45 - Buona notte
Buon Lunedì a tutti!
Spero di farmi perdonare il ritardo con questo capitolo.
Ad essere sinceri non è che accada poi molto perché, come avrete imparato a capire, ormai anche meglio di me, la testa di Paolo è dura, molto dura! Quindi, da testone qual è prima di prendere una decisione o di capire qualcosa ha bisogno di pensarci mille e mille volte.
Bisognerà aspettare ancora un po' prima di capire le sue reali intenzioni e il suo modo (contorto) di pensare e vedere le cose.
Vi ricordo di passare di tanto in tanto nella mia bacheca perché lì comunico ritardi, cancellazioni o buone nuove.
Chiariti questi punti vi lascio al capitolo. Vi ringrazio per la paziente attesa.
A lunedì ♥
Arrivati al centro sportivo trovammo ad aspettarci tutti i ragazzi della squadra. Feci le presentazioni di rito poi mi appartai con Adriano per decidere le sistemazioni delle camere.
Ne avevamo richieste quattro, due per le due coppie, una per Giovanni e Simone e l'ultima per Lei.
Ora però bisognava rivedere le cose, c'era Carmela da sistemare ed io non ebbi dubbi. Carmela poteva benissimo dormire in camera con Lei.
-Sicuro sia la scelta giusta?- chiese Adriano guardandomi come se avessi appena confutato l'esistenza degli alieni.
Lo guardai a mia volta, stupito e confuso dalla sua domanda.
Che voleva dire con quelle parole?
Per me era stato del tutto normale prendere quella decisione, credevo fosse la più semplice e sensata ma probabilmente lui non la vedeva allo stesso modo.
-Che intendi?- gli chiesi allora.
-Niente- disse lui scuotendo la testa come rassegnato.
Subito si allontanò, raggiunse gli altri e mi lasciò interdetto, senza una risposta.
Seguii presto l'esempio di Adriano con le chiavi degli alloggi che distribuii a chi vi avrebbe soggiornato. Non ebbi il tempo di spiegare tutte le sistemazioni che Carmela cominciò coi suoi lamenti.
-Cioè mi vuoi dire che non dormirò con te?-
-No, lo sai che non può dormire nessuno negli alloggi-
-Dai ma cavolo! Io son venuta qui per farti una sorpresa, per stare con te e invece mi ritrovo a dover dividere la camera con quella-
A quelle parole mi adombrai. Ok che a parlare era la mia ragazza ma nessuno poteva rivolgersi a Lei in quel tono.
Un tornado di emozioni, tutte negative, mi avvolse lo stomaco. Serrai le mani in due pugni e mi costrinsi a respirare prima di proferire parola.
-Nessuno sta facendo storie, non cominciare tu-
-Ma io...-
-Niente ma- la bloccai -lo sai come funzionano le cose-
Le voltai le spalle e mi avviai verso gli alloggi seguito dai ragazzi e dai loro bagagli, con un peso sulle spalle invisibile ma estremamente ingombrante.
Appena salutai tutti mi lasciai andare contro una delle pareti portando le mani ai capelli. La felicità provata alla vista di Carmela stava lentamente scemando trasformandosi in una mal sopportazione e in cortesia di circostanza. Era sempre così scostante, così petulante, così incredibilmente fastidiosa a volte.
Tornai in camera sbuffando e sbattendo la porta richiamando l'attenzione di Adriano che stava guardando la televisione mezzo disteso sul divano.
-Che ti prende?-
-Niente- borbottai.
-Paolo...-
-Non ce la posso fare-
-A far cosa?- chiese lui comprensivo.
-Tutto-
-Non te lo aspettavi eh?-
-No- soffiai fuori scuotendo la testa.
-Dai, vedrai che ne usciamo-
-Vado a fare una doccia- dissi staccandomi dalla porta e raggiungendo il bagno dove speravo sarei riuscito a rimettere in sesto le idee.
A nulla però servirono l'acqua calda e le bolle prodotte dal bagnoschiuma, i miei nervi rimasero a fior di pelle e mi sentii improvvisamente stanco e desideroso di cadere in un sonno profondo.
