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46 - Altrove

Ero solo.

Per una volta, alle mie spalle, a guidarmi e a proteggermi, non c'era nessuno.

Non c'era Luigi, non c'era Andrea, non c'era Adriano.

Mi sentivo strano, quasi nudo di fronte a tutte quelle persone che mi sembravano estranee.

Loro mi parlavano, mi facevano domande, mi chiedevano informazioni ed io, come un automa, rispondevo senza emozione.

Tutto mi stava sfuggendo di mano.

Ero assente, volevo essere altrove.

Tutto sommato la restante mattina e il primo pomeriggio passarono in fretta. Nonostante il mio pessimo umore riuscii a mantenere la calma e le apparenze senza dare troppo nell'occhio.

Quando rientrammo al centro sportivo e colsi le figure di Adriano e Andrea mi concessi un sospiro di sollievo. La loro presenza mi aveva dato una certa sicurezza che prima stentavo a trovare.

Insieme ci recammo al bar per un caffè poi, uno per un motivo, uno per l'altro, ognuno cominciò a prendere la strada del proprio alloggio. Anch'io avrei raggiunto volentieri la mia stanza ma gli occhi supplichevoli di Carmela mi impedirono di lasciarla sola.

Lasciammo i pochi ragazzi rimasti al bar e, da soli, ci incamminammo lungo uno dei viali che costeggiavano il centro sportivo.

Carmela sembrava finalmente serena. Parlava, parlava, parlava. Senza mai fermarsi un attimo.

Aveva tante cose da dire, da raccontare e, per una volta, non aveva critiche da rivolgere a nessuno. 

Le nostre mani si sfioravano a tratti mentre i nostri occhi non trovarono mai un punto d'incontro. Eravamo su pianeti troppo diversi per riuscire ad incontrarci.

Presto la riaccompagnai alla sua stanza. La sola idea che lì dentro ci fosse anche Lei mi fece accelerare il battito cardiaco.

Ancora una volta sarei voluto entrare, avrei voluto vedere quel sorriso solo per un istante, me lo sarei fatto bastare.

Quando avevo pianificato quei giorni da passare assieme avevo in mente idee irrealizzabili che con l'arrivo di Carmela erano diventate pura utopia.

Ero sempre più confuso, sempre meno consapevole delle mie scelte e delle azioni da svolgere, mi lasciavo trascinare da una strana corrente che, però, mi stava portando alla deriva. Avevo come perso ogni appiglio alla realtà e mi sentivo strano, diverso, non mi riconoscevo.

Io che avevo sempre lottato per avere il controllo su me stesso mi sentivo perso.

Avevo bisogno di parlare con qualcuno e pensai immediatamente ad Adriano. Lui era la mia speranza, speravo sarebbe stato, ancora una volta, la mia ancora di salvezza.

Corsi subito verso gli alloggi, verso la nostra stanza. Vi entrai trovandola buia e vuota ma non mi fermai neanche a pensare, afferrai il cellulare e cercai il numero di Adriano.

Quando rispose mi invitò a raggiungerlo in camera di Andrea e io non me lo feci ripetere due volte. Magari con l'aiuto di entrambi avrei cavato qualcosa dalla mia assurda confusione.

Arrivato a destinazione bussai alla porta e attesi che qualcuno venisse ad aprire. Subito arrivò Adriano che, prima ancora di salutarmi, mi fece un cenno indicandomi l'interno della camera.

Entrai preparato a tutto ma lasciai cadere le mie difese quando sul divano logoro vidi Lei giocherellare con le sue mani come le avevo visto fare milioni di volte.

Appena si accorse del mio ingresso alzò lo sguardo verso di me e finalmente potei specchiarmi negli occhi che avevo cercato invano tutta la giornata. Un senso di pace mi intorpidì le membra e fu come aver ritrovato la strada maestra.

-Ehi, sei qui?-  le chiesi  -come stai?-

-Che domanda è "come stai"?-  chiese Adriano sbuffando una risata  -sembra che non la vedi da secoli-

-In effetti in un certo senso è così-  dissi rendendomi conto di essere ancora sull'uscio.

