Invidia e Compassione
sera del 20 agosto 2015
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Quando aprì gli occhi, il ragazzo fu sorpreso di riuscire a vedere, seppur ancora sfocato.
Inspirò a fondo, godendosi ogni molecola d'aria che gli riempiva i polmoni, dopo aver inalato tutto quel fumo tossico.
Deglutì, grato di poter ancora sentire la propria lingua ricettiva ai sapori. Poi, sentì un inconfondibile profumo di gelsomino.
<<Reyna...>> mormorò con voce gracchiante per via delle sue nuove corde vocali.
La ragazza, che sonnecchiava su una poltrona a fianco del letto, trasalì svegliandosi <<Percy! Ciao...>> rispose dolcemente. Il suo sorriso e lo sguardo rivelavano quanto fosse sollevata di rivedere il ragazzo sano e salvo.
Percy provò a metterla a fuoco, ma sentì la testa girare e si premette una mano sugli occhi.
<<Vacci piano, non li hai mai usati, tecnicamente...>> sottolineò lei cercando di distendere il clima.
Il ragazzo ridacchiò. Poi però fu travolto da alcuni stralci di ricordi di ciò che era successo al cottage sulle colline.
<<Dov'è Calypso!? E Leo!?>> chiese quasi impanicato.
Reyna strinse le labbra, e riprendendo un tono solenne e serio rispose <<Leo è in prigione, come si conviene ad un quasi omicida. Calypso non ha il permesso di venire a Palazzo, invece.>>
<<Cosa?! No no no... Leo... Calypso...>> mugugnò provando a tirarsi su coi gomiti per mettersi seduto, ma il suo colorito si fece quasi verde per lo sforzo.
<<Piano! Piano! Hai usato molte energie l'altra notte...>>
<<L'altra notte?! Quanto è passato!? Da quanto dormo!?>> chiese allarmato pensando alle altre persone coinvolte nell'accaduto e di cui non aveva notizie da ore, se non giorni.
<<Beh, dormi da un paio di giorni, suppergiù... Dovevi rigenerare interi organi del tuo corpo, Percy. Meno male che quelli vitali non avevano danni... non mortali, almeno. Ma Nico ha dovuto comunque collegarti alla dialisi finché la tua pelle non si è rigenerata del tutto, e hai avuto anche un respiratore artificiale durante le ore in cui i tuoi polmoni si stavano disintossicando dal monossido e guarendo. Ti è andata bene...>> ammise la ragazza in tono di rimprovero, ma comunque sollevato.
<<Come sempre...>> sussurrò lui a bassa voce sentendosi ingiustamente graziato. Provò di nuovo a mettersi a sedere, e stavolta lei lo aiutò sollevandolo per il busto e posandogli dei cuscini dietro la schiena.
<<Spiegami di nuovo perché la mia fidanzata non è al mio capezzale ma invece ci sei tu...>> esclamò il ragazzo con rinnovato spirito.
La ragazza sembrò colpita da quella strana frase, ma decisa rispose <<Perché non è ospite gradita a Palazzo. Non da me.>> ammise alzando il mento in una posa fiera.
<<E perché...?>
<<Perché tutto questo casino è colpa sua! Io lo sapevo che quella portava solo guai, Percy! Ma tu non hai voluto darmi retta! Posso capire un'infatuazione e un'attrazione fisica, ma dovevi proprio fidanzarti?! Non potevi scopartela un paio di volte e basta, come ogni uomo normale!? Nooooo tu dovevi indagare e capire se potevi innamorarti!!>> esclamò incrociando le braccia con rabbia.
Percy, ancora stanco e debole, si premette due dita sulla tempia chiudendo gli occhi <<Ti prego. So che è tutto un disastro, ma non dare la colpa a lei. Abbiamo sbagliato tutti in questa storia. Lei, io, e anche Leo, con la sua reazione eccessiva...>>
<<ECCESSIVA!?>> esclamò Reyna incredula, <<Percy! Ho praticamente raccolto i resti del tuo corpo da terra, sperando non ti sfaldassi tra le mie braccia e che sopravvivessi! Sei vivo solo perché sei estremamente potente, non perché Leo ti abbia risparmiato! Saresti morto due volte, fosse stato per lui, e a quanto ha raccontato lei...>> e scosse la testa distogliendo lo sguardo, nervosa e arrabbiata, e con gli occhi lucidi.
