39 - Proprio uno stronzo
Col passare dei giorni e della Pasqua la nostra casa stava assumendo sempre più le sembianze di un luogo vivibile. Le pareti, tinte di un grigio chiaro, essendo ancora spoglie trasmettevano una certa freddezza ma un maxi divano, momentaneamente sistemato nel centro della stanza, provvedeva a renderla più accogliente.
Quel divano era stato testimone dei nostri piani per la partenza e delle mie bugie.
Si, bugie. Perché ogni volta che sentivo Lei telefonicamente mi vedevo costretto a mentire.
Certo, preferivo dire che stavo omettendo delle informazioni ma, il risultato era lo stesso.
Ogni volta parlarle diventava sempre più complicato, mi ero ripromesso di farle una sorpresa e non volevo rischiare di lasciarmi sfuggire qualcosa di compromettente. In realtà avevo accennato qualcosa della nostra visita solo a mio padre, volevo che fosse un bel momento per tutti.
Mancavano cinque giorni alla partenza quando un semplice messaggio di Manuel riuscì a mettermi di buonumore.
Mi disse che aveva incontrato Lei al campetto e che avevano parlato di me. Pensai di condividere con lui il mio piccolo segreto, sapevo che lui non non mi avrebbe tradito. Come mi aspettavo era entusiasta di quella notizia. Non vedeva l'ora di incontrare i ragazzi ma soprattutto era impaziente di confrontarsi con Luigi. Per quanto apprezzasse me e il mio stile di gioco era lui il suo punto di riferimento. Luigi per lui era il difensore per antonomasia.
Quella stessa sera ricevetti un altro messaggio. Da Lei questa volta.
Anche Lei mi parlava dell'incontro con Manuel, di quanto entrambi andassero d'accordo. Quella notizia non poteva che mettermi di buonumore. Mi sentivo in un certo senso sollevato dal sapere che entrambi potessero sempre contare l'uno sull'altra. Negli anni avevo maturato una sorta di senso di colpa nei confronti di Manuel, la lontananza forzata mi aveva fatto perdere i suoi anni migliori. Era il mio fratellino ed io non ero al suo fianco.
Vivevo continuamente di stupidi rimorsi, come se il mio esser via fosse un torto. Mi arrovellavo la testa con mille idee, con fiumi di recriminazioni. Non ero fatto per una vita tranquilla.
Ero in camera coi ragazzi, loro parlavano del più e del meno mentre i miei pensieri viravano altrove. Mi scusai con loro e mi spostai in bagno.
Ero confuso, preso da una strana smania. Dentro di me sapevo che solo sentire Lei mi avrebbe fatto smettere di svalvolare.
Presi il cellulare e composi il suo numero. Mi affacciai alla finestra che dava su uno dei cortili interni del centro sportivo e attesi di sentire la sua voce.
"Ehi!" rispose squillante.
Un sorriso rilassato comparve sul mio viso.
"Ciao"
"Hai letto il messaggio?" chiese.
"So tutto, ho parlato con Manuel. Sono contento che andiate d'accordo"
"Ci siamo presi subito, è bastato poco per capirci"
"Forse perché siamo fratelli" dissi.
"E' probabile, Manuel ti somiglia molto"
"In effetti ce lo dicono in molti ma io non credo sia così, abbiamo due caratteri diversi e soprattutto giochiamo in ruoli diversi" buttai sul ridere.
"Questo è vero! Io però mi baso su mie sensazioni. Di Manuel conosco così poco, riusciamo a parlare solo di te"
"Perché?"
"Perché per ora sei il nostro unico punto in comune"
"Mi piace essere il vostro punto in comune" sorrisi "Mi piacerebbe che tra voi nascesse un bel rapporto. Così potreste contare uno sull'altra e io sarei più tranquillo"
"Perché c'è qualcosa che ti turba?"
"Ora no, ma ogni tanto vi sento lontani e..."
Lei mi bloccò.
