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[Ventisette]

𝐒𝐜𝐨𝐫𝐫𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐯𝐢𝐝𝐞𝐨 ➙

Aria.

Mi sentivo in apnea come quando ti immergi nel mare profondo, nell'ignoto, abbandonando i tuoi sensi. La voce di Alex rieccheggiava al di fuori della porta massiccia che si opponeva tra noi, non riuscivo più ad uscire da quel loop infernale.

Non scorgevo più una luce fioca di speranza per potermi rialzare, mi sentivo precipitare nel vuoto restando inerme, senza trovare la forza per poter stravolgere la mia vita.

Ricordi e pensieri invecchiano, proprio come fanno le persone. Ma certi pensieri non possono mai invecchiare e certi ricordi non possono mai svanire. Stavano tutti procedendo con le loro vite, stavano cercando di svoltare pagina ed io sembravo l'unica ad essere rimasta sempre nello stesso fottutissimo punto.

Certe mancanze non le colmi.

Quando ti accorgerai, quando ti renderai conto dove ti ha condotto tutto quel dolore represso ormai sarà troppo tardi. Le lacrime sgorgavano incessanti dai miei occhi, si depositavano sulle guance rendendole umide.

«Aria, parlami. Per favore» sospirai sentendo la voce di mio fratello affievolirsi sempre di più, svanendo quasi in un sussurro. Necessitavo di un qualcosa o qualcuno che mi salvasse da me stessa, ero incatenata nella prigione della mia mente.

Morsi il labbro inferiore cercando di sopprimere i singhiozzi che volevano abbandonare la mia gola «Non custodire tutto dentro di te, fa bene parlare» socchiusi gli occhi ascoltando le parole di Alex, sapevo quanto avesse ragione.

Tenermi tutto dentro non aveva portato a nulla di buono eppure, non vedevo altre opzioni. Non volevo sentirmi un dannato peso per chiunque, lo ero già per me stessa.

Avvolsi le dita tremanti intorno alla maniglia metallica concedendo a mio fratello di entrare in quella piccola stanza, scorsi i suoi occhi velati di lacrime.

Stavo recando dolore alla persona che ritenevo più importante per me, la porta si chiuse alle sue spalle causando un leggero tonfo «Che ti succede? Non ti riconosco più» sussurrò con voce flebile, deglutii prima di trovare il coraggio per esporre i miei pensieri.

«Non mi sento viva. Non mi sento partecipe della mia stessa vita, tutte le azioni che faccio sembra copierle un'altra persona. Mi sento un'estranea in questo mondo come se non mi appartenesse, mi sento soffocare tra tutte quelle dannate persone.»

Alex fece un passo verso di me osservandomi con attenzione mentre le parole uscivano dalle mie labbra come se fossero comandate dal dolore «E odio lei. La odio per avermi lasciata con questo macigno insopportabile, la odio perché si è comportata da egoista. Si è liberata della sofferenza che reprimeva dentro di sé senza pensare a noi e... sinceramente la invidio.»

Le lacrime non riuscivano a placarsi in alcun modo, avrei voluto soltanto sparire in un soffio di vento senza lasciare tracce «Perché non me ne parli mai?» la sua voce era così lieve che faticavo ad udirla, le parole si bloccarono in gola impedendomi di parlare.

Le sue braccia mi avvolsero mentre cercavo quel conforto che avevo sempre trovato in lui, quella volta non lo trovai.
L'unico sollievo lo trovavo in quei tagli che sgualcivano le mie braccia, per quei pochi istanti riuscivo a stare bene.
Mi sentivo viva.

I suoi occhi si spostarono dietro di me, mi si mozzò il respiro nell'udire le sue parole «Cosa sono quelle» appariva più come un'affermazione e non una domanda.

Socchiusi gli occhi per pochi secondi come se quel gesto potesse rendermi invisibile ai suoi occhi, si allontanò da me dirigendosi verso il comodino. Avevo fatto l'errore di non riporle al loro posto, erano esposte in bella vista.

Teneva tra le sua dita il piccolo contenitore giallo, tra quelle quattro mura regnava il silenzio. La tensione si poteva percepire con facilità, troppa facilità. Non sapevo cosa dire, non potevo scappare in alcun modo da quella situazione.

Mi ero scavata la fossa con le mie stesse mani, me l'ero cercata.
Alex rimase immobile fissando il piccolo contenitore di plastica, il mio battito accelerava a dismisura.

Non avevo la minima idea di come avrebbe potuto reagire mio fratello alla vista di quelle pillole «Cosa sono» scandì le parole riportando la sua attenzione a me «Aria» il suo tono di voce uscì freddo e distaccato, mi provocò un vuoto nel petto incontrare il suo sguardo.

«Alex, non mi va di discutere» odiavo il modo in cui la mia voce tremava «Sono preoccupato per te» roteai gli occhi sbuffando preparandomi all'ennesima romanzina.

Portai le braccia al petto «Cosa vorresti fare? Spifferare tutto ai nostri genitori? Non mi pare che tu abbia avuto problemi nel farlo già una volta» sputai acida sperando di allontanarlo il più possibile, volevo solamente restare da sola.

Chiudermi in camera sommersa dai miei pensieri, piangere senza essere giudicata o guardata con compassione.

Il problema non era il voler cambiare le cose, ma avere il coraggio per poterlo fare.

Sentivo di essermi fermata esattamente a due anni prima.
Come un albero che finge ancora di essere vivo, elevato in piedi in mezzo agli altri, mentre dentro non scorre più nemmeno una misera goccia d'acqua.

Ero andata avanti mentendo anche a me stessa, continuando a sfoggiare un sorriso come se poi non facesse così male.

Ma la verità era ben diversa, ero rotta in tanti piccoli frammenti. Quella parte di noi dov'è rinchiuso il dolore più profondo, ogni nostra singola debolezza stava lentamente tornando a galla.

Non riuscivo ad ammetterlo nemmeno a me stessa figuriamoci alle persone che avevo attorno, non vedevo più via d'uscita.

Non avevo più la mia migliore amica affianco a me, a sostenermi come una colonna portante. Colei che si era presa cura delle mie ferite più profonde ed intime senza mai giudicarmi, semplicemente tendendomi una mano.

Ed io non mi ero accorta di ciò che stava accadendo a lei, non mi ero resa conto di ciò che stesse passando. Non le ero stata accanto come avrei dovuto ed ero certa, che quel pensiero mi avrebbe tormentata in eterno.

×××
Come promesso il capitolo 27, come sempre fatemi sapere cosa ne pensate!

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