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[Trentuno]

𝐒𝐜𝐨𝐫𝐫𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐯𝐢𝐝𝐞𝐨

Audrey.

Scrutai accuratamente Lilith per alcuni secondi che mi parvero interminabili, rimase impassibile tenendo lo sguardo fisso nel vuoto e la mente altrove.

«Avevo il cellulare scarico, te l'ho detto» enunciò con voce flebile rispondendo finalmente alla domanda che le avevo posto minuti prima, ero consapevole che fosse accaduto qualcosa ma non mi sarei spinta troppo oltre.

La sera precedente mi ero preoccupata non ricevendo risposta da parte sua ai messaggi, non era da lei scomparire nel nulla senza avvertire.

La mia ansia fu incrementata dalla chiamata che ricevetti quella stessa mattina da suo padre, anche lui preoccupato e con la convinzione che si trovasse con me.

«Dove hai passato la notte?» quella domanda mi sorse spontanea, da quanto avevo potuto capire era uscita di casa dopo cena senza farvi più ritorno.

Non volevo risultare insistente ma era pur sempre la mia migliore amica, la sorella che non ho mai avuto. Mi era sempre stata accanto senza mai giudicarmi e di certo, non l'avrei lasciata da sola quella volta.

«Sono stata con Dylan» mormorò permettendo alle sue labbra di incurvarsi in un piccolo sorriso che svanì poco dopo, Noah parve alquanto sorpreso da quella affermazione nonostante non contenesse nulla di compromettente.

Il suono metallico della campanella si espanse indicando l'inizio delle lezioni, Lilith si dileguò in fretta probabilmente per evitare ulteriori domande «Ci vediamo dopo» sussurrò il moro di fronte a me a un palmo dalle mie labbra, bastò incastonare le mie iridi nelle sue per sentire lo stomaco in subbuglio.

Mi avvicinai di poco facendo finalmente scontrare le nostre labbra in bacio colmo di bisogno, perché ormai la realtà era quella.

Lui era come il tassello mancante di un puzzle, se ne manca soltanto uno risulta carino ugualmente ma incompleto. Quando incastoni con cura anche l'ultimo tassello il disegno inizia a prendere forma come se avesse vita propria ed era ciò che era accaduto, Noah era il pezzo mancante della mia vita e necessitavo di lui.

Aveva colmato quel vuoto trasformando le mie insicurezze in sicurezze, me lo sentivo eppure non riuscivo ad ammetterlo nemmeno a me stessa.

La mie dita si intrufolarono prima tra i suoi capelli scendendo poi sul suo collo, lo feci avvicinare ulteriormente premendo le nostre labbra e completando finalmente quel dannato puzzle.

«A dopo» affermai allontanandomi, sulle mie labbra si formò un sorriso che non riuscii a trattenere. Entrai nell'edificio imponente cercando di farmi spazio tra i vari corpi ammassati degli studenti, non riuscivo ancora a realizzare totalmente.

Avevo sempre odiato le relazioni, credevo che portassero soltanto delusioni eppure con lui non era così. Diverse volte l'avevo allontanato con la paura di poterlo ferire per poi vedere i suoi occhi velati dalle lacrime, la disperazione dipinta sul suo viso a causa delle mie azioni avventate.

Presi posto al solito banco che si trovava al fondo , le pareti erano di un azzurro ormai sbiadito con varie scritte al di sopra. Ognuna di esse rappresentava un nome, un qualcosa che avevano voluto lasciare gli alunni nel corso degli anni.

Mi piangeva il cuore pensare che la fine della scuola, la fine di quell'avventura colma di emozioni, ormai stava arrivando come un soffio di vento improvviso trascinandosi con sé quelli che avrebbero dovuto essere gli anni migliori della nostra vita.

«Buongiorno!» la voce roca dell'insegnante rimbombò tra quelle pareti facendo partire un vociare da parte dei miei compagni. Quella mattina avevamo due ore consecutive di inglese e di certo, conoscendo l'insegnante, aveva già fissato in mente cosa farci fare.