"Ma non farti tutte 'ste paranoie. Manuel sta bene, io pure. Vivi lontano ma esiste il cellulare, ci sono le mail. Al limite esiste addirittura la posta ordinaria"
"Simpatica! A me manca potervi essere utile"
"Di questo discorso ne riparliamo quando torni"
Ed eccola la palla al balzo.
Il pretesto che forse cercavo sin dall'inizio di quella telefonata.
"Allora ne riparliamo presto"
"Davvero?" chiese entusiasta, anche da lontano potevo immaginare il suo sorriso.
"Si, gioco la partita di sabato e mi organizzo per tornare"
"Intendi questo sabato?"
"Certo, tra quattro giorni, scendo a fare il ponte"
Era bello lasciarla interdetta a corto di fiato.
Adoravo metterla in difficoltà, era buffissima quando si arrovellava per trovare soluzioni alle cose.
Avevo volutamente accennato ad un ponte che in realtà non esisteva, tutto per metterla in confusione.
Ci salutammo così, lasciandoci nel vago ma con la promessa di rivederci presto.
Uscii dal bagno chiudendomi la porta alle spalle.
Ad osservarmi c'erano tre paia d'occhi, quelli di Andrea, di Adriano e Alberto.
-Stai bene?- chiese Adriano.
-Si, perché?- domandai stupito.
-Non uscivi più dal bagno-
-Ero, ero a telefono-
-Aspetta, aspetta. Da quando vai in bagno a telefonare? Era Lei vero?-
-Ehm- borbottai imbarazzato -si-
-Non sei troppo vecchio per fare le cose zozze a telefono?- chiese Alberto facendo ridere tutti quanti.
Nascosi il viso tra le mani e scossi la testa.
-Dovresti vederti- disse Adriano - sei diventato rosso fuoco-
-Vorrei vedere te-
-Io mica mi chiudo in bagno a fare porcherie?!-
Ancora un coro di risate accompagnate da un mio sbuffare frustrato.
-La smettiamo? Stavamo parlando di Manuel, altro che porcherie. E poi le ho detto che parto sabato-
-Ma sei scemo?- tuonò Andrea -e tutta quella storia della sorpresa?-
-Scemo ci sarai tu- risposi -non le ho mica detto di voi-
-E perché di te si?-
-Non lo so, non sono riuscito a tenermelo- dissi giostrando la realtà a mio favore.
-Ok che non la conosco, ma sta ragazza ti ha completamente spappolato il cervello- chiosò Alberto dando voce alle parole che tutti pensavano.
Quella settimana volò come tutte le altre, poi finalmente giunse il sabato. Il giorno della partita; il giorno prima della partenza. Tenni volutamente il cellulare spento tutto il giorno perché, insomma, una sorpresa è una sorpresa. Solo a Manuel avevo detto di contattarmi tramite Adriano in caso di bisogno e così accadde.
Era Domenica pomeriggio.
Io e i ragazzi eravamo in treno, eravamo partiti da circa tre ore nelle quali, non avevo fatto altro di parlare entusiasta di Lei, quando sullo schermo del cellulare di Adriano comparve il nome di Manuel.
-Tuo fratello- mi disse passandomi il telefono.
"Manu" risposi allegro.
"Ti odio" si lamentò.
"Ei, ei, ei, calmino con questi paroloni"
"Mi hai messo in una situazione di merda" sbuffò.
"Perché?"
"Se magari accendessi il cellulare lo sapresti" rispose piccato.
"Ma è successo qualcosa?"
"A meno che non siano state allertate le forze dell'ordine direi di no"
"Non capisco Manu"
"Qui c'è qualcuno preoccupato per te ed io non so cosa dirle"
"E' preoccupata?" chiesi soddisfatto capendo subito a chi si riferisse.
"Che stronzo" ribatté lui.
"Ti sembra questo il modo di rivolgerti al tuo fratellone?"
Lui sbuffò rumorosamente.
"Ma si può sapere da che parte stai?"
