70 - Andrea
Passarono i giorni, passarono gli allenamenti e passò, senza colpo ferire, anche l'ultima partita.
Finalmente giunse anche il giorno della tanto attesa festa. Quell'evento aveva da subito catalizzato l'attenzione di tutti. Si parlava di un party informale, senza giornalisti, dedicato solamente a noi e alle nostre famiglie.
Quella festa non deluse davvero le aspettative di nessuno, era tutto come promesso. Innanzitutto non c'era traccia di intrusi, non eravamo costretti in abiti di rappresentanza ed eravamo liberi di mangiare e bere senza preoccuparci delle conseguenze. C'era un clima allegro, festoso, una voglia di gioire e celebrare tutti assieme.
Al mio arrivo mi sentii spiazzato, ero l'unico ad essere solo e, per un attimo, mi parve di sentire la mancanza di quella che era diventata la mia normalità nell'ultimo periodo. Avrei voluto Manuel al mio fianco, avrei voluto i miei genitori e avrei voluto Lei.
Attorno a me c'erano i miei amici, i miei compagni, le persone che ogni giorno riempivano le mie giornate eppure mancava qualcosa, lo sentivo. Mi fu impossibile non tornare con la mente alla festa avvenuta qualche tempo prima, allora mi sentivo pieno di emozioni e, al contrario, quel vuoto sembrava soffocarmi.
Per fortuna Andrea fu al mio fianco, pronto a distrarmi e portarmi nel vivo della festa. Era strano vedere come Andrea sapesse sempre di cosa avessi bisogno, sembrava potesse leggermi dentro e scorgere ogni volta ogni mia mancanza, assorbirla e poi fare in modo di colmarla. Lui e Adriano erano sicuramente gli amici migliori che avessi mai potuto chiedere.
Appena Andrea si allontanò per seguire una delle ragazze del catering mi portai nei pressi del bar per ordinare qualcosa da bere ma la mia attenzione fu richiamata dalla vibrazione del cellulare che segnalava l'arrivo di un messaggio.
Mi spostai in un punto meno centrale della sala ed estrassi il telefono dalla tasca dei pantaloni. Nel leggere il nome del mittente quel senso di vuoto che avevo sentito fino a poco prima tornò a farsi presente.
Era Lei e non potei impedire alla mia mente di volare altrove.
Mi chiedeva semplicemente come procedesse la festa e io non riuscii a non dirle che, con Lei al mio fianco, sarebbe andato tutto ancora meglio.
Lei non tardò a rispondere; si scusò e mi scrisse che sarebbe tanto voluta essere con me. Io in realtà già lo sapevo, sapevo bene che fosse stato per Lei sarebbe sempre stata al mio fianco. E saperlo non poteva che rendermi felice.
Era bello pensare a Lei in quel modo, sentirla così vicina a me, anche se distante. Era una sensazione di calore atavica che non mi lasciava scampo.
In quel momento capii di essere veramente perso.
E non perché ero irrimediabilmente attratto da quegli occhi o da quelle labbra e nemmeno perché avrei fatto di tutto per vedere il suo sorriso ma perché la sua mancanza mi faceva male e la sola idea di averla vicina era l'unica cura.
Improvvisamente non ebbi più paura.
Tutto mi fu chiaro e una nuova felicità si impadronì di me.
Tornai nel centro della sala in cerca di Andrea, avevo bisogno di lui, dovevo parlargli e dovevo farlo all'istante.
Lo cercai al bar, tra la folla, ma di lui sembrava non esserci traccia. Controllai ogni anfratto della sala fino a quando non ebbi un'illuminazione.
Mi allontanai dalla confusione per raggiungere un corridoio laterale che portava ai servizi. Spalancai la porta della toilette e mi trovai di fronte la fila dei cubicoli.
-Andre- chiamai senza bisogno di alzare la voce visto il silenzio che regnava in quel luogo.
-Paolo- la sua risposta suonò più come una domanda sorpresa.
