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25 - Ti voglio bene

Metti un cambio di programma, un fratello che non sa tenere la bocca chiusa e due genitori che ti guardano come se fossero giudici del tribunale dell'Inquisizione.

Ero spacciato!

Durante il pranzo e per le due ore successive fui messo sotto torchio. Tre paia d'occhi erano fissi su di me, mi scrutavano indagatori e analizzavano attentamente ogni particolare espressione del mio viso e ogni differente inclinazione della voce in risposta ad ogni loro domanda.

Volevano sapere perché fossi rimasto, perché, comunque, passassi poco tempo a casa, perché il mio umore altalenasse in un modo così evidente.

Perché, perché, perché.

Era complicato, quasi impossibile dargli una risposta.

Non che non volessi coinvolgerli nella mia vita ma non potevo dargli risposte che non avevo.

Parlare loro di Lei era stato semplice, naturale.

Parlargli di quello che mi stava accadendo dentro era invece terribilmente difficile.

Quando riuscii a scampare al fuoco incrociato delle loro domande mi sentii sollevato. Come se, davvero, fossi sfuggito ad una sorta di tortura. Mi rintanai nella mia camera pronto a prepararmi per uscire.

Avevo appuntamento con Lei ad un orario imprecisato. Pioveva, non avremmo giocato al campetto quel pomeriggio, ma avevamo appuntamento con Stefano e gli altri per un pomeriggio tranquillo.

Prima però avevo una cosa da fare. Dovevo almeno provare a risolvere una situazione che avevo a cuore.

In quei giorni avevo avuto modo di inviare dei messaggi a Luca nessuno dei quali, naturalmente, aveva avuto risposta.

La presenza di Luca un po' mi mancava, più che altro mi mancava il nostro modo di sentirci vicini. Sapevo che a sbagliare eravamo stati entrambi ma se lui non voleva saperne di muoversi avrei fatto io il primo passo.

Decisi di andare a casa sua, quella era l'unica opzione che mi sentivo di percorrere.

Avevo il cuore a mille, le mani sudate, poche volte nella mia vita mi ero sentito così teso. Ero già pronto a subire il suo sfogo, sapevo che avrebbe nuovamente riversato su di me tutta la sua rabbia ma mi stava bene, ero preparato a tutto.

Forse però l'unica cosa a cui non ero preparato accadde.
Quando mi ritrovai di fronte la madre di Luca tutte le mie idee e i miei discorsi andarono in fumo.

-Cercavi Luca?-  mi chiese.

Annuii.

-Mi dispiace, non è in casa ma, è successo qualcosa?-

-No, perché?- chiesi quasi balbettando.

-Luca in questi giorni è strano ed è sempre in giro con Marta chissà dove, tu invece sei bianco come un lenzuolo-

Presi mentalmente nota di quelle parole ma continuai a negare.

-Volevo solo salutarlo perché domani vado via-  dissi.

-Quando torna gli dico che sei passato-

-Non ce n'è bisogno, magari lo becco in giro-  le sorrisi.

-Ok, buon viaggio allora-

Ringraziai e le voltai le spalle per tornare sulla mia strada. Luca era strano...

Bhe comprensibile!

Sua madre probabilmente aveva notato dei cambiamenti ai quali non sapeva dare una spiegazione.

Io una spiegazione ce l'avevo ma non avevo alcuna idea di come agire.

Mi riscossi dai miei pensieri quando mi accorsi di che ora fosse, corsi a casa mia per recuperare l'auto e passare a prendere Lei.


Appena giunto sotto casa sua le inviai un messaggio invitatola a raggiungermi.

Sobbalzai quando, pochi istanti dopo, la vidi catapultarsi in macchina.

-Che ci fai già qui?-  mi chiese leggermente infreddolita per colpa della pioggia che leggera scorreva sulla strada.

-Tu che ci fai qua?- la corressi.

-Non volevo farti aspettare-

-Nemmeno io-  dissi ovvio.

Le sorrisi impacciato e nascosi il mio imbarazzo accendendo il motore dell'auto.

