34 - Sensi di colpa
Come potevo non sentirmi in colpa?
Giovanni aveva messo Lei e Luca nella stessa macchina e loro avevano finito per litigare.
Se solo non l'avessi lasciata sola...
Era tutta sera che mi facevo le stesse domande e recriminazioni. Sembravo un cretino che vagava senza meta. Non resistetti molto prima di prendere il coraggio a quattro mani e inviare a Lei un messaggio.
"Ti va di parlare un po'"
Messaggio squallido ma, davvero, non sapevo come impostare il discorso.
"Stasera non ci sono"
Freddo, fu quello che sentii espandersi dentro.
"Peccato. Io volevo scusarmi per oggi"
Cretino, me lo dissi mille volte.
"Non ce n'è bisogno"
Ancora un altro schiaffo. Sempre più forte, sempre più a fondo.
"Io invece credo di si. La verità però è che volevo passare un po' di tempo con te"
"Ora non posso. Ti faccio sapere poi"
Patetico.
Davvero mi ero ridotto a tanto?
Era normale che Lei non avesse voglia di parlarmi. Chi, come una sanità mentale nella media ne avrebbe avuto voglia?
Mortificato e deluso decisi di tornarmene a casa nella speranza che Lei avrebbe cambiato idea.
In realtà non cambiò proprio nulla.
"Non hai proprio voglia di parlare?"
"E' tardi, sto per andare a letto"
"Se ti chiamassi?"
Io di voglia invece ne avevo tantissima.
"Magari è meglio se ci sentiamo domani, ora sono veramente stanca"
"D'accordo ti lascio riposare. Scusami se ti ho deluso oggi, credimi non volevo. Se ce l'hai con me ti capisco. Buona notte"
Nessuna risposta.
Avrei trascorso una nottata orribile.
Quando un suono abbastanza familiare si insinuò tra i miei sogni mi resi conto che, al contrario delle aspettative, avevo dormito tutta la notte.
Quel rumore, solo in seguito, lo identificai come la suoneria del cellulare.
Quando riuscii a rintracciarlo tra le lenzuola mi accorsi che la chiamata persa veniva proprio dal mister.
Cercai di darmi una svegliata e feci partire la chiamata.
Dopo un paio di squilli riconobbi la sua voce metallica mentre lui carpì subito, dal tono della mia voce, il mio basso grado di attenzione.
"Paolo stavi dormendo?" mi chiese.
"Più o meno"
Lo sentii ridacchiare.
"Ascoltami bene" disse tornando serio "ho bisogno che tu anticipi il rientro"
Quelle parole mi lasciarono interdetto.
"Mi hai sentito?" mi riprese lui.
"Si, solo non me lo aspettavo"
"Lo so ma non te lo chiederei se non fosse necessario. Siamo ridotti ai minimi termini, Antonio si è infortunato e Gennaro ha preso l'influenza. Abbiamo bisogno di te, riesci a rientrare in giornata?"
Anche a quelle richieste le parole mi morirono in gola.
Un nodo mi strinse lo stomaco e l'ansia sembrò voler prendere il sopravvento.
Non potevo partire senza chiarire con Lei, senza nemmeno chiederle scusa.
"Non posso" mi lasciai sfuggire.
"Come scusa?"
"Mi scusi" corressi il tiro "volevo dire che mi è impossibile rientrare quest'oggi ma sarò sul primo treno domani mattina"
"Ok" rispose lui dopo un attimo di esitazione "e scusami ancora per averti svegliato"
"Non si preoccupi, ci vediamo dopo domani"
Si scusò ancora una volta, mi ringraziò per la disponibilità mostratagli e mi salutò.
Quando riagganciai mi resi conto di non aver avuto molta scelta. Il mister non mi aveva chiesto se avessi voglia di rientrare, me lo aveva praticamente imposto, a me non era rimasto che accettare di buon grado la sua decisione senza discussione alcuna.
A quel punto però mi si poneva di fronte un problema. Il tempo a mia disposizione per redimermi e chiedere perdono si era drasticamente ridotto.
Presi nuovamente il cellulare tra le mani e scrissi un messaggio all'unica persona che avevo in mente da quella mattina.
"Ciao, io domani mattina devo rientrare ma non mi va di partire senza chiarire con te. Ti va se passo a prenderti dopo scuola?"
Aspettai con ansia una risposta che però non giunse. Stavo per stritolare le mie dita.