"Quando fai il cretino sicuramente non dalla tua"
"Non fare il guastafeste, lo sai che voglio farle una sorpresa. Dille che mi hai sentito e che sto bene"
"Ok" sussurrò prima di chiudere la chiamata.
-Che hai combinato stavolta?- chiese subito Adriano riprendendosi il cellulare.
-Io niente, è Manu che è paranoico-
-Si, ma dovrà pur essere successo qualcosa- intervenne Luigi -Manuel non è pazzo-
-Ma niente- minimizzai -credo sia solo teso perché ha paura di farsi sfuggire qualcosa su noi quattro-
-Con chi, con Lei?-
-Esatto! Lei è preoccupata perché non riesce a contattarmi e chiede informazioni a Manuel-
-E, dimmi un po'- chiese Adriano -da quanto tempo non ti fai sentire?-
-Da venerdì sera- esclamai soddisfatto.
-Allora sei veramente uno stronzo- disse Luigi.
-Ma perché? Voi non immaginate la faccia che farà domani-
-Se ci arriva a domani!- disse Andrea.
-No, voi non potete capire il tipo di legame che ci lega-
Loro rimasero in silenzio a fissarmi poi all'unisono scossero la testa.
-Secondo me stai sbagliando- disse Adriano.
Lo guardai scettico mentre Andrea si preparava a lanciare una delle sue bombe.
-Io spero solo che domani non finisca a mazzate!-
Tutti scoppiammo a ridere ma in cuor mio sapevo di avere la ragione dalla mia. Lo sentivo, doveva per forza essere così.
Continuammo il nostro viaggio tra prese in giro e battute oscene fino all'arrivo in stazione. Appena scesi dal treno adocchiai la figura imponente di mio padre, anche lui mi vide e si mosse verso di noi. Mi strinse forte tra le sue braccia per poi salutare calorosamente i ragazzi e condurci alla macchina.
Una volta giunti a casa trovammo ad attenderci mamma che, col suo sorriso spontaneo, fece sentire subito a proprio agio i ragazzi. Anche Manuel fece del suo correndo tra le braccia di Luigi ignorandomi bellamente.
Non me la presi affatto, sapevo che aveva un conto in sospeso con me e sapevo anche che me l'avrebbe fatta pagare.
La cena di quella sera fu un gran successo. Papà aveva dato sfogo alle sue velleità culinarie mentre mamma allietava i ragazzi con buffe storie sulla mia infanzia. Quando cominciava coi suoi racconti era capace di andare avanti per ore senza smettere.
-Che bello avervi tutti qui- disse ad un certo punto -Peccato non ci sia anche Daniela-
Papà intercettò subito il suo sguardo divenuto triste e si posizionò alle sue spalle accarezzandole le spalle.
Io e Manuel sbuffammo all'unisono, quando si trattava di nostra sorella era sempre la stessa storia. Daniela aveva quattro anni in più di me, da tre si era sposata con Nicola e, dopo il matrimonio, insieme si erano trasferiti a tre ore da casa. Per via del lavoro di entrambi Daniela riusciva a tornare a casa molto di rado ma, a sentire mia madre, sembrava lei fosse in guerra. Daniela di qua, Daniela di là; Daniela era il centro di gran parte delle nostre conversazioni.
Più e più volte io, Manuel e papà scherzavamo su tutto questo, ed anche quella sera non riuscimmo a trattenerci dal ridere a crepapelle. Anche la reazione di mamma fu la solita, lasciò perdere quel velo di tristezza e si unì alle nostre risate.
Quando ci preparammo per la notte i ragazzi si sistemarono in una stanza, io e Manuel nell'altra. Lui continuò a non darmi troppa corda, preferì mettersi a dormire dandomi le spalle.
Io non riuscivo a prendere sonno, in quella stanza che non era più la mia mi sentivo inadeguato. Sembrava mancare qualcosa.
Il problema era che io sapevo cosa fosse quel qualcosa.
Frugai nella borsa per cercare il cellulare che tenevo spento da due giorni. Lo presi tra le mani e fui tentato dal premere il pulsante di accensione.
