58 - Affari di famiglia
Dopo quasi un'ora di sonni tranquilli i suoi respiri divennero pesanti e scomposti, cominciò ad agitarsi e a mormorare parole incomprensibili.
Mi avvicinai per controllare la temperatura e notai con gran sollievo che, sotto un leggero strato di sudore, la fronte si presentava tiepida. Quello era un buon segno, il Paracetamolo stava facendo effetto e presto la temperatura sarebbe tornata nella norma.
Avrei aspettato ancora un po', poi l'avrei svegliata e accompagnata a letto. Non avrei di certo permesso che dormisse in divano, non in quelle condizioni soprattutto.
Tornai a sedere sulla poltrona che le stava di fronte e, ancora una volta, mi persi ad osservare ogni suo più piccolo particolare.
Mi piaceva spiarla sapendo che non avrebbe potuto vedermi. Fosse stata sveglia mi avrebbe privato di quella vista. Mi avrebbe sicuramente guardato malissimo, magari sarebbe arrossita ma certamente si sarebbe celata ai miei occhi.
Già la immaginavo, rossa di rabbia e imbarazzo, nel domandarmi più e più volte cos'avessi da guardare.
Ed io cosa avrei dovuto risponderle?
Che era bellissima forse?
Che addormentata sembrava un angelo?
Mi avrebbe sicuramente incenerito col suo sguardo torvo ed io avrei riso per poi vederla ridere a sua volta.
Mentre la mia mente proponeva tutte quelle immagini un movimento catturò la mia attenzione.
Lei improvvisamente aprì gli occhi.
-Ciao!- la salutai.
-Ciao- stropicciò gli occhi con i pugni chiusi -quanto ho dormito?-
-Poco- le sorrisi -solo un'oretta e mezza-
-Oddio ma è tardissimo- si agitò -devo tornare a casa-
-Hei, hei, hei, calma, calma!- provai a calmarla -Non devi andare da nessuna parte-
-Ma... Io devo tornare a casa- disse spaventata.
-Ascolta- le dissi sedendomi al suo fianco per tentare di calmarla -ho già avvertito i tuoi e siamo d'accordo che stanotte dormirai qui-
-Tu hai parlato coi miei genitori?- chiese sgranando gli occhi ancora leggermente gonfi.
-Si, bhe, mi sono permesso di usare il tuo cellulare, spero non ti dispiaccia-
-No, certo che no. Ma, non capisco...-
Le sorrisi -lasciami spiegare-
Lei annuì fissando lo sguardo nel mio.
-Quando ho visto che dormivi ho mandato Manuel in camera per evitare di svegliarti, poi ho pensato un po' al da farsi. Ho visto il cellulare e ho pensato di chiamare tua madre. Le ho detto della febbre, che ti eri addormentata e abbiamo deciso che, visto anche il tempo, sarebbe stato meglio che tu restassi qui-
-E lei ha accettato?-
-Mi ha fatto promettere che mi sarei preso cura di te e che domani mattina ti avrei riaccompagnato subito a casa-
-Sicuro che non sia un problema, non so...-
-Ho promesso a tua madre che mi sarei occupato di te e non intendo deluderla, lo sai mi mette un po' in soggezione-
-Ah ecco, lo fai solo per quello!- disse ritrovando il sorriso.
-Stupida, lo sai che ci tengo a te-
-Veramente è la prima volta che te lo sento dire-
Fu il mio turno di sgranare gli occhi per le sue parole e fissarli dritti dritti nei suoi.
-Pensavo che certe cose non ci fosse bisogno di dirle- mi giustificai.
-Stavo scherzando- disse Lei assumendo quel delizioso colorito rosato.
La mia espressione però divenne contrariata. Il problema era che Lei non stava scherzando affatto. C'era una parte di sé che pensava davvero quelle cose, e forse la colpa era mia. Evidentemente non ero stato in grado di mostrarle quanto importante fosse per me.
-Io no- ci tenni a rimarcare -ci tengo veramente tanto a te-
-Lo so- disse in un modo talmente candido che mi fece rimestare lo stomaco e tutto quello che esso conteneva.
In un moto irrefrenabile di tenerezza le accarezzai il viso incantato da quei suoi occhi che mi scrutavano timidi e incredibilmente luminosi.
