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36 - Un'idea vincente

Rientrai in casa sbattendo la porta. Avevo il cuore a mille e il fiatone per la lunga corsa che avevo fatto per non tardare alla cena.

Subito all'uscio si affacciò Manuel.

-Finalmente!- mi riprese -Stavamo aspettando solo te-

Lo seguii in sala e mi accomodai in quello che era da sempre il mio posto a tavola.

-Scusate il ritardo- dissi osservando tutto pronto davanti ai miei occhi.

-Sembri... Come dire- parlò mio padre, cercando le parole adatte -sconvolto, ecco!-

-Ho solo fatto una corsa per tornare in tempo-

-Non era necessario tornare- sorrise mia madre, comprensiva come sempre.

-E invece si, domani parto mi sembra il minimo-

Incontrai in quell'istante lo sguardo di mio padre che annuì serio.

Lui era quello legato alle regole, alle tradizioni, alla famiglia. Per lui nulla veniva prima della sua famiglia. Era scontato ricevessi quella sua chiamata ed era altrettanto scontata quella sua espressione di biasimo.

Non disse molto durante la cena, nessuno dei quattro in verità sembrava aver molta voglia di parlare. Il clima era molto disteso ma il silenzio regnava sovrano.

Quando finimmo di mangiare aiutai mamma a sparecchiare, insieme caricammo la lavastoviglie e ci spostammo in sala.

Papà e Manuel erano seduti sul divano, quando ci videro arrivare ci fecero spazio lasciando che mamma si sedesse tra loro. Io presi posto sul margine del divano, poco distante da loro. Cullato dalle loro voci e dal chiacchiericcio proveniente dal televisore stavo quasi per cedere al sonno quando il ricordo della foto passò nella mia mente.

Avrei dovuto tagliarla per fargliene avere la metà ma, appena la estrassi dalla tasca posteriore dei pantaloni, mi fissai a guardarla.

Era... Era spettacolare.

I nostri sorrisi erano l'uno lo specchio dell'altro ed i suoi occhi emanavano una luce speciale. Lei era davvero bella e l'idea di portarla con me, dovunque andassi, mi faceva fare, allo stomaco, delle strabilianti capriole.

-Paolo?- la voce di Manuel mi riscosse dai miei pensieri.

Mi voltai verso di loro e notai che tre paia d'occhi mi stavano scrutando curiosi.

-Ci ascolti?- continuò lui.

-Scusatemi ero distratto-

-Cosa stai guardando?- chiese avvicinandosi a me.

Provai a nascondere la foto ma lui fu più veloce.

-Adesso ho capito perché non ci stava per niente ascoltando!- disse mostrando il suo miglior ghigno.

-Cos'è?- chiese mia madre.

-Una foto... Di Paolo è della sua amica-

-Quella amica?- chiese mio padre guardando Manuel con una strana espressione di complicità.

Sbarrai gli occhi per la sorpresa, anche mio padre sapeva della Sua esistenza?

Possibile gliene avesse parlato Manuel?

Li guardai entrambi, prima l'uno poi l'altro, poi vidi il sorriso sornione di mia madre.

Mi sentii completamente imbarazzato e privo di protezioni. Ero in balia della loro curiosità e non sapevo come uscirne.

Strinsi la foto tra le mani e mi alzai dal divano -io... Devo andare-

-Dove?- chiese mia madre stravolgendo la sua iniziale espressione.

-Devo... Devo portarle le foto, gliel'ho promesso-

Sentii i loro sguardi farsi più profondi. Mi stavano studiando forse?

-Vai- disse mio padre all'improvviso -non fare troppo tardi però-

-Ok- sorrisi -vado, grazie-

Non sentii la loro risposta né potei osservare la loro reazione. Una volta avuto l'ok presi un paio di forbici e divisi le foto. Presi casualmente una felpa dall'appendiabiti e mi lanciai giù per le scale.

Avevo appena parcheggiato l'auto sotto casa sua quando feci partire una chiamata.

"Ciao!" rispose.

"Mi hai riconosciuto"

"Ormai ho salvato il numero, leggo il tuo nome prima di rispondere"

"Allora non ti sorprendo più?"

"Dipende da quello che vuoi dirmi"

"Tanto lo sai già"

"Scendo?"