Non la sentivo da due giorni, e un qualcosa di strano aveva preso a pesare sulla bocca dello stomaco. Non era senso di colpa, quello forse avrei dovuto provarlo, ma era qualcos'altro. Era una sorta di mancanza.
Possibile che mi fossi abituato così prepotentemente alla sua presenza?
Eppure non ero un tipo appiccicoso. Anzi!
Nelle relazioni interpersonali di solito ero anche piuttosto strafottente, sempre nei limiti dell'educazione e del quieto vivere. Le uniche persone con le quali realmente mi mostravo protettivo e realmente interessato erano la mia famiglia e i miei amici.
Nemmeno con Carmela ero mai stato così.
Lasciai cadere il cellulare di nuovo nella borsa e mi concessi un profondo sospiro ripiombando con la testa sul cuscino.
Sentii un leggero brusio provenire dal letto affianco al mio e la voce di Manuel riprendermi.
-Che hai?-
-Niente-
-E perché non la smetti di respirare così rumorosamente?-
-Scusa- sussurrai.
-Fa niente- rispose infilando anche la testa sotto le coperte.
Mi voltai su di un fianco e mi costrinsi a non fiatare.
I miei pensieri però non volevano saperne di smetterla. Continuai a lottare con loro, finendo per perdere, lasciandomi andare ad un sonno agitato.
Finalmente giunse il mattino. Mi alzai prima di tutti e sfogai la mia frustrazione con la corsa. Quando rientrai i miei erano in piedi mentre i ragazzi stavano ancora dormendo. Feci una doccia veloce poi mi premurai di svegliarli e spingerli a prepararsi.
Avremmo fatto colazione fuori e con noi sarebbe venuto anche Manuel, per un giorno esonerato dalla scuola.
Passammo una bella mattinata, facemmo colazione in un bar coi tavolini all'aperto, passeggiammo per il parco e tornammo a casa per il pranzo.
Fino ad allora rimasi tranquillo ma, una volta rientrato in casa, fui preso da una strana smania. Cominciai a pensare a come poter organizzare la mia sorpresa, a cosa avrei detto, a come avrebbe reagito Lei.
Dopo pranzo chiesi a Manuel il cellulare ma lui mi guardò contrariato.
-Non credo sia il caso- disse.
-E dai!- mi lamentai come un bambino -ancora un po', ti prego-
-Non ti sembra di aver giocato abbastanza? Sarà preoccupata a morte-
-Forse Manuel ha ragione- borbottò Adriano.
-E fidatevi di me una buona volta- dissi praticamente rubando il cellulare dalle mani di Manuel.
Aprii la conversazione che mi interessava e, solo quel piccolo gesto, mi fece sorridere come un ebete al pensiero che, in qualche modo, stavo per parlare con Lei.
"Scusa se ti disturbo, per caso sei riuscita a parlare con Paolo?" Le scrissi.
La sua risposta non tardò ad arrivare.
"No, ma è successo qualcosa?"
Pensai un po' a che risposta darle. Era evidente fosse preoccupata, forse dovevo leggermente smorzare i toni.
"Non lo so però non riesco a parlarci"
"Hai provato a chiamare Adriano, Luigi o qualcun altro?"
Trattenni una risata nel leggere quelle parole. Non poteva mai immaginare che io fossi a pochi passi da Lei e che i ragazzi fossero lì di fronte a me.
"Ho provato solo con Adriano ma non è raggiungibile"
-Si può sapere perché ridacchi?- mi scosse la voce di Luigi.
-Perché Lei sta chiedendo a Manuel di mettersi in contatto con voi-
-Certo che hai ragione- disse Andrea rivolto a Manuel -tuo fratello è proprio uno stronzo-
Manuel annuì soddisfatto mentre io tornai a concentrarmi su quei messaggi.
Mi sentivo in qualche modo lusingato. Leggere della sua preoccupazione mi dimostrava quanto tenesse a me. E alla mia parte più narcisistica questa cosa piaceva da pazzi.
