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Buon compleanno, sapientona!

Buongiornissimo 

Sì, lo so. Ho sforato di circa un'ora e mezza il compleanno della nostra Annie, ma facciamo finta di niente HAHAHA

Quest'oggi mi sono superata, vi avviso :)

Spero vi possa piacere e BUONA LETTURA. 


"Percy, avanti sbrigati"

"Sì sì, lo so. Devo ancora finire. Dammi un attimo"

Sentii Beckendorf sbuffare dall'uscio della porta; la sua massiccia figura era pressoché celata a occhi indiscreti dalle luci spente della stanza. Era inginocchiato, e stava macchinando con la maniglia di ottone, mentre teneva un'occhio appoggiato alla serratura.  "Il diversivo è buono ma non ci coprirà ancora per molto"

Imprecai animatamente e mi inchinai per la millesima volta per osservare il fuoco danzare e scoppiettante nel piccolo focolaio su cui era appoggiato un vassoio. "Ancora pochi minuti" bisbigliai di rimando al figlio di Efesto. Il ragazzone scosse la testa, andando a sbattere contro lo spigolo di un mobile  "AHI! DANNAZZIONE" gridò irritato, tastandosi preoccupato la sommità del capo. "Sht sht" lo zittii, senza distogliere lo sguardo "Mannaggia a te. Non potevi comprarne una confezionata? Ah, no giusto, dimenticavo che sei pazzo d'amore" borbottò

Arrossii nell'oscurità, rischiando di mollare la presa della torcia tra le mie mani. "Mia madre ti direbbe che è bene spendere del tempo per un amico"

"O per la propria ragazza" gli lanciai un cucchiaino, ma Beckendorf lo afferrò al volo ridacchiando "Non hai la mira COSI' scarsa Jackson! Mhh... OH, Però l'impasto è davvero buono. Sicuro di non essere un figlio Demetra?" diede un'altra leccata al cucchiaio e me lo rilanciò: beh, lui aveva una mira decisamente migliore della mia e mi prese proprio alla base del collo. 

Mi tappai la bocca per non lanciare un'urlo molto poco virile. "Va' all'inferno" lo apostrofai. Il figlio di Efesto per tutta risposta mi derise. Prendendo a raccolta tutta la mia concentrazione (che era poca), riportai l'attenzione sulla torta. "A me sembra cotta"

"Oh, sia lodato il cielo" esultò. "Però dovrei controllare con gli stuzzicadenti se anche dentro lo è" La mia affermazione fu seguita da un mormorio di disapprovazione "Da quando sei così precisino?"

Scrollai le spalle, aprendo cassetti e ante fino a trovare un pacchetto di stuzzicadenti "Beh, diciamo che ci tengo..." Potevo immaginare Beckendorf annuire pensieroso, prima di dire: "Capisco, ultimamente tra voi le cose non stanno andando molto bene, vero? E' cotta di te, amico. Più ti detestano, più sono attratte: è un classico"

"Non ti facevo un esperto d'amore" mormorai, scuotendo poi la testa "Comunque, non è questo il caso." Ormai avevo l'impressione che tutto quello che avrebbe potuto tra noi esserci un anno fa, si fosse frantumato da tempo. "La torta è pronta" annunciai, spargendo la cenere sulle braci ardenti. Un grido di esaltazione rispose alle mie parole e Beckendorf si stiracchiò, tirandosi in piedi, con un cipiglio quanto mai soddisfatto. "Fantastico, prendi il misfatto e leviamoci prima che le arpie ritornino. Non sono certo che stiano ancora inseguendo quel disgraziato figlio di Apollo"

"L'hai mandato a rubare le fragole?" domandai, insacchettando la torta e spegnendo la torcia. Il figlio di Efesto annuì: "Brutta storia, ma mi doveva un favore. Ora andiamo nella tua capanna" immediatamente ci gettammo fuori, sbattendo la porta delle cucine. Mi sfuggì una risatina nervosa nello stesso momento in cui realizzai cosa avesse detto Beckendorf pochi secondi prima "In che senso nella mia capanna. Non intenderai mica che dovrei portarla LI'?"