"Si, ti aspetto giù"

E così non la sorprendevo più eh?

Dovevo assolutamente rimediare.

Prima che potesse vedermi mi nascosi in una rientranza lungo il muro. Mi appiattii e me ne rimasi in silenzio fin quando la vidi sbucare dal portone.

Fece qualche passo in avanti, si guardò intorno ed approfittai della sua distrazione per coglierla di sorpresa.

Uscii cautamente dal mio nascondiglio e le giunsi alle spalle facendo un urletto che potesse spaventarla.

Quando di scattò si voltò verso di me era bianca come un lenzuolo. Aveva gli occhi sgranati, il fiatone ed una mano sul petto quasi ad evitare al suo cuore di battere all'impazzata.

Non riuscii a resistere a quella sua espressione spaventata, provai a contenermi ma scoppiai in una fragorosa risata.

-Stavolta ti ho sorpresa!- dissi provando a smettere prendendole la mano che ancora teneva sul cuore.

-Ma sei scemo- disse socchiudendo gli occhi -mi hai spaventata-

Risi di nuovo guadagnandomi un'occhiataccia -volevo solo portarti queste-

Le mostrai le nostre foto, Lei le guardò per un po' poi sorrise.

-Sono bellissime-

Annuii in risposta -passerà un po' prima che potremmo rivederci-

-Non torni per Pasqua?- chiese.

-Purtroppo no, abbiamo la partita quindi sarebbe impossibile-

Lei sbuffò infastidita provocando in me, ancora una volta, un sorriso.

-Almeno avrai la mia bellissima foto a farti compagnia!- dissi ammiccando.

Mi guardò con un'espressione buffissima che mi ricordò che non avrei rivisto quegli occhi e che era giunto il momento di congedarmi.

-Ora dobbiamo proprio salutarci- dissi pensandoci un po' su.

-Mi abbracci?- mi sfuggì senza pensarci.

Accadde tutto in modo fin troppo naturale, io spalancai le braccia e Lei si gettò tra di esse. Sentii il peso del suo capo sul mio petto, il suo respiro ad accarezzarmi con dolcezza. Mi sentii improvvisamente in pace.

Dopo alcuni istanti in cui rimanemmo immobili Lei si staccò dall'abbraccio lasciandomi interdetto.

-Allora buon viaggio!- disse.

-Grazie, ci vediamo presto-

La abbracciai un'ultima volta frettolosamente e salii in auto.

Non avevo mai amato molto i viaggi in treno, quello che più mi pesava era la solitudine.

Quel giorno lo amai ancora meno perché Lei non rispondeva ai miei messaggi.

Sapevo fosse a scuola ma di solito riusciva a rispondere di tanto in tanto.

Di solito...

Cos'altro c'era da fare se non perdermi nei miei pensieri?

Nulla appunto.

Ripensai a quelle serate trascorse, a quell'ultimo abbraccio e alla foto. La recuperai dal portafogli e mi fissai ad osservarne anche i dettagli più irrilevanti.

Eravamo davvero belli, Lei era davvero bella.

Ma la sua bellezza non si fermava al mero aspetto esteriore. Lei era simpatica, brillante, intelligente, vera. Era tantissime cose messe assieme.

Ero stato davvero fortunato ad averla trovata nella mia vita. Avrei voluto, in realtà, trasportarla ancora di più nelle mie giornate. Volevo presentarle i miei amici, volevo che anche loro potessero conoscere Lei.

A me aveva regalato un qualcosa di bello e avrei voluto succedesse lo stesso con loro.

Come avevo fatto a non pensarci prima?

In quel momento mi accorsi di avere un'idea vincente, mi stupii solamente di non averla avuta prima.

Intorno alle 14, quando sapevo di non trovarla impegnata con la scuola provai a chiamarla.

Al secondo squillo rispose.

"Finalmente" esultai "pensavo ti fossi già stancata di me"

"No per niente, stamattina ho fatto tardissimo e ho lasciato a casa il cellulare"

"Mi sono mancati i tuoi messaggi, il viaggio è stato un po' vuoto senza la tua compagnia"

"Mi dispiace però appena sono rientrata ho ripreso il cellulare"

"Ci hai messo comunque troppo"

"Perdono!"

