50 - La sua bellezza
Quella notte riuscii a dormire poco o niente ma, paradossalmente, non fu un grosso peso. Non ero stanco, per niente. Al contrario sentivo scorrere nelle vene l'adrenalina della serata appena conclusasi. Ero agitato, euforico. Avrei volentieri lasciato il letto per dedicarmi a qualcosa di più movimentato in cui riversare tutta la mia frenesia.
Eseguii i miei propositi appena la luce dell'alba fece capolino nelle mia stanza.
Lavai il viso, mi vestii di tutta fretta e, dopo aver lasciato un messaggio in bacheca per Adriano, me ne andai a correre.
L'aria fredda e pungente del mattino si infrangeva sul mio viso accaldato per colpa dello sforzo, i miei piedi si rincorrevano, uno dopo l'altro, lungo i viali deserti del parco.
Il sole, ancora timido, illuminava il parco rendendolo quasi magico; quell'atmosfera soffusa e silenziosa era l'ideale per scaricare tutto quello che mi portavo dentro.
Correre era molto più semplice che parlare, che rapportarsi con altre persone, che guardarle negli occhi. Lì non c'era pericolo di sbagliare, di ferire qualcuno. L'esercizio era decisamente più semplice della vita reale.
Con mia grande sorpresa mi resi conto di aver corso per due ore circa quando decisi di rientrare. Prima di raggiungere la mia camera e concedermi una meritata doccia però avevo intenzione di scambiare quattro chiacchiere con Andrea.
Lo avrei raggiunto ovunque si trovasse per poterlo ringraziare a dovere e chiedergli magari qualche consiglio. Lui sapeva sempre come risolvere ogni situazione e non mi era sfuggito affatto il legame di confidenza che aveva stabilito con Lei. A tratti mi infastidiva, non era quello in cui speravo, ma non potevo negare fosse la cosa più giusta e naturale del mondo; Andrea era un ragazzo speciale, Lei lo era altrettanto quindi non potevano che andare d'accordo. Infondo ero stato io, coi miei modi e i miei sbalzi d'umore, a spingerli in quel legame.
Eppure era strano. Ciò che volevo più di tutto, inizialmente, era che Lei entrasse a far parte del mio mondo ed ero felice che, in un modo o nell'altro, il mio desiderio si fosse realizzato. C'era però una parte di me che a volte prendeva il sopravvento. Quella egoista, testarda e insofferente che voleva Lei tutta per sé.
Mi capitava spesso di guardarla ridere, scherzare o anche solamente parlare con gli altri e di sentire una stretta fastidiosa allo stomaco. Dovevo ripetermi più e più volte che gli altri erano i miei più cari amici e che quindi non avevo nulla da temere per evitare che un broncio da bambino viziato facesse beffa di me sul mio viso.
Arrivato al centro sportivo mi fermai al bar, prima di raggiungere Andrea avevo bisogno di bere qualcosa per rimettermi in sesto.
Mentre bevevo il mio succo di frutta incontrai Alberto. Era parecchio strano, oltre a non sedersi con me sembrava sfuggire il mio sguardo. Gli chiesi se stesse bene ma lui parve voler sorvolare su quel discorso quindi lasciai perdere non volendolo mettere in difficoltà. Gli chiesi poi di Andrea e, con un borbottio sommesso, mi disse che lo aveva lasciato dormiente in camera. Non mi diede nemmeno il tempo di continuare che scappò via lasciandomi solo e perplesso.
Dopo aver pagato la consumazione mi diressi verso camera di Andrea. Bussai un paio di volte ma non ebbi risposta.
Provai ad inviargli dei messaggi ma niente.
Quindi continuai a bussare chiamandolo a gran voce.
-Andre- continuai ad urlare -svegliati! So che sei ancora dentro, me l'ha detto Alberto. Muoviti ti devo parlare-
Dall'interno giunsero dei brusii ma nessun rumore mi faceva intendere che Andrea mi stesse sentendo.
Stavo per perdere la pazienza, quasi mi ero arreso quando la faccia assonnata del mio amico fece capolino dietro lo stipite della porta.