"Esattamente."

Lo guardai a bocca spalancata: "Ma non si può." Tutti al campo sapevano che un ragazzo e una ragazza senza stretti legami parentali (chiunque non fosse tuo fratello, insomma) non potevano rimanere soli in cabina.

Beckendorf mi fece l'occhiolino "Non c'è praticamente nessuno al campo e Chirone sta facendo uno strappo alla regola. Una volta hanno beccato perfino Clarisse e Chris"

Sgranai gli occhi "Davvero?" Il figlio di Efesto mi diede una pacca sulla schiena "Meraviglioso, vero? Ora vai a prenderla amico, ci penso io a sistemarti la torta in cabina"

Arrossi per la centesima volta, ma non esitai a fare quanto mi era stato detto. Improvvisamente avevo le ali ai piedi e in un attimo mi ritrovai nell'arena, dove ero certa di trovarla. Un gruppetto di ragazzi di Apollo faceva pratica con le spade e nel ruolo che un tempo aveva occupato Luke, c'era Clarisse che urlava ordini a destra e manca. Quasi mi dispiaceva per loro. Mi guardai intorno, soffermandomi anche sugli spalti, ma di Annabeth nessuna traccia.

Volai al campetto di tiro con l'arco, ma c'erano solo due figlie di Demetra a scagliare frecce in rapida successione. Ipotizzai fosse allora nell'armeria, ma la ritrovai vuota; nella stalla dei pegasi c'era solo Silena con Malcom ed entrambi mi sorrisero; non mi presi nemmeno la briga di controllare le fucine, giacché nessun fumo si levava dai comignoli. Mi azzardai a bussare nella cabina di sua madre, ma la ragazzina sui tredici anni che mi aprì, scosse il capo, scoccandomi un'occhiata truce. Avvilito e lievemente irritato dalla prospettiva che la torta si stava raffreddando, perlustrai il Campo da cima a fondo (in realtà non misi piede nei bagni delle ragazze ed immagino possiate immaginarne il motivo). 

Giunto in prossimità del laghetto delle canoe, diedi solo una rapidissima occhiata alle imbarcazioni (Annabeth aveva una bizzarra antipatia per quelle cose) e alla parete dell'arrampicata (nell'ultimo periodo non vi si poteva accedere: i semidei erano troppo pochi e nessuno era talmente pazzo da rischiare un'arrampicata in solitaria). Con una certa titubanza, raggiunsi il pugno di Zeus e il fiumiciattolo che segnava il confine per le partite di caccia bandiera. 

Con il fiatone, mi fermai un attimo ammirando la spettacolare vista di cui si godeva da lassù, una sensazione di familiarità mi travolse ed ispirai a pieni polmoni il profumo delle fragole. Stentavo a credere a quanto fosse cambiato il mio mondo dalla prima volta che vi avevo messo piede e nonostante si prospettava una sanguinosa guerra, il campo rimaneva terribilmente bello. Stavo sorridendo beatamente quando un rapido movimento mi distolse e i miei occhi si focalizzarono su un puntino arancione aggrappato (o almeno così mi parve) alla parete dell'arrampicata. Per un'istante pensai fosse lo scintillio della lava, prima di cogliere un lampo biondo. Imprecai. 

Se c'era qualcuno di così folle quella era Annabeth ed iniziai a correre. Stille di sudore scivolarono via dalla mia fronte e la brezza estiva portò via con sé la stanchezza, quindi con la visuale annebbiata ed il cuore in gola, mi precipitai ai piedi del muro dell'arrampicata. Annabeth era una decina di metri dal suolo, avanzava rapidamente conficcando nella roccia i pugnali che stringeva fra le mani, facendo leva verso l'alto. Non ci volle un genio per capire che una caduta da quell'altezza sarebbe stata l'ultima ed improvvisamente i battiti del mio cuore schizzarono a mille. Sapevo che Annabeth non era una novellina qualunque, anzi era al campo da undici anni, eppure la velocità alla quale stava viaggiando, era davvero troppa. 

