28 - Il tuo amico Luca
Lo stadio era sempre lo stesso.
Gremito, colorato, rumoroso.
Le urla, i cori, il manto erboso accarezzato dal gesso che ne disegnava le linee.
Ventidue ragazzi, un arbitro, il fischio d'inizio.
Tutto uguale al solito.
Ero io ad essere diverso. Seduto su di un letto fatto di scomodi chiodi.
Quella panchina mi aveva logorato. Senza nemmeno la più piccola speranza di poter prendere parte al match mi sentivo inutile.
Al goal dell'uno a zero, che si sarebbe poi rivelato il goal vittoria, nemmeno riuscii ad esultare più di tanto. Ero una sorta di automa.
A dirla tutta ero un grande egoista. In quel momento pensavo solo a me stesso e non al bene della squadra. Mi sentivo una persona orribile ma non potevo farne a meno.
Per mia fortuna quei novanta minuti trascorsero piuttosto in fretta. Al triplice fischio finale tornai coi piedi per terra, era il momento di accantonare i miei mille pensieri, dovevo concentrarmi sugli allenamenti, sulla mia passione, su ciò che sapevo meglio fare nella vita.
Il giorno seguente alla partita, nel nostro giorno di riposo, Adriano aveva fissato l'incontro con l'agente immobiliare.
Aveva appuntamento fuori città per vedere il primo appartamento che loro avevano pensato per noi. Arrivati al luogo prefissato saremmo voluti fuggire via a gambe levate. Altro che appartamento, quello era un casolare diroccato in aperta campagna.
Quando scendemmo dall'auto, un ometto di media statura ci venne incontro col suo sorriso tirato e col suo abito grigio chiaro. Era gentile ma quei suoi modi affettati ci misero immediatamente in allerta. Era sua intenzione convincerci che l'immobile fosse un vero affare, che con una piccola ristrutturazione ed un tocco personale sarebbe diventato il nostro alloggio ideale.
Noi, di contro, non eravamo convinti affatto né tantomeno eravamo disposti a scendere a patti. Non era quella la casa dei nostri sogni e lo mettemmo subito in chiaro.
La seconda opzione era sicuramente più ragionevole. Si trattava di un appartamento poco fuori città, al secondo piano di un edificio di recente ristrutturazione. L'interno era molto curato, moderno e luminoso, l'ingresso si apriva in un'ampia cucina open space attrezzata di tutto punto, in fondo al grande ambiente un corridoio che portava ad un bagno e due camere da letto.
Un momento.
Due camere da letto?
Quell'appartamento si era autoescluso. Bello ma troppo piccolo.
Il terzo invece... Il terzo non era un appartamento, era una villa.
Sontuosa, contornata da un giardino all'inglese con tanto di fontane e piccolo gazebo in ferro battuto. Il valore di mercato spropositato, anche per i conti bancari di tre giovani calciatori in ascesa.
Anche quell'incontro fu un fiasco. Forse la casa dei nostri sogni esisteva solamente in essi.
Al rientro fummo presi dallo sconforto. Erano settimane che i nostri appuntamenti si rivelavano veri buchi nell'acqua. Possibile non esistesse, in quella città, un posto adatto a noi?
Adriano si mise immediatamente al computer mentre Andrea si impossessò, come al solito, del divano accendendo la televisione. Io mi dedicai al cellulare, risposi ad alcuni messaggi e poi mi unii al piacevole chiacchiericcio dei miei amici.
L'intera settimana trascorse nella più totale tranquillità tra sfiancanti allenamenti e ristoratrici serate tra amici.
Dell'agente immobiliare non avevamo avuto più notizie e ci apprestavamo ad affrontare una nuova giornata di campionato. La nostra situazione di classifica era buona, eravamo primi con un punto di vantaggio sulla seconda e quattro sulla terza.
Il clima era teso, non potevamo permetterci di sbagliare nulla. Le trasferte non erano mai cosa semplice, né a livello tecnico né emotivo. Tra le mura di casa, sorretti dal proprio pubblico ognuno tenta di dare sempre il meglio di sé.