Mi chiusi la porta alle spalle e mi guardai intorno schiarendomi la voce.
-Andre ti devo dire una cosa-
Lui sbuffò, non potevo vederlo ma potevo immaginare i suoi occhi sollevarsi verso l'alto in quell'espressione di confusione e dubbio che spesso assumeva di fronte ad alcune delle mie uscite.
-E questa cosa non poteva aspettare che, insomma, che finissi?-
-No, devo dirtelo subito-
Andrea spalancò la porta del cubicolo nel quale si trovava e si portò al lavabo per detergere le mani, lì incrociò il mio sguardo attraverso lo specchio che occupava l'intera parete che sovrastava i lavabi.
-Allora? Cos'è 'sta cosa così importante che non può aspettare nemmeno cinque minuti-
Lo guardai per un istante poi parlai.
-Credo di essermi innamorato-
Lui si voltò all'istante, gli occhi sbarrati e le mani che sgocciolavano sul pavimento.
-Cosa?-
-Credo di essermi innamorato- ripetei più sicuro, più ad alta voce.
-Non "cosa" nel senso che non avessi capito- disse asciugando le mani mentre riservava a me uno sguardo di rimprovero -"cosa" nel senso di come, così, adesso?-
Scossi la testa intenerito da quel suo strano ragionamento e dai pensieri che si rincorrevano nella mia mente.
-Non adesso, da un po', solo che prima non me n'ero accorto-
Andrea avanzò di un passo, mi guardò serio e mi afferrò le mani.
-E' la persona a cui sto pensando, vero?-
Annuii e vidi nascere sul suo viso un sorriso a trentadue denti.
Di slanciò mi abbracciò e dovetti tenermi ancorato al muro per non rischiare di cadere.
-Tu... Io... Ma quanto coglione sei?- diceva mentre se ne stava attaccato a me a mo' di koala.
-Ehi- provai a protestare.
-Prova a negarlo- disse, poi senza darmi tempo di ribattere continuò -è fantastico, davvero! Tu non sai da quanto tempo aspettavo questo momento-
-Che vorresti dire?- chiesi fingendo un'espressione offesa.
-Dai Paolo, era ora che lo ammettessi a te stesso. Solo un, tappati le orecchie, solo un coglione non se ne sarebbe accorto-
Mi finsi scioccato da quelle parole ma ben presto il sorriso brillante di Andrea contagiò anche me.
-Sono felice, davvero- disse lui.
-Anch'io, credimi, non sto nella pelle. E' come se... Non so come spiegarmi, è una sensazione nuova. E' come se avessi colmato un vuoto-
Lui sorrise di nuovo.
-E adesso?- domandai sentendomi davvero un po' perso.
-Adesso cerchiamo Adriano e diamo anche a lui la lieta notizia, ci godiamo gli ultimi scampoli di festa e poi prenotiamo un treno così vai e te la prendi-
-Non è così semplice-
-Si che lo è-
Scossi la testa amareggiato.
-Paolo, Lei è palesemente cotta- cercò di tirarmi su il morale Andrea.
-Non è questo, o almeno non solo, credo- provai a formulare a parole il pensiero che mi ronzava in mente -c'è Carmela, ci sono le nostre famiglie e poi Lei ha la scuola, gli esami, e poi non lo so, non so che fare-
-Un passo alla volta Paolo, ti va?-
Annuii, grato di avere al mio fianco un amico meraviglioso come lui.
-Allora adesso raggiungiamo Adriano e vedrai che insieme troveremo una situazione-
Lo assecondai e lo seguii sospirando pesantemente affranto. Stavano tornando le mie paure eppure cercavo in me il coraggio di respingerle. Mi sentivo più forte, più sicuro.
Decisi allora di affidarmi ad Andrea, lui era lucido e poteva aiutarmi a vedere la situazione dall'esterno, forse davvero le sue teorie erano quelle giuste da seguire per raggiungere l'obiettivo che, assieme, ci eravamo prefissi.
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