Percy sospirò, e allungò una mano verso la ragazza, cercando la sua tra le braccia aggrovigliate <<Grazie, mi hai salvato. Di nuovo...>> disse dolcemente sperando di calmarla, <<...e, a proposito, come... come hai fatto? Io... non ricordo nulla... Ho perso i sensi mentre mi stringeva il collo...>> mormorò confuso.
A quel punto, l'espressione di Reyna si rabbuiò, e la rabbia lasciò posto a tristezza e senso di colpa.
Staccò la propria mano da quella di Percy e guardò in basso, cercando le parole <<Percy... non... non sono stata io... è stato Nico. Ma ha dovuto fare... qualcosa... di molto brutto per riuscirci. Non riusciva nemmeno ad avvicinarsi a Leo per provare a staccarlo da te, per quanto era rovente. Ha... ha dovuto... staccarlo... in un altro... modo...>>
Percy, confuso, scosse la testa <<Che ha fatto?>>
Reyna deglutì, e gli raccontò i raccapriccianti dettagli di come il figlio di Ade gli aveva salvato la vita.
Dopo aver saputo tutto ciò che era successo mentre era privo di sensi, Percy smise di parlare e il suo volto divenne di marmo. Riuscì solo a dire di voler restare solo, prima di pietrificarsi.
Reyna, preoccupata, gli chiese se volesse vedere Calypso. Era disposta addirittura a farla venire a Palazzo, se questo poteva aiutare Percy a riprendersi. Ma il ragazzo scosse la testa, in dissenso.
Rimase immobile per ore, tutta la notte, a fissare il vuoto e quasi senza pensare, semplicemente sconvolto.
Poi, piano piano, le emozioni tornarono a farsi sentire, e mille pensieri lo invasero.
Ma era inutile arrovellarsi, non poteva fare nulla per rimediare all'accaduto, a meno che non si potesse tornare indietro nel tempo di un paio di mesi, a prima che accettasse l'invito di Calypso a cena.
Se avesse potuto, sapendo cosa sarebbe successo, l'avrebbe mandata agli Inferi, e tanti saluti!
Si rendeva conto che nulla, ma proprio niente di niente, poteva giustificare le azioni di Leo e la sua eccessiva gelosia. Però, pensò che la ragazza non fosse stata onesta, né con l'ex fidanzato, né con lui. E poco c'entrava la paura di restare sola, avrebbe dovuto dire tutta la verità a Percy. E anche sparire nel nulla solo per semplificare le cose dopo la rottura non era stato proprio un bel gesto...
Voleva vederla, per chiarire subito quei punti spinosi. E voleva vedere Leo.
Leo, che, nonostante il terribile dolore fisico che gli aveva provocato, Percy vedeva come vera vittima di tutta quella tragedia. Vittima di una ex fidanzata un po' egoista e superficiale; vittima di un amico poco leale e altrettanto concentrato sul proprio piacere; vittima delle sue stesse paure e debolezze, che gli avevano avvelenato l'animo e annebbiato la mente.
Decise di alzarsi dal letto, di scatto, e per poco non cadde per le vertigini. Si drizzò con cura, sentendo tutta la pelle appena rigenerata tirare. Andò verso lo specchio con cautela e studiò il proprio corpo, che, per molti aspetti, era quasi del tutto nuovo.
E per un attimo si stupì del suo stesso potere. Era molto pallido, perché la nuova pelle non aveva ancora visto la luce del sole, e anche perché era deperito. Aveva perso almeno 5 kili in un colpo per gli sforzi profusi, similmente a quando aveva fatto eruttare il Sant'Elena.
I capelli erano di nuovo della loro solita lunghezza, neri e indisciplinati come sempre. Gli occhi verde mare erano proprio i suoi, con le stesse striature, gli stessi dettagli che ricordava.
Poi, si guardò la schiena, pensando che, avendo la pelle totalmente nuova, il tridente fosse sparito. Invece, quella specie di tatuaggio era ancora lì, al suo posto, a perenne monito della sua natura mortale, marchiata dal potere divino che aveva osato piegare.
Si accigliò, sospirò sconsolato, e si infilò la propria vestaglia porpora.