-Vi dispiace se vado da solo da Lei?- chiesi d'un tratto.
Avevo realizzato fino in fondo che di lì a poco l'avrei vista e volevo incontrarla da solo.
Volevo tenere quel momento solo per me.
Stavo diventando un inguaribile geloso egoista.
-Va pure, non vorrei mai dover raccogliere i pezzi quando ti ridurrà in brandelli- sogghignò Adriano.
Gli lanciai un'occhiataccia e mi preparai ad uscire portando con me il cellulare di Manuel.
Scambiai con Lei ancora un paio di messaggi fin quando non raggiunsi casa sua.
Una volta lì,ancora nelle vesti di Manuel, le chiesi di raggiungermi.
Non dovetti aspettare molto prima di vedere la sua figura apparire nel vano scale.
Immediatamente sentii il mio cuore battere più forte, un sorriso imprimersi sul mio viso e le gambe quasi cedere.
Cavolo quanto mi era mancata!
Appena mi vide si bloccò, era come se non mi vedesse davvero.
Io spalancai le braccia nella speranza che Lei vi si tuffasse ma non si mosse di un millimetro.
La sua reazione non era quella che mi aspettavo quindi mi avvicinai a Lei e la presi tra le mie braccia.
Era bello finalmente sentirla.
Il suo profumo, il calore della sua pelle, i capelli a solleticarmi la guancia.
-Tu, tu sei pazzo- esalò con un filo di voce.
-Non ricordi? Te l'avevo detto che ti avrei fatto una sorpresa- dissi lasciandola andare per poterla guardare negli occhi.
-Ma questa non è una sorpresa... Mi hai spaventata- finalmente stava tornando di un colorito normale.
-Davvero?-
-Davvero si!- disse con cipiglio -Tu sparisci per giorni, ho pensato che ti fosse accaduto qualsiasi cosa. Sei proprio uno stronzo!-
Sgranai gli occhi per la sorpresa. Probabilmente mi ero meritato quell'epiteto.
Stavo per ridere ma la sua espressione tra l'arrabbiato e il confuso mi spinse a desistere.
-Scusami, io volevo solamente creare un po' di suspense- dissi invece.
-Ma Manuel?- era spaventata, confusa, era adorabile.
-Poverino lui non c'entra niente. Non era d'accordo con lo scherzo perché sapeva che avresti avuto paura, io però non l'ho ascoltato- dissi guardandola di sottecchi -i messaggi li ho scritti io, gli ho sequestrato il cellulare- dissi mostrandole il cellulare.
Lei continuava a fissarmi come sconvolta.
-Non mi saluti nemmeno, non sei contenta di vedermi?- chiesi per riscuoterla.
-No, cioè si. Anzi no!- farneticò -Non sto capendo niente, mi aspettavo di trovare Manuel e di doverlo supportare aspettando tue notizie e invece ci sei tu-
-E non è meglio?-
-Stupido! Sono arrabbiata con te, ho avuto paura- disse abbassando lo sguardo sulle sue scarpe.
Le sorrisi, era di una tenerezza disarmante.
Mi avvicinai nuovamente a Lei e riaprii le braccia, volevo davvero stringerla a me.
A differenza della volta precedente si rifugiò sul mio petto e potei stringerla forte.
-Scusami- sussurrai tra i suoi capelli.
-No!- rispose Lei facendosi piccola piccola tra le mie braccia.
La avvolsi con forza fino a posare la guancia sul suo capo. Volevo scusarmi con quel gesto e mostrarle quanto tenessi realmente a Lei.
-La sorpresa non è ancora finita- dissi allontanandomi -Ti va di venire con me?-
-Non so se mi posso fidare- chiese assottigliando lo sguardo.
-Ti prometto che è una bella sorpresa-
-Allora si può fare-
Sorrise ed io non capii più niente.
Per un attimo dimenticai tutto.
C'eravamo solo io, Lei e quel magnifico sorriso.
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