Invece di mettermi a letto però, raggiunsi tutti gli altri per andare a cena. Come se non avessimo appena battibeccato Carmela si avvicinò e mi prese sottobraccio sussurrando critiche a destra e a manca.
Cercai di resistere e rimanere in silenzio fin quando le sue frecciate andarono a colpire i miei amici.
-Ti prego basta- le dissi infastidito.
-Che hai?-
-Io? A te non sta mai bene niente!- ridacchiai per stemperare la tensione.
-Ho solo fatto un po' di considerazioni-
-Chiamale considerazioni!- la ripresi ironico.
-Certo che appena tocco i tuoi amichetti ti sale il fumo alle orecchie-
Sbuffai senza risponderle nulla, non avrei trovato parole giuste per raccontarle il legame tra me e i miei amici senza apparire nervoso e scorbutico. Inoltre, se non era stata in grado di comprenderlo nel corso degli anni non vedevo perché avrei dovuto sprecare il mio tempo in quel momento.
Lei però non aveva intenzione di mollare la presa e mi domandai perché fosse venuta. Mi aveva chiesto scusa, mi aveva fatto una sorpresa inaspettata eppure ci trovavamo sempre al punto di partenza.
Perché non riuscivamo ad avere un rapporto normale? Il rapporto di due ragazzi spensierati che stavano assieme e vivevano i loro vent'anni.
Ero sfiduciato e triste, ero stanco di quella relazione infruttuosa ed ero frustrato.
Non ero dove volevo essere, non ero con chi volevo essere.
La mia serata fu vissuta su due fronti. Avevo Carmela ancora al mio fianco ma i miei pensieri erano altrove. Si rincorrevano altre immagini, altri sorrisi, altri occhi.
Ed erano proprio quegli occhi che in ogni momento andavo cercando.
Anche una volta a tavola, con davanti una pizza fumante non riuscivo a concentrarmi su di me. I miei occhi correvano a Lei, a scorgere ogni più piccolo particolare delle sue espressioni e delle conversazioni che teneva con Andrea o Adriano.
Mi ritrovavo a tendere le orecchie per ascoltare la sua voce lieve e sussurrata, a sorridere dei suoi sorrisi non riservati a me, ad ardere di gelosia per come gli altri potevano interagire con Lei.
La presenza di Carmela mi ancorava in un ruolo che non volevo fosse il mio, mi teneva frenato, mi limitava non solo materialmente ma persino a livello emotivo. Mi sentivo come bloccato.
Solo dopo cena riuscii a ritagliarmi un attimo per respirare, raggiunsi i miei amici che se ne stavano a chiacchierare divisi in gruppetti.
Quasi furtivamente mi avvicinai ad Adriano cingendogli le spalle. Ero sicuro che con lui ed Andrea avrei trovato anche Lei.
In un angolo molto piccolo del cuore ero grato a loro, a Luigi e ad Alberto per aver preso il mio posto. Da solo forse non sarei stato in grado di gestire al meglio la situazione ma ero certo che loro si sarebbero presi cura di Lei come nessun altro sarebbe stato in grado di fare.
-Hei- le dissi -oggi è come se non ci fossimo mai visti-
-Sei troppo impegnato- fu la sua risposta fredda.
Volsi lo sguardo altrove e -forse...- sussurrai.
-Dai che alla fine ti piace - mi prese in giro Luigi.
-Non lo so, me lo aspettavo... Diverso-
Ed era vero.
Niente stava andando nel modo in cui l'avevo immaginato.
E fu proprio in quel momento, quando il silenzio divenne il protagonista, quando nessuno incrociava lo sguardo col mio, quando sentii qualcosa dentro incrinarsi, che decisi di tornare sui miei passi, al fianco di Carmela.
Non era la sistemazione ideale ma, in quel momento era comunque la più comoda.
Non avevo più molta voglia di pensare, preferii passare oltre e tornare alla realtà che mi circondava.