Chiusi la porta alle mie spalle ed avanzai lentamente. Ero fatalmente attratto dal divano, dalla sua vicinanza, ma cercai in giro qualcosa di più consono. Quando i miei occhi trovarono una sedia la raggiunsi posizionandola poi di fronte al divano. Mi sedetti e cercai in tutti i modi di non incontrare i suoi occhi. Quella vicinanza insperata e quel silenzio mi stavano mettendo addosso un certo imbarazzo.

-Ti piace qui?-  sparai fuori per togliermi dall'impaccio.

-Si, molto- 

Stop, nient'altro.

-Sai-  ripresi io  -ho pensato spesso a questi giorni e... Come dire, me li aspettavo diversi-

Lei scrollò le spalle ma dalla sua bocca non uscì una parola. Da quando mi ero seduto di fronte a Lei non mi aveva nemmeno guardato, se ne stava a testa bassa, imbronciata, impegnata a tormentare un braccialetto che usava come antistress.

-Cos'hai, stai male?-  chiesi forse un po' brusco.

-No-  rispose secca.

-Sei strana... Perché non mi parli?-

Provai ad attirare la sua attenzione con una carezza ma prima che la mia mano potesse toccare il suo viso si scansò guardandomi con quegli occhi diventati scuri di un sentimento che non conoscevo.

Non li avevo mai visti così, nemmeno le lacrime erano riuscite a spegnerli. Eppure in quel momento erano vuoti, non c'era quella luce che avevo imparato a cercare ogni volta che li incontravo.

Mi sentii tornare in una sorta di baratro.

-Non ho molto da dire- 

E la sua voce?

Era fredda, dura, carica di disgusto, di rabbia, di odio forse?

Cosa le era successo per renderla così?

-Ma a voi non sembra strana?-  chiesi ad Andrea e Adriano.

-Veramente no- disse Andrea.

-E' silenziosa, schiva, è diversa-  per non dire apatica, arrabbiata, incomprensibile.

-Ma la lasci in pace?- intervenne Adriano.

-Sarà-  borbottai  -convinti voi. Io conservo i miei dubbi, lei non è così- 

O almeno quella non era la persona che avevo conosciuto io quindi cercai da Lei le risposte alle mie domande

-Tu non hai nulla da dire? Lo lasci in pace 'sto bracciale? Sei nervosa?-

-No, perché, dovrei?- 

Che modo era di rispondere quello?

Stavo per reagire a tono quando il suono del mio cellulare mi distrasse.

Sul display lampeggiava il nome di Carmela. Immediatamente rifiutai la chiamata; non che non volessi sentirla ma in quel momento necessitavo chiudere quel discorso mai realmente iniziato.

Riposi il cellulare e tornai a guardarla.

-Io un po' strano mi sento! E' come se ci fosse qualcosa che...- 

Ancora il cellulare ad interrompermi e di nuovo una chiamata rispedita al mittente senza neanche guardare chi fosse.

-...Qualcosa che non si incastra-  continuai senza logica.

Ma come a volermi impedire di esprimere un pensiero coerente di nuovo fui interrotto dal suono del telefono.

-Guarda che puoi rispondere-

La sua voce mi ridestò dal mio stato di torpore, colsi al volo il suo consiglio e mi allontanai per rispondere.

"Ponto" risposi.

"Paolo!"

"Carmela"

Conversazione di spessore.

"Sei in camera?"  chiese.

"No"

"E dove sei?"

"Sono in giro"

"Mh. Io mi annoio, passi da me?"

"D'accordo"  accettai con poca voglia.

"A proposito, hai notizie di quella che dorme con me?"

A quell'appellativo, usato ancora una volta con superficialità, mi irrigidii.

"Credo sia ancora con i ragazzi"

Una bugia bella e buona ma non potevo lasciare che Carmela fraintendesse o giudicasse qualcosa.

"Va bene, vieni allora?"

"Ok. Dieci minuti e arrivo"

Chiusi la chiamata e tornai a sedere al mio posto. Mi sentivo sporco e fuori luogo.

