64 - Tu mi hai sconvolto la vita
Quella pazza cena mista fu un vero successo, non per il cibo in sé ma per la piacevole sensazione familiare che sembrava sprigionarsi.
Da buona padrona di casa Alessia aveva già stabilito le opportune sistemazioni da adottare quindi, a tarda notte non ci restò che raggiungere ognuno la propria camera.
Appena Alessia si propose di accompagnare Lei in camera mi feci avanti prendendo il suo posto. Volevo prendermi un attimo ancora per ringraziarla, per poterle parlare da solo.
La condussi verso la camera degli ospiti, quella che sarebbe stata sua per quei giorni, la lasciai entrare e poi feci lo stesso chiudendomi la porta alle spalle.
-Eccoci qua- sussurrai appena ci ritrovammo occhi negli occhi -scusami ma oggi mi sento estremamente stupido, o lo sono come dice Adriano, però davvero, mi sembra di vivere in un sogno-
Lei improvvisamente mi venne vicino con uno strano sorriso, allungò una mano verso di me fino a raggiungere il mio braccio che pizzicò con le dita.
-Ma?- provai a chiedere stupito.
-Vedi? Non è un sogno- disse.
Mantenni lo sguardo fisso su di lei senza emettere fiato. Ancora una volta mi aveva lasciato senza parole.
Per ritrovare il contegno mi allontanai da quegli occhi che mi tenevano come stregato, raggiunsi la sedia posizionata accanto al letto e mi ci lasciai scivolare.
Ero esausto, stremato dalle emozioni che quella lunga giornata mi aveva lasciato addosso.
Ed ero felice, anche se, forse, non riuscivo a dimostrarlo come avrei voluto.
-Paolo tutto ok?- la sua voce mi riscosse dai miei pensieri.
-Si, si, tutto bene- risposi osservando la sua figura adagiata sul letto, proprio di fronte a me -ora forse è meglio che vada-
-D'accordo- la sua voce mi arrivò quasi fosse un sussurro.
-Vuoi che resti ancora un po'?- chiesi facendo leva su tutta la mia buona volontà.
-No- rispose dopo un attimo di esitazione.
Pensai allora fosse giunto il momento di lasciarla sola. Mi avvicinai per accarezzarle una guancia e mi chinai per essere alla sua altezza.
-Se hai bisogno di qualcosa sai dove trovarmi- dissi -Mi raccomando, non fare strani sogni-
Un sorriso mi curvò le labbra al ricordo dell'unica notte trascorsa a dormire sotto lo stesso tetto.
Le mie mani ad accarezzarle la fronte accaldata, le dita tra i capelli, il suo respiro che diveniva via via più leggero e poi quella sua paura al risveglio, quell'incubo che l'aveva messa di cattivo umore.
La vidi d'improvviso adombrarsi e non ricambiare il mio sorriso. Capii allora di aver toccato un nervo ancora scoperto.
-Hei ma ci stai ancora pensando?- le chiesi.
-Lascia perdere...- sussurrò scuotendo debolmente il capo.
In quel momento mi sembrò così fragile e la sua debolezza mi colpì forte, non poteva vivere nella paura che tra noi potesse incrinarsi qualcosa.
Lei era speciale, il nostro legame era speciale e nessuna crepa avrebbe potuto distruggere l'armonia che c'era tra noi.
-Ascolta- dissi fermo, col cuore in mano -tu per me sei speciale. Dopo oggi poi... Per cui niente e nessuno potrà farmi cambiare idea. Io, ti...-
La potenza delle mie parole mi fece annaspare. Erano uscite da sole, senza che io le forzassi davvero.
Ebbi paura di quello che avrei detto, ebbi paura della stretta allo stomaco che le seguì.
Ebbi paura anche di quel silenzio.
-Io ti voglio bene- dissi.
E improvvisamente quella stanza mi sembrò troppo piccola.
Era come se non ci fosse più un atomo d'ossigeno, come se le pareti si stessero stringendo fino a convergere su di me.
Le baciai velocemente una guancia e fuggii.
Via da quella stanza, via dalle mie paure.
Chiusi la porta e vi poggiai contro le spalle.
Inspira, espira.
Inspira, espira.
Sentivo l'aria fluire nei polmoni eppure mi sembrava di soffocare.
Cosa mi era preso?
Perché quelle parole?
Perché quella paura?
In quel momento Manuel comparve dal vano scale con un enorme sorriso in volto.
-Come sta?- chiese facendo cenno alla porta alla quale ero poggiato.
-Sta bene, credo-
-Che significa "credo"- domandò con tono d'accusa.
-Niente, sta bene-
-Allora perché non ce ne andiamo a dormire, fratellone?-
Annuii scompigliandogli i capelli e lo guidai verso la stanza che avremmo condiviso.
Subito lui si lanciò sul letto prendendone possesso di ben più della metà.
Sorrisi compiaciuto nel vederlo così a suo agio e presto lo raggiunsi tentando invano di riconquistare il mio spazio.
Dopo una serie di spintoni e risate ci ritrovammo entrambi distesi supini, con gli occhi rivolti al soffitto e i respiri accelerati.