Ero un po' nervoso, sarei tornato in campo da titolare e mi sentivo addosso un carico di responsabilità non indifferente. Quella notte, nella camera d'hotel sempre divisa con Adriano nessuno dei due dormì molto. Per Adriano era normale, prima di ogni partita, soffrire d'insonnia, passava nottate intere a rigirarsi tra le lenzuola aspettando che il sonno lo raggiungesse.
Rimanemmo a chiacchierare fino a tardi, ci facemmo compagnia a vicenda. Così la notte non sembrò poi così lunga.
Al mattino fui riscosso dal suono insistente di una suoneria, non la riconobbi immediatamente, furono gli improperi di Adriano a farmi capire davvero cosa stesse accadendo. Non ebbi però la prontezza e la lucidità di rispondere quindi, una volta posata nuovamente la testa sul cuscino ripiombai nel mondo dei sogni.
Quando riaprii gli occhi finalmente sveglio afferrai il cellulare per capire che ora fosse. L'icona che segnalava una chiamata persa catturò la mia attenzione.
Drizzai la schiena quando lessi il nome del mittente della chiamata.
Luca!
Subito composi il suo numero e aspettai che la sua voce prendesse il posto di quegli ansiogeni squilli metallici.
"Paolo"
Eccola la sua voce. Da quanto tempo non la sentivo?
"Luca"
"Come stai?"
"Bene" risposi "tu?"
"Bene" rispose senza aggiungere altro.
"Ho trovato una tua chiamata, è successo qualcosa?"
"No, tranquillo. Volevo solo farti l'in bocca al lupo per la partita"
"Oh, ok" mormorai stupito.
Lui ridacchiò "giocate stasera vero?"
"Si, nel pomeriggio"
"Allora mi raccomando!" disse quasi lasciando la frase in sospeso.
Provai ad aggiungere altro ma Luca mi liquidò in fretta con dei saluti cordiali ma impersonali.
Rimasi per un attimo a fissare incredulo il cellulare.
"Chi era?" chiese Adriano.
"Luca" risposi senza nemmeno sollevare lo sguardo.
"Luca... Il tuo amico Luca?"
Annuii cercando le risposte alle domande che mi vorticavano in testa, nel mio cellulare.
"E cosa voleva?" chiese accigliandosi il mio compagno.
"Ha detto che voleva farmi l'in bocca al lupo per la partita"
"Ma?"
Alzai finalmente gli occhi nei suoi "ma è strano. Non si fa sentire da un po' poi ricompare per una partita?"
"Magari cercava solo un modo per farsi avanti"
"Sarà..."
"Credi ci sia dell'altro?"
"Non lo so... Vedrò di capirci qualcosa"
"Non pensarci adesso, anzi sbrighiamoci altrimenti vengono a prenderci di peso"
Ascoltai il suo consiglio e lasciai perdere i miei mille pensieri.
Quella giornata sembrò passare velocemente, in un attimo fu tempo di scendere in campo.
Ero pronto, carico e motivato. Avevo portato a termine tutti i miei riti, non restava che dare il via ai giochi.
Come al solito, appena l'arbitro fischiò il calcio d'inizio, dimenticai tutto il resto. Il calcio era la mia catarsi, era l'unico modo che avevo per estraniarmi dalla realtà.
I nostri avversari, spinti da una valente voglia di rivalsa, le provarono tutte per bloccare i nostri schemi di gioco ma, con tenacia e un po' di fortuna alla fine riuscimmo a spuntarla col punteggio di 2-1.
Tornati negli spogliatoi ci lasciammo andare al clima di festa che seguiva ogni vittoria. Una volta scemata l'adrenalina però il pensiero di Luca tornò a farmi visita. Era strano quel suo atteggiamento, era stata curiosa quella telefonata, non c'era niente di normale in quello che era accaduto quella mattina.
Quando salimmo nuovamente in autobus per raggiungere l'hotel pensai di fare un giro di telefonate. Naturalmente cominciai dalla prima persona che poteva dirmi qualcosa.