Poi, affamato, andò verso il tavolo della propria camera da letto, e vide che c'erano delle pietanze già pronte appoggiate insieme a qualche fiore: una torta di mele, ricetta di Hazel, che doveva essere venuta a trovarlo quando era ancora in convalescenza.
C'erano poi dei churros, che Percy riconobbe come quelli che cucinava la sua fidanzata. Non aveva affatto voglia di mangiarli, e li gettò nel cestino delle immondizie.
Poi, in un angolo del tavolo, vide un piatto avvolto nella pellicola, con all'interno dei pancake blu.
Sentì un groppo in gola e una scossa alla base della spina dorsale. Allungò una mano per prendere il biglietto che accompagnava il piatto "Rimettiti presto, Testa d'Alghe." e il primo sorriso della giornata gli increspò le labbra.
<<Xanto! Portami del cioccolato fuso per favore, ho voglia di pancake!>> e si sedette al tavolo scartando il piatto.
Dopo un pasto che sapeva di "casa", Percy si sentì più lucido e rinvigorito.
Si vestì in abiti casual, e uscì dal proprio appartamento. Trovò Reyna che leggeva su una poltroncina nella sala di Giunone, stranamente vicino alla porta dell'appartamento di Nettuno, e capì che era rimasta lì in attesa, per controllare che andasse tutto bene e intervenire al minimo accenno di crollo nervoso.
La ragazza scattò in piedi appena lo vide, sorpresa e preoccupata <<Dove vai? Stai abbastanza bene per uscire?>>
Percy annuì, e aggiunse <<Vado a trovare Leo.>> continuando a camminare.
La ragazza non ne fu sorpresa, e lo seguì <<Ok, ti accompagno...>>
<<Non ce n'è bisogno.>> rispose lui in tono neutro.
<<Beh, non ti lascio andare da solo da chi ti ha quasi ammazzato!>> ribatté senza ammettere un rifiuto, e ordinò alla carrozza consolare di essere preparata.
<<Non voglio andare in veste di Console, voglio andare come Percy e basta...>> sottolineò lui.
Lei fece spallucce <<Va bene, come vuoi... Ma dobbiamo andare verso il Campo Marte, e non sei ancora in condizioni di cavalcare o volare...>> affermò sicura slacciandosi il mantello e restando a sua volta in abiti casual.
Percy scosse la testa sbalordito <<E quindi come ci arriviamo?!>> chiese confuso.
<<In macchina, Percy! Tuo padre ti ha regalato un'intera concessionaria per farsi perdonare! Il garage interrato è pieno delle tue auto... Prendi una chiave a caso, e ti porto alle prigioni.>>
Percy sbuffò e annuì esasperato, sapendo che provare ad opporsi a Reyna quando era così risoluta era del tutto inutile, e tornò in camera a prendere le chiavi di una macchina – quella che gli sembrò la meno appariscente – un Porsche Cayenne nero.
Tornato nel salone lanciò le chiavi a Reyna, e scesero al garage.
Una volta arrivati alla loro destinazione, i due ragazzi si inoltrarono nel piano più basso delle prigioni, quello di massima sicurezza.
La cella più profonda era stata allestita appositamente per Leo, che era fasciato in una specie di camicia di forza con gli arti stretti al corpo in posizione rannicchiata, e immerso in una teca d'acqua che gli lasciava uscire solo la testa per respirare.
Percy si incamminò verso la cella, cercando di farsi coraggio per l'imminente confronto, ma rimase atterrito quando vide come Leo stava venendo trattato.
Corrugò la fronte in un'espressione per nulla contenta, e lanciò un'occhiataccia alla collega al suo fianco, che tuttavia sembrò stupita quanto lui per l'eccessiva brutalità riservata al prigioniero.
Leo aveva abbastanza agio per potersi muovere in quella specie di vasca al massimo per potersi girare intorno al proprio asse, e in quel momento era parallelo all'ingresso, con la testa poggiata contro il plexiglass della teca, e lo sguardo perso nel vuoto verso la parete opposta.
<<Leo...>> provò a chiamarlo Percy.