-Che c'è di così urgente?- chiese Andrea.
-Buongiorno anche a te amico!- lo canzonai facendomi spazio.
-Si, buongiorno, hai svegliato mezzo dormitorio solo per salutarmi?- disse strofinando l'occhio destro col pugno come farebbe un bambino appena sveglio.
-Chi avrei svegliato?- risi -Ma sai che ore sono? Sono le 10.30, sono tutti già fuori. Io, ad esempio, sono già andato a correre-
-Oh!- soffiò stupito -Mi è preso sonno. Sai com'è, ieri ho fatto tardi-
-Touchè! Sono qui anche perché volevo ringraziarti-
-Non ce n'è bisogno-
-Si invece, sei un fratello-
-Aspetta prima di parlare- disse lui.
Lo guardai interrogativo senza capire dove volesse arrivare. Lo vidi indietreggiare fino a raggiungere il bagno, si avvicinò alla porta e sussurrò qualcosa che non riuscii a decifrare perché la mia attenzione fu totalmente catturata da quello che si manifestò ai miei occhi.
Lei era lì, nascosta nel bagno della camera di Andrea.
Perché si stava nascondendo?
E perché i segni sul suo viso mi dicevano che si fosse appena svegliata?
Lei ed Andrea.
Insieme.
Il mio cervello cominciò a lavorare ad una velocità supersonica.
Mille immagini e mille voci cominciarono a rincorrersi nella mia mente, cercavo di farle smettere ma era del tutto impossibile.
Mi sentii perso in qualche modo.
Ero talmente preso a fissarla che quasi mi venne un colpo quando mi sorrise.
-Ciao- sussurrò.
-Ciao, ma... Tu cosa ci fai qui?- dissi andando dritto al punto, senza usare giri di parole.
Lei non fece una piega, indicando con lo sguardo il divano sfatto.
Mi si gelò il sangue nelle vene.
-L'ho ospitata qui per stanotte- intervenne Andrea.
-Tu hai dormito qui?- chiesi riportando su di Lei la mia attenzione.
Lei annuì.
-Ma... Come, perché?-
Poi un lampo.
Tutto in un attimo fu più chiaro.
-Cazzo! Tu dormi con Carmela!- sbottai -Scusami me n'ero dimenticato-
-Tranquillo, abbiamo rimediato noi- disse Andrea.
-Non so che dire- borbottai frustrato non avendo nemmeno il coraggio di guardarli.
-Niente, non devi dire niente- disse Lei guardandomi con quei occhi che quasi mi sciolsero.
Solo allora, sollevato dai miei timori, mi concessi di guardarla davvero.
Per la prima volta la guardai nella sua naturale bellezza. Non aveva un filo di trucco anzi, alcune tracce sbiadite se ne stavano adagiate attorno agli occhi che, in quella luce, mi apparivano ancora più belli. Sembrava assonnata ma era come se da Lei si irradiasse una strana luce.
Non mi sarei mai stancato di guardarla.
Forse, solo in quel momento, mi resi conto di quanto bella fosse.
Ero stato così cieco fino ad allora?
Certo che no!
Avevo sempre saputo che fosse una bellissima ragazza, avevo anch'io gli occhi per guardare d'altronde, ma in quel momento quella consapevolezza mi investì in pieno. La sua bellezza non mi limitavo a vederla, era come se potessi sentirla.
Era quasi come vederla per la prima volta, come se tutti i neuroni del mio cervello fossero entrati catastroficamente in collisione.
Quando mi resi conto di essere rimasto impalato come uno stoccafisso tornai in me adducendo una stupida scusa per poter smuovere le sabbie mobili nelle quali mi ero impantanato.
-Ok, ormai credo che gli altri siano tutti giù e ci stiano aspettando- bofonchiai pentendomi immediatamente della mia poca lucidità.
-Io ho bisogno di una rinfrescata, dovrei tornare prima in camera- disse Lei.
