AMORI SUL CAMPO - Parte 1
Dopo un'infinità di tempo, siamo pronti a iniziare una nuova Giulia legge Giulia, a.k.a. "Ripesco la merda dagli archivi".
La storia che ci apprestiamo a leggere, intitolata "Amori sul campo" come potete leggere in calce, è ambientata in un liceo classico di non so dove. Credo di averla scritta orientativamente nell'estate tra la terza media e il primo anno di scuola superiore, lì dove si faceva sentire forte e chiara la voglia di trovare un fidanzato fino a quel momento non esattamente pervenuto - salvo poi constatare che nella mia classe le ragazze erano 28 e i ragazzi 3. TRE. Di cui uno interessato alla fagiana quanto noi, uno socialmente disadattato e uno vagamente passabile su cui si è fiondata a turno tutta la fauna locale, scarseggiando le alternative. Ma questa è un'altra storia.
Credo che questa sia meno interessante dei nostri #marcoesara, come se avesse una sorta di tono più mogio e melanconico di fondo che... meh. Non ci regalerà le stesse vibranti emozioni.
Ma tranquilli, la cerebrolesione era prerogativa fondamentale per i miei personaggi, quella non mancherà. Fa parte delle certezze della vita.
In compenso questa storia, seppure breve, è stata da me sviluppata più nel profondo: non mancherà di colpi di scena, atteggiamenti da vera ghetto girl e situazioni drammaticheh a botte di cliché ben assestati. Insomma, ci terremo pur sempre compagnia.
Ora, come sempre, allacciate le cinture e... buon viaggio!
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Sara aveva ormai deciso. Giusto per trascorrere un po' il tempo, giusto per allenarsi, giusto perché le piaceva...giusto per fare nuove amicizie, ecco. Non sarebbe stato male trascorrere tre pomeriggi la settimana, per due ore, sul campo di pallavolo, tutto sommato si era quasi tra amici, tutti della sua scuola, il Liceo Classico "Smaldone".
Iniziamo così, brutalmente. Roba che uno non può distrarsi un attimo che si ritrova schiaffato nella narrazione, al liceo di non so dove e insieme a tale Sara di cui non è dato sapere di più se non che sta cercando amicizie col lanternino con la stessa foga con cui ultimamente io vado a caccia di gioie e scene porno legali (cit. ItsCrisHere ) ne Il sapore del sale (è pubblicità occulta, sì).
Sara ripeteva in ogni momento che sarebbe stata una nuova esperienza, che avrebbe conosciuto tanta gente e che si sarebbe fatte tutte quelle amiche che le erano mancate in quel periodo. Era affascinata dall'idea di avere un piccolo gruppo di amiche, con cui confidarsi piccoli segreti e confidenze, con cui consigliarsi e aiutarsi, consolarsi e sorridere. Un piccolo club di amiche sempre allegre, pronte ad aiutarti nel momento del bisogno. Era sempre stato il suo piccolo sogno, un sogno mai realizzato, e che Sara sperava si realizzasse presto.
Praticamente in due parole Sara, la nostra giovane sconosciuta, fino a quel momento aveva avuto nella sua scuola la stessa rilevanza dei soldi del Monopoli nella vita vera: nessuna.
La sentite fino a lì, la sindrome dell'orfanella emotiva? La sentite?
- Sara? Sara? Scendi su, siamo arrivati. (Virgole, queste sconosciute. La storia potrebbe anche interrompersi qui, visto che credo che Sara sia ancora impegnata a provare a scendere sù e salire giù.)
- A che ora ti vengo a prendere?
- Alle otto papà. A più tardi.
Sara scese dall'auto, i boccoli biondi sempre arruffati, gonfi di vento tenuti stretti da una fascia, una pesante e ingombrante sciarpa al collo e la sua tipica aria goffa e impacciata di quando si trova in una situazione nuova. Il casco in una mano e tutte le sue speranze nell'altra, Sara entrò nell'atrio dell'odiatissima scuola, scese in palestra ed entrò nello spogliatoio delle ragazze.
Nemmeno mi soffermo sulle ripetizioni e sul fatto che fossi fiera campionessa olimpica del salto del tempo verbale (passato remoto - presente - passato remoto again, where's my medal, BITCH)
Dieci ragazze, con lei undici, si stavano tranquillamente cambiando. Per la maggior parte si trattava di facce a lei sconosciute, oltre a qualche faccia intravista qualche volta. Vide Elena, la ragazza più in della scuola, una bellissima e ricchissima ragazza un po' snob, con il suo piccolo club.
*CHEERLEADER ALERT*
Poteva mancare? Poteva? La tipa più famosa della scuola tutta sorrisi luccicanti che Mentadent scansate e più soldi sul conto in banca che pretendenti al seguito? Con tanto di club di sostegno? No che non poteva. Almeno lei non ha tutte le curve al posto giusto.
Tutti i ragazzi avrebbero fatto carte false per stare con lei. Tutti conoscevano Elena, almeno di nomea, ma Elena ne conosceva pochi. Sara mollò la borsa su una panca e si cambiò velocemente. Una volta in campo si sedette per terra e aspettò che entrassero tutti.
- Che fai lì per terra? Scaldati, no?
Un'improvvisa voce alle sue spalle. Sara si voltò. Era Elena, una ragazza alta e mora, con tutte le curve al posto giusto e una faccia, tutto sommato, simpatica.
Come non detto.
- Sì, hai ragione, non ci avevo pensato...
*FACEPALM IMMEDIATO*
Quindi non eri venuta in palestra per imprimere sul pavimento le tue chiappe d'oro come fosse la versione glutea della Walk of Fame!
- Da quant'è che giochi?
- Veramente non ho mai giocato...
- Poco importa. Sono Elena, e tu?