Il ragazzo lanciò una veloce occhiata ai due ospiti alla propria sinistra, poi tornò a fissare il vuoto, e con tono assente disse <<Ma guarda, i due grandi Consoli di Nuova Roma. Le due persone peggiori che conosco... tralasciando il figlio di Ade, ovviamente.>>
Reyna deglutì, e provò a parlare <<Leo, mi dis...>> ma non poté finire la frase, perché il figlio di Efesto la interruppe <<Mi fidavo di te, più di chiunque altro. Pensavo fossi mia amica e volessi aiutarmi, abbiamo parlato tanto... di cose intime... e tu capivi le mie sofferenze, e mi hai dato dei consigli che ho creduto sinceri. E poi... scopro che hai nascosto la mia ex fidanzata, e non mi hai detto niente! Tutto questo è anche colpa tua!>>
Reyna, ferita da quelle accuse, si giustificò con tono serio e solenne <<E che avresti fatto, sapendolo? Non potevo dirtelo. Calypso mi ha scongiurato di poter vivere qui per poterti stare lontana. E io sono Console. La mia lealtà, innanzitutto, va alla mia città e alla comunità che vi abita. Sapere dove lei fosse, non ti avrebbe concesso di guarire. Mi dispiace che tu non abbia capito che volevo davvero esserti amica e aiutarti, ma senza fare un torto a chi mi chiede asilo legittimamente. Quel che hai fatto non ha scusanti, Leonidas.>>
Leo trasalì. Nessuno osava chiamarlo col suo nome per intero, che ormai quasi aveva dimenticato, se non sua madre, quando, da piccolo, lo rimproverava per qualcosa di davvero grave.
Si voltò per guardare la ragazza, quasi come volesse chiederle scusa per quell'affronto verbale, ma lei se n'era già andata lasciando solo Percy.
<<Una donna onesta e coerente con sé stessa, finalmente>> mormorò Leo compiaciuto tornando a fissare la parete, e aggiunse <<Incredibile che anche una in gamba come lei abbia un debole per un verme.>>
Percy sospirò, cercando di non dar peso a quelle parole. Poi, riprovò a parlare <<Leo...>>
<<Oh guarda, i vermi parlano! Da quando?>> chiese con quella punta del sarcasmo che lo contraddistingueva. Almeno, il vecchio Leo era ancora sepolto da qualche parte, sotto a quello strato di gelosia e rancore.
<<Parliamo da persone adulte o vuoi continuare con questa pantomima? Devi affrontare ciò che è successo. Dobbiamo entrambi.>> esclamò serio, e si avvicinò alle sbarre della cella, appoggiandovisi.
<<Attento, Console! Non lo sai? Sono pericoloso!! Non vedi!?>> sussurrò canzonatorio, provando a scuotere le braccia, a voler sottolineare come fosse del tutto innocuo, così ridotto. Poi aggiunse <<Tu invece sembri stare proprio bene. Ma guardati, sei in ottima forma! Ogni pezzo al suo posto...>> esclamò ironico.
<<Mi hai quasi ammazzato. Mi stavi bruciando vivo in una casa di legno dopo avermi rinchiuso dentro privo di sensi. Poi hai provato a strozzarmi e bruciarmi di nuovo! Ho sentito il mio corpo andare a pezzi, l'odore della mia carne bruciata! Poi, non ho sentito più nemmeno quello! Ero cieco, muto, sordo e privato da ogni sensazione! Solo perché ti ho perdonato, non significa che non abbia sofferto come un dannato!>> esclamò con rabbia cercando di riportare la conversazione ad un piano più serio.
<<Ma tu sei ancora tutto intero, ora! Ti rigeneri, cazzo!! Io cos'ho, invece!? Non solo mi hai portato via la donna che amavo, ma la tua fidanzatina di riserva mi ha anche rubato il dono più grande che avevo! LE MIE MANI! Ciò che mi rendeva speciale, unico! L'unica cosa di cui andavo fiero e di cui potevo vantarmi! Non potrò più... fare niente... toccare niente... accarezzare nessuno... Vaffanculo, Percy! Tu e quel frocio di Nico.>> esclamò sputando veleno.
Percy si sforzò di non reagire a quelle offese omofobe e strizzò gli occhi per mantenere la calma. D'altronde, Leo era in una vasca piena d'acqua, gli sarebbe bastato poco per affogarlo solo col pensiero...
Ma l'unica cosa che gli suscitava era compassione.
