63 - Parte due
...
-Posso permettermi di dirle una cosa?-
-Certo- risposi mostrando una certa curiosità.
-Io non ti conosco- disse lui per poi bloccarsi di colpo stranamente impacciato -posso darti del tu, vero?-
Annuii non riuscendo a celare un sorriso di fronte a quegli strani modi.
-Dicevo che non ti conosco ma conosco la luce nei tuoi occhi- sorrise sognante, quasi come se, dietro quegli occhiali spessi, stesse celando chissà quale segreto -se è questa persona a farti brillare tienila ben stretta, non fartela scappare-
Sbarrai gli occhi sorpreso da quelle parole che non riuscivo a comprendere a pieno.
Lo fissai smarrito, fin quando non mi tese una mano.
-In bocca al lupo per tutto- disse.
Afferrai la sua mano ricambiandone la stretta e lo ringraziai ancora in balia delle sensazioni che le sue parole mi avevano trasmesso.
Aveva parlato di una luce negli miei occhi.
Possibile che gli altri vedessero al di là di ciò che a me pareva così oscuro e torbido?
Possibile che i miei occhi raccontassero verità alle quali io stesso stentavo a credere?
Non potevo negare di essere felice, non potevo evitare di nascondere le emozioni che quella partita mi aveva lasciato ma non pensavo tutto risultasse così evidente.
Avrei voluto conservare quelle emozioni per me e per le persone a me più care e invece avevo finito per sbandierarlo ai quattro venti.
Solo allora una sorta di ansia mi prese. Ricordai di avere un discorso in sospeso, un appuntamento fissato al quale non potevo mancare.
"Ci vediamo a casa"
Mi riscossi dai miei pensieri, ringraziai tutti i presenti e raggiunsi l'addetto stampa con la speranza che quella sessione di pubbliche relazioni si concludesse al più presto.
Sentivo il bisogno di tornare a casa, di toccare con mano quello che mi era sembrato solamente un sogno, di abbracciare Lei, di abbracciare Manuel, di rendermi conto che tutto fosse reale.
Impiegammo un bel po' di tempo prima di tornare a casa, prima che Adriano posteggiasse l'auto e lasciasse che mi catapultassi in ascensore.
Ero in ansia, volevo a tutti i costi raggiungere casa il prima possibile mentre i miei amici sembravano voler perdere tutto il tempo di questo mondo.
Quando spalancai il portone di casa trattenni il respiro, per un istante mi sembrò tutto irreale fin quando almeno non lasciai cadere il mio sguardo sul centro della stanza, dove campeggiava il divano.
E li vidi.
E solo allora mi concessi di tornare a respirare regolarmente.
-Paolo- Manuel richiamò la mia attenzione -ma ti sei incantato?-
Andrea mi sorpassò lanciandosi sul divano, accanto a loro -no Manu, tuo fratello è talmente fuso che non era convinto al 100% che voi ci foste realmente-
-Questo doveva rimanere tra noi- lo ripresi.
-Lo so- rispose lui -ma è più forte di me. Il tuo ragionamento è assurdo-
-E' solo che non me lo sarei mai aspettato- cercai di giustificarmi -ci siamo sentiti fino a poco prima della partita e non vi siete fatti sfuggire niente-
-Altrimenti che razza di sorpresa sarebbe stata!- disse Lei con quel suo sorriso che subito mi diede la scossa.
-Tu- le puntai un dito contro -lascia proprio stare-
-Preferivi non venissimo?-
-No!- quasi urlai preso alla sprovvista da un'improvvisa voglia di spiegarmi meglio -è stata una delle cose più belle della mia intera vita calcistica-
Il mio sguardo si fuse con il loro e mi sentii stremato, come se tutta l'adrenalina accumulata fosse svanita d'un tratto.
Mi lasciai cadere sul divano e sospirai estasiato.
-Voi davvero non potete capire, mi sembra di vivere a un metro da terra, mi sento un completo stupido-
-Non ti senti, lo sei- mi corresse Adriano beccandosi uno sguardo sbieco ed un cuscino che finì prontamente tra le sue mani salde.
Per un portiere come lui non fu difficile bloccare quel lancio ma ciò che gli riuscì davvero bene fu il rinvio che ne seguì.
Tra lo stupore generale il cuscino da lui lanciato finì direttamente sulla testa di Manuel che, preso dall'euforia, diede vita ad una lotta coi cuscini che presto coinvolse tutti.
Era bello poterci divertire senza pensieri, scaraventarci contro quegli ammassi di piuma con la certezza che nessuno si sarebbe fatto male.
Le nostre risate riecheggiavano in quell'ambiente rendendo l'allegria contagiosa. Era un po' come essere tornati piccoli, era una piccola bolla di felicità.
Fu quando uno dei cuscini si scagliò contro la libreria che mi resi conto che forse la situazione stava degenerando. Dalla tasca dei pantaloni tirai fuori un fazzoletto che lasciai sventolare in segno di pace.
Ero stremato e gli altri non erano da meno.
Lentamente tornammo a colonizzare il divano mentre invano Alessia cercava di riordinare. Presto si arrese alle nostre lamentele e si lasciò cullare dalle braccia forti di Adriano.
Quello stato di placida calma fu spezzato da Andrea che, con una delle sue uscite improvvise, scatenò l'ilarità di tutti.
-Ma stasera non si mangia?- chiese.
-Eccolo!- disse Adriano tra le risate -A cosa poteva pensare lui-
-Perché, voi non avete fame eh?-
Un silenzio imbarazzato scese sulla sala fin quando tutti non annuimmo con convinzione.
-Se non ci fossi io chi ci penserebbe al vostro sostentamento! Ora è tardi per mettersi a cucinare, non mi sembra nemmeno il caso di uscire. Ci facciamo portare qualcosa a casa? Pizza? Cinese? Fast food?- elencò Andrea dopo essersi pavoneggiato ben bene.
-Tutto!- risposi io.
-Tutto?- gli occhi di tutti si spostarono sbarrati verso di me.
-Come siete antipatici! Intendevo dire che sarebbe meglio prendere un po' di tutto così avremmo più scelta- spiegai.
Gli altri tennero su le loro espressioni incredule mentre un sorriso si aprì sul volto di Andrea.
-Io ci sto!- disse.
-Ok, ho capito, quando è così discutere è inutile- sbuffò Alessia -vi prendo i depliant-
Lei si allontanò per cercare i volantini mentre Andrea mi raggiunse entusiasta sul lato del divano pronto a ricevere quei foglietti che tanto bramava.
Dopo aver appurato che nessuno avesse preferenze particolari cominciammo a confabulare sulle scelte più opportune.
Era così strano essere a casa nostra, tutti insieme, scegliere per loro la cena, pensare a cosa potesse andargli, a come restituirgli, almeno in parte, la grandezza di quello che avevano fatto per me.
E non sarebbe stato facile perché nulla poteva ripagare un sogno.
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