aveva dormito per qualche ora. Non voleva rimettersi in marcia, ma sapeva che era necessario.
Perlustrarono quella grotta in cerca di una via d'uscita, non sapendo bene se fossero ancora nel Labirinto o meno.
Gli antri che visitarono erano di una bellezza mozzafiato. Camminarono fino a sbucare in uno speco enorme, con il soffitto non visibile. Sembrava illuminato da luce naturale, riflessa da migliaia di gemme preziose incastonate nelle rocce, a formare una sorta di volta celeste sotterranea.
Una cascata più alta di quanto potessero vedere scendeva da una parete, e si riversava in un lago limpidissimo, con il fondale ricoperto di altre pietre preziose e rocce luminescenti. Si apriva di fianco al lago una radura terrosa, ricoperta da strana vegetazione violacea e brillante, al centro della quale spiccava una piccola capanna trasandata.
I due ragazzi, sospettosi ma curiosi, si guardarono l'un l'altra e si diressero cautamente verso la casetta.
Una volta entrati, rimasero attoniti nel vedere che gli interni erano l'esatta copia della loro casa a Nuova Roma. Per un attimo, si sentirono confusi e pensarono di trovarsi davvero a casa, e la porta alle loro spalle si richiuse.
Forse non erano mai partiti, o forse avevano già completato l'impresa ed erano già tornati vittoriosi, si dissero. Sì, doveva essere così, erano già tornati e avevano ripreso la loro fantastica vita insieme.
Annabeth chiuse gli occhi, e sospirò. Poi, felice, esclamò <<Siamo a casa, finalmente!>>. Si guardarono sorridendo e gettarono i loro zaini a terra, di fianco alla porta.
Si fecero una doccia calda e si coricarono sul letto, esausti, sentendosi proprio a casa.
Annabeth si accoccolò ai cuscini e alle coperte <<Oh quanto mi è mancato il nostro letto! Senti che lenzuola pulite e che coperte morbide!!>> e si addormentò dopo pochi minuti; ma Percy, nonostante si sentisse stanchissimo, non riuscì a rilassarsi del tutto e non prese sonno.
Si alzò e gironzolò in casa. Era tutto perfetto... Eppure, c'era qualcosa di strano. Qualcosa di sbagliato. La doccia era stata fin troppo rilassante, il letto era fin troppo comodo. E non riusciva a ricordarsi con precisione il momento in cui erano usciti dal Labirinto, erano tornati e avevano consegnato l'Ancile alla città. Era tutto confuso. Gli sembrava di ricordarsi il bellissimo sorriso grato e soddisfatto di Reyna, mentre lui le consegnava l'antico scudo di Ares, ma il ricordo sembrava ovattato, e non c'era altro.
Guardò fuori dalla finestra, e vide la campagna e le colline di Nuova Roma, come doveva essere, ma non sentì il desiderio di uscire all'esterno. Dopotutto, si stava così bene lì, nella propria casa.
Pensò di essere soltanto molto provato dalla missione, e si sedette al suo pianoforte. Provò a suonare qualcosa che sapeva a memoria, ma le note sembravano strane, o troppo acute, o troppo gravi. Eppure, il pianoforte, da un punto di vista tecnico sembrava accordato.
Si alzò e continuò a guardarsi intorno. I libri di Annabeth erano sulla sua scrivania, nel suo angolo lettura, chiusi e ancora nuovi... Come poteva essere? Lei leggeva tantissimo, e prendeva sempre un sacco di appunti sui bordi delle pagine... Mah! Forse erano libri che ancora non aveva letto, ma non ne era certo...
Si accorse improvvisamente di avere fame, e decise di prepararsi da mangiare per occupare la mente. Del resto, il cibo lo tirava sempre su di morale!
Il frigorifero era pieno di carne, verdura, formaggi... Non si ricordava di aver fatto la spesa, ma doveva averla fatta, dopotutto.