<<Smettila di comportarti da stronzo! Il Leo che conosco non direbbe mai una cosa tanto spregevole! E Nico voleva solo salvarmi! È stato costretto ad agire così! Se tu non avessi reagito come un pazzo, se fossi rimasto lucido, nulla di tutto questo sarebbe successo, e tu avresti ancora le tue mani!>>
<<Se tu avessi tenuto il cazzo nei pantaloni, bastardo sleale che non sei altro, non ci sarebbe stato alcun problema!>>
<<Ah! Quindi quello che ho fatto io giustifica quello che hai fatto tu!? Sei serio!? Io sarò anche un bastardo sleale, come dici tu. Ma tu saresti un assassino, ora, se io non fossi chi sono. Ne andresti fiero!?>>
Leo mosse la testa di scatto, come in preda ad un tic nervoso, nel tentativo di nascondersi il volto, ma non potendo <<Certo che no.>> ammise mormorando.
Percy rimase stupito da quell'ammissione, e cauto chiese <<E allora perché? Perché l'hai fatto?>>
<<Io non volevo davvero. Ma non riuscivo a controllarmi. Io... io non ho mai provato così tanta rabbia. Ero lucido, percepivo tutto perfettamente. Ma... ma... era come se stessi guardando qualcun altro. E non volevo fermarmi.>> piagnucolò singhiozzando.
Poi, i suoi lamenti si placarono, e con rinnovata convinzione e tono duro disse <<Ti odio. Non avrei mai pensato di poter provare un sentimento tanto viscerale quanto negativo. Ma, ehi, dicono che se sai amare tanto, sei anche in grado dell'opposto... no?>> concluse con ironia.
Percy sospirò, e tentò di nuovo a farlo ragionare <<Leo, voglio solo aiutarti... Davvero.>>
<<Vattene, Grande Figlio di Poseidone. Torna alla tua vita splendente e perfetta, tra tutti quelli che ti idolatrano, ti cadono ai piedi, in attesa di un tuo semplice cenno di assenso, e tutte quelle donne che si prostrano supine pronte per te!>>
<<Mi invidi così tanto?>> chiese sconvolto.
<<Ah! Chiunque ti invidierebbe. Hai tutto. Ottieni tutto ciò che vuoi, e senza fatica!>> lo rimproverò.
<<Beh, ammetto di essere fortunato. Ma non direi proprio che ottengo tutto senza fatica, o sofferenze. Solo perché sorrido sempre e vado avanti a testa alta, non significa che non sia a pezzi per qualcosa. Pensavo che tu più di tutti lo capissi. Ci sono molte cose che non sai di me.>>
Leo sbuffò e scosse la testa, ritendendo quelle parole aria al vento <<Vattene, Yankee viziato.>>
Percy, capendo che era inutile proseguire oltre e che il ragazzo non era ancora del tutto lucido, sbuffò e scosse la testa, ripensando all'ultima volta che qualcuno l'aveva chiamato così.
Si allontanò dalle sbarre, e si rivolse ad una delle guardie <<Toglietelo da quella dannata vasca, per gli dei! E dategli degli abiti normali e comodi! Non c'è bisogno di trattarlo come un animale!>> esclamò con rabbia.
<<Sì, Signor Console!>>
<<Ohhh guarda come scattano ai tuoi ordini, Signor Console! Sei sicuro di quel che fai?! Non ho le mani, ma potrei comunque trovare un modo per scappare! E che farai, poi, se scappo per colpa tua?!>> chiese in tono beffardo.
Percy si girò piano verso Leo, e con sguardo feroce ma tono calmo rispose <<Ti ammazzo. E stavolta non sarò clemente, lo vorrò davvero anche io. E io ottengo sempre ciò che voglio, no?>> e voltò le spalle alla cella per andarsene, mentre l'espressione sardonica abbandonava il volto del prigioniero.
Quando Percy risalì dalle segrete, trovò Reyna ad aspettarlo già in macchina.
Guardandola in volto, il ragazzo capì subito che doveva aver pianto, ma non aveva affatto l'aria di volerne parlare.
Prese il posto del passeggero, e partirono alla volta del Palazzo.
<<Cosa possiamo fare per Leo?>> chiese ad un certo punto Percy spezzando quel silenzio.
<<Abbiamo già fatto quel che andava fatto. È stato arrestato e sconterà una pena.>> rispose Reyna perentoria.
<<Ma non si può fare nient'altro?>> insistette Percy.
<<Certo. Possiamo buttare la chiave della cella.>> rispose lei con un sarcasmo inacidito.