Quello sguardo...
Quello sguardo mi aveva messo in imbarazzo, mi aveva raccontato tante di quelle cose su di Lei che, a parole, non sarei mai riuscito a conoscere.

Percorremmo tutto il tragitto che da casa sua portava al bar in silenzio, raggiungemmo Stefano ed Eli che erano alle prese con i loro aperitivi e ne ordinammo uno per noi.

Pian piano ci raggiunsero anche gli altri e la conversazione si spostò immediatamente sul mio lavoro.

Con loro non ero in imbarazzo, era piacevole chiacchierare e rispondere alle loro domande.

Di tanto in tanto però il mio sguardo si posava su di Lei. Era triste, persa nei suoi pensieri, era sicuramente poco a suo agio. La osservai per un po', ogni attimo in cui nessuno mi rivolgeva parola era ideale per lanciarle un'occhiata furtiva. Non incontrò mai il mio sguardo, era troppo presa dai suoi pensieri per accorgersi di quello che le accadeva intorno.

Guardai l'orologio, per me era tempo di andare ma non avrei lasciato che Lei rimanesse lì, praticamente da sola.

Frugai nelle mie tasche per cercare il cellulare, lo presi e le scrissi un messaggio:

"Si è fatto tardi, io vado via e tu vieni con me"

Lei aveva il cellulare tra le mani, lo faceva rigirare senza sosta. Quando si accorse del messaggio sgranò gli occhi, le guance le si colorarono di un lieve rossore e un sorriso si fece spazio sul suo viso. Alzò lo sguardo verso di me e mi stupì con un'espressione di consapevolezza che non ero abituato a leggere.

In un momento si voltò a guardare i ragazzi, disse loro che voleva tornare a casa perché si sentiva stanca.

Una punta d'orgoglio e soddisfazione mi si accese dentro, dovetti lottare con me stesso per mantenere un'espressione neutra.

Mentre tutta l'attenzione era rivolta su di Lei presi anch'io parola  -dai ti accompagno io che si è fatto tardi anche per me- 

Tutti mi guardarono con una punta di tristezza, mi salutarono in fretta e mi lasciarono andare con la promessa di tornare presto.

I miei occhi finalmente poterono dedicarsi solo a Lei, le feci strada e la accompagnai alla macchina cercando di prendere addosso meno acqua possibile.

Una volta entrati in macchina non riuscimmo più a trattenerci. Scoppiammo entrambi in una risata liberatoria che non ebbe bisogno di spiegazioni.

-Sei stata bravissima a fuggire-  le dissi d'un tratto.

Lei fece un lungo sospiro per regolarizzare la respirazione  -non è stato difficile, ormai vado via tutte le sere. C'è sempre qualcosa che non mi va a genio. Nessuno poteva dubitare di me. Di te piuttosto...-

-Ma... Loro sanno che io domani devo partire e inoltre tutti sanno che in questi giorni ti sono molto vicino per cui...-

-Quindi tu pensi che loro stiano facendo pensieri strani?-

-No, non penso niente-  spiegai più sincero possibile   -e onestamente non mi importa cos'abbiano pensato loro. L'importante per me è che ci siamo io e te in questo momento-

Lei non rispose, si irrigidì fissando lo sguardo di fronte a sé.

-Non rimanere in silenzio però-  le dissi guardandola di sbieco, poi aggiunsi  -sai che ieri sera quando sono arrivato a casa avevo voglia di sentirti? Volevo mandarti un messaggio ma poi ho cambiato idea-

-Non è possibile...-  disse lei.

-Ti sembra così strano?-

-No, è che io ieri sentivo che sarebbe arrivato un tuo messaggio. Mi sono addormentata col cellulare in mano-

-Non ci credo!-  mi voltai leggermente verso di Lei.

-Giuro-

Che strano gioco del destino...