Trascorremmo ancora un po' di tempo assieme poi accompagnammo i ragazzi in alloggio ma Carmela mi chiese di passare ancora un po' di tempo assieme.
Rimanemmo soli, con le mani accostate l'una a l'altra senza veramente toccarsi.
-Sei silenzioso- mi disse.
Sollevai un angolo della bocca in una specie di sorriso.
-In realtà oggi mi sembri parecchio pensieroso- aggiunse.
-Dici?-
-Mi sembra proprio di si. C'è qualcosa che ti dà da pensare?-
-No, non direi-
-Sicuro?-
Annuii.
-Va bhe, fingo di fidarmi-
Le sorrisi nuovamente.
-Sei stanco?- chiese ancora.
-Un po'-
-Vuoi rientrare?-
-Forse è meglio, si-
Aspettai un suo cenno di assenso e la condussi al dormitorio. Camminammo in silenzio, fianco a fianco, fino ad arrivare alla porta della sua stanza.
Il corridoio era vuoto, illuminato solamente da alcune appliques da parete. Eravamo soli, le sue labbra si posarono sulle mie mentre le mie mani le accarezzavano le guance. Quello fu il nostro modo silenzioso di darci la buona notte, di abbracciarci e di sorriderci infine, quando lentamente la sua figura sparì dietro l'uscio della porta.
Mi incamminai verso la mia di stanza, lungo i viali del centro sportivo illuminati dalla luna e dalla tenue luce di sporadici lampioni. Passeggiare di notte mi aveva sempre aiutato a pensare con più calma, a rimettere in ordine le idee.
Ma la direzione che presero i miei pensieri quella notte mi portò tutt'altro che calma.
Accompagnare Carmela alla sua stanza mi aveva riportato alla mente immagini in cui io riaccompagnavo Lei a casa, in cui rimanevamo a fissarci o in cui per un attimo i nostri sguardi si incontravano furtivi, in un gesto privato di affetto e protezione. Un modo di cercarci tutto nostro, solo per far sentire all'altro di essere lì ancora e in ogni caso.
Lei che era proprio lì, oltre quella porta.
Lei che forse si aspettava di vedermi entrare, solo per un saluto, per una carezza.
Carezza che non avrei mai trovato il coraggio di donarle con Carmela nei paraggi.
Perché nonostante tutto non l'avrei esposta alla cattiveria, alle maldicenze, alle occhiatacce.
Io l'avrei tutelata sempre perché per me era ormai diventata troppo importante, fondamentale quasi.
Ed allora presi il cellulare e scrissi in un messaggio quello che forse avrei dovuto dirle a voce.
"Buona notte"
Forse era poco, non avevo un gran talento nel comunicare con le parole ma volevo, in qualche modo, farle sentire la mia presenza.
Tornai presto in camera nella vana attesa di una risposta che però non arrivò. E non arrivò nemmeno l'indomani mattina quando la mia sveglia suonò presto per permettermi di raggiungere gli allenamenti.
Avevamo organizzato tutto fin nei minimi dettagli, noi avremmo svolto gli allenamenti senza distrazioni mentre i nostri ospiti ci avrebbero raggiunti sul finale.
Ero agitato, ma in modo assolutamente positivo. Avevo organizzato quella mattina in modo che i miei amici potessero entrare in contatto col mio lavoro, con la mia passione.
Volevo che Lei mi vedesse all'opera, che fosse orgogliosa di me.
Era un pensiero strano, contorto, complicato ma era da giorni che avevo come un tarlo che premeva. Dovevo mostrarle il meglio di me, doveva vedermi con occhi speciali, doveva capire che dal principio la volevo lì, accanto a me, nonostante le cose non fossero andate proprio come le avevo immaginate.
Prima di scendere in campo e di spegnere il cellulare, come di consueto, scrissi un nuovo messaggio tutto per Lei. Solo per Lei.
"Ciao, spero tu abbia dormito bene. Non vedo l'ora di vederti al campo, sono felice"
Ero euforico, sprizzavo energia e vitalità da tutti i pori. Sembravo un bambino alle prese con un nuovo giocattolo. Ero invece un ragazzo alle prese con un qualcosa di più grande di lui. E non mi accorgevo quanto questo qualcosa mi stava sconvolgendo e cambiando la vita.