Suo malgrado, il ragazzo si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, ma tornò subito serio <<Mi rendo conto che tu sia arrabbiata, ma...>>
<<No, non sono arrabbiata. Sono FURIOSA, e delusa.>> ribatté quasi ringhiando.
<<Eravate molto... intimi?>> chiese Percy non sapendo cosa aspettarsi da quella risposta.
Reyna si asciugò un principio di lacrima da un angolo dell'occhio, e disse <<Ci eravamo avvicinati molto dopo la sua prima rottura con Calypso. Mi faceva un po'... pena. Mi ha chiesto dei consigli sulle donne, e all'inizio lo trovai buffo, e un po' fastidioso. Ma... mi stava simpatico, e siamo diventati amici. Siamo rimasti in contatto, e quando Calypso lo ha lasciato di nuovo, gli sono stata molto vicina, veniva da me almeno un paio di volte a settimana, a inizio anno.>>
Percy si accigliò, leggermente confuso. In quel periodo, anche lui era appena stato lasciato da Annabeth, e Reyna gli era stata molto vicina. Però, effettivamente, un paio di cene a settimana lei mancava e gli diceva di essere impegnata. Di certo non si aspettava che in quelle occasioni fosse a leccare le ferite anche a Leo.
Dapprima, trovò la cosa molto dolce, e pensò che Reyna fosse stata incredibile ad occuparsi di due casi umani piagnucolanti e nel contempo sostenere una campagna elettorale – che poi aveva pure vinto! Una donna unica.
Poi, però, pensò a come le cose si erano trasformate tra loro, iniziando proprio da quell'amicizia che tanto lo aveva aiutato ad andare avanti in quel momento buio, fino ad arrivare a qualcosa di più intimo e carnale... e sentì un peso sullo stomaco e il sangue pulsare nelle orecchie mentre si chiedeva se...
<<Ci sei andata a letto?>> chiese all'improvviso senza sapersi trattenere.
<<Cosa?!>> sbottò lei incredula.
<<Beh, sei stata molto vicina anche a me in quel periodo, per aiutarmi... e noi siamo finiti a letto. Mi hai sempre detto di avere vari amanti, quindi...>> specificò un po' seccato.
<<No, Percy. Non siamo stati a letto, siamo solo amici... eravamo.>> concluse amaramente.
Il ragazzo tacque, leggermente compiaciuto e rincuorato, senza nemmeno spiegarsi perché.
<<Comunque, non possiamo lasciarlo marcire in quella cella, non lo merita...>> proseguì pensieroso.
<<Sei serio? Non lo merita?! Io capisco che fosse un amico, ma quel che ha fatto è gravissimo. Ti ha quasi ucciso, Percy. E ripeto, ci sarebbe ben riuscito se tu non fossi... tu. Non ci sono scuse, né attenuanti. Tutti abbiamo problemi, tutti subiamo torti, ingiustizie, tradimenti... Ma se esiste una civiltà, una cultura, delle leggi... è proprio per tutelarsi e convivere pacificamente! Per quanto quel che hai fatto possa essere moralmente poco corretto, non hai fatto niente di davvero grave e non hai infranto alcuna legge. E non meriti di certo di morire per questo, no? Per me, è praticamente un assassino.>>
<<Lo sono anche io.>> mormorò triste.
<<Ma che stai dicendo!?>>
<<Ho fatto ben di peggio, io, quando ho perso il controllo. Le conseguenze delle mie azioni sono state devastanti, in passato. Eppure, io non sono rinchiuso in una cella...>>
<<Ti riferisci ai Caraibi? Quando hai aiutato tuo padre?>> chiese confusa.
<<Beh, quello, ma non solo... Ma ho ucciso anche io, e parecchio. E anche degli innocenti.>> ammise con rammarico.
<<Percy, questo non è assolutamente comparabile! Tu stavi combattendo! Le tue azioni erano necessarie per evitare catastrofi ben peggiori! Per riportare la pace! Stavi agendo per il meglio, come un eroe!>> lo ammonì con passione.
<<Quindi, quelle vite contano meno? Erano sacrificabili? Necessarie a ristabilire la pace!? È questa, la differenza? Quel che ha fatto Leo è quasi un omicidio, e quel che ho fatto io era eroico!?>> chiese per nulla convinto.
