23 - Non posso partire
Camminavo.
Camminavo senza meta con i pensieri a vagare in circolo.
Avevo salutato tutti per tornare a casa ma le mie gambe e il mio cervello avevano preso un'altra strada.
Mi stavano portando da Lei.
Non ne capivo il perché ma Lei era entrata di forza nella mia vita. Il suo arrivo aveva smosso qualcosa, mi aveva in un certo senso destabilizzato. Io che ero abituato a bastarmi da solo, a non dare troppo di me agli altri avevo abbandonato tutte le mie certezze.
Con Lei avevo voglia di aprirmi, di raccontarle tutto di me. Avevo voglia di conoscerla, di starle accanto, di asciugare le sue lacrime e di gioire dei suoi sorrisi.
A volte tutte queste sensazioni finivano per farmi paura; la loro immediatezza mi metteva fuori gioco ed ero costretto a rivedere tutte le mie convinzioni.
Sentivo che il momento di lasciarla sola e di allontanarmi da Lei non fosse ancora arrivato. Era come se mancasse qualcosa, come se non avessi fatto abbastanza; per Lei ma soprattutto per me. Dopo milioni e milioni di idee e ripensamenti, presi coraggio e scrissi un messaggio al mister.
"Salve mister, chiedo scusa per l'orario ma avrei bisogno di rimanere ancora un altro giorno a casa. Le prometto che al rientro sarò concentrato solo ed esclusivamente sul campo. Aspetto sue notizie. La ringrazio, buona notte"
Il messaggio di risposta arrivò poco dopo.
"Se per tornare quello di sempre hai bisogno di un giorno in più, per me non ci sono problemi"
Lo ringraziai infinitamente, ero sollevato.
Aumentai il passo, volevo raggiungerla al più presto, Giovanni mi aveva detto di averla riaccompagnata a casa tempo prima quindi, probabilmente, sarebbe potuta essere già a letto ma avrei tentato comunque.
Mi ritrovai davanti a quel portone divenuto ormai familiare. L'istinto di raggiungerla troppo forte.
Meccanicamente cercai il suo numero in rubrica e feci partire la chiamata.
Lei non rispose, io riprovai.
Non volevo disturbare, volevo solo sentire la sua voce.
"Pronto?" rispose dopo appena tre squilli.
"Dove sei?" le chiesi a bruciapelo.
"Scusa ma..."
Capii immediatamente che non mi avesse riconosciuto, scossi la testa divertito e la rimproverai bonariamente.
"Non mi dire che non mi hai ancora riconosciuto, non te lo faccio passare!"
"Paolo?" chiese quasi come colta da un'illuminazione.
"Paolo si, sono io. Ma non hai ancora salvato il mio numero in rubrica?"
"Ehm... Non ci avevo pensato. Lo faccio subito"
"Era ora! Ma torniamo a noi, dove sei?"
"Perché? E' successo qualcosa?" chiese preoccupata.
"Niente, quando sono tornato al bar non ti ho più trovata. Mi hanno detto che te ne sei tornata a casa"
"In effetti sono a casa, non avevo tanta voglia di stare tra la gente"
Annuii.
"Come stai?"
"Abbastanza bene credo"
"Sicura?"
"Si, lo so che sembra strano ma il peggio è passato"
"Hai mica parlato con Luca?" la mia voce tremante manifestava tutto il mio timore.
"No e non credo ci parlerò presto, ma voglio stare bene"
Sospirai di sollievo.
"Finalmente ti sento dire qualcosa di bello, mi fa piacere"
"Era un po' di tempo che non mi sentivo così serena, solo tu in questi giorni mi hai fatto stare meglio"
"Sono contento di servire a qualcosa"
"Manco fosse una novità, te lo ripeto da giorni che sono stata fortunata a conoscerti, sei stato un angelo"
"Oh, troppi complimenti fanno male anche a me"
"A me questo non interessa, mi piace continuare a ringraziarti"
"Torniamo a noi" preferii cambiare argomento "mi dici dove sei?"
"Sono nel cortile dietro casa"
"Ti dispiace se vengo lì?"
Ti prego dimmi di no.
"No, certo che no"
"Conta fino a dieci e arrivo".
Potevo già vederla, camminava a testa bassa mettendo i piedi uno davanti all'altro come avrebbe fatto una bambina.
-Ma tu che ci fai qui?- chiese appena incrociò il mio sguardo.