Si preparò un sandwich con vari strati, formaggio e salse. Diede un morso e gustò il boccone. Era fin troppo saporito. Continuò a mangiare, ma si sentiva nauseato. Non riuscì a finirlo nemmeno tutto, e dopo 2 minuti gli venne mal di stomaco e corse al lavandino, dove vomitò tutto.
Il Labirinto doveva averlo scombussolato parecchio, pensò.
Ripulì tutto e andò in camera con l'intenzione di provare a riposare, e osservò Annabeth dormire: aveva la pelle liscia e rosea, i capelli splendenti, il sorriso sulle labbra. Era così serena, così rilassata, così... indifesa. Sentì una stretta allo stomaco e l'impulso di svegliarla e fuggire. Ma perché?
Non ci fece caso, e la svegliò cautamente, carezzandole le guance.
Annabeth si stiracchiò, e lo guardò con gli occhi cisposi <<Ehi amore... ciao! Che ci fai sveglio? ... Sto morendo di fame!>> gli disse.
Percy ridacchiò <<Vieni allora, mangia qualcosa...>>
Mentre tornavano in cucina, lei molto candidamente gli chiese <<Ma tu ricordi come siamo tornati a casa? Io sono un po' confusa a riguardo... Ma ero così stanca, il Labirinto mi ha sfinita...>> ammise cupa.
Percy rifletté: era strano che anche lei non ricordasse quel dettaglio. E non era un dettaglio di poco conto... Cosa stava succedendo? Forse erano solo davvero molto, molto provati dalla loro esperienza.
Si preparò anche lei un sandwich e si sedettero entrambi al tavolo per parlare insieme mentre lei mangiava.
Annabeth era di ottimo umore, ed esclamò <<... Certo che è stato terribile, di questo sono sicura! Il Labirinto era un incubo, letteralmente...>> e ridacchiò mentre avvicinava il sandwich alla bocca per prendere un boccone...
In quel preciso istante, Percy fu lucido. I suoi sensi semidivini si attivarono al massimo livello di allerta, e vide tutto chiaramente: tutto ciò che li circondava, assunse un tono cupo. Erano al buio, in una stanza che non era la loro cucina, con mobili che non erano i loro. Tutto era in pessimo stato, al catafascio, l'atmosfera era decadente e impestata da un fetore rivoltante; c'erano sporcizia, lerciume e insetti ovunque.
Annabeth aveva i capelli arruffati e pagliosi, profonde occhiaie e la pelle tutta arrossata, piena di quelle che sembravano punture o morsi, e il sandwich che si portava alla bocca era di pane ammuffito, carne marcia e vermi.
Percy sgranò gli occhi, gridò, e con uno schiaffo gettò via il sandwich dalle mani di Annabeth; quella visione lucida, durata forse 2 secondi, terminò, e tutto tornò perfettamente perfetto in un batter d'occhio.
Annabeth si indignò <<...AHIA!! Ma sei matto!? Che ti è preso? Lo hai fatto cadere!>> lo rimproverò, mentre lui spaventato si guardava intorno, cercando di capire cosa fosse successo. Strizzava gli occhi e respirava pesantemente, i nervi ancora a fior di pelle.
Annabeth lo guardava torva; fece per bere un bicchiere d'acqua; ma Percy tornò di nuovo lucido per un istante, e vide che stava per bere dell'acqua putrida, e, come per il sandwich, le fece cadere il bicchiere a terra, mandandolo in frantumi. Si alzò di scatto e iniziò a guardarsi intorno e a vagare per casa spaventato, pur vedendo di nuovo tutto in ordine e pulito.
Annabeth gli gridò dietro <<PERCY!! MA CHE DIAVOLO HAI!? PERCHÉ TI COMPORTI COSÌ!? Adesso raccogli tu i vetri!!!>>
Percy andò in bagno, scrutò la stanza continuando a sbattere le palpebre freneticamente, ed ebbe un altro istante di lucidità in cui vide un bagno fatiscente, con la doccia che perdeva del liquido che non era assolutamente acqua, sembrava qualcosa di corrosivo.