<<Sì, Percy. Non sarà giusto, né corretto in un mondo civile. Ma la differenza tra voi due è abissale, ed è terribile che tu non la percepisca.>> ribatté tristemente.
<<Ma anche Leo è un eroe. Ha salvato molte vite, è stato fondamentale in più di un'occasione. Tutto questo non conta? Ha cancellato tutto con un unico gravissimo errore?!>> chiese quasi scaldandosi.
Reyna fece spallucce <<È più semplice giudicare qualcuno in base alle azioni brutte, che alle azioni belle. Soprattutto se quelle brutte avvengono dopo...>>
<<Lui potrebbe ancora dimostrarsi un eroe, è una persona valida, e buona!>> insistette con fervore, e concluse <<E tu lo sai, la pensi come me, anche se ora sei molto delusa.>>
Reyna, confusa e triste, scosse la testa provando a pensare ad una soluzione <<Forse... forse... Visto che la vittima sei tu e non sembri voglioso di rivalerti per il torto subito... e visto che nessuno, tranne me, Frank, Nico, Hazel ed Annabeth sa cosa sia successo, immagino che potremmo... potremmo condannarlo solo per incendio doloso e distruzione di terreno della Res Publica. La pena è comunque severa, ma non come quella di un tentato omicidio... e di un tradimento al Consolato. Così invece verrà reinserito nella società...>>
Percy capì che Hazel sicuramente aveva saputo dell'accaduto da Frank, era inevitabile; ma si sforzò di ignorare il fatto che anche Annabeth fosse al corrente di tutto, ma almeno capì il perché dei pancake blu, e si concentrò sull'idea di Reyna <<Davvero? Quindi... sconterebbe 1 anno di prigione, e 3 lavorando al servizio della Res Publica in giro per il mondo, giusto?>>
<<Corretto. Abbiamo promulgato noi certe leggi; dopotutto, crediamo nella possibilità di redenzione di un individuo e un inserimento costruttivo nella società, no?>>
<<Sì, infatti. Quindi... non riveleremo in giro che sono quasi stato ucciso? Parleremo solo di un incendio?>>
Reyna si strinse nelle spalle pensierosa <<Sì, se anche gli altri accetteranno di tenere il segreto. Se decidono di no, malgrado tu non voglia, Leo verrà processato comunque, e sarà la Res Publica stessa ad accusarlo come parte lesa. L'idea di avere un segreto del genere contro la legge non mi piace, Percy, sono sincera. Ma anche far sapere in giro che un tuo amico ti ha quasi ucciso non sarebbe una gran bella pubblicità, non dopo l'attentato a me. Si chiederebbero che genere di persona spinge un amico ad un atto del genere, iniziando a pensare davvero male, e potrebbero usare questa cosa per farci perdere consensi...>> ragionò cupa.
<<Va bene, allora dobbiamo solo parlare con gli altri e chiedere di mantenere il segreto...>>
<<Potremmo parlare a Frank ed Hazel già stasera... E Nico... beh, quando si farà vivo...>>
Percy guardò Reyna con un'espressione confusa, ma lei non spiegò altro; quindi, il ragazzo proseguì <<Con Annabeth parlerò io.>>
<<Ok. Assicurati che non abbia detto nulla a Lacroix, oltretutto...>>
<<Ahhhh che palle...>> mormorò seccato.
<<Ti sei dimenticato di qualcuno.>> lo ammonì la ragazza, quasi compiaciuta.
Percy si stupì di quella dimenticanza, e in tono serio rispose <<Hai ragione. Anzi, portami subito da lei, voglio parlarle ora.>>
Eccomi qua! Vi sono mancata?! Vi ho lasciato una settimana di tempo per riprendervi dall'ultimo capitolo... ma the show must go on! Quindi, eccovi un nuovo capitolo, e spero di pubblicarne altri durante il weekend!
Come sempre, attendo i vostri commenti e qualche like magari!! 😘😘
P.S. ho deciso di spiegare i titoli, quando magari si nasconde dietro un messaggio più profondo di quanto sembri...
Invidia e compassione. Nel capitolo leggiamo di due personaggi che provano questi sentimenti l'uno per l'altro, e per il titolo mi sono ispirata ad un aforisma di Talete che recita "Meglio essere invidiato che essere oggetto di compassione."
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