L'avevo fatta davvero grossa e non avevo modo di porre rimedio. Ero pronto a fare qualsiasi cosa pur di scusarmi, pur di rivedere il suo sorriso.
A ripensare a tutta quella situazione sentii la tristezza assalirmi. Volevo che Lei sapesse quanto il mio comportamento stupido ed errato mi portasse dispiacere. Decisi allora di scrivergli ancora, se non avesse ceduto di sua spontanea volontà, l'avrei presa per sfinimento.
"Mi dispiace di averti fatto del male, avrei solo voluto salutarti, parlarti, chiederti scusa"
Racimolai tutta la mia forza di volontà e mi trascinai in bagno per fare una doccia. Le mie buone abitudini di movimento mattutino erano andate a farsi benedire, cominciavo a preferire di gran lunga il poltrire tra letto e divano.
Molto più comodo e gratificante!
Quasi fosse un riflesso condizionato, appena uscito dalla doccia, corsi a controllare il cellulare.
L'icona lampeggiante di un messaggio fece spuntare immediatamente un sorriso enorme sul mio viso.
"Se non hai cambiato idea ci vediamo all'uscita di scuola. L'ora la sai"
Il cuore mi si riempì di gioia, ero felice. Davvero, davvero felice!
"Certo che vengo, ci vediamo lì. Grazie"
Le mie misere parole non potevano nemmeno lontanamente trasmettere quanto fossi felice della sua risposta. Quella piccola parola, quel "grazie" a fine messaggio, era un ringraziamento dal più profondo del cuore.
Non avrei potuto immaginare di non vederla. Io dovevo passare del tempo con Lei. Volevo vederla ancora una volta prima di andare via.
Io e Stefano ce ne stavamo poggiati al cancello della scuola in attesa dell'uscita delle ragazze. Mi presi un altro paio di insulti, sempre e comunque meritati, ed ascoltai ciò che lui aveva da raccontarmi sulla serata da loro trascorsa.
Al suono della campanella la nostra attenzione fu totalmente calamitata dal fiume di persone che si riversava nel cortile. Ben presto i miei occhi incontrarono quelli che cercavo. Subito la vidi arrossire, con quella sua espressione imbarazzata e impacciata.
Quando Lei ed Eli ci furono vicine mi sentii imbarazzato come non mai. Rimanemmo a studiarci in silenzio senza nemmeno guardarci. Quasi non mi accorsi nemmeno di quando Stefano si allontanò mano nella mano con la sua ragazza.
Solo allora alzai lo sguardo per scrutare la sua reazione.
La trovai bellissima, forse più bella di quanto l'avessi mai vista. Era una bellezza pura e semplice ma immediata e violenta nell'insieme. Aveva quegli occhi lucidi, imbarazzati, bassi, occhi che in quel momento mi stava celando.
-Ce l'hai con me?- le chiesi in un sussurro.
Lei fece cenno di no ma non accennava a sollevare lo sguardo spento.
-I tuoi occhi mi dicono altro-
-Cosa?-
-Non lo so però c'è qualcosa che non va. Se c'è qualcosa che vuoi dirmi fallo liberamente, io sono pronto ad ascoltare anche insulti-
-Ma quali insulti? Stai sicuro che da me non ne avrai-
-Da te no ma vuoi vedere una cosa?- le chiesi con un sorriso.
Non aspettai una sua risposta ma le mostrai i tre messaggi che mi erano stati inviati la sera precedente.
Notai con piacere lo sguardo di stupore che accompagnò la lettura del messaggio di Luca. Lei non si aspettava che anche lui, nonostante tutto, si preoccupasse ancora per lei.
-Mi dispiace- ricominciò a parlare -avranno pensato che ci sono rimasta male-
-E invece hanno ragione loro, ho davvero fatto una stronzata, l'ho capito subito-
-A me è dispiaciuto che tu sia andato via però non mi devi nessuna spiegazione, hai il diritto di fare quello che vuoi con la tua fidanzata-
-Forse non ti devo spiegazioni ma avrei potuto agire diversamente, temevo di averti delusa-
-No, affatto, io non ce l'ho con te, non mi sono offesa e non mi hai delusa-
-Per un po' ho temuto di dover aspettare la prossima volta per parlarti-
-Quando sarà la prossima volta?-
Quando... Chissà!
Sollevai le spalle, ogni volta era un enorme punto di domanda.
Preferii lasciar perdere quella domanda, mi concentrai prevalentemente su di noi, su di Lei anzi.
