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33 - Più importante di noi?

In attesa di ritrovare una certa puntualità nella pubblicazione ecco il nuovo capitolo.

Nella speranza che si di vostro gradimento vi abbraccio.



Avere il mattino libero equivaleva per me, sempre più, a passare il tempo tra il divano e frigo. Avevo bisogno di muovermi, di far qualcosa, di crearmi anche un piccolo diversivo per dar sfogo alla mia noia. Mio padre era in giro per commissioni, mamma a lavoro, Manuel a scuola, pensai che magari Carmela potesse avere un po' di tempo libero. Naturalmente al mio messaggio lei rispose negativamente.

Naturalmente aveva già preso un impegno. Naturalmente ero io quello arrivato troppo tardi.

Mi disse che non c'era modo di incontrarci se non nel pomeriggio. Quel pomeriggio però io avevo la partita al campetto e non avevo alcuna voglia di rinunciarci. 

A conti fatti, dal nostro "chiarimento", non avevamo avuto modo di incontrarci. Avevamo scambiato qualche messaggio, ci eravamo sentiti per telefono ma nessuno dei due aveva fatto in modo di incontrarsi davvero.

Non trovando niente di meglio da fare presi a sfogliare alcune riviste, poi per fare una sorpresa ai miei provai a preparare qualcosa per pranzo con risultati non proprio soddisfacenti. Inutile tentare, non avevo per niente ereditato il genio culinario di mio padre.

Quando tutti ci mettemmo a tavola, gli sguardi verso quella pasta slavata e quella torta di verdure, non furono di conforto. Mia madre teneva in viso un sorriso forzato, mio padre a stento tratteneva una risata mentre Manuel, con delle smorfie malcelate, mostrava tutto il suo disgusto.

Il primo a testare il mio operato fu comunque mio padre che, forchetta alla mano, si portò alla bocca una generosa quantità di pasta. Dopo un'attenta degustazione che sembrò durare ore, alzò lo sguardo e, con tono fiero, asserì.

-Però, pensavo peggio!-

La mia espressione di quel momento doveva dire molto più di mille parole perché tutti scoppiarono immediatamente a ridere per poi dedicarsi finalmente al pranzo.

Com'era ormai diventato consuetudine, prima di andare al campetto passai a prendere Lei. Prima che arrivassero gli altri rimanemmo per un po' a chiacchierare tra noi. Una conversazione leggera e senza impegno, utile solamente a riempire spazi vuoti.

Trascorsi circa dieci minuti mi allontanai per raggiungere gli spogliatoi. Mi accigliai quando vidi entrare Giovanni con un sorriso trionfale stampato in volto.

-Li ho lasciati da soli-  disse.

Una fitta allo stomaco mi fece allarmare.
-Chi?-  chiesi.

-I due litiganti-

-L'hai lasciata sola con Luca?-  domandai strabuzzando gli occhi per la sorpresa.

Il suo ghigno fu la risposta che temevo.

-Ma sei scemo?-

-Dai, ma cosa vuoi che succeda?-

-Vado a vedere-

-No-  tuonò lui bloccandomi il passaggio.

-Perché?-

-Perché devono chiarire da soli e perché Luca non le farebbe mai del male-

Avrei avuto da ridere sull'ultimo punto. Avrei detto che Luca del male gliene aveva già fatto senza pensarci due volte, che l'avevo vista piangere troppe volte per lui, che i suoi occhi tristi erano stati la mia rovina ma non dissi nulla, annuii solamente e tornai a sedermi augurandomi che tutto andasse per il verso giusto.

Quando vidi Luca entrare mi alzai di scatto. Lo osservai per un attimo notando il suo sorriso triste, lo salutai e mi lanciai verso le tribune.

Mi fermai sulla porta degli spogliatoi. L'immagine che mi trovai di fronte mi rilassò all'istante. Lei chiacchierava tranquillamente con Eli, sembrava serena. Sorrideva mentre gesticolando impacciata le raccontava qualcosa. Al pensiero che le stesse nascondendo qualcosa della nostra serata sorrisi al nulla.
Proprio in quel momento lei incontrò il mio sguardo e i nostri sorrisi si specchiarono.

Le feci cenno con la mano di raggiungermi, Lei si avvicinò ma non osò entrare sull'erba. Fui io ad andarle vicino.

Lei mi osservava con un'espressione curiosa mentre io a fatica trattenevo una risata.

-Perché mi guardi così?-  mi chiese.

-Perché lo so che hai mentito di nuovo-

-Come fai a saperlo?- 

-Tranquilla non ho poteri soprannaturali, solo lo immaginavo. Sapevo che Eli ti avrebbe chiesto di ieri e dopo quello che ci siamo detti ero convinto che non le avresti detto la verità-

-Cosa avrei dovuto dirle? Certi "segreti" è meglio che rimangano tali-

-Mi sa che hai ragione, io allora me ne torno segretamente in campo-

Dopo quella squallida battutina non riuscii più a resistere e lasciai libera la risata che tanto avevo trattenuto. Lei non fu da meno mettendo nuovamente in mostra il suo splendido sorriso.

Quando tornai in campo eravamo quasi pronti per cominciare. Creammo le squadre e non rimase che aspettare il fischio d'inizio.

Come ogni volta mi isolai da tutto, per me c'era solo il pallone, i compagni di squadra, gli avversari e tutto il resto erano solamente rumore di fondo.

