Capitolo 2: Ti fai Cleopatra?
What makes you beautiful, One Direction.
Disprezziamo gli agi e accettiamo tutto ciò che è e terribile. -Regina Cleopatra.
Era un casino. Un enorme, assurdo, gravissimo casino. E ormai era fatta. Ecco, al posto di questa cosa assolutamente inutile, mio nonno avrebbe potuto passarmi un altro dono, tipo poter sparire o, che ne so, in quel momento mi avrebbe fatto comodo poter cancellare la memoria. Ma no.
Agnese, lo sentivo, stava per omologarsi al pavimento. Era diventata ancora più bianca della sua solita carnagione color cadavere ed era qualcosa di abbastanza inqueietante, se vista anche dagli occhi di chi stava per essere squartato vivo dalla Commissione - che non erano altro che un gruppo di vecchi babbioni, ma avevano chi si sporcava le mani per loro se non venivano rispettate le regole - e, probabilmente, anche dalla regina d'Egitto.
Non so chi delle due fosse più sopresa di trovarsi davanti l'altra, ma sapevo per certo, nonostante io la conoscessi da quella stessa mattina, che Agnese non avrebbe accettato molto bene il fatto che fosse finita in un anello temporale. Infatti, la prese malissimo.
Iniziò a ridere come una pazza. Una risata nervosa, che le veniva da dentro e le usciva dalla gola che pareva infuocata, dati gli acuti che riempivano la stanza. Continuò a perdere colore e mi preoccupai davvero che il sangue le si fosse fermato, assieme al cuore che, con tutte le probabilità, lei sentiva muoversi verso l'esterno dal petto, come un enorme elastico di plastica. Lo sapevo, perché c'ero passato anche io. Si piegò sulle ginocchia che le restavano rigide e infilò le mani al suo interno. I capelli le scivolarono via dalla molletta azzurra che glieli teneva raccolti. La regina, con una faccia stranita, la guardava fissa.
Le appoggiai una mano sulla schiena, per pietà, e la costrinsi a tirarsi su.
-Okay, Beatrice, ottimo scherzo, quanto hai pagato gli effetti speciali?-, urlò, confusa e anche un po' disperata. Alzò le braccia al vento. -Dai, su, dove sei? Giuro che non ti sgozzo subito!-
Mi misi una mano sugli occhi. -Agnese, non è uno scherzo.-
Mi puntò il dito contro e rise. Non aveva la minima idea che io l'avessi riportata a millenni prima.
Non rispose, anche se era sul punto di aggredirmi fisicamente e lo si vedeva bene. Fece due respiri profondi e poi, per mio terrore, andò verso l'enorme porta che le stava a fianco.
-No!-, gridai, ma lei sembrò non curarsene. E così, divenòo quasi trasparente. Un corridoio colmo di servi e ancelle le si era posto davanti. Chi portava un cesto ricolmo di frutta, chi proteggeva le stanze della regina, chi girovagava solamente con la veste bianca. Lei non resse, per nessuna ragione. Feci appena in tempo ad arrivare lì, dietro di lei, e prenderla al volo. Non era svenuta, semplicemente non credeva ai suoi occhi e le gambe le reagivano di conseguenza. Niente di nuovo, almeno per me.
-Ragazzo del futuro-, esclamò la regina. -Chiudi la porta, sai che non ci è concesso essere indiscreti.-
Agnese emise un gemito che assomigliava al rantolo di un cane in pena. -Lei parla la nostra lingua-, sussurrò, ancora tra le mia braccia. La tirai su e, con un calcio, chiusi entrambe le ante, senza fare attenzione agli sguardi curiosi di chi era fuori. Buon per loro, aggiungerei.
-Ma certo, sono anni che il tuo amico mi fa visita.-
Si alzò, ma Cleopatra accennò ad un brusco movimento in avanti. Questo fu il colpo di grazia. Agnese sembrò svegliarsi da una sorta di trance e scattò in piedi come una furia. Si mise in posizione d'attacco, con il busto leggermente inclinato in avanti. Oddio, quello sì che era un casino.
-Dove. Diavolo. Siamo.-
-In una delle mie proprietà, Valle del Nilo. Circa quarantotto anni prima della nascita di questo Crimo.-
-Cristo-, la corressi.