- Sara. Che classe fai?
- La quinta D. Tu?
- La quinta A.
- Conosci Marco Giuliacci?
- Sì, viene in classe mia.
- Non è davvero carino? Ma a me piace un altro, Francesco Filoni, va in prima C. Frequenta anche questo corso, è per questo che sono qua. Allora? Lo conosci?
- Un po' per sentito dire, ma non l' ho mai visto...
- Adesso te lo faccio vedere, è amico mio...
Elena la trascinò verso il lato opposto del campo. Un gruppetto di ragazze e di ragazzi parlavano tra di loro.
Elena chiamò:
- Checco!
e un ragazzo alto e particolarmente carino si staccò dal gruppo.
*IMPRINTING ALERT*
Elena attaccò bottone:
- Allora? Cosa ne pensi di questa idea della pallavolo?
- Bah, non lo so, ancora dobbiamo iniziare, poi ti dirò...piuttosto, non mi presenti la tua amica?
Provolone stagionato, bello de mamma.
- Scusami piccolo. (Piccolo. PICCOLO. Hardin e Tessa, da qualche parte nell'universo delle storie di merda, sono molto fieri di me) Sara, Francesco, Francesco, Sara...
- Piacere...
- Il piacere è tutto mio, credimi...non s'incontrano tutti i giorni belle ragaz...
- Allora? Andiamo?
Elena si era violentemente immessa nel discorso, quasi come se volesse interrompere Francesco. (Ma come ti viene in mente, a me pareva conservasse la stessa pacatezza di Zequila ospite dalla Venier) Nel frattempo era arrivato l'allenatore, che li divise, per il momento, in squadre. Avrebbero disputato la prima partita tra una settimana esatta, e avrebbero dovuto allenarsi duramente.
L'allenamento fu abbastanza difficile. Si partì dalle nozioni base per arrivare a una partita vera e propria. Si faticò molto e l'allenatore, che tra l'altro sembrava severo, ma abbastanza simpatico, disse che avrebbero dovuto lavorare molto (e sottolineo quel molto) per vincere, poiché anche l'altra squadra era molto forte.
Ma d'altronde si sa, chi la dura la vince. E qui Francesco sembra vere tutte le carte in tavola.
Alla fine dell'allenamento Sara ed Elena si scambiarono i numeri di cellulare e Sara credette di aver trovato un'amica.
Speranzosa la memorizzò subito "Elly :-)".
Quando uscì, come al solito, suo padre non c'era. Proprio in quel momento squillò il cellulare: suo padre.
- Ehi piccola (ma allora è un vizio!)...dato che tarderei a venire di una mezz'ora, perché non torni a casa a piedi?
- Certo papà, non c'è problema...
- Ehi piccola, sei arrabbiata?
- Noo, perché dovrei?
Sara chiuse in faccia al padre il telefono. Odiava suo padre quando faceva quei ritardi. Sua madre era decisamente più puntuale, ma era in giro per lavoro...vabbè, pace. Ormai era andata. Circa 5 kilometri a piedi da sola, cosa vuoi che siano?
Stava per incamminarsi, quando arrivò Francesco sulla sua vespa.
- Sara, giusto? Hai bisogno di un passaggio?
No che non ne ho bisogno. Non ti conosco, non so chi sei né a chi appartieni, per quanto ne posso sapere puoi portarmi in un vicoletto umido e approfittarti della mia totale inesperienza sessuale e del mio palese disagio nei confronti della vita per infilare di prepotenza il biscottino nella mia tazzona di latte scremato. Vai a disturbare qualcun altro, per favore.
In quel momento Sara dimenticò tutte le regole che gli avevano insegnato i genitori riguardo agli estranei.
- Sì, grazie.
- Dove abiti?
- Via Dacci, la conosci?
- Sì. Monta su, almeno non te la fai a piedi.
Sara salì e partirono sgasando. Arrivarono in un lampo, forse un po' troppo velocemente, pensò Sara.
- Tutto ok? Hai le chiavi?
No, avevo in mente di restare a contemplare il cancello per un po', mi sto allenando per le semifinali di stalking seriale di porte chiuse.
- Sì, non ti preoccupare...Grazie, a domani.
- E no, adesso non mi lasci così, manco mi ringrazi...
- Cosa devo fare? Non ti ho già ringraziato?
- Non dovutamente...Voglio il tuo numero di cellulare.
- Non si dovrebbe chiedere "per favore"?
- No, perché lo pretendo.
E sai dove te la puoi infilare, la tua pretesa, piccolo bed boi de noantri? Lo sai?
Si scambiarono i numeri di cellulare (ho perso le speranze, Sarà ha venduto la dignità al mercato nero in cambio della possibilità di entrare nel bitches club di Elena. Non se la tirerebbe manco se ce l'avesse legata al polso e dovesse farlo per forza per muoversi) e Sara entrò a casa. Guardando dalla finestra lo vide andare via a tutto gas. Era proprio bello, lo ammise. Forse un po' troppo irraggiungibile, non poteva proprio lei, la timida Sara, piacere a quel fantastico ragazzo. La cena trascorse tranquillamente, e, verso le 22 Sara ricevette un messaggio.
Col cuore che batteva forte lo lesse.
Era di Francesco, che le chiedeva che classe faceva.
Continuarono a messaggiarsi (mi sto per tirare la Treccani in testa) per un po', finché Sara non andò a letto.
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Finisce qui, momentaneamente la nostra simpatica avventura. Cosa sarà accaduto il giorno dopo a scuola? Quali emozioni intense ci regaleranno il mandrillone arrapato e la Hope nostrana de noantri? Voglio sentire le vostre teorie!
Ciancio alle bande, vi auguro una buona notte e...
Alla prossima meravigliosa puntata!
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