-Bhe allora ti prometto che da stasera ogni volta che avrò voglia di mandarti un messaggio lo farò senza pensarci troppo su-

-Quante promesse mi stai facendo in questi giorni. Riuscirai a mantenerle tutte?-

Mi sentii punto sul vivo  -ora te ne faccio un'altra: ti prometto che manterrò tutte le promesse che ti ho fatto compresa questa. Non ti stringo la mano solo perché sto guidando. Ma credimi se ti dico che io le promesse le mantengo-

-Lo so, mi fido di te. Non potrei fare altrimenti-

-Che vuoi dire?-  chiesi confuso.

-Che ormai sono aggrappata a te, tipo koala. Ho scelto tutto il pacchetto così com'è-

-E com'è questo pacchetto?-

-Importante? Fondamentale? Non so come definirlo ma mi piace-

Perché ogni volta che mi parlava così mi sentivo strano, come se una parte di me stesse cedendo.

Dovevo distogliere l'attenzione, cambiare discorso  -Hai capito dove ti sto portando?-

-Credo proprio di si- 

-Dove?-  chiesi per appurare la veridicità delle sue parole.

-Stiamo scappando!-

Sorrisi perché Lei aveva citato una frase che le avevo detto la prima volta che le avevo mostrato il mio posto segreto.

-Si, scappiamo da tutto e tutti-  dissi.

Il silenzio tra noi stava diventando scomodo, gli unici rumori a farci compagnia erano le note lievi provenienti dall'autoradio.

Appena raggiungemmo l'altura fermai l'auto e richiamai la sua attenzione.

-Oggi ho sentito Adriano. Mi odia perché non sono rientrato-

-Non gli si può dar torto-  disse Lei.

-Ma non potevo partire, non così presto. Rimarrei volentieri qui, come adesso-

-Ma tu ami il calcio, è la tua vita-

-Non è così semplice-

-Sono convinta che quando ti troverai nella tua stanza con Adriano o sul campo col pallone tra i piedi ti passerà tutto-

-Uffa-  in un certo senso aveva ragione ma c'erano delle cose che né a me né a Lei era ancora dato conoscere.

-Non mi piace vederti così, hai un sorriso spento-  mi stupì.

-Si vede tanto?-

-Abbastanza...-

-Ok ma non pensarci troppo, noi dobbiamo festeggiare no?-

-Giusto!-

Allora potei sfoggiare il mio piccolo colpo di testa. Recuperai dal sedile posteriore il sacchetto con le patatine e la Coca Cola e glielo porsi.

-Non sapendo cosa ti piace sono andato sull'ovvio- dissi prendendomi il merito della scelta.

-E' perfetto, sembra di stare al cinema-

Mi appuntai di ringraziare Manuel appena possibile e le rivolsi uno dei miei migliori sorrisi.

Tra una patatina e l'altra parlammo del più e del meno, della scuola, delle nostre famiglie e dei nostri amici.

Poi venne il momento della sorpresa finale quindi mi voltai per recuperare la crostata.

-E infine il dolce- aprii la scatola trasparente  -crostata al cioccolato, questa volta non potevo sbagliare-

I suoi occhi divennero lucidi e il mio cuore sembrò stringersi nel petto.

-C'è solo un problema-  dissi cercando di stemperare quel momento  -ho dimenticato il coltello, ci toccherà mangiare con le mani-

Senza darmi il tempo di dire altro con un sorriso rassicurante staccò un pezzo di crostata portandolo alla bocca. Io la imitai sporcando tutte le dita con la crema al cacao.

Dopo un brindisi che vide cozzare le nostre lattine mezze vuote ci dedicammo completamente a finire il dolce

Quando dopo un po' la vidi muoversi a disagio sulla sua seduta capii che c'era qualcosa che voleva dirmi ma l'imbarazzo la stava bloccando.

La stavo ignorando deliberatamente,  non volevo metterle pressione, volevo che con me si sentisse a suo agio, senza paure. Io volevo soltanto esserle amico, non l'avrei mai messa consapevolmente in difficoltà.

-Pensavo...-  disse interrompendo i miei pensieri  -ti dispiace se ogni tanto ci sentiamo?-

Ma... Le sembravano domande da fare?