"Ci devo pensare"

"Se prometto di non farlo più?"

"Ci posso lavorare... Ma tu non eri avversa alle promesse?"

"Ultimamente qualcuno mi ha ricordato che è bello fidarsi e che c'è ancora qualcuno sulla faccia della terra che le promesse le mantiene"

"Vedo che impari presto" sorrisi.

"Ho un buon maestro"

"E vedrai quante altre cose ti insegnerò"

"Non vedo l'ora"

"Tranquilla, ti sto organizzando una bella sorpresa" ghignai.

"A me?"

"Mh mh"

"Di che si tratta?"

"Se te lo dico che sorpresa è?"

"Nemmeno un dettaglio?"

"Calcio!" sibilai senza darle reali informazioni.

"Ah bhè... Adesso è tutto chiaro"

"Che fai mi prendi in giro? Porta pazienza e capirai"

"Non resisto"

"Provaci almeno"

"Ok, fino a quando devo aspettare?"

"Fino al mio ritorno"

La sentii sospirai ma preferii far finta di niente. Non sapevo davvero quanto tempo sarebbe passato prima di vederci ma quando sarebbe accaduto le avrei portato in dote un gran dono.

Quando arrivai in stazione trovai ad attendermi Andrea.

Appena mi notò mi si fece vicino e mi abbracciò.

-Come stai?- mi chiese.

-Molto bene- risposi.

-Si vede!- disse, poi mi guardò ancora per un po' -hai un sorriso strano, devo forse preoccuparmi?-

-Un po'...-

-Cioè?-

-Non adesso, lo saprai a tempo debito-

Lui non apparve soddisfatto da quella risposta ma gli impedii categoricamente di continuare con le domande.

Avevo in mente un piano ma era ancora presto per parlargliene. Lo avrei fatto quando tutte le carte sarebbero state ben esposte in tavola, quando avrei avuto la certezza di poterlo mettere in atto.

Andrea mi accompagnò in camera, mi chiese se cenassi a mensa e, avuta una risposta affermativa, se ne andò per lasciarmi il tempo di una rinfrescata.

La camera era silenziosa, Adriano non c'era, aveva preso un permesso per quel giorno. Prima di fare qualsiasi cosa mi lanciai sul divano per riposare qualche istante. Senza neanche accorgermene mi addormentai con ancora indosso gli abiti tenuti durante il viaggio.

Mi risvegliò, dopo chissà quanto tempo, una serie di colpi alla porta.

Mi guardai intorno per capire dove fossi, mi stropicciai gli occhi e capii che il rumore che sentivo era dovuto all'insistenza di Andrea.

Mi alzai e lo raggiunsi alla porta.

-Andre, che ti prende?- dissi tra uno sbadiglio e l'altro.

-Eccolo il principino-

Lo guardai assottigliando lo sguardo, cos'è che voleva?

-E' mezz'ora che ti cerco-

-Ma... che ore sono?-

-Sono le 20 quasi-

Le 20?

Sbarrai gli occhi. Avevo dormito quasi due ore.

-Non te lo aspettavi eh?-

Scossi la testa negando.

-Vabbè, fa niente, adesso ci vieni con me a mangiare che ho una fame esagerata?-

Ridacchiai ed annuii poi lo seguii in mensa.

La cena fu piuttosto veloce, salutai i miei compagni e, ancora stanco dal viaggio, nonostante le quasi due ore di sonno, mi rintanai in camera.

Presi nuovamente posto sul divano accendendo il televisore per tenermi sveglio. Mi lasciai andare contro lo schienale e liberai la testa dai pensieri. Ero immerso nel vuoto.

Mi sollevai dal divano solo quando sentii trillare il cellulare che avevo posato sul tavolino basso poco distante dalle mie gambe. Lo presi tra le mani e notai la presenza di un messaggio, era da parte di Adriano. Mi chiedeva di come fosse andata la giornata e mi dava appuntamento al giorno successivo. Scambiai qualche messaggio con lui poi, troppo stanco, decisi di spostarmi a letto.

Prima però ricordai di fare una cosa. Recuperai dal portafogli una delle foto che da due giorni portavo con me e la sistemai in un angolo della bacheca, quella che custodiva gran parte dei nostri ricordi.

