57 - Prenditi cura di Lei
Miei cari, perdonatemi per l'assenza e per il lungo ritardo ma, in questo periodo oltre che con la rete ho seri problemi con Paolo. Ha smesso di collaborare, non mi racconta più i suoi pensieri e temo si stia chiudendo a riccio.
Spero vivamente che torni in sé perché senza di lui scrivere questa versione è impossibile.
Aperta e chiusa questa piccola parentesi vi lascio al capitolo nella speranza che sia di vostro gradimento.
Proverò ad essere più costante e puntuale ♥
L'appuntamento col medico era fissato per le 17.30 ma erano le 16.45 e Manuel non voleva saperne di sbrigarsi. Io ero in macchina ad aspettare che mi raggiungesse ed avevo i nervi a fior di pelle. Possibile che fosse sempre disordinato e disattento, anche per le cose importanti?
Quando mi raggiunse in auto era scocciato e sbuffava. Diceva che gli avevo messo fretta, che ero uno scocciatore e che stavo diventando un vecchio petulante.
Lo lasciai fare, lasciai che sfogasse tutte le sue frustrazioni mentre guidavo per passare a prendere Lei.
Arrivammo al centro medico giusto in tempo per la visita. All'ambulatorio accedemmo solamente io e Manuel mentre Lei rimase ad aspettarci in sala d'attesa.
Il medico conosceva bene Manuel, lo aveva avuto spesso tra le mani visti i suoi numerosissimi infortuni.
Ci accolse con la gentilezza che lo contraddistingueva, ci invitò a sedere e prese a fare a Manuel alcune domande di circostanza, osservò con minuzia le radiografie poi storse le labbra prima di sollevare lo sguardo su di noi.
-Abbiamo un problemino qui- disse togliendo gli occhiali.
-Cosa?- domandò Manuel preoccupato.
-Non possiamo togliere il gesso oggi-
-Perché?- chiese di nuovo Manuel crollando contro lo schienale della poltroncina.
-Mi scusi- domandai a mia volta teso -c'è qualcosa che non va?-
-Niente di preoccupante- sorrise lui -il callo osseo non mi sembra del tutto pronto quindi proporrei di aspettare ancora un po'-
-Quanto?- la voce di mio fratello suonò disperata.
-Dieci giorni saranno più che sufficienti, è solo una precauzione dal momento che conosco la tua propensione a far danni-
Manuel sbuffò sonoramente e quasi si lanciò fuori dallo studio mormorando uno striminzito "arrivederci" appena il medico ci congedò. Io rimasi con lui ancora qualche istante, sulla soglia dello studio, presi appuntamento per la visita successiva, ascoltai i suoi consigli e lo salutai cordialmente.
Quando voltai lo sguardo in cerca di Manuel lo vidi seduto accanto a Lei che mi fissò preoccupata dalla reazione di mio fratello.
Li raggiunsi prendendo posto accanto a Manuel senza mai staccare lo sguardo da quello di Lei, quei suoi occhi sembravano farmi mille domande, capii in quell'istante che aveva bisogno di spiegazioni.
-E' tutto ok!- dissi -però deve tenere il gesso ancora per una decina di giorni-
-La fai facile tu- rispose Manuel- così conciato non posso finire il campionato-
-Per questo sei arrabbiato?- chiese Lei.
Lui annuì e tornò ad indossare un sofferente broncio.
-Sai cosa ci vorrebbe stasera?- provai a tirargli su il morale -una bella pizza!-
-Non ho voglia di uscire- rispose lapidario.
-D'accordo allora ce ne torniamo a casa e la mangiamo lì- proposi.
Lui non rispose nemmeno, si alzò dalla sedia sulla quale era seduto e prese a camminare verso l'uscita.
Mi sentii in dovere di scusarmi con Lei perché quel piccolo inconveniente aveva finito per sovvertire i nostri piani di una giornata assieme.
-Scusami, è giù di morale, non me la sento di lasciarlo da solo-
-Non preoccuparti, tienigli compagnia- rispose accennando un sorriso.
In quel momento però un lampo mi diede un'idea.
-Aspetta- ripresi nuovamente -Manu ti va se la pizza la mangiamo a casa?-
-Meglio se mangiamo schifezze- rispose lui scocciato. Poi si rivolse a Lei, facendo qualcosa che forse avrei dovuto fare io -vieni anche tu vero?-
-Ehm, io...- mormorò Lei.
-Dai, a casa nostra non c'è nessuno- la bloccò Manuel -Poi, Paolo ieri è stato da te, vieni e siamo pari-
-Ok, ok- si lasciò convincere.
Manuel esultò col solo braccio sano provocandomi una risata spontanea.
Io mi attardai di qualche passo per avere la possibilità di dire qualcosa che solamente Lei potesse sentire: -hai visto? io e il mio mio fratellino non accettiamo un no come risposta-
Vidi comparire l'ombra di un suo sorriso e tornai accanto a Manuel per gioire con lui della nostra piccola vittoria. Era bello sapere di aver avuto il suo consenso a passare una serata insieme a casa nostra. Sarebbe stato strano certo, qualcosa di incredibilmente nuovo per tutti e tre ma sarebbe stata una sorpresa piacevole.