-Ho saputo di te e Luca, ti va di parlarne?-
-Perché no- rispose stupendomi.
-Allora, che ne pensi?-
-Penso sia finito qualcosa-
-Ma hai visto il messaggio che mi ha mandato?-
-Si, non me l'aspettavo però non cambia niente. Mi ha chiesto di stargli lontano-
-E come ti senti?-
-Non lo so ancora. Per ora bene ma gli ho promesso che tra noi è finita e non so quanto riuscirò a reggere-
-Perché questa promessa?-
-Perché è quello che vuole lui-
-Sei sicura che sia quello che vuoi? Non vorrei che tu finisca per farti del male-
Mi pentii delle mie parole quando vidi le lacrime affollarsi nei suoi occhi.
-Piangi pure se ti va- le dissi con tutta la dolcezza che riuscii a donarle.
-Non voglio piangere- riuscì a dare.
-Allora non farlo. Non lasciarti sopraffare dalla tristezza, dalla delusione, è il momento di guardare avanti-
-Hai uno strano potere- disse asciugandosi gli occhi -riesci sempre a trovare le parole giuste per farmi stare meglio-
-E' che non mi piace vederti giù di morale. Vorrei che tu sorridessi sempre-
La vidi per un attimo perdersi nei suoi pensieri e pensai fosse il momento adatto per cambiare discorso. Le proposi di mangiare qualcosa e la invitai in una piccola rosticceria dove tra una pizzetta e delle patatine fritte ridemmo delle cose più varie.
Dopo il nostro pasto frugale giunse l'ora di raggiungere il campetto per l'ultima partita di quella mia piccola parentesi. Una volta giunti al parcheggio sentii di doverle dire una cosa che in quella giornata mi era parecchio pesata dentro.
-Sento di doverti dire una cosa- le presi una mano.
-Cosa?-
-Prometto che qualsiasi cosa accada da oggi in poi non ti lascerò mai più sola, né qui né in qualsiasi altro posto-
Lei annuì con un sorriso dolce che quasi parve sciogliermi. Avrei voluto farle una carezza, stringerla forte tra le braccia. Avrei voluto dirle tante cose ma me ne rimasi lì fermo immobile.
Quando decidemmo di scendere dall'auto ci recammo al campo. Subito notai, tra un gruppo di ragazzetti, mio fratello. Mi stupii di trovarlo lì, davvero non me lo aspettavo.
-E tu che ci fai qua?- dissi arrivandogli alle spalle.
-Paolo! Ciao!- rispose lui voltandosi -Mi hanno chiamato i ragazzi perché manca qualcuno per fare le squadre-
-E non potevi dirmelo che passavo io a prenderti?-
-Ma io sono venuto in moto con Pasquale- disse in tono ovvio.
-L'hai messo il casco?-
Manuel strabuzzò gli occhi, sbuffando rumorosamente mentre dalle mie spalle giunse una sonora risata. Mi voltai immediatamente verso di Lei e con un sorriso orgoglioso le chiesi se sapesse chi fosse quel ragazzino che ci trovavamo di fronte.
Lei ci scrutò per un po' poi -Manuel?- chiese entusiasta.
-Si, come lo hai capito?-
-Bhe, siete uguali-
-Si ma io non sono rompiscatole come lui- rispose Manuel fiero.
-Io non sono un rompiscatole- lo corressi -io mi preoccupo per te-
-Comunque piacere- disse Lei rivolgendosi a Manuel -tuo fratello ti vuole realmente bene, mi ha parlato tantissimo di te-
-Allora vuole bene anche a te- rispose lui facendomi arrossire.
Lei si voltò immediatamente verso di me assumendo quella sfumatura di rosa che tanto mi piaceva.
-Gli ho parlato molto di te!- le spiegai.
-Purtroppo è un po' timida- dissi a Manuel -non le piacciono i complimenti-
-Dai basta parlare di me- disse in crescente imbarazzo.
-Ok- le sorrisi, poi mi rivolsi a Manuel -Manu io vado a cambiarmi, ci vediamo in campo. Tu resta un po' a farle compagnia-
Lui annuì e poco dopo la seguì sugli spalti. Mi presi un attimo per osservarli.
Insieme erano la cosa più bella che avessi mai visto.
Eccomi qui, finalmente di ritorno al lunedì.
La mia mente sembra tornata sul giusto binario quindi spero di poter dedicare con costanza il mio tempo alla scrittura.
Se non ci saranno drammi ci ritroveremo lunedì.
Intanto vi abbraccio!
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