Passarono alcuni minuti o forse si trattava soltanto di istanti ma il rumore proveniente dal portone di ingresso mi distolse da quelle piccole pietre preziose.
Quando i miei si affacciarono in sala mi alzai per andargli incontro e salutarli.
Mia madre subito le si avvicinò tendendo una mano verso di Lei.
-Come stai cara?- domandò col suo sorriso rassicurante -Paolo ci ha detto che stanotte sarai nostra ospite-
-Oh meglio grazie- farfugliò Lei -chiedo scusa per il disturbo-
-Quale disturbo, gli amici di Paolo e Manuel sono sempre i benvenuti-
Alle spalle di mamma comparve papà, silenzioso e discreto, che si presentò cordialmente, senza aggiungere altro. Di primo impatto poteva apparire distante e silenzioso, ma era solo una scorza, in fondo era un uomo buono, un pezzo di pane.
Dopo i convenevoli di circostanza mia madre si diede subito da fare per accogliere al meglio la nostra ospite.
-Abbiamo pensato che potresti stare in camera di Paolo- rifletté -lui potrebbe spostarsi in camera con Manuel, tu sei d'accordo amore?-
-Certo- risposi senza esitazioni.
-Allora vado a cambiare le lenzuola- disse mamma.
-Ma non c'è bisogno- mugugnò Lei -davvero, non vorrei arrecare troppo disturbo-
-E' solo un piacere- le sorrise mentre, con una mano, invitava papà a seguirla.
Rimasti soli entrambi tornammo a sedere sul divano.
-Che figura!- disse nascondendosi dietro le mani -i tuoi penseranno che sono un'approfittatrice che si addormenta in casa altrui-
Non riuscii a resistere alle risate sia per la sua espressione sia per la definizione che si era autoinflitta -non penseranno nulla del genere, gli ho detto io che saresti rimasta a dormire perché hai la febbre-
-Ottimo, penseranno anche che sono un portatore insano di germi-
Sorrisi ancora una volta. Con Lei sembravo sempre un cretino, avevo il sorriso stampato sulle labbra in ogni istante. Ogni cosa che Lei diceva, faceva o pensava mi portava a sorridere, come in quell'istante.
-Perché ridi?- domandò Lei.
-Perché mi fa strano pensare che tu stasera dorma qui- virai il discorso.
-Anche a me a dire il vero-
-Forse dovresti scrivere un messaggio a tua madre, era davvero molto preoccupata-
Lei annuì e scrisse velocemente un messaggio, per poi inviarlo ed intrattenere una piccola conversazione con sua madre.
-Mamma ti ringrazia- disse appena alzò gli occhi dal cellulare.
Le sorrisi -ti va di spostarci nel mio regno?-
Lei annuì e tese la mano verso di me, io l'aiutai ad alzarsi e la portai con me verso quella che era la mia camera quando tornavo a casa.
Appena varcammo la soglia Lei cominciò a guardarsi intorno quasi spaesata. Nel suo sguardo c'era una sorta di delusione.
-E' un po' asettica vero?- domandai quasi a chiedere scusa -questa in realtà non è mai stata davvero la mia stanza, io ho sempre dormito di là con Manuel. Questa era la camera di Daniela. Come sai però io qui non ci sono quasi mai-
Andai a sedere sul letto e Lei mi seguì mettendosi al mio fianco.
Le mostrai le cose che mamma aveva preparato per Lei, poi la accompagnai in bagno ed aspettai che fosse pronta per andare a letto.
Quando infine si mise a letto le coperte sembrarono non bastarle.
-Mi passeresti la tua felpa?- chiese.
-Freddo?-
-Un po'- sussurrò sempre nascosta dalle coperte.
Le porsi la felpa e mi sorrise. Io le sorrisi di rimando e mi chinai su di Lei per sfiorare la sua fronte con le labbra. Il mio non voleva essere un gesto eclatante, volevo solamente controllare che la temperatura non fosse salita.
-Come ti senti?- domandai allora.
-Va molto meglio- mugugnò.
-Ti dispiace se resto ancora un po'?-
-Certo che no-
Spensi la luce e me ne rimasi seduto sulla poltroncina accanto al letto. In quella posizione distinguevo poco della sua figura ma potevo sentire il suo respiro che diventava man mano più cadenzato.