I miei sensi di colpa, misti a disagio e inapropriatezza, mi impedivano di alzare lo sguardo mentre, le mille voci che mi invadevano la testa mi costrinsero ad un silenzio di circostanza.

Sapevo di stare sbagliando, sapevo di non riuscire a farne una giusta ma non sapevo come altro comportarmi.

Adriano, accortosi del mio imbarazzo, mi si fece vicino poggiando una mano sulla mia spalla facendomi trasalire. Solo allora mi accorsi di sentirmi soffocato e sopraffatto da quello spazio chiuso.

Mi alzai dirigendomi alla porta della stanza.

-Ci vediamo dopo vero?-  chiesi a mezz'aria.

Senza aspettare risposta mi lanciai fuori dalla stanza cominciando a camminare senza meta.

In realtà una meta ce l'avevo ma non lo sapevo fin quando mi ritrovai a girovagare nel parco poco distante dagli alloggi, quello in cui spesso mi rintanavo a correre. Quello era uno dei miei luoghi preferiti, mi sentivo libero e gli eleganti vialetti in ghiaia bianca contribuivano a darmi quel senso di pace che spesso perdevo.

Per mia sfortuna non riuscii a raggiungere uno degli angoli più remoti, quello in cui campeggiava la grande fontana, perché lo squillare incessante del mio cellulare richiamò la mia attenzione.

Era nuovamente Carmela, ancora la sua voce acuta e strillante che mi chiedeva dove fossi, quanto avrei impiegato a raggiungerla, perché non fossi già lì.

Urlai frustrato e dopo un istante per rimettere assieme le idee mi diressi agli alloggi dove sapevo l'avrei trovata.

-Finalmente!-  fu la prima cosa che mi disse quando aprì la porta della stanza alla quale avevo appena bussato.

Entrai senza chiederle il permesso.

Quella stanza non aveva nulla di speciale eppure a me era cara. Mi guardai intorno e respirai tutta la tensione emanata da Carmela. Anche quella però non scalfì il mio interesse per quello che, in quel momento, in quella stanza, nemmeno c'era.

Sentivo la sua mancanza, mista al suo profumo presente solamente nei miei ricordi. Sorridevo alla vista di quel letto perfettamente rifatto che non mostrava segni del suo passaggio al contrario della borsa da viaggio dalla quale fuoriuscivano lembi di vestiti disordinati e mal riposti.

Intanto Carmela, ignara dei miei pensieri, continuava a parlare e ad inveire contro qualcuno o qualcosa.

Avevo smesso di ascoltarla. Ero entrato in un mondo che non la contemplava fatto di pensieri solo miei, di sensazioni, di ricordi mai vissuti. Fissavo il letto e non riuscivo a trattenere un sorriso all'idea di Lei e dei suoi occhi, quelli luminosi e caldi, totalmente diversi da quelli vuoti che mi avevano fissato fino a poco tempo prima.

Il mio umore virò vorticosamente al ricordo di quegli occhi. Cosa le stava accadendo? Perché non c'ero io al suo fianco in quel momento?

E i sensi di colpa si fecero nuovamente strada nei meandri del mio cervello. Io non ero con Lei, non ero riuscito a starle accanto, non le avevo nemmeno chiesto il perché del suo cattivo umore nei giorni precedenti alla partenza.

Che razza di amico si ritrovava. Certamente avrebbe meritato di meglio ma... No.

Che stavo farneticando?

Io volevo esserci, dovevo esserci.

Io dovevo fare qualcosa e dovevo farlo al più presto, non dovevo lasciare che il tempo scorresse tra noi creando una distanza incolmabile.

Bisognava liberarsi soltanto di Carmela per qualche istante ma ce l'avrei fatta. Avrei chiesto aiuto ad Adriano, ad Andrea o perfino ad Alessia. Ne avrei parlato coi miei amici ed assieme avremmo trovato un modo che mi consentisse di staccare per un attimo quella farsa e dedicarmi soltanto a Lei.

Non vedevo l'ora di abbracciarla, di sentirla ridere, di confessarle quanto in realtà la presenza di Carmela avesse stravolto i miei piani. Le avrei dimostrato quanto tenessi a Lei e quanto mi sentissi in colpa per non esserci stato in un momento forse duro per Lei.