Cercai il suo nome in rubrica, portai il telefono all'orecchio e aspettai che Lei rispondesse.
"Ma tu non dovevi giocare?"
La sua voce e il suo tono di rimprovero mi fecero sorridere.
"Guarda che le partite durano 90 minuti, nel giro di due ore è tutto finito"
"E' passato così tanto? Non me ne sono resa conto. Allora com'è andata?"
"Bene, abbiamo vinto 2 a 1, io purtroppo non ho segnato, però ho fatto due assist"
"Mi sembra che vada bene uguale no?"
"Si dai, può andare! Tu che mi racconti?"
"Niente studiavo un po'"
"Divertente, che fai di bello in questi giorni?"
"Di bello niente, vado a scuola, cerco di studiare, ogni tanto mi vedo coi ragazzi, la solita routine"
"Hai più sentito Luca?" chiesi in tono casuale.
"Io l'ho, diciamo incontrato"
"Che significa?" mi accigliai.
"Significa che ci siamo incontrati ma non è cambiato nulla"
"Pensavo si fosse aperto anche con te"
"Anche?" sottolineò Lei cogliendomi in fallo "ecco dove volevi arrivare"
"Scusami, è che volevo sapere come si stava comportando con te"
"Sappi che se qualcosa fosse cambiato saresti stato tra i primi a saperlo"
"Ok, forse avrei dovuto dirtelo prima ma non volevo ci rimanessi male"
"Anche Stefano aveva paura di parlarmene ma io non posso che essere felice se tra voi e Luca torna tutto come prima"
"Bhe per tornare come prima bisogna che passi del tempo. Stamattina mi ha fatto uno squillo e siccome ero un po' in pensiero l'ho richiamato"
"Posso chiederti cosa vi siete detti?"
"Quasi niente, gli ho chiesto se fosse successo qualcosa, lui mi ha rassicurato e mi ha fatto l'in bocca al lupo per la partita"
"Io lo sapevo che Luca non poteva esser cambiato da un momento all'altro"
"Con te però è cambiato in effetti"
"Ha solo cambiato atteggiamento con me, ma è sempre lo stesso Luca di prima. Questo mi rasserena. Sapere che non è solo e che adesso vi parlate di nuovo mi fa sentire più leggera"
"Ma è possibile che ti preoccupi per Luca, per me o per Stefano e non per te?"
"Luca ha litigato con me, non con voi. Voi mi siete stati tanto vicino ma siete anche suoi amici. Non è giusto che se lui litiga con me deve chiudere anche con voi"
"Non ti capisco, o meglio, non ti credo. Non puoi essere così razionale, so quanto tieni a Luca e so che senza di lui non potrai mai stare bene o essere serena come dici tu" la rimproverai bonariamente.
"Nessuno mi può capire. Luca mi manca da morire, ogni cosa che vedo, faccio o dico mi ricorda lui, però sapere che non è cambiato del tutto, che sta ritrovando un dialogo con voi mi fa stare meglio"
"Vuoi che gli parlo io?" provai a chiederle.
"No" si impose "sai bene cosa è successo l'ultima volta che ti sei messo in mezzo. E poi io voglio che Luca parli con me quando se la sente senza la spinta di nessuno. Promettimi che non gli dirai niente"
"Non so se posso promettertelo" sospirai
"Perché no?"
"Perché non so come reagirei se ti vedessi soffrire"
"Se e quando starò male ne discuteremo ma ti prego per ora lasciamo le cose come stanno"
"Va bene dai, te lo prometto" risposi strascicato.
"Non così, più convinto"
"Ok te lo prometto sul serio" sorrisi "tanto lo sai che le promesse le mantengo sempre"
Lei ridacchiò e, dopo aver "accettato" la mia promessa, si congedò.
Quella ragazza mi avrebbe reso pazzo. Per renderla felice, tranquilla o anche solo per vederla sorridere sarei stato capace di prometterle qualsiasi cosa.
E gli occhi di Adriano che mi guardavano cercando di trattenere una risata malcelata parlavano più di mille e mille parole.
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