-Sono felice di essere qui- disse lui.
Era così tra noi, le cose belle ce le dicevamo al buio, semplicemente, senza bisogno di giri di parole.
-Lo sono anch'io- risposi sorridendo al vuoto.
-Adesso però ho bisogno di dormire quindi sta zitto e spegni la luce-
Seguii il suo consiglio, spensi la luce e chiusi gli occhi lasciandomi andare ad un sonno che stentava ad arrivare.
Mi giravo e rigiravo su quel letto che non era mai stato più scomodo, con al mio fianco un Manuel particolarmente agitato e intenzionato a conquistare anche la mia metà del letto.
Forse non ero più abituato a condividere gli spazi, forse il mio letto era improvvisamente diventato troppo stretto o, forse, ancora, era la presenza nella stanza accanto alla mia che mi rendeva difficile trovare sonno.
Rimasi a crogiolarmi in quella sorta di limbo almeno fin quando uno scricchiolio proveniente dal corridoio mi fece destare. Mi misi seduto e cercai di distinguere ogni più piccola traccia di rumore. Non sentivo più nulla però, forse era stata solo la mia immaginazione a giocarmi un brutto scherzo. Tornai disteso nella mia piccola porzione di letto, chiusi ancora una volta gli occhi provando a rilassarmi ma un qualcosa si agitava nel mio stomaco impedendomi di stare tranquillo.
Avrei voluto svegliare Adriano, correre da lui e parlare, parlare, parlare.
Sapevo che le sue parole avrebbero avuto un effetto calmante su di me ma sapevo anche che, se mi fossi presentato nella sua stanza a quell'ora di notte, lui o Alessia mi avrebbero aggredito fisicamente.
Sorrisi al pensiero di Adriano e Alessia sereni e addormentati in un abbraccio e non mi stupii quando la mia mente cominciò a vagare facendomi rimpiangere la sensazione di pace trasmessa dal dormire in un abbraccio.
Da quanto non provavo quelle sensazioni, quel calore, quella tranquillità.
Stavo per abbandonarmi alla tristezza quando lo sentii di nuovo.
Il rumore di una serratura arrivò chiaro a squarciare il silenzio.
Mi alzai velocemente, cercando di non far rumore, di non inciampare per colpa del buio.
Aprii l'uscio e la luce accesa nel corridoio quasi mi accecò.
Mi schermai gli occhi con le mani ma riuscii comunque a riconoscere Lei, immobile nel suo pigiama scuro.
-Hei- la salutai.
-Scusa, ti ho svegliato?-
-No, stanotte non riesco a prender sonno- dissi -non sono più abituato a dividere il letto con qualcuno e Manuel non è proprio il compagno ideale, si muove in continuazione. Ho sentito dei rumori e ho pensato potessi essere tu-
-Oh! Nemmeno io riesco a dormire-
-Ce ne andiamo un po' giù? Ti va?-
Le tesi una mano che Lei afferrò annuendo, la condussi in sala e poi alla penisola lungo la quale prendemmo posto.
-Ti va una camomilla?- domandai per rompere il ghiaccio.
-No ti prego, la camomilla mi rende nervosa-
-Com'è possibile?- chiesi tra l'incerto e il divertito.
-Non lo so, se prendo la camomilla addio sonno!-
Non riuscii a trattenere una risata, quella ragazza mi avrebbe stupito ogni istante di più.
-Ok, ok, non voglio sapere altro- dissi continuando a ridere.
-Shh abbassa il volume!- mi ammonì Lei -sono le 4, vorrai mica svegliare tutti?-
Sapevo che avesse ragione, non potevo negarlo, ma smettere di ridere era davvero complicato.
-Se non la smetti me ne torno a letto- disse Lei con fare minaccioso.
-No, no, aspetta- mi affrettai a dire -Mi riprendo-
Cominciai a fare lunghi e profondi respiri e, per ritrovare la concentrazione, mi misi a cercare qualcosa da poterle offrire.
-Vediamo un po' cos'abbiamo- cominciai a borbottare -ti andrebbe del tè? Magari quello ti fa dormire-
Accompagnai la mia frecciatina ad un occhiolino che Lei colse divertita. In risposta raccolse un tovagliolo lo appallottolò e me lo lanciò contro.
-Scemo!- rimarcò -Non prendermi in giro-
Le sorrisi benevolmente e misi su il bollitore con dell'acqua.
Ripresi il mio posto di fronte a Lei e la osservai con un sorriso che non voleva abbandonare le mie labbra. Era così bella ed era così bello averla lì con me.
Era strano come Lei riuscisse a trasmettermi calma. Bastava la sua presenza a farmi dimenticare tutto.
Il rumore proveniente dal bollitore mi riscosse. Una volta preparato il tè e versato nelle tazze decisi che fosse meglio spostarci sul divano.
Ci accomodammo uno accanto all'altra circondati da un anomalo silenzio e dalla piacevole fragranza emanata dagli infusi che avevamo tra le mani.
-Buono, cos'è?- domandò Lei.
-Tè aromatizzato al limone e zenzero, dev'essere di Alessia- risposi.