-Non dovresti nemmeno chiedermelo. Mi puoi chiamare quando vuoi. E sappi che io farò lo stesso, il fatto che io parta non vuol dire che sparirò dalla tua vita. Avremo solo dei piccoli problemi ad incontrarci-

-Ma è meglio cambiare argomento-  aggiunsi  -altrimenti mi sa che rinuncio a partire-

-Così Adriano verrebbe a recuperarti fino a casa-

-Adriano?! Lui in questo momento non mi manca neanche un po'-  ridacchiai  -ti va se lo chiamiamo e te lo faccio sentire?-

-Dai se ti fa piacere!-

-Allora chiamo-  dissi recuperando il cellulare e avviando la chiamata  -Sta squillando. Ora metto il vivavoce-

"Pronto" eccolo il mio migliore amico.

"Adri?"

"Paolo che è successo?" esordì preoccupato  "Perché mi chiami a quest'ora? Non è che mi dai buca di nuovo?"

"In effetti anche domani non torno" era bello tenerlo sulle spine.

"Non fare lo scemo che ti sto aspettando. Già oggi non ti sei fatto trovare, che ti vuoi mettere a studiare davvero? Vuoi diventare Presidente della Repubblica?"

Quel suo tono di rimprovero mi fece subito ridere "In effetti qualche pensierino ce l'ho fatto"

"Dai non dire scemenze, quando torni?" piagnucolò lui.

"Stai tranquillo, domani mattina parto. Ci vediamo nel pomeriggio"

"Meno male, ho tante cose da dirti e poi lo sai, sei l'unico che resta in campo anche dopo la fine dell'allenamento regolamentare"

"E oggi come hai fatto?"

"Alla fine ho costretto Andrea, ma non ha la tua pazienza"

"Ma tu quando ti ci metti sei insopportabile" lo punzecchiai.

"Grazie migliore amico"  sbuffò.

"Scherzo scemo! Stasera invece che hai fatto?"

"Niente, dopo cena siamo rimasti un po' insieme, qualcuno è uscito io me ne sono tornato in camera a guardare la tv. Tu che combini? Dove sei in giro?"

"Veramente sono in macchina, con una persona che ti sta ascoltando"

"Dimmelo prima così ti evito brutte figure"

"Questo è impossibile ma volevo che ti conoscesse in qualche modo"

"E' la persona di cui mi hai parlato?"

"Si" rispoi "ma non facciamoglielo sentire che poi si vergogna"

Mi voltai verso di Lei e fu bellissimo vedere che pian piano prendeva coscienza del fatto che mi stessi riferendo proprio a Lei. Le tonalità di colore del suo viso virarono gradualmente verso il bordeaux e i suoi occhi si persero a guardare chissà cosa.

"Niente da fare" continuai "è troppo tardi, è già diventata tutta rossa"

"Ma la lasci stare?" mi riprese Adriano "Ti devo ricordare come sei tu quando sei in imbarazzo?"

"Non è che adesso devi raccontare proprio tutto"

"D'accordo, non dico  nient'altro" rise lui  "Ora vi saluto ragazzi, così vi prendete un po' di tempo. Noi Pa' ci vediamo domani. Salutami la tua amica"

"Sarà fatto!" dissi salutandolo e chiudendo la chiamata.

Lei era rimasta immobile quasi fosse una statua di sale. Mi sentii immediatamente colpevole di aver colpito il suo punto debole.

-Scusa se ti ho messa in imbarazzo, non volevo, era solo un modo per farti, come dire, conoscere Adriano-

-Ma io mi imbarazzo a prescindere ogni volta che si parla di me-  disse Lei scrollando le spalle  -Non sentirti responsabile, mi ha fatto piacere entrare un po' nel tuo mondo-

-Sicura?-

-Sicurissima. Ti vuole bene Adriano?-

-Si ma è reciproco. Per me è un fratello. Abbiamo la fortuna di vivere praticamente in simbiosi e abbiamo costruito un legame stupendo che spero possa crescere ancora-