Come richiesto da Manuel invece della pizza optammo per sandwich, hamburger, patatine fritte e crocchette varie. Per una sera avrei dato un calcio alla dieta ed alle privazioni e mi sarei concesso di mangiare tutto.
In pochi minuti raggiungemmo casa. In principio Lei sembrava piuttosto imbarazzata ma cercai di metterla subito a suo agio.
Mentre io preparavo l'occorrente per la cena, Lei si guardava un po' intorno.
-Questa è tua sorella?- chiese richiamando la mia attenzione.
Mi voltai e la trovai intenta a fissare le foto che riempivano la sala.
-Si, lei è Daniela-
-Siete uguali- disse.
-Da piccoli spesso ci credevano gemelli- sorrisi.
In quel momento Manuel tornò in sala portando con sé la consolle e alcuni dei suoi videogames preferiti, depositò tutto sul divano e cominciò a sgraffignare patatine.
Eravamo impegnati in una partita di calcio quando Manuel voltandosi per commentare un'azione posò il suo sguardo accigliato su di Lei.
-Hai freddo?- le chiese.
Quella domanda fece voltare anche me che subito compresi lo sguardo di Manuel. Lei se ne stava rannicchiata su se stessa e sembrava quasi tremasse.
-Vuoi una felpa? Una coperta?- domandai.
-Una maglietta andrà bene- rispose.
Mi spostai in camera mia per recuperare una felpa che le porsi invitandola ad indossarla.
-Però è strano- constatai quasi tra me e me -è da ieri che hai freddo e hai anche gli occhi lucidi -Fammi controllare-
Le posi una mano sulla fronte e il calore che mi investì mi fece sobbalzare.
-Ma tu scotti!-
-E' solo un po' di febbre- disse come fosse la cosa più naturale del mondo.
-Tu, tu lo sapevi?- domandai.
-No, è che...-
-No, no, no, tu lo sapevi! Ma allora perché sei uscita?-
Lei sorrise imbarazzata ma non disse nulla.
-Come ti senti, veramente intendo-
-Non benissimo- rispose senza guardarmi -mal di testa, brividi...-
Poi posò la sua attenzione su Manuel che giungeva con un termometro, lo prese e dopo un paio di minuti me lo rese.
-38 e mezzo, cavolo!- sbottai -Vuoi che ti riporto subito a casa?-
-No, davvero non ce n'è bisogno-
-Lascia almeno che ti prenda un antipiretico-
-Ne ho già preso uno prima-
-Prima quando?-
-Dopo pranzo più o meno-
-Sono passate otto ore?-
-Credo di si dai-
-Allora puoi prenderne un altro-
Raggiunsi l'anta in cui mamma teneva tutte le medicine, rovistai tra le varie confezioni e, quando finalmente trovai quello che stavo cercando tornai da lei con una compressa e un bicchiere d'acqua.
-Riesci ad ingoiarla?- chiesi accovacciandomi ai suoi piedi.
-Guarda che ha la febbre non dieci anni!- mi prese in giro Manuel.
-E' solo il suo spirito da crocerossina- disse Lei ridacchiando.
Provai a guardarla male, ad incenerirla per quel nomignolo ma Lei, mi fece cenno di farmi più vicino.
Avvicinai il viso al suo per sentire meglio quello che avesse voluto dirmi ma quando i suoi occhi lucidi si specchiarono nei miei per un attimo pensai di perdere il contatto con la realtà.
-Non vorrai mica che parli delle tue doti da supereroe?- soffiò in modo che quel suono raggiungesse solo me.
Sbarrai gli occhi -Ti prego non lo fare-
Se avesse tirato fuori la storia di Sailor Moon con Manuel sarei stato fregato vita natural durante.
Non contenta di avermi messo paura con quella velata minaccia scoppiò a ridere rendendo le mie gambe gelatina molliccia.
La sua risata era da sempre un suono unico per me, era allegra, spontanea, contagiosa quasi.
Rimasi per qualche secondo a fissarla fin quando Manuel non mi riscosse invitandomi a giocare con lui. Provò a coinvolgere anche Lei ma, a dirla tutta, la Play Station non era proprio il suo forte. Preferì rimanere a guardarci litigare e poi giocare complici.
Sembrava divertita dai nostri battibecchi, dal nostro modo di stare assieme senza fare grandi cose.
Passarono alcuni minuti, poi le sue risate scemarono e si trasformarono in sospiri sempre più lievi e cadenzati.
Mi voltai a controllare che stesse bene ma la ritrovai addormentata.
Era così tenera!
Se ne stava rintanata nella mia felpa, con i capelli a velarle parte del viso e le labbra socchiuse dalle quali fuoriuscivano piccoli sbuffi.