-Voi siete dei pazzi scatenati!-, piagnucolò la mia affittuaria, ma non credevo che lo sarebbe stata ancora per molto, a dire la verità. -Ti fai Cleopatra? E poi, come ci siamo arrivati qui? Oddio mio, non posso neanche credere di dubitare che questo sia uno scherzo.-
-Calmati, te lo chiedo per favore.- Avevo appena supplicato di stare tranquilla la stessa persona che mi aveva insultato e fatto insultare da quella mattina. Grandioso.
-Valerio, presentami la tua concubina.-
-Concubina? Oh mio Dio, oh mio Dio.- Si mise le mani nei capelli ormai arruffati. La sue espressione traboccava paura e odio. Un odio omicida. E con istinti da tortura. Verso di me.
-Non è la mia ragazza, Cleo.-
-Cleo? Hai dato un soprannome alla Regina d'Egitto?!-
-Carini questi diminuzzivi, no?-
Stavo per dirle che aveva sbagliato termine, come tante altre volte, tuttavia, contro ogni speranza, lo fece Agnese, con voce leggermente più serena.
-Diminutivi.- Si girò verso di me, fece spalluce e rapidamente si mise seduta in terra, lì dov'era sull'attenti. -Non può essere vero. Non credo a queste cose.-
-Non ci crede mai nessuno-, sussurrai. Le porsi una mano che lei non afferrò. Aveva un buon senso di adattamento, dopotutto. Era interessante come lei fosse così sicura di sé da cercare di proteggersi da sola anche nelle situazioni che non conosceva. Io, quella dote, non l'avevo mai avuta.
Mi abbassai e le spostai una ciocca di capelli dal viso. -Non devi avere paura, a casa ti ci riporto.- Seguirono secondi che mi permisero di vedere bene il colore delle sue iridi. Avevano un colore tra il verde e il grigio, ma ero sicuro che se io l'avessi spostata dove c'era più luce, avrebbero assunto una sfumatura azzurra non indifferente. Mi promisi di scoprirlo in un altro momento.
Lanciò un'occhiata alla regina, che scese dal soppalco con una maestosa e lenta camminata.
-Provatemi che non è uno scherzo-, ordinò duramente. Non le tremava la voce, né si intravedeva alcuna traccia di paura. -Provatemi che sono nell'Antico Egitto.-
-Non hai dunque visto la servitù fuori dalla stanza dove stiamo intrattenendo questa conversazione?-, chiese Cleopatra. Si mosse lentamente, alzando un braccio stranita.
-La tecnologia fa miracoli-, rispose Agnese, continuando a guardare me.
Sospirai. Forse era più facile mentire, dire che era stato uno scherzo, ma a quale prezzo? E perché io avrei dovuto farle una cosa del genere?
-Avevi il telefono, quando sei venuta in bagno?-
Annuì.
-Non lo hai più, poiché ancora mancavano millenni all'invenzione degli smartphone in questo secolo.-
Lei si tasto il fianco, dove c'erano le tasche enormi di quel vestito beige. Iniziava a dubitare della sua idea.
-Potresti avermelo sfilato.-
-Ero nudo quando sei entrata-, esclamai. Certo, ricordarglielo non era molto gradevole, ma era sempre meglio che farla uscire fuori di testa per la confusione.
-Cosa?-, mormorò.
-Adesso ho una vestaglia di questi tempi indosso.- Mi indicai la tunica bianca e lei seguii il mio dito attentamente. Non l'aveva notata.
-E perché io non la ho?-
-Perché non ho voluto.- Lei non sembrava crederci, ma, d'altronde, io volevo solo accantonare tutta quella storia in un angolo. -Ti riporto a casa, va bene? Domani notte vieni giù, in giardino, all'una. Ti spiegherò tutto.-
-I tuoi orari sono strani, te l'hanno mai detto?-
-Quindi domani niente zuzu?-, chiese la regina, delusa.
Il sangue mi affluii velocemente alle guance. Avevo appena fatto una grandissima figuraccia e Agnese non sapeva se riderne o piangerne.
-Zuzu, che stile-, commentò. Socchiuse gli occhi. -Valerio, portami a casa.-
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