-Si sente che siete molto affiatati, secondo me vi divertite un casino insieme-

-Sempre, a volte siamo a ridere fino a notte fonda. Ma ho un rapporto fantastico con tutti, ci sono Marco, Andrea, Luigi, Alberto, ognuno ha qualcosa di speciale. Ma con Adriano c'è un rapporto particolare, sembra che ci conosciamo da sempre, un po' come con te. Però lui lo conosco da anni-

-Prima o poi te lo farò conoscere Adriano-  continuai  -Lui di te sa già qualcosa. Gli ho parlato di te dal nostro primissimo incontro-

-Gli hai raccontato che sono cascata a terra?-

-Più o meno. Gli ho detto che ci siamo scontrati per caso e che poi di nuovo per caso ci siamo incontrati al campetto e i nostri amici comuni ci hanno presentato-

-Bravo, così mi piaci, bando ai particolari-

-Lo sai, quello sarà sempre il nostro segreto, anche se tu lo hai detto ad Eli-

-Ma non potevo fare altrimenti, non sapevo chi fossi, non sapevo nemmeno se ci saremmo mai rivisti. Non potevo sapere che saresti diventato la mia Sailor Moon-

-Non mi piace affatto quando mi chiami così-  mi lamentai.

-Lo so, è per questo che continuo a farlo-

-Ah grazie, sei molto impertinente-

Senza il minimo contegno Lei cominciò a ridere ed io da stupido imbambolato dai suoi modi non riuscii a non imitarla.

Tra le risate la guardai affinando lo sguardo e con tono poco minaccioso le dissi che prima o poi anch'io avrei trovato un nomignolo imbarazzante da darle. La realtà era che nemmeno avevo idea di cercarne uno.
Ad esser completamente sinceri nemmeno mi dispiaceva più di tanto il nomignolo che Lei mi aveva affibbiato. Certo, non che fossi felice di essere paragonato ad un'eroina in gonnella tra l'altro piuttosto stupida, ma mi piaceva l'idea che ci fosse qualcosa di nostro,  qualcosa che, nonostante tutto,  avrebbe riguardato sempre e solo noi.

-Posso chiederti una cosa?-  chiese Lei tornando improvvisamente seria.

-Quello che vuoi-  le risposi.

- Hai avuto notizie di Luca?-

Non me l'aspettavo.
Non me l'aspettavo davvero.

-Non lo sento da quando abbiamo litigato. Credo che non abbia molta voglia di sentirci. Immagino che nemmeno tu l'hai sentito-

-No, gli ho inviato un messaggio ma come previsto non ho avuto risposte. Mi piacerebbe solo sapere come sta, mi fa così strano non vederlo. Avevo pensato di andare a casa sua ma non mi è sembrato opportuno, avrei dovuto spiegare qualcosa ai suoi genitori e non mi sembra il caso di metterli in mezzo-

-Io ci sono andato ma sono riuscito a parlare solo con sua madre perché lui non c'era-

-E ti ha detto qualcosa?-

-Solo che in questi giorni è poco a casa-

-Io ho paura, ho una brutta sensazione. Mi ha lasciato un vuoto difficile da colmare, non riesco più a parlare con nessuno. Ho paura che il solo nominarlo possa spezzare gli equilibri che in questo momento mi sembrano già abbastanza fragili. Fanno tutti finta di niente ma io so che la situazione è pesante per tutti, per Stefano in primis-

-Non devi avere paura, di niente. Se vuoi parlare di Luca con qualcuno puoi farlo con me. Lo sai che non ti lascio sola-

-Lo so ma... Posso farti un'altra domanda?-

Annuii.

-Però devi essere sincero-  disse.

-Ci proverò-

-Mi dici perché hai deciso di rimanere anche oggi?-

-Immaginavo che mi avresti fatto questa domanda-  risposi leggermente in imbarazzo  -Non so darti una risposta precisa, non sono molto bravo con le parole-

-Se è difficile per te non fa niente-

-E' difficile perché sono confuso ma posso provarci. Insomma, sono rimasto per passare una serata come questa. Non so se mi capisci-  la situazione cominciava a farsi complicata, lo dimostravano le mie dita che, autonomamente, avevano cominciato a tamburellare sul volante.