"ANNABETH" Urlai con quanto più fiato in gola. Impallidii quando mi rispose senza fermarsi: "SONO UN TANTINO OCCUPATA AL MOMENTO"

"CHE DIAMINE CI FAI LASSU'? TI SEI BEVUTA IL CERVELLO?" Premetti i palmi sudati contro i jeans, imponendomi di tranquillizzarmi, dopotutto Annabeth... "MI ARRAMPICO SU QUESTA COSA DA QUANDO AVEVO SETTE ANNI" quasi a leggermi nel pensiero, il vento mi recò queste parole. Un getto di lava gravitò verso di lei, ma rapida come il pensiero, diede uno strattone al braccio sinistro, conficcando il coltello qualche metro in là. La fissai a bocca aperta. Annabeth continuava a salire, con movimenti fluidi e azzardati, forse troppo. "MA NON PUOI STARE LASSU' SENZA NESSUNO" ripresi con voce ansiosa.

"CHE COINCIDENZA! ORA CI SEI TU" potevo quasi immaginarla alzare gli occhi al cielo. "SONO PERFETTAMENTE IN GRADO DI ARRAMPICARMI, SE NON L'AVESSI NOTATO" l'avevo notato eccome: era davvero fenomenale. Tacqui alcuni minuti, limitandomi a fissarla con stupore e sì, anche con un po' di ammirazione: le invidiavo tutto quel fegato. Si destreggiava con maestria, prevedendo ogni movimento.

"CHE CI FAI ANCORA LI' IMPALATO?" mi urlò con tono beffardo. "NON CREDEVI NE FOSSI IN GRADO?"

"ANNABETH, PER FAVORE SCENDI. SEI DAVVERO BRAVISSIMA, FIDATI" la supplicai.

Lei non rispose e continuò a salire. Mancavano circa dodici metri alla cima e il flusso di lava aumentava continuamente. Studiavo le sue mosse e potevo vederle diventare sempre più incoscienti ed azzardate. Mi chiesi per la millesima volta che diavolo avesse in mente. Prima di scoprirlo nel peggiore dei modi, mi aggrappai ad una minuscola sporgenza con la mano sinistra. Mi diedi una spinta con i reni e afferrai un altro appiglio e così via dicendo: seguire il percorso per principianti mi permetteva di essere molto più rapido (oltre al fatto che non sapevo maneggiare bene i coltelli come Annabeth)perciò mi ritrovai ad una quindicina di metri sotto di lei. 

"TORNA INDIETRO ANNABETH. SCENDIAMO, TI PREGO" le urlai supplicando. La vidi scoccarmi una rapida occhiata, ma continuò l'ostinato mutismo.

"E va bene" mormorai tra me e me a denti stretti "Ti vengo a prendere io". Sebbene avessi i muscoli doloranti, ripresi di buona lena l'arrampicata, dieci metri più in basso rispetto alla figlia di Atena.

Potevo quasi scorgere l'espressione stravolta dalla fatica, unita il leggero ritardo dei suoi riflessi nei movimenti,  tanto che un flusso incandescente investì in pieno il suo braccio destro. Urlando dal dolore, Annabeth perse l'appiglio del pugnale e si ritrovò a penzoloni nel vuoto, reggendosi con la sola forza delle braccia al sottile manico dell'altra arma. "ANNABETH" urlai trasalendo.

Mi parve di sentirla ansimare e sussultare. "REGGITI. NON MOLLARE." Iniziai a muovermi con una velocità mai sperimentata prima, sembravo danzare a ritmo dei battiti del mio cuore. "NON MANCA MOLTO, TRANQUILLA" le gridai disperato, benché per quanto fossi andato veloce, mi mancavano parecchi metri. Vidi Annabeth scuotere la testa, mormorando parole che non riuscivo a cogliere. D'improvviso cedette e cacciò un'urlo spaventoso. 

L'afferrai per il braccio, frenando la sua caduta. Digrignai i denti, feci appello a tutte le mie forze per reggerla. Sentivo le sue dita sudate scivolare lentamente, ma la mia mano le stringeva il braccio in una morsa d'acciaio. Il sangue mi affluì al cervello, lasciandomi rosso e poi livido dallo sforzo. "r-riesci a trovare un appiglio?" domandai ansimando. Annabeth si guardò intorno con gli occhi spaesati e scosse la testa. Imprecai.

