31 - Stavolta non puoi scappare
Una sola parola: ritardo!
Il treno, sul quale ero salito ben 5 ore prima, viaggiava con un ritardo di 70 minuti.
Minuti che sarebbero senza dubbio cresciuti fino a farmi compiere un assurdo viaggio di nove ore.
Arrivai in stazione sfinito, avevo solamente voglia di lanciarmi a peso morto sul mio letto e dormire per dieci ore di fila.
Una volta a casa, dopo una doccia veloce, indossai una tuta e provai a mangiucchiare qualcosa che mamma mi aveva messo via dalla cena. Manuel mi raggiunse, si sedette al mio fianco e accompagnò la cena con il racconto delle sue giornate.
La nostra vita, ad eccezione della scuola e dei ritiri forzati, era molto simile. I nostri ritmi erano tutti scanditi dal rotolare di una palla su di un prato d'erba verde. I nostri sogni correvano di pari passo, lontani ma uniti da un filo conduttore comune.
Quella sera, prima di andare a letto, ce ne rimanemmo fino a tardi a guardare un film, lanciati sul divano come due bambini. Avevo promesso a Manuel che avrei passato con lui più tempo possibile e non avevo alcuna intenzione di deluderlo.
Il mattino seguente lo accompagnai a scuola, poi all'uscita lo portai fuori a pranzo e infine in giro per negozi in cerca di un nuovo borsone sportivo. Fu un pomeriggio tranquillo, rilassante in un certo senso.
Almeno fin quando una voce che conoscevo fin troppo bene richiamò la mia attenzione.
-Paolo!-
Alzai gli occhi al cielo, mi voltai e trovai gli occhi di Carmela fissi su di me.
Imprecai sottovoce per non farmi udire né da lei né da mio fratello, presi un profondo respiro e mossi qualche passo nella sua direzione.
-Come mai qui?- chiese in tono glaciale.
La sua voce mi arrivò lontana, fredda, quasi non fosse realmente la sua.
Erano giorni che non sentivo la sua voce. Dopo la nostra lite avevamo continuato con dei messaggi che col tempo erano scemati, avevamo perso anche il desiderio di sapere come stesse l'altro.
-Sono tornato a casa per un po'- le dissi.
Lei era stupita, certamente non si aspettava di trovarmi lì.
-Quanto resti?-
-Ancora non lo so-
-Senti... Lo trovi un po' di tempo per parlare?-
-Ehm- borbottai imbarazzato -certo, si!-
Lei mi concesse un sorriso tirato, con un veloce gesto della mano scostò i capelli dalle sue spalle e dopo un breve saluto a Manuel si voltò per tornare sulla sua strada.
Rimasi per un momento intento a fissarla poi fui riscosso da Manuel che mi chiedeva di andare via.
Quell'incontro, all'apparenza di poco conto, aveva finito per influenzare il mio umore in maniera rilevante. Non avevo più molta voglia di parlare, né di scherzare, né di fingermi sereno.
Riportai Manuel a casa e mi preparai per uscire. Avevo appuntamento con Stefano e gli altri per passare un po' di tempo assieme. A dire il vero non ero dell'umore adatto per uscire a divertirmi ma quattro chiacchiere e qualcosa da bere mi avrebbero senza dubbio aiutato a non pensare.
La realtà però tornare a bussare alla porta del mio cervello. Anche tra tutti loro il pensiero di Carmela tornava invadente a scombussolarmi. Provavo a mostrarmi allegro ma ero come assente, come se il mio corpo, lì con loro, fosse vuoto.
Tornai coi piedi per terra solo quando Lei decise di andare via.
Mi accorsi all'improvviso di tutto il tempo perso quella sera. L'unica cosa di cui avrei avuto realmente bisogno sarebbe stata una chiacchierata rilassante con Lei.
Lei era una delle poche persone con cui parlare mi risultava facile.
Mi avrebbe sicuramente aiutato a non pensare, mi avrebbe fatto sorridere davvero magari.
Mi offrii di riaccompagnarla ma con un sorriso impacciato declinò la mia offerta.
-Ti ringrazio ma non c'è bisogno- disse -ci vediamo domani-
Bastarono quelle poche parole a farmi ripiombare nel mio baratro; Lei non sarebbe rimasta con me ed io sarei rimasto preda dei miei pensieri.
Rimasi ancora qualche minuto poi salutai tutti e decisi di tornarmene a casa.
Quella notte nei miei sogni non ci fu traccia di tranquillità.
Il mattino seguente mi svegliai più stanco e frastornato di quanto non fossi la sera precedente. Mi presi tutto il tempo necessario per riprendermi con una colazione abbondante ed una doccia bollente.
Quando mi sentii piuttosto sveglio indossai una tuta, le mie fidate scarpe sportive e mi lanciai nella mia corsa mattutina.
Per qualche istante, lo sforzo e l'aria fresca a sferzarmi i polmoni, contribuirono a spegnere il mio cervello. Poi i pensieri continuarono a rincorrersi e, tra mille pro e contro, decisi che per uscire da quella situazione avrei dovuto agire.