-Credo di aver capito-  sussurrò  -volevo solo... Volevo sentirlo dire da te-

-E adesso?- le chiesi bloccando ogni movimento per concentrarmi su di Lei.

-Adesso lo so!-

Le sorrisi e i nostri sguardi si legarono.

Cos'era quella luce nei suoi occhi?

Era forse felicità? O, al contrario, era un lieve punta di malinconia?

Non ebbi il tempo di rispondere alle mie domande perché d'un tratto mi ritrovai stretto nel suo abbraccio, le cinsi la schiena con le mie braccia e cercai di tenerla il più vicino possibile. 

Era così bello sentire il suo calore...

-Mi dispiace dover partire domani-  le sussurrai all'orecchio.

-Sssh, non ci pensare adesso-

Rafforzai l'abbraccio e mi lasciai coinvolgere totalmente da tutte le sensazioni che ne scaturirono. Lei mi era entrata dentro, si era scavata un angolino tutto suo dal quale era ormai impossibile scansarla.

-Ti voglio bene-  le dissi.

Lei non rispose ma la sentii sussultare tra le mie braccia.

Non mi serviva avere una risposta, avevo solo bisogno di sapere che anche Lei sapesse.

Rimanemmo abbracciati e in silenzio ancora per un po' fin quando la suoneria del mio cellulare interruppe quel piccolo momento di intimità.

-Che fai non rispondi?-  chiese quando notò che non avevo alcuna intenzione di muovermi.

-Lascialo squillare-

-Se fosse qualcosa di importante?-

-Richiamerebbero, e poi il telefono lo porterò con me, quest'abbraccio no-

Parlai senza pensare ma mi riscossi quando sentii dei piccoli singhiozzi. Sciolsi il nostro abbraccio e la allontanai per guardarla meglio in viso notando alcune lacrime che le rigavano il viso.

-Perché piangi?-  le chiesi.

-Scusami, sono una piagnona-

-Ma non scusarti, non ce n'è bisogno-

-E invece si, non riesco a fare altro-

-Ehi, mi dici cosa c'é?-

- Niente, a volte dici delle cose dolcissime-

-Allora sarebbe colpa mia?-  mi finsi indignato.

-Un po' si! Mi mancherai però-

-Anche tu, davvero. Mi prometti una cosa?-

-Se posso-

-Cercherai di essere felice?-

-Ci proverò-

-Mi piace quando sorridi, è bello sapere che...-

Il mio cellulare riprese a squillare impedendomi di terminare la frase.

La seconda telefonata in pochi minuti mi incuriosì quindi prima di far finta di niente controllai chi fosse.

Papà.

-Scusami ma stavolta devo rispondere è mio padre-

"Ciao pà, dimmi"

"Dove sei Paolo?"

"Sono in macchina"

"Stai guidando?"  chiese a mo' di rimprovero.

"No"

"Con chi sei?"

"Con un'amica"

"Sento rumore, sicuro che non stai guidando?"

"No, non sto guidando" ripetei scocciato  "ma che c'è? Perché mi hai chiamato?"

"Perché Manuel ti aspetta"

"Si lo so, non faccio tardi"

"Ti aspettiamo per cena?"

"D'accordo torno tra poco"

"Vai piano"

"Tranquillo a dopo"

Sorrisi tra me e me per l'assurdità delle telefonate con mio padre. Lui però aveva ragione, avevo promesso a Manuel che avrei passato un po' di tempo con lui, dovevo rientrare, lo dovevo a lui.

Mi voltai verso di Lei sorridendole, non era colpa mia se, insieme a Lei, il tempo volava ad una velocità impressionante.

-Devi andare vero?-  domandò.

-Tra un po' si-

-Allora mi riaccompagni a casa?-

-Restiamo ancora un po'- le chiesi.

Lei non obiettò altro.

Mi fermai qualche attimo a respirare, posai le mani sul volante e chiusi gli occhi. Mi ero creato attorno una sorta di bolla.

Quando mi sentii pronto a ripartire cercai i suoi occhi.

-Credo proprio che dobbiamo andare-

-Lo credo anch'io- 


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