"Posso provare a sfilarmi la maglietta ed usarla come paracadute" ipotizzò lei. La fissai per un attimo, completamente rosso in viso. Annabeth mi anticipò e scosse vigorosamente la testa "N-non ne avrei il tempo" 

Sentii le mie forze venire meno e lentamente la mia presa sul suo braccio si allentò. Un grido disumano pervase l'aria e realizzai qualche attimo dopo che proveniva da me. Stavo cedendo e Annabeth mi fissò con occhi sgranati dalla paura. Eravamo a 25 metri dal suolo. Mi voltai verso di lei, imprimendomi nella mente ogni suo dettaglio, dallo scintillio dei suoi riccioli, al sorrisetto sarcastico, fino ai suoi occhi meravigliosamente intensi. Dei, forse non ci sarebbe stata nessuna profezia per me. 

 "PERCY. DEVI LASCIARTI CADERE" mi urlò lei. Notai solo in quel momento che aveva il viso striato di lacrime "SEI PAZZA?"

Lei sorrise leggermente "NO, C'E' IL LAGHETTO DELLE CANOE ALLA NOSTRA SINISTRA. SE TROVASSIMO LA TRAIETTORIA GIUSTA, CON LA VELOCITA' AL MASSIMO E IL VENTO DALLA NOSTRA, POTREMMO CADERCI DENTRO"

Strabuzzai gli occhi incredulo: aveva dannatamente senso. "OKAY. COSA DEVO FARE?"

Sul suo viso era improvvisamente comparsa un'espressione battagliera e potevo quasi scorgere le rotelle del suo cervello galoppare a velocità inimmaginabili, architettando e farneticando piani disperati e folli come questo.

"DEVI ABBASSARTI IL PIU' POSSIBILE, SPOSTANDO IL PIEDE VERSO L'ALTO, CONTRO LA PARETE SENZA SMETTERE DI TENERTI."

Con il cuore in gola, mi impegnai a seguire le sue istruzioni. Mi accartocciai sull'appiglio sotto i miei piedi, mentre posizionavo quello destro contro il muro. Mi ritrovavo pericolosamente esterno al muro e sentivo la brezza carezzarmi il viso. "QUANDO STARAI PER LASCIARE L'APPOGGIO E CADERE VERSO IL LAGHETTO, DOVRAI LANCIARMI DI PESO VERSO QUELLA DIREZIONE" Il suo sguardo era pieno di determinazione, il mio un po' meno: non avevo mai avuto molta forza nelle braccia e quello che mi stava chiedendo di fare... Dei, c'era da essere pazzi. 

"NON RIUSCIREI ANNABETH. NON SONO COSI' FORTE" le risposi sconsolato.

"SI' CHE LO SEI. NON DEVI SFORZARTI DI MOLTO, D'ALTRONDE NON CADREI MAI IN MODO PERFETTAMENTE PERPENDICOLARE AL MURO. CONSEGUENZE DEL MOTO DI ROTAZIONE, LOGICO NO?"

Annuii vigorosamente, nonostante non avessi capito granché del moto di rotazione "OKAY. AL MIO TRE." Urlai, preparando a lanciarmi verso il laghetto. "1... 2..." ed un flusso di lava ci investì.

Sentii solo un dolore lancinante, pari a quello del Monte Sant'Elena, quando mi avevano bruciato vivo. Lasciai la presa e strinsi Annabeth tra le braccia. Provai disperatamente ad indirizzare il nostro tuffo nel vuoto verso il laghetto, ma al momento ero troppo impegnato a gridare qualcosa come "AHHHHHHHHHHHHH"

Pochi metri più in basso ci aspettava un atterraggio duro e quel prato smeraldo mi sembrò quanto mai solido. E proprio in quell'istante sentii riecheggiare nella testa una frase "Ciò che appartiene al mare, al mare farà sempre ritorno"

L'impatto con l'acqua mi frastornò, la mano di Annabeth scivolò via dalla mia e scossi la testa stordito. Mi guardai attorno per qualche istante, realizzando che eravamo davvero nel laghetto delle canoe. Mi lasciai sfuggire un sorriso: non sapevo se fosse stata una qualche  connessione con l'acqua, o se più semplicemente papà avesse deciso di non lasciarmi ancora morire, così nel dubbio mormorai una preghiera di ringraziamento. 