Corse in camera da letto, e iniziò a ribaltare tutto e a strappare quelle lenzuola candide e quelle coperte morbide, e in un altro momento di lucidità vide il letto per quello che era: un raccapricciante nido di ragni e insetti vari, che avevano sicuramente morso e punto Annabeth mentre dormiva.
Annabeth, nel frattempo, aveva continuato a chiamarlo dalla cucina, rimproverandolo per il suo comportamento.
Percy corse da lei, nel panico <<No!! NO!!! ANNABETH!! ANDIAMOCENE!! SCAPPIAMO!!>>
Annabeth era incredula, pensava che il suo fidanzato stesse impazzendo <<Percy ma cosa stai dicendo!? Forse sei ancora molto stanco, dovresti riposarti...>> e provò ad accarezzarlo per tranquillizzarlo e incitarlo ad andare a letto.
<<NO NO NO!! DOBBIAMO ANDARE VIA! SIAMO ANCORA NEL LABIRINTO!!>> esclamò lui con decisione.
Lei lo guardò negli occhi, e in tono risoluto sentenziò <<No, non è vero. Siamo a casa. Casa NOSTRA! Guardati intorno, non vedi!? Dai vieni, prendi qualcosa per calmarti...>>
Lui la bloccò prendendola per le spalle e scuotendola <<NO ANNABETH ASCOLTAMI!! GUARDA BENE!!! GUARDATI BENE INTORNO!! È UNA TRAPPOLA!>>
Lei scuoteva la testa, non ci credeva, pensava che Percy fosse in preda ad un attacco psicotico.
Percy prese tutte le loro cose, compresi gli abiti che si erano tolti, e mise tutto negli zaini il più velocemente possibile, cercando di trascinare Annabeth fuori da quel tugurio.
Ma la ragazza si opponeva strenuamente <<NO!! No Percy!! Io non vengo! Voglio restare a casa!! STO BENE QUI!!>>
Percy si rese conto che era proprio quello lo scopo di quel posto: assuefare la mente, e ucciderli senza che neanche se ne accorgessero. Volevano così tanto tornare a casa, che qualsiasi bugia era meglio della verità: erano ancora nel Labirinto.
Percy la supplicò <<Annabeth, tesoro. Ti prego. Devi fidarti di me. Non siamo al sicuro. Seguimi!>> cercò di essere calmo ma deciso.
Lei lo guardò, ma sembrava come in trance. Si liberò con violenza dalla sua presa e si impuntò <<No!!! Io non vengo!! VOGLIO RESTARE A CASA!!! VOGLIO RESTARE A CASA!!! VOGLIO RESTARE A CASA!!>>
Lui perse la pazienza e la sollevò di peso, sperando che una volta varcata la porta l'incantesimo svanisse. Lei si divincolava e piangeva, era isterica, e Percy dovette impegnarsi molto per riuscire a portarla fuori.
Appena varcata la soglia, Annabeth smise di piagnucolare perché voleva restare a casa, ma iniziò a lamentarsi dal dolore: si sentiva la pelle in fiamme, arrossata e irritata, e meno male che non aveva visto i ragni, o sarebbe impazzita nel sapere di averci dormito in mezzo!
Anche Percy si rese conto di essere molto più debole di quanto non si sentisse là dentro: aveva mangiato cibo avariato e si era fatto una doccia con del liquido caustico. Lasciò andare Annabeth, e lei si accasciò a terra, continuando a piangere: <<Voglio tornare a casa... Voglio tornare a casa...>> biascicava.
Lui corse verso il vicino lago e vi si tuffò. Si sentì immediatamente meglio, ma non fece in tempo a sospirare di sollievo, che sentì la terra tremare, e delle enormi stalattiti iniziarono a cadere dal soffitto, mentre tutta la grotta crollava.
Corse fuori dal lago e incitò Annabeth ad alzarsi, ma lei non voleva muoversi.