Tornai in me quando, finita la partita, mi guardai nuovamente intorno prima di rientrare negli spogliatoi.

Quando ne uscii, dopo la doccia, lasciai che il borsone mi cadesse di mano perché tra le mie braccia si materializzò la figura di Carmela. La abbracciai forte, le sorrisi di cuore, cercai di tenerla il più vicino possibile.

-Che ci fai qui?-  le chiesi con il sorriso che non riusciva ad abbandonare le mie labbra.

-Son venuta a vedere il mio fidanzato giocare no?-
Quanto mi piaceva quel suo lato allegro e sbarazzino.

Le baciai una guancia poi le posai entrambe le mani sul viso per poterla guardare meglio negli occhi.
-Sono super felice-

-Anch'io-  disse prima di lasciarmi un sorriso splendente.

Ero davvero felice di vederla lì, non ero abituato alle sue improvvisate ma mi aveva fatto un enorme regalo senza forse nemmeno accorgersene.

-Allora andiamo?-  disse dopo un po'.

Annuii e la presi per mano, salutai velocemente i ragazzi e la condussi fuori dal campetto.

Che strana sensazione averla al mio fianco, con la mano stretta nella sua, con la risata che tanto avevo amato a rimbombarmi nelle orecchie.

Non riuscivo a contenere il mio sorriso, benché non fosse una situazione usuale mi piaceva tantissimo.

Misi in moto l'auto e chiesi a Carmela dove volesse andare.

-Dove vuoi-  rispose.

Anche quella fu una risposta inaspettata ma la presi per buona lasciandomi guidare dall'entusiasmo che mi aveva pervaso.

Guidai per un po', non riuscivo a trovare un posto adatto alla situazione. Pensai fosse presto per portarla a cena, prima magari avremmo potuto fare una passeggiata.

Sentii vibrare il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloni ma non vi badai, ero concentrato sulla strada. Quando riuscii a posteggiare l'auto recuperai il cellulare e nello sbloccare lo schermo notai la presenza di tre messaggi.

Il primo in ordine di arrivo mi era stato inviato da Luca.

"Sei un coglione"  diceva.

Assottigliai lo sguardo ma passai al successivo.

Era di Giovanni.

Nel leggerlo sentii il terreno mancare sotto i miei piedi.

"Ma è possibile che ti scordi qualcuno per strada? Ma che t'è successo?"

No.

No.

No.

Non era possibile.

Non avevo potuto lasciare Lei, da sola, al campetto.

Non potevo crederci.

Non volevo crederci!

Non lessi nemmeno il terzo messaggio, inviatomi da Stefano, perché il mio pugno destro andò a scontrarsi con lo sportello dell'auto.

-Cazzo!-  imprecai, un po' per il dolore, un po' per la rabbia che portavo dentro.

-Paolo!-  mi riprese Carmela  -che ti prende?-

-Cazzo-  ribadii  -Ho dimenticato una cosa-

-Una cosa importante?-

-Si-  dissi stringendo i pugni.

-Più importante di noi due?-

Sentii le lacrime invadermi gli occhi, una rabbia incontrollata  che asserragliava il mio stomaco.

Più importante di noi due?

Mille immagini mi passarono all'istante davanti agli occhi.

Si, cazzo, lo era!

Avevo fatto uno sbaglio enorme, qualcosa che Carmela non avrebbe mai potuto comprendere.

Me n'ero dimenticato, avevo scordato una persona.

Come potevo essere così stupido?

Mi sentivo davvero in colpa ma, ancor di più, mi sentivo uno schifo.

Mi vergognavo di me stesso.

Alzai gli occhi verso Carmela e notai che mi stava osservando senza dire nulla.

-Stai bene?-  chiese.

-No-

-Mi dici cosa è successo?-

-Non posso-

Vidi il suo sguardo cambiare, farsi più duro.

-Devi per forza rovinare sempre tutto?-  disse.

Continuai a non rispondere, erano troppe le cose che mi frullavano per la testa.

-Riportami a casa-  aggiunse lei raggiungendo il lato passeggero dell'auto per poi salirvi e far sbattere rumorosamente lo sportello.

Mi passai le mani tra i capelli, continuai a scuotere la testa incredulo. Per la rabbia avrei pianto, avrei buttato tutto all'aria, avrei urlato come un ossesso per la strada ma ero come pietrificato,  non riuscivo nemmeno a salire in auto. 

Carmela richiamò la mia attenzione suonando il clacson, lei, comprensibilmente, non riusciva nemmeno a rivolgermi la parola.

Come un automa mi accomodai al volante. Non riuscivo davvero a spiegarmi come avessi potuto dimenticare Lei.

Cosa mi stava succedendo?

Era bastato vedere Carmela per non capire più niente?

Non era possibile.

Non potevo averlo fatto davvero.

Senza che nemmeno me ne accorgessi, nel silenzio più totale, riportai Carmela a casa.

Quando lei scese dall'auto ripescai il cellulare dalla tasca e rilessi i messaggi dei miei amici. Gli insulti che vi lessi li meritavo tutti anzi erano ben poco rispetto a quanto in realtà mi spettasse.

Feci ripartire il motore e girai a vuoto fin quando una nuova vibrazione richiamò la mia attenzione.

Accostai e lessi quel messaggio inviatomi da Giovanni.

Ancora una volta la pelle d'oca fece la sua comparsa.

"Ho fatto un guaio"

Sempre meglio. Dalla padella alla brace.

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