-Giusto!- risposi frettoloso -dammi il tempo di una doccia e ti accompagno-
-No- si mise in mezzo Andrea -ascoltate me. Tu fatti una doccia e raggiungi gli altri, io mi sistemo, la accompagno e vi raggiungiamo. Così ha più senso! E, inoltre, così non rischiamo di trovare nessuno in camera-
Perché Andrea doveva essere sempre così dannatamente perfetto?
E perché io dovevo essere sempre così irrimediabilmente cretino?
Io agivo d'istinto, lui invece aveva programmato tutto.
Chissà dove sarei finito senza i miei amici.
-Hai ragione!- concessi, poi tornai a guardare Lei -credo dovrai rispondere a molte domande più tardi-
-Forse...- scrollò le spalle.
-Non ti preoccupa?-
-Onestamente? No!-
Sorrisi alle sue parole -mi piace questo tuo lato strafottente, come quando menti-
-Vai a farti la doccia!- rispose Lei scuotendo la testa ma conservando quel sorriso disperato che mi faceva desiderare di sorridere a mia volta.
-Ci si vede dopo, fate presto- dissi avvicinandomi alla porta.
-Prima te ne vai e prima ci prepareremo- disse Andrea.
-Ok, vado-
-Si, vai però- disse Lei cercando di spingermi fuori.
La sua forza però, era nulla in confronto alla mia. Uscii perché sapevo fosse la cosa giusta da fare ma prima le lasciai un bacio su di una guancia lasciandola interdetta ma pur sempre sorridente.
Quel finto sorriso di biasimo che mi riservava ogni volta che nella sua mente passava l'idea che a me mancasse qualche rotella.
Idea più che fondata d'altro canto.
E, proprio per confermare quella teoria e non deludere le sue aspettative, nel tragitto che mi avrebbe portato in camera, cominciai a trafficare col cellulare.
"E' stato bello vederti stamattina" le scrissi.
La sua risposta arrivò prima che potessi aprire la porta.
"Paolo, la doccia"
Ancora un sorriso. Riusciva ad essere perentoria anche per messaggio.
"Non ti va proprio di darmi corda?"
"E' tardi"
E alla fine, immancabilmente aveva sempre e comunque ragione Lei.
"Ok, vado. Comunque mi dispiace di averti svegliata bruscamente"
"Muoviti"
Stava diventando bravissima nel non concedermi alcuna soddisfazione.
"D'accordo! Vi aspetto giù"
Aspettai qualche istante per leggere l'eventuale risposta che, al contrario di quanto mi aspettavo non arrivò. Doveva aver capito che avremmo rischiato di continuare per ore se qualcuno dei due (quello più razionale e mentalmente stabile, che naturalmente non ero io) non avesse bloccato l'altro.
Raggiunsi il bagno, tolsi la felpa lanciandola nel cestino della biancheria sporca ed aprii lo sportello della doccia per aspettare che l'acqua raggiungesse la giusta temperatura.
Stavo per mettere piede nel box quando un'idea strampalata mi venne in mente.
Tornai sui miei passi ed afferrai il cellulare che avevo malamente lasciato sul divano e scrissi, in fretta e furia, per evitare di cambiare idea.
"Ah! Dimenticavo, sei bellissima appena sveglia coi capelli sconvolti"
Dovevo dirglielo, me lo sentivo sulla punta delle dita.
Forse non sarei riuscito a dirglielo di persona ma scriverglielo poteva essere un'ottima alternativa.
Sghignazzai tornando in doccia pensando all'espressione attonita che le si sarebbe stampata in viso alla lettura di quel messaggio.
Quanto avrei voluto vederla, sarebbe arrossita, avrebbe spalancato a dismisura quei suoi occhioni e avrebbe indirizzato lo sguardo ovunque, tranne che a me.
La conoscevo come le mie tasche, potevo immaginare ogni sua più piccola espressione eppure c'era qualcosa in Lei che ancora mi sfuggiva.
Solo il tempo mi avrebbe davvero aperto gli occhi.
Per il momento mi sarei fatto bastare l'idea di Lei alle prese con le sue smanie.
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