Sobbalzai quando mi sentii strattonare una spalla. Mi accorsi solo allora di essermi perso nei miei pensieri e di aver perso di vista la presenza di Carmela al mio fianco.

-Non hai sentito una parola, vero?-  chiese.

-Ehm scusami, ero distratto-

-A cosa stavi pensando?-

-A... Niente?-  provai a buttarla lì.

Lei non la bevve ma non fece altre domande, alzò le spalle in un gesto di noncuranza e continuò il suo discorso del quale, nemmeno allora riuscii a cogliere il senso.

Appena ebbe terminato decidemmo di fare una passeggiata da soli ma, il mio ostinato mutismo, la convinse presto a raggiungere tutti gli altri in sala comune.

Una volta lì cercai le uniche persone delle quali mi importava davvero ma non le vidi, pensai fossero ancora in camera di Andrea quindi cercai di ingannare il tempo chiacchierando con tutti gli altri.

Quando vidi Adriano venire verso di me lo raggiunsi e provai a fargli la domanda che però mi morì in gola.

-Ti devo parlare-  disse.

-E' successo qualcosa?-  chiesi, preoccupato dalla sua espressione seria.

-Niente di grave però...-

-Però?-  lo incalzai  -Lei sta bene?-

-Si, si, tranquillo ma-

Ancora una volta lo fermai.

-"Ma" cosa? Adri mi dici cos'è successo?-

-Paolo-  sorrise  -se mi lasciassi parlare senza interrompermi una parola si e l'altra pure ti avrei già detto tutto-

-Scusa-  sospirai  -dimmi tutto-

-Allora-  riprese lui con una tranquillità nella voce che fece calmare un po' anche me  -Lei sta benone, non bene, e anche Andre se ti dovesse interessare-

Fece una risatina maliziosa che mi fece scuotere la testa ma, di nascosto, sorrisi anch'io.

Poi riprese  -Comunque noi stasera abbiamo deciso di non uscire, preferiamo rimanercene tranquilli in camera da Andre-

-Noi chi?-  chiesi aggrottando le sopracciglia sperando di aver frainteso.

-Noi tre, io, Lei ed Andrea-

-E perché mai?-  chiesi infastidito.

-Perché è meglio così-

-Meglio per chi, sentiamo-

-Per Lei-  il suo sguardo si fece duro.

-Perché?-

-Perché Paolo...-  prese un profondo respiro  -Fidati è meglio-

-Perché?-  ripetei cercando di mantenere la calma.

-Perché ce lo ha chiesto Lei, contento?-

-Si, ma...-

-Ma un cavolo-  mi fermò lui con aria di sfida.

-Adesso vado a parlarci io-

-No-

-Ma perché no-

-Sembri un bambino-

-Non riesco a capire-

-Non c'è molto da capire. Lei non ha voglia di uscire, sai anche tu che ha avuto seri dubbi sul partire o meno, ora devi solo lasciarla in pace poi vedrai che tutto torna a posto-

-Io... Io non posso-

-Paolo!-  mi riprese.

-Devo andare da Lei-

-Paolo...-  stavolta la sua voce suonò più come una supplica.

-Adri, devo! Ti prego dillo tu a Carmela, le dici che ho avuto un problema, che torno subito, ma fallo tu-

-Ok ma, solo una cosa: non fare casini-

Annuii voltandogli le spalle ma Adriano mi fermò bloccandomi per un braccio.

-Hai capito?-  mi chiese.

Pur non cogliendo il senso di quella domanda annuii.

-Alla prima cazzata ti spezzo-  aggiunse lasciandomi andare.

Sorrisi amaramente e, senza curarmi d'altro, cominciai a correre verso di Lei.




Ma ciao a tutti!

Eccoci qua con un altro capitolo, ancora confuso e incoerente, proprio come Paolo.

Tra un po' sarà Natale e poiché quest'anno siete stati molto buoni con me aspettatevi delle sorprese.

Un abbraccio grande!

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