-Paolo...- mormorò flebile d'un tratto.
Pensavo fosse solo un mugolio dovuto al sonno o, peggio, alla mia immaginazione ma dovetti ricredermi quando la vidi muoversi e ruotare leggermente verso di me.
-Sei ancora sveglia?- chiesi.
-Si- farfugliò -non ho sonno-
-Vuoi... Vuoi fare qualcosa?-
-No, volevo solo sentirti- disse in un sussurro.
-Sono sempre qui- dissi avvicinando la mia seduta al letto.
Ancora una volta controllai la temperatura della sua fronte con la mano.
-La febbre non è salita per fortuna- dissi.
Feci per ritirare indietro la mano ma Lei la trattenne con una delle sue. Rimasi per un istante interdetto ma poi mi rilassai a quella delicata carezza.
Le sue dita scivolavano leggere sulle mie, le accarezzavano e infine vi giravano intorno. Quei movimenti erano quasi ipnotici ed ogni contatto, ogni più piccolo sfioramento mi dava la pelle d'oca.
-Cos'hai fatto prima, mentre io dormivo?- disse la sua voce nel buio.
-Niente, ti ho guardata dormire!-
Lei sospirò.
D'istinto mi feci ancora più vicino, non dissi nulla ma lasciai che la mano libera vagasse sui suoi capelli. Li accarezzai piano, la sentii prima muoversi, poi pian piano rilassarsi e infine addormentarsi sotto le mie cure.
Ad un tratto mormorò qualcosa di incomprensibile, stava probabilmente sognando, le accarezzai ancora una volta la fronte, le rimboccai le coperte e le sussurrai un "buona notte" che tanto non avrebbe sentito.
Il mattino seguente mi alzai presto, ero preoccupato, non vedevo l'ora di sapere come Lei stesse.
Mi avvicinai alla porta della mia camera e bussai. Quando Lei mi concesse di entrare schiusi la porta e sporsi la testa all'interno.
-Buongiorno, sei già sveglia?- domandai facendomi avanti.
Lei annuì.
-Volevo solo sapere come stavi ma sembra tu stia meglio-
Mi avvicinai per sedermi al suo fianco e notai il libro che aveva tra le mani.
-Oh, vedo che stai leggendo! "Il Vecchio e il Mare", ottima scelta- commentai.
Lei se ne stava stranamente in silenzio, il pensiero che potesse star male di nuovo mi fece paura.
Le presi il viso tra le mani e, in un gesto che ormai era diventato familiare, posai le labbra sulla sua fronte.
-Non sei calda, meno male! Te la senti di venire a fare colazione di là?-
-Si- finalmente parlò.
Imputai quel suo strano atteggiamento al timore di affrontare nuovamente i miei genitori. Tentai di rassicurarla come meglio potevo, poi pensai di ritirarmi per lasciarle i suoi spazi.
Stavo per uscire dalla stanza quando Lei mi richiamò.
-Paolo...-
Mi voltai a guardarla e aspettai che parlasse.
-Ieri sera ho fatto o detto qualcosa di sbagliato?-
Feci mente locale ma, a conti fatti, potei ricordare con certezza che non fosse accaduto nulla -no, perché?-
-Cosa è successo ieri sera? In questa stanza?- chiese ancora Lei, con gli occhi spalancati triste e pieni di qualcosa che somigliava alla paura.
-Sono rimasto con te, ho aspettato che ti addormentassi e, dopo un po', sono andato a letto. Ma è successo qualcosa? Mi stai spaventando!-
-Scusami- disse Lei nascondendosi dietro le mani -è che ho un po' di confusione in mente, non so, sarà la febbre-
-Ma ti senti male?- domandai allora.
-No, no, tranquillo. Avrò solo fatto un brutto sogno-
-D'accordo- dissi poco convinto accarezzandole una guancia -allora tu preparati, io ti aspetto in sala-
Mi affrettai ad uscire dalla stanza per darle il tempo necessario a prepararsi ma non avrei voluto davvero lasciarla sola. Era strana, impaurita, timorosa. Mi dava da pensare eppure non trovavo una spiegazione a quel suo strano comportamento. L'avevo lasciata serenamente addormentata e la ritrovavo tremante con quegli occhioni quasi colmi di lacrime.