Si mise velocemente uno zaino in spalle e prese Annabeth in braccio, e iniziò a correre, evitando le rocce in caduta, per uscire da quella trappola tombale.
Continuò a correre verso le pareti della grotta, alla disperata ricerca di un'apertura. Un paio di volte, fu quasi travolto da delle stalattiti, ma i suoi riflessi li salvarono. Poi, riuscì a vederla, un'apertura ad arco, che dava su un nuovo tunnel in mezzo alla roccia. Raccolse tutte le forze per arrivarci il più velocemente possibile, prima di venire seppelliti vivi.
Si slanciò oltre il passaggio, in salvo, e appoggiò Annabeth a terra contro alla parete, ansimando per lo sforzo.
Mentre cercava di riprendere fiato, Annabeth era inerte contro la parete, lo sguardo fisso nel vuoto e il viso privo di espressione, ma solcato da lacrime, continuando a mormorare piano <<...Casa... Voglio... Casa...>>.
Percy si inginocchiò di fianco a lei, accarezzandola e asciugandole le lacrime <<Tesoro, ehi... È finita... Siamo fuori da quella grotta... Ce l'abbiamo fatta...>> le prese le braccia e iniziò a controllarle la pelle, tutta irritata e arrossata. Aprì lo zaino che era riuscito a portare con sé: la buona notizia era che si trattava di quello col medikit, ambrosia e nettare, e i loro abiti piuttosto che il resto dell'equipaggiamento; la cattiva notizia era che ora avevano solo la metà delle scorte di cibo che avevano avuto fino a poche ore prima. Da un calcolo veloce, bastava per andare avanti altre 3 settimane massimo, ed erano in quell'inferno solo da meno di 2 settimane. Erano partiti all'inizio dell'impresa con scorte sufficienti per 8 settimane.
Percy cercò di restare calmo <<Ok, tesoro, togliti la maglia, dai ti medico le punture. Tieni, mangia un po' di ambrosia intanto...>>, ma lei restava impassibile.
<<Sono stanca. Voglio tornare a casa. Non sarei dovuta venire.>> riuscì infine a dire delle frasi complete con tono mesto.
Percy la guardò, sentendosi tremendamente in colpa, ma non poteva lasciare che lei si abbandonasse così.
<<Amore mio, scherzi? Se tu non fossi qui, io sarei morto dopo 3 ore dall'ingresso nel Labirinto... Sei tu la mente, senza di te non potrei mai farcela lo sai... Siamo una squadra...>> le sorrise dolcemente, sperando di tirarla su di morale <<... E ce la faremo, come sempre. Io e te, insieme, siamo invincibili.>> e le baciò la fronte.
La ragazza socchiuse gli occhi al tocco di quelle labbra, e poi ammise <<Desideravo così tanto che fosse casa nostra, Percy, che non ho colto i segnali. Sentivo che c'era qualcosa di strano, avevo tutti gli indizi per capire che fosse una trappola... Sono brava in queste cose. Ma non l'ho fatto, perché non volevo farlo... Volevo che fosse tutto vero...>> era inconsolabile, e Percy si sedette di fianco a lei abbracciandola.
Percy non voleva dirle che l'aveva sperato tanto anche lui, voleva solo pensare positivo, perché se si fosse lasciato andare alla disperazione sarebbe stata la fine.
<<Annabeth, ce la faremo. Te lo giuro, ne usciremo.>> si alzò all'improvviso, deciso a non fermarsi per non dare modo a nessun dei due di arrendersi.
Allungò una mano verso la fidanzata, incitandola ad alzarsi e a riprendere il viaggio <<Ma ho bisogno di te, senza le tue doti, non possiamo sopravvivere. Andiamo!>>
Lei non sembrava affatto convinta; ma, ancora una volta, si fidò dei suoi occhi e gli prese la mano per alzarsi. Entrambi indossarono i loro indumenti termici che Percy, con grande lucidità, aveva portato fuori da quel tugurio, e si rimisero in cammino verso l'ignoto.
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