Starmene fermo, da solo, a pensare, non mi avrebbe giovato. Dovevo fare qualcosa, dovevo muovermi prima che fosse troppo tardi.
E la cosa da fare era solo una: contattare Carmela.
Tornai a casa e, per prima cosa, le scrissi un messaggio.
"Quando possiamo vederci?"
Non volevo risultare freddo ma non riuscivo a ostentare un tono neutro o, peggio, una finta dolcezza. Non volevo illuderla riguardo le mie intenzioni, volevo solo che le cose tra noi fossero chiare.
Alcuni minuti dopo ricevetti un suo messaggio in risposta.
"Va bene domani mattina?"
"Ok"
Almeno una era fatta!
Nel primo pomeriggio sentii squillare il cellulare, pensando fosse Carmela mi precipitai a rispondere.
Quando mi accorsi che, a lampeggiare sullo schermo, era il nome di Stefano invece che quello di Carmela mi sentii stranamente sollevato.
"Stai facendo qualcosa di importante?" chiese dopo i soliti convenevoli.
"Veramente no, sono solo sdraiato sul letto"
"Ti vanno quattro passi? Stasera Eli viene a cena e dovrei prendere un dolce"
"Uh, cenetta romantica" chiesi ammiccando.
"In realtà i miei non ci sono e si è messa in testa di cucinare" il suo tono affranto mostrava tutta la sua frustrazione.
Cercai di contenere una risata in malo modo causando un suo borbottio.
"Ridi adesso perché potresti non farlo quando dovrai venire a salvarmi dalle fiamme"
"Addirittura"
"Lascia stare, Eli ai fornelli è pericolosissima. Tra quanto sei pronto?"
"Quindici minuti, ti passo a prendere io"
Cercare un dolce per la cenetta di Eli e Stefano fu più semplice di quanto pensassi. Eli era un'amante dei dolci alla frutta quindi Stefano si lanciò immediatamente su di una crostata esposta in vetrina.
Una volta arrivati sotto casa sua scendemmo dall'auto cominciando a chiacchierare del più e del meno. Parlammo per quasi un'ora, degli allenamenti, del campionato di Serie A, di Manuel e persino di Luca.
La nostra chiacchierata si interruppe bruscamente quando sul viso di Stefano comparve un sorriso enorme.
-Eccole!- disse.
Mi voltai e il sorriso che c'era sul volto di Stefano comparve anche sul mio.
Lei ed Eli, sorridenti e cariche di sacchetti della spesa, venivano verso di noi.
Dopo una rapida successione di saluti Lei fece per andarsene. Stefano però aveva altri piani in mente.
-Perché non vi fermate anche voi due a cena?-
Qualcosa prese a muoversi nel mio stomaco, quella di Stefano non era affatto una cattiva idea.
Lei però parve rabbuiarsi, scosse lievemente la testa e con un sorriso tirato declinò l'invito tornando rapidamente sui suoi passi.
Rimasi basito e, a giudicare dalle espressioni di stupore assunte da Eli e Stefano, non dovevo essere l'unico.
Non avevo avuto il tempo di dire qualcosa, di chiederle se avesse avuto bisogno di un passaggio, non riuscii nemmeno a leggere il suo sguardo.
Stefano mi chiese comunque se volessi rimanere con loro ma preferii di gran lunga tornarmene a casa.
Durante tutto il tragitto non potei fare a meno di pensare a tutta quell'assurda situazione. Forse mi ero perso qualcosa, forse non avevo dato importanza a dettagli che mi avrebbero rivelato il nocciolo del problema, forse, semplicemente, non sapevo davvero dove potevo aver sbagliato.
Fatto sta che Lei mi evitava. Per due giorni aveva evitato ogni contatto più intimo con me. Che si fosse offesa perché la volta precedente ero partito senza neanche salutarla?
Certo, non mi ero comportato nel migliore dei modi ma le avevo chiesto scusa.
No, non poteva essere per quello. Durante il tempo trascorso lontani ci eravamo scambiati numerosi messaggi e non mi sembrava particolarmente ferita o delusa.
Doveva per forza esserci qualcos'altro, qualcosa di cui non mi ero nemmeno accorto.
Parcheggiai l'auto con la testa che quasi sembrava volesse scoppiare da un momento all'altro. Salii le scale a due a due per rientrare il prima possibile ma, appena cercai di infilare le chiavi nella toppa, la vibrazione del cellulare mi distrasse.
A giungere era stato un messaggio di Stefano.
"Domani ci organizziamo una serata cinema?"
Fu allora che una strana idea prese forma nella mia mente.
Erano quasi le dieci ed io avevo appuntamento con Carmela per fare colazione assieme. Camminavo lungo il marciapiedi per ingannare l'attesa quando con uno slancio qualcuno (che poi riconobbi come Carmela) si lanciò tra le mie braccia.
Per un attimo rimasi interdetto. Non mi aspettavo quello slancio affettuoso, non dopo tutto quello che era accaduto tra noi.
-Mi sei mancato- sussurrò sulla pelle del mio collo.
Non riuscii a rispondere a quella sua dichiarazione, mi aveva colto di sorpresa e non sapevo minimamente come reagire.