Mi allontanai di qualche passo e sorrisi. Quella foto si incastrava benissimo con tutto il resto.

Era quello il suo posto.

L'indomani mi alzai, come al mio solito, di buon mattino. Non avevo voglia di correre quindi raggiunsi il bar locato poco fuori dal centro sportivo.

Io e i ragazzi eravamo soliti far colazione lì, il luogo era tranquillo ed i gestori, col tempo, erano diventati degli amici per noi. Quel mattino, a dispetto dei rigidi regimi alimentari, mi concessi, oltre ad un caffè ed un succo di frutta, una maxi brioche ripiena al cioccolato.

Andrea sicuramente sarebbe stato fiero di me.

Non riuscii a terminare quel pensiero che la sua voce si fece largo alle mie spalle.

-Cosa vedono i miei occhi? Il mio capitano con le mani nella cioccolata!-

Sorrisi quando mi si sedette di fronte.

-Salta gli allenamenti, si ingozza di cibo spazzatura e, visto l'orario, scommetto che non sei nemmeno andato a correre. Sicuro di star bene?-

-Sicurissimo. Ora zitto e ordina la colazione-

-In effetti sei rilassato, hai proprio un bell'aspetto. Devi dirmi qualcosa?- chiese ammiccando spudoratamente.

Scossi la testa sconsolato.

-Sicuro sicuro?-

-Tommaso- alzai la mano per richiamare l'attenzione del cameriere -gli porti il solito così almeno si tappa la bocca e la smette di straparlare?-

Tommaso rise e si avvicinò al bancone per preparare il vassoio con cui avrebbe deliziato Andrea.

Il solito per Andrea consisteva in un cappuccino, una brioche ripiena di qualsiasi cosa e una fetta di torta a discrezione dei proprietari del bar.

Andrea continuò a mugugnare qualcosa ma arrestò le sue chiacchiere quando Tommaso posò davanti ai suoi occhi la sua colazione con tanto di biscotti al burro offerti dalla casa.

Quando aveva la bocca piena non ce n'era per nessuno.

Appena entrambi finimmo la colazione ci incamminammo verso il campo di allenamento per avvicinarci ad una lunga sessione di lavoro.

A fine giornata ero stanchissimo. Per mia negligenza avevo perso il giusto ritmo ed il mister, attento com'era, lo aveva notato subito. E mi aveva distrutto!

Avevo male ovunque. Alle gambe, alle braccia, alla schiena.

Nemmeno la doccia aveva contribuito al mio benessere, mi sentivo un completo idiota. Quel male fisico mi sarebbe servito da lezione: mai trascurare l'allenamento e tenere costantemente sotto controllo l'alimentazione.

Scesi a prendere un po' d'aria prima di raggiungere la mensa dove Andrea mi aspettava assieme ad Alberto e Michele.

Dopo cena io ed Andrea tornammo nella mia camera per aspettare assieme l'arrivo di Adriano. Mettemmo su un film ma non riuscimmo a vederne più di un quarto d'ora.

Ad un tratto Adriano fece il suo ingresso trionfale. Lasciò il suo borsone all'ingresso e si lanciò sul divano, con la delicatezza che lo contraddistingueva.

Atterrò sulle gambe di Andrea che lanciò un urlo spacca timpani beccandosi una cuscinata dritta in viso.

-Come stanno i miei ragazzi?- chiese Adriano facendosi spazio a suon di spintoni.

-I tuoi... Ragazzi?- Andrea prese a ridere quasi strozzandosi.

-Per una volta che uno cerca di essere gentile- borbottò ancora Adriano mettendo il broncio.

-Quando fai il sentimentale mi fai morire- dissi -è un ruolo che proprio non ti si addice-

-Chiedilo ad Alessia se sono o meno un tipo sentimentale- disse tornando ad assumere quella sua faccia da schiaffi.

-Ok, ok, la discussione sta degenerando- si lamentò Andrea.

-Certo che ho proprio degli amici di merda- mugugnò alzandosi -vado a farmi una doccia-

Tornò verso l'ingresso per recuperare il borsone ma si bloccò a metà strada.

-E questa cos'è?-

Spostai l'attenzione su di lui e lo trovai con lo sguardo fisso alla bacheca.

Stava guardando la mia foto.





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