Lasciai tutti i miei pensieri, assieme al cellulare, chiusi nello spogliatoio e raggiunsi il campo dove tutti gli altri mi stavano aspettando.
Dopo un blando riscaldamento e lo studio di alcuni nuovi schemi cominciammo la partitella di rito. Di tanto in tanto mi guardavo intorno per scorgere l'arrivo di qualcuno ma nessuno arrivò, nemmeno quando l'allenatore in seconda fischiò la fine della partita.
Quella constatazione mi lasciò con l'amaro in bocca ma non ebbi modo di dargli troppo peso perché prima di lasciarci andare il mister ci radunò a centrocampo. Aveva bisogno di discutere con noi di alcune cose, ci fece qualche appunto e qualche critica, come al solito non era tipo da sprecare molti complimenti. Era un tipo apparentemente freddo e distaccato che però teneva a tutti noi come fossimo figli suoi. I suoi modi per dimostrarci stima e considerazione potevano apparire inconsueti ma bisognava conoscerlo bene per leggere nei suoi occhi quanto fosse orgoglioso del nostro lavoro.
E lo era anche in quel momento quando, invece di lodare ogni conquista o giocata di classe, si limitava ad evidenziare ogni più piccolo errore o distrazione permettendoci di migliorarci sempre e sempre di più.
Quando ci diede il via libera notai tutti i miei amici fermi a bordocampo. Erano arrivati, un po' in ritardo ma c'erano. Li salutai tutti da lontano per poi avvicinarmi a Stefano, Giovanni e Simone che avevano ormai oltrepassato la linea di fondo.
Li ripresi bonariamente per il ritardo poi gli narrai i miei piani per la giornata. Avrei preso il pomeriggio libero, avremmo pranzato assieme e organizzato il tempo secondo le nostre volontà. Mi piaceva la mia idea, avrei dovuto rinunciare ad alcuni pezzi del mio piano originale ma avrei fatto di tutto per rendere piacevoli quei giorni.
Dopo aver parlato con loro mi recai negli spogliatoi. Cercai di impiegare il meno tempo possibile ma probabilmente non bastò. Appena misi il naso fuori, infatti, la voce di Carmela corse a rimproverarmi.
-Finalmente sei pronto- borbottò -Mica siam venuti qua per aspettare te che perdi tempo?-
Sospirai -Bhe chiedo perdono, non volevo sembrarvi puzzolente-
-La fai facile tu! Stai coi tuoi amici, in quella che è la tua vera casa, ti diverti e io qua, sola che ti aspetto-
-Non mi sembra tu sia sola- risposi stizzito.
-Sai cosa voglio dire-
Quelle sue parole accompagnate da quell'insopportabile espressione di sufficienza mi fecero perdere la pazienza.
-No, non lo so! Ieri mi hai chiesto perché non ti avessi detto di venire su con loro, ecco perché non te l'ho detto. Tu qui non ci vuoi mai stare e non vuoi stare con le persone a cui tengo. Io qui ci lavoro, la-vo-ro, ogni volta è la stessa storia . Adesso te lo chiedo io, perché sei venuta?-
Forse avevo esagerato ma non ce la facevo davvero, non potevo sopportare ogni volta i suoi improbabili sbalzi d'umore. Era una questione di principio e di priorità e Carmela non poteva sempre essere la mia.
-Non facciamo le solite scenate- disse lei ignorando completamente le mie parole - mi faceva piacere venirti a trovare, non ci vediamo mai-
-Dai, non mi va di litigare- tagliai corto per non alimentare la curiosità e l'imbarazzo generale.
Con mia sorpresa Carmela non ebbe nulla da obiettare quindi, approfittando del suo silenzio, proposi a tutti di fare un giro prima di fermarci per il pranzo.
E se le mancate risposte di Carmela mi avevano stupito il suo prendermi sottobraccio e il legarsi strettamente a me mi mandarono nella confusione più totale.
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