Feci cenno a Manuel di fare silenzio, lo invitai a raccogliere le sue cose e raggiungere camera sua per non rischiare di svegliarla. Lui non se lo fece ripetere due volte, raccattò le ultime cose e dopo la doccia se ne andò a letto.
Finalmente rimasi da solo con Lei, spensi le luci lasciando accesa solamente una piccola luce di cortesia, la coprii con una coperta che di solito tenevo ai piedi del mio letto e rimasi a guardarla.
Era un vero spettacolo, dormiva tranquilla e il suo viso rilassato era forse lo specchio dei suoi sogni. In quel momento avrei voluto solamente stringerla, accarezzarla, baciarla sulla fronte.
Mi accorsi, dopo minuti interi di contemplazione, che il suo sonno era ormai diventato profondo.
Si era fatto tardi, non avrei avuto cuore di svegliarla, non in quel momento in cui la pioggia batteva forte contro i battenti delle finestre.
Pensai un po' al da farsi ma presto arrivai alla conclusione che la scelta migliore fosse lasciarla dormire in pace.
Fuori c'era freddo, le avevo dato le medicine, l'avrei accudita e mi sarei occupato di Lei. Con me non avrebbe corso alcun rischio per cui l'idea di tenerla con me, quella notte mi sembrò la più sensata.
In quel momento poi, notai accanto a Lei il suo cellulare e fu come essere investito da un'illuminazione, una tacita conferma che la mia scelta fosse quella giusta.
Lo presi tra le mani, lo sbloccai e scorsi tra i nomi della rubrica.
Mi sentivo un po' invadente nel compiere quel gesto ma il fine ultimo mi spingeva comunque a continuare. Speravo solo non si svegliasse proprio in quell'istante per due motivi ben precisi: uno, mi avrebbe trovato con le mani in pasta e due, mi avrebbe chiesto di riportarla a casa, ma, quella notte, io non avevo alcuna intenzione di allontanarmi da Lei.
Quando trovai il contatto che mi interessava mi spostai in cucina e, con un po' di timore feci partire la chiamata.
Dopo un paio di squilli e un'ansia crescente una voce preoccupata rispose al telefono.
"Amore" disse.
"Ehm, buonasera Carla, sono Paolo"
"Paolo" ripetè "è successo qualcosa alla mia bambina?"
Sorrisi, la sua bambina...
"No, è tutto a posto, solo che ha qualche decimo di febbre"
"E come sta adesso?"
"Sta bene, le ho dato del paracetamolo e si è beatamente addormentata"
"Ok, allora veniamo subito a prenderla, dammi il tuo indirizzo e..."
"No!" la bloccai.
"No?" domandò lei stranita.
"No" confermai ancora una volta "avevo pensato, se per voi va bene, di lasciarla dormire qui per stanotte"
"Ma..." provò ad argomentare "non credo sia il caso"
"Sarebbe solo per stanotte, fuori piove e fa freddo, non credo sia il caso di svegliarla e lasciarla prendere colpi d'aria"
Dall'altro capo del telefono giunse un sospiro profondo.
"Giuro che domattina, appena sveglia ve la riporto" continuai ad insistere.
"Paolo" soffiò Lei "mi voglio fidare, solo... Promettimi che ti prenderai cura di Lei come farei io"
"Promesso" esultai felice di quell'investitura "e grazie" aggiunsi.
"Grazie a te, adesso però ti saluto, dalle un bacio da parte mia e, mi raccomando, per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi"
La rassucurai ancora, le promisi che mi sarei occupato io di tutto e le diedi la buona notte.
Fu il momento di avvisare i miei di genitori della piccola novità. Con loro fu tutto molto più facile, non ci fu bisogno di preghiere né di promesse. Accettarono di buon grado la presenza di quell'ospite inatteso, soprattutto mamma che, a dire il vero, da tempo, non vedeva l'ora di conoscerla.
Finalmente tornai in salone dove la mia Bella Addormentata se ne stava ignara di tutto.
Le accarezzai la fronte notando che andava via via raffreddandosi, poi mi posi a sedere di fronte a Lei per poterla osservare nella penombra di quella notte.
C'era qualcosa di strano nell'aria, qualcosa che ci univa. Una sorta di tensione invisibile che collegava, in qualche modo, me e Lei, come un piccolo segreto da custodire, qualcosa che riguardasse solo noi due.
Mi sentivo una sorta di prescelto, era difficile da spiegare ma era una sensazione che si attaccava addosso senza lasciar scampo.
Ero rapito da quell'immagine che sembrava venuta fuori da un quadro d'autore.
Addormentata, vulnerabile, vera, era ancora più bella.
Le palpebre tremolavano lasciando che le ciglia accarezzassero quegli zigomi che sembravano disegnati, il profilo delicato, le labbra dischiuse eleganti e perfette, il collo perlaceo, sembrava un angelo.
Nessun pittore avrebbe saputo dipingere quell'immagine, nessuna fotografia avrebbe potuto riprodurre fedelmente quell'insieme.
Quell'istante era solo mio!
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