-Mmh capisco- sussurrò tornando a concentrarsi sul liquido nella sua tazza.
-Vediamo un film?- chiesi per spezzare il silenzio imbarazzante che stava calando su di noi.
Lei annuì.
-Hai qualche preferenza?- domandai.
-No, va bene qualsiasi cosa-
-Ok- sospirai -a dirla tutta non è che mi importi molto del film, era per dire qualcosa-
Mi alzai di fronte alla sua espressione stupita e provai a celare un sorriso che però premeva per farsi largo.
Recuperai il telecomando dalla parete attrezzata e tornai verso il divano posizionandomi lungo la penisola per poter allungare le gambe. Lei non si mosse dalla sua posizione facendomi sorridere e scuotere la testa divertito.
La guardavo con la coda dell'occhio, era agitata, sembrava seduta su di un letto di spine.
Era così dolce, era impacciata e indecisa sul da farsi.
Non riuscii a resistere oltre, la guardai accovacciata nel suo angolino e le chiesi implicitamente di farsi più vicina.
-Che fai resti lì?- dissi.
Come se non aspettasse altro si fiondò al mio fianco senza però quasi toccarmi. Recuperai un plaid dalla cesta e coprii entrambi per tenerci al caldo e, in qualche modo, più uniti.
-Com'è bello avervi qui- sussurrai avvolto dalle mille sensazioni che Lei mi provocava -Sembra che questo sia il vostro posto naturale, come se ci foste sempre stati-
La sua risposta fu un movimento, infinitesimale quanto incredibilmente significativo. il suo capo si posò delicatamente sulla mia spalla e non ci fu bisogno di null'altro.
Quell'istante era perfetto, nei miei occhi come nella mia mente.
Nel suo sguardo che non incontrava il mio.
Nel suo respiro, che parve accelerare per poi tornare ad una cadenza regolare.
E in quella perfezione mi persi.
Cominciai a blaterare, a straparlare, come facevo ogni volta che non sapevo come comportarmi.
I miei discorsi fatti di "ehm", "ma", "però" non trovavano risposta quindi supposi Lei si fosse addormentata.
-Mi stai ascoltando?- chiesi per avvalorare la mia supposizione.
-Scusa- sobbalzò Lei -mi ero persa tra i miei pensieri, dicevi?-
-Niente, stavo straparlando. Lo faccio sempre quando sono felice o quando sono nervoso-
-E questo che caso è?-
-Entrambi, sono talmente felice da essere nervoso-
Si mosse dalla sua posizione per potermi guardare e, mio malgrado, si allontanò da me.
Quei suoi occhi mi mandarono in confusione, ancora di più di quanto già non fossi.
Erano curiosi, attenti e profondamente stanchi. Mi fissavano in cerca di qualcosa ma erano così dannatamente luminosi che mi sentii obbligato a distogliere lo sguardo e riportarlo alla televisione.
Quando sentii la sua testa tornare a poggiarsi alla mia spalla ebbi l'impulso di stringerla forte a me e, senza stare troppo a pensarci, lo feci. Allungai un braccio fino a cingerle le spalle e tirarla contro di me.
Quel calore che la sua vicinanza mi trasmetteva mi faceva sentire a meraviglia ma, ancora una volta, davanti a tutta quella bellezza, mi sentii sopraffatto.
Il bisogno che sentivo crescere di Lei, di averla vicina, sempre più, mi faceva paura.
Ma allo stesso tempo sapevo di non poterne più fare a meno, ed era così strano per uno come me.
-Che c'è?- mi chiese d'un tratto Lei.
-Sono confuso- risposi sinceramente.
-Perché?-
-Tu mi hai sconvolto la vita. Prima di incontrarti mi sentivo pressato, scocciato, incastrato in qualcosa che non sentivo mio. L'unica cosa che volevo era stare da solo, essere libero e giocare a calcio lontano da tutto e invece poi sei arrivata tu... Ora non vorrei mai staccarmi da te!-
Lei sbarrò gli occhi sorpresa ma io non avevo finito. Ormai gli argini erano rotti.
-Ed è una cosa che mi fa paura perché non la capisco. E' come se io avessi il costante bisogno di sentirti vicina. Anche oggi, io volevo davvero sentirti, era come se, senza di te, mi mancasse qualcosa. Lo so, sembra un discorso da pazzi ma è davvero così che mi sento-
Una sua mano corse a cercare la mia, le nostre dita si incrociarono.
-Non è un discorso da pazzi- disse -io provo la stessa identica sensazione. E' per questo che sono qui, adesso-
La strinsi a me ancora più forte, senza aggiungere altro. La abbracciai e cercai di trasmetterle tutto l'affetto che nutrivo per Lei.
Le volevo bene, avevo bisogno di Lei e volevo ad ogni modo trasmetterglielo in quell'abbraccio.
Le mie mani scivolavano su di Lei disegnando figure astratte, mi lasciai cullare dal suo sospiro fin quando non mi resi conto che Lei avesse ceduto al sonno.
Sorrisi a quell'immagine così dolce, la coprii per bene cercando di non svegliarla e mi lasciai andare al fiume di pensieri che tornò a tormentarmi ancora una volta.
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