Quando risalii in superficie, Annabeth era già lì, completamente incredula "M-Ma noi stavamo precipitando contro il terreno. Io... eravamo a pochi metri dal suolo." L'orlo della maglietta era completamente bruciato, come le maniche, anche le estremità dei suoi capelli non sembravano in condizioni migliori. Sentii un peso allentarsi intorno al petto e prima che me ne rendessi conto, la stavo stritolando in un abbraccio. 

Mi divincolai un attimo dopo, avvampando "Non fare mai più una cosa del genere" mormorai in tono perentorio. Annabeth mi guardò frastornata, quasi come se non mi riconoscesse, uno strano bagliore le illuminò lo gli occhi, ma lentamente annuì "Scusami. Sono stata un'incosciente.. Io- avevo troppi pensieri per la testa e mi sono deconcentrata. Che idiota"

Ritornammo a riva ed afferrai un telo rosa sgargiante dimenticato da una figlia di Afrodite (forse? Non ne ho idea sinceramente) e glielo appoggiai sulle spalle: io ormai ero già asciutto. Annabeth se lo strinse intorno, sorridendomi grata.

"Se proprio devi morire, farlo in un giorno che non sia il tuo compleanno"

Per un attimo, ma solo per uno, giurai di averla vista arrossire; si limitò a scrollare le spalle "Avresti qualcosa in contrario, Testa d'Alghe?"

"Eccome, soprattutto Beckendorf. Gli dispiacerebbe assai se la festeggiata morisse proprio prima di vedere la sorpresa per la quale ha collaborato"

L'espressione di Annabeth in quel momento fu qualcosa di imperdibile: un misto di sorpresa, stupore e contentezza. Era raro che accadesse e sentii uno stormo di farfalle scatenarsi nel mio stomaco. Ridacchiai e le cinsi le spalle con un braccio 

"E' una sensazione appagante vederti così, sappilo" la stuzzicai e lei si riscosse. "Ma che diavolo hai combinato?" Ridacchiai "Seguimi". 

Non impiegammo molto tempo a raggiungere la mia cabina, benché avessi colto un buon numero di strizzatine d'occhio e sguardi eloquenti. Mi fermai all'uscio e feci un profondo inchino: "Dopo di lei, sapientona". La mia galanteria ricevette una gomitata come risposta, ma Annabeth non esitò ad entrare. 

La sentii trattenere il fiato dallo stupore e non riuscii ad impedirmi di sorridere compiaciuto. Beckendorf aveva mantenuto la sua promessa ed un piccolo piattino dorato spiccava tra le lenzuola blu del mio letto, al centro c'era una soffice torta decorata con glassa colorata (okay, lo ammetto: non avevo davvero idea di quale fosse il suo colore preferito, nel dubbio li avevo messi tutti: con una particolare attenzione sul blu).

E naturalmente a coronare il tutto c'erano le candeline accese con scritto 16. Annabeth si lasciò cadere a terra, incredula. Mi avvicinai silenziosamente, osservando i dolci lineamenti del suo profilo, le svolazzanti ciglia bionde e la lieve spruzzata di lentiggini. Le diedi un leggero bacio sulla guancia: "Buon compleanno, sapientona". 


E all'alba dell'1,41 AM finisco la revisione di questa one shot. 

Ora io pretendo un applauso per aver descritto qualcosa che non fosse sesso e/o depressione (con il sesso direi che ci sono già andata pesante negli scorsi giorni, in quanto a storielle, chiaramente). Mi mancava scrivere di scene d'azione, dialoghi simpatici e di un po' di percabeth "just friends" 

Sono davvero felice anche perchè lunghetta, con la bellezza di 2600 parole :)

Fatemi sapere che ne pensate <3

Notte Guyz

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