Carmela si scostò leggermente da me, mi guardò col suo miglior sorriso e, senza preavviso alcuno, mi stampò un bacio sulle labbra.
-Scusa- disse senza perdere il sorriso -non sono riuscita a resistere-
La sua espressione da furbetta mi provocò un sorriso che svanì nell'istante in cui mi resi conto che quello era solo un modo per distogliere l'attenzione dal problema centrale.
-Come stai?- le chiesi allontanandola gentilmente da me.
-Abbastanza bene, tu?-
-Io sto bene- la rassicurai -vogliamo andare?-
Lei annuì perdendo in parte il suo sorriso. Fece strada all'interno del locale e scelse un tavolino appartato.
Una volta seduti, uno di fronte all'altra, tra noi calò un imbarazzante silenzio.
-Allora...- cominciò traballante -io volevo parlare di quello che è successo l'ultima volta. Insomma, credo di essermi comportata piuttosto male. Ho detto delle cose che non pensavo e quindi volevo chiederti scusa-
-Sicura non le pensassi davvero?-
Lei alzò gli occhi nei miei.
-Certo che sono sicura! In questi giorni ho pensato più volte di contattarti ma la paura di un rifiuto da parte tua mi ha sempre frenata. Però quando l'altro giorno ti ho visto ho pensato non fosse più tempo di aspettare-
Si bloccò un attimo per poi riprendere.
-Vorrei poterti dimostrare che tutto questo non è uno scherzo, che mi dispiace davvero e che farò il possibile per rimediare-
Ancora una volta mi aveva stregato. Avevo sempre ammirato quel suo modo di parlare e convincere chiunque.
Presi la sua mano che se ne stava distrattamente adagiata sul tavolo e la strinsi nella mia.
-Non c'è bisogno che mi dimostri niente- le dissi -forse abbiamo sbagliato entrambi-
-Io di più comunque-
-Sarà...-
-Ascolta, hai impegni per stasera?-
-Uhm, veramente si- dissi sentendo le guance andare a fuoco -però potremmo vederci domani mattina e fare colazione assieme-
-Domani sono io a non esserci. Sembra un gioco del destino, scusami-
-Nessun problema, ci organizziamo meglio più in là-
Lei sorrise -sono felice che tutto si sia sistemato-
Alzai lo sguardo fino ad incrociarlo con il suo e mi concessi un'espressione palesemente dubbiosa.
-Pensi davvero che basti così poco per sistemare tutto?-
-No, certo che no- si corresse -volevo solamente dire che abbiamo trovato un punto d'incontro. Ma te l'ho detto, farò di tutto per farmi perdonare-
-Ed io ti ho detto che non c'è nulla da perdonare. Bisogna lasciare solo che il tempo rimetta a posto i pezzi-
-Grazie comunque per avermi dato questa possibilità- mi prese la mano -vedrai che insieme ce la faremo-
-Già, insieme...- dissi troncando quel discorso.
La colazione durò ancora una decina di minuti poi, dopo un rapido sfioramento di labbra ognuno proseguì per la sua strada.
Quel pomeriggio privo di impegni mi fu di grande aiuto per pensare a cosa fare da lì a poche ore. Dovevo pensare a come muovermi, dovevo organizzare un piano.
Non mi andava di rimanere in quella situazione di stallo, volevo sapere se e cosa avessi sbagliato e avrei fatto di tutto per porre rimedio ai miei eventuali errori.
Dovevo cogliere quell'occasione al volo, non potevo perdere un'amica come Lei.
Quando Giovanni passò a prendermi mi fiondai fuori casa per raggiungerlo nel più breve tempo possibile. Man mano che ci avvicinavamo al cinema sentivo l'ansia crescere.
Provai a chiudere gli occhi e respirare profondamente ma ciò attirò l'attenzione del mio amico.
-Tutto bene?- chiese voltando leggermente la testa verso di me.
-Tutto ok- risposi riaprendo gli occhi.
-Mi sembri nervoso-
- Ho solo un po' di pensieri- mentii.
Lui non fece altre domande, si fece bastare le mie frazionarie spiegazioni e continuò a guidare.
Quando arrivammo al cinema, dopo aver salutato tutti, feci in modo di entrare per primo in possesso dei biglietti.
Li distribuii in modo da riuscire a sedermi accanto a Lei, alla sua destra.
Riuscii persino a darle l'ultimo biglietto della fila.
Era isolata.
Avrebbe potuto parlare solo con me.
Ci sedemmo, aspettai in silenzio il momento più propizio per parlarle.
Quando le luci si spensero e i titoli di coda riempirono il grande schermo mi voltai verso di Lei.
-Finalmente ci ritroviamo, stavolta non puoi scappare-
Eccoci qui, puntuali come le tasse.
Lo so, Lo so, questo capitolo è uno dei vostri preferiti visto che è pieno zeppo di... Carmela ;)
Non disperate, presto potrete godere di capitoli molto, ma molto, ma molto, ma mooolto più piacevoli!
Un bacione a tutti, buona settimana.
Ci leggiamo lunedì.
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