Mi poggiai al muro del corridoio per aspettarla e, quando le vidi varcare la soglia, la mia preoccupazione crebbe a dismisura.
-Cos'hai?- la braccai.
-Niente- rispose.
-Non mentire, si vede che non stai bene e questa volta la febbre non c'entra-
-Avrò solo dormito male-
-Ma sembravi così tranquilla, a saperlo sarei rimasto ancora un po'-
-No, no davvero! Non ce n'era bisogno. Non è niente di importante-
-Ho promesso a tua madre che...-
-Paolo!- non mi lasciò finire -sto bene, sono solo un po' confusa-
-Mmh, ok- la assecondai -Vieni a mangiare qualcosa, ne parleremo dopo-
Raggiungemmo la cucina fianco a fianco, muti come pesci e scuri in volto come due che avessero appena ricevuto una terribile notizia.
Anche i miei se ne stavano in piedi, fianco a fianco. Loro però si sorridevano complici mentre bevevano assieme il loro primo caffè della giornata.
-Buongiorno, dormito bene?- chiese mamma.
-Si, grazie- rispose Lei.
-Vieni, non essere timida- la invitò -io sto per uscire ma i miei uomini ti faranno compagnia-
Appena mamma si spostò in camera di Manuel noi ci accomodammo al tavolo.
-Caffè, latte, succo?- domandò mio padre sorridente.
-Il succo andrà benissimo- rispose.
-Guarda che puoi chiedergli davvero qualsiasi cosa- provai a sdrammatizzare -papà è un bravissimo cuoco-
-Oh davvero?- chiese spostando lo sguardo da me a lui.
Annuii sorridendo a mio padre.
-Quando Paolo torna la prossima volta potrai provare di persona- disse lui con un enorme sorriso -sei ufficialmente invitata a cena, o a pranzo, come preferisci-
Mi presi del tempo per spiare la sua reazione, i suoi occhi erano sorridenti e colmi di emozione.
-Pà adesso ti insegno una cosa- dissi -meglio specificarlo prima, a Lei non fare mai complimenti, non dirle cose carine e soprattutto non parlare di Lei in sua presenza perché, vedi? Arrossisce all'istante. Non ci sa fare con queste cose, nemmeno lo sa quanto vale-
Prima che Lei potesse rispondere la voce squillante di Manuel fece irruzione in sala.
-Che succede qui?- chiese.
-Niente- rispose papà -tuo fratello si sta solo divertendo a mettere in difficoltà la nostra ospite-
-Paolo!- mi riprese mamma.
Sbuffai divertito -Io stavo solo spiegando a papà com'è fatta, lui piuttosto l'ha imbarazzata invitandola a cena!-
-Oh fantastico!- esultò mamma -Francesco è un ottimo cuoco. Quando? Avete già fissato la data?-
-La prossima volta che Paolo torna- rispose lui.
-Quindi a fine campionato- precisai.
L'espressione triste di mamma mi fece sorridere, non si sarebbe mai abituata all'idea di non avermi a casa per lunghi periodi.
-Perché?- chiese però Manuel - non può venire anche senza senza Paolo?-
Una risata si levò dal tavolo.
-Certo che puoi- disse mamma -sei sempre la benvenuta. Ora scappo. Ci vediamo presto-
Dopo aver salutato papà e Manuel mi posò una mano sulla spalla in un tacito invito a seguirla.
-Carina la ragazza- disse col suo enorme sorriso quando ci ritrovammo di fronte al portone.
-Si, carina- risposi.
--Sembra davvero una brava ragazza- disse.
-Lo è- confermai.
-Allora vi lascio in buone mani, io devo proprio andare adesso, tu fai buon viaggio e scrivimi appena arrivi, d'accordo?-
-D'accordo mamma-
-Ti voglio bene- mi abbracciò -fai il bravo-
-Sarà fatto capo!- dissi imitando il saluto militare.
La baciai ancora una volta poi la lasciai andare, i suoi occhi dolci continuarono a guardarmi finché non chiusi la porta.
Sorrisi alla dolcezza di mia madre, tirai un sospiro profondo e raggiunsi gli altri in sala.
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