Si sedette sulla cattedra lasciando le gambe a penzoloni prima di afferrare saldamente tra le dita l'elenco, diede inizio all'appello e alla solita chiacchierata. Sorressi la testa sulla mano facendo peso con il gomito sul banco di legno, dopo svariati minuti arrivò il mio turno «Hill Audrey?» alzai il braccio libero prima di esclamare un sonoro "presente".

Mi squadrò prima di proferire parola «Oh che bel sorriso, è accaduto qualcosa?» mi sorpresi nell'udire quella frase, non mi ero accorta di quel dannato sorriso che non voleva abbandonare il mio viso.

Rimasi interdetta prima di scuotere leggermente la nuca, i suoi occhi rimasero puntati qualche secondo ancora su di me prima di riprendere con l'appello. Come immaginavo ci fece guardare un film, un classico che probabilmente tutti avevano già visto. Tutti tranne me.

Avevo molti pregiudizi riguardo Titanic, solita storia d'amore che si vede sempre nei film, mi ero rifiutata categoricamente di guardarlo prima di allora.

Eppure vedere Jack e Rose, essere partecipe di un amore così grande da definire addirittura impossibile, aveva scaturito qualcosa in me. Riuscivo quasi a rispecchiarmi in lei, in quelle sensazioni che solo l'amore riesce a darti.

Perché in fondo, quando ami senti il cuore più leggero.

Una miriade di emozioni ti investono senza chiederti il permesso, arrivano e basta. Non c'è una spiegazione logica, puoi soltanto accettarlo e goderti quella spensieratezza e quella purezza.

Noi eravamo come un libro: all'inizio sei a conoscenza soltanto della trama e della copertina, sfogliando le pagine una ad una riesci a catturare la sua vera essenza. Così come noi giorno per giorno stavamo imparando a conoscerci, a viverci.

Le ore trascorsero velocemente mentre ero intenta a raccogliere ogni singolo particolare, lasciammo il film in sospeso data la lunghezza.

Senza accorgermene arrivò l'intervallo, mi fiondai al di fuori della classe evitando gli studenti. Tutti erano propensi ad uscire dalle proprie classi dirigendosi nei corridoi, spinsi la maniglia della porta per recarmi al solito posto.

Con mio, non troppo, stupore addocchiai un ciuffo castano.

Infilai una sigaretta tra le labbra, ammirai il tabacco ardere a contatto con la fiamma dell'accendino.  Mi sedetti di fianco a Dylan notando all'istante che fosse tra i suoi pensieri, non si era nemmeno accorto della mia presenza.

Qualcosa non andava.

Qualcosa lo turbava più del solito.

I segni erano evidenti.
La sua gamba si muoveva nervosamente, produceva un leggero suono facendo scontrare tra loro gli anelli metallici «Dylan? Cosa succede?» mormorai.

La mattina stessa si era presentato a scuola sorridente, camminava al fianco di Lilith e in quel momento era come un'altra persona. Pensai immediatamente ad Alex, di sicuro gli aveva riferito un qualcosa che lo turbava.

Ma cosa?

Rimase impassibile consumando frettolosamente la sigaretta «Audrey» richiamò la mia attenzione, la sua voce tremava come se temesse qualcosa «Chiama Lilith, per favore» gettò il mozzicone seguito da me, sorregeva la testa tra le mani mentre i suoi occhi divennero lucidi.

Non ci pensai due volte prima di alzarmi e andare alla ricerca della mia migliore amica, ero ignara di ciò che sarebbe potuto accadere o di cosa fosse accaduto.

Scorsi in lontananza i capelli ramati che la distinguevano dalla folla, le corsi incontro senza alcuna esitazione.

×××
Eccoci qui!

Ci tengo a ricordarvi che qualsiasi vicenda descritta/raccontata all'interno della storia, ha un suo perché.

Detto ciò preparatevi dei fazzoletti :)

Mi dileguo.

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