-Mi hai detto tu che potevo venire- dissi fingendo di non aver capito il vero senso delle sue parole.
-Intendo cosa ci fai già qui- rimarcò.
-Bhe, ero davanti al portone già da un po'-
-Perché non me lo hai detto prima?-
-Non sapevo se avevi voglia di vedermi...-
-Perché non avrei dovuto?-
-Così, Giovanni mi ha detto che ti ha riaccompagnato perché volevi startene da sola-
-Questo è vero, mi sentivo osservata, mi sembrava di far pena a tutti-
-Ma lo sai che non è così-
-Forse, ma mi sentivo a disagio, però Giovanni è stato fantastico-
-Giovanni è sempre fantastico. Loro ti vogliono tutti un gran bene-
-Lo so... Ma, adesso che ci penso, tu che ci facevi qua sotto?-
Ecco che mi aveva colto in fallo.
-Cosa c'è, non vuoi rispondere? Non ti mangio mica?- mi incalzò.
-Sicura?-
Lei annuì ammiccando.
-Passavo di qua e ho pensato di farti uno squillo-
Mai bugia fu più grande.
-Paolo- disse seria -mi spieghi come facevi a passare di qua? Anche casa tua è da tutt'altra parte-
-No... In realtà facevo quattro passi e...-
-Bugiardo!- non ero più buono neanche a mentire.
-Uffa! Avevo solo voglia di sapere come stavi, avevo bisogno di sentirti insomma-
Ebbi appena il tempo di finire la frase che me la ritrovai tra le braccia. Era la prima volta che Lei agiva così, d'istinto, nei miei confronti.
Mi sentii sopraffatto, quel suo slancio mi aveva mandato in confusione. Le strinsi le braccia intorno alla vita e la tenni più vicina a me.
Era una sensazione strana, familiare quasi. Sembrava che, in qualche modo, Lei stesse cercando il suo posto sul mio petto.
Quello non era il nostro primo abbraccio, ce n'era stato un altro prima ma erano due gesti totalmente differenti.
Nel primo ero stato quasi costretto a tirarmela addosso per evitarle una corsa disperata dietro Luca. In quell'occasione Lei era spenta, fragile, servivano le mie braccia a tenerla assieme.
Ma in pochi giorni tutto era cambiato. Le sue mani strette attorno alla mia felpa sembravano voler scavarsi una nicchia. Aveva una forza innata che sprigionava nei momenti più disparati. Era felice, lo sentivo da come le sue spalle apparivano distese sotto il mio tocco.
Quando si staccò dalle mie braccia aveva ad illuminargli il viso un sorriso splendido.
Quella ragazza non avrebbe mai smesso di stupirmi e colpirmi.
Mi guardò ridacchiando catturando tutta la mia attenzione.
-Cos'hai da ridere?- chiesi curioso.
-Sono felice. Tu mi rendi felice-
-Io?- ero davvero stupito -Io non c'entro niente-
-Non è vero. Sei una bella persona, sei speciale e non controbattere-
-Ok, ok non dico niente-
-Bravo, così mi piaci!-
Quella faccia soddisfatta mi fece sorridere ma immediatamente un'ombra oscurò quel momento perfetto.
Con Lei tutto sembrava perfetto, aveva il potere di farmi stare meglio.
-Non posso partire!- dissi più a me stesso che a Lei.
-Ma è successo qualcosa?- chiese preoccupata.
-No tranquilla, dicevo per dire-
-In che senso scusa?-
-Niente, mi è solo passato uno strano pensiero per la testa-
Come al solito avevo parlato troppo. Mi ero lasciato andare a considerazioni che dovevano rimanere solo mie.
-Scusami, non volevo essere invadente- disse.
-Non lo sei stata, è la mia mente che a volte fa giri strani-
-Non ti devi giustificare-
Rimasi per un momento in silenzio, poi a bruciapelo le chiesi -sai perché sono venuto qui?-
-So solo quello che mi hai detto tu-
-Io sono qui perché...- respirai -Io bhe si, io devo partire ma questo lo sai già. Io so... Ok , lo dico. So che mi mancherai quando sarò via e volevo passare un po' di tempo con te. Non so cosa mi stia prendendo, mi sento strano, come se la mia testa vagasse da sola. Sono confuso-
Ecco, lo avevo detto!
Al contrario di tutte le reazioni che potessi aspettarmi Lei sorrise.
-Purtroppo non so come fermare la tua testa...- disse.
-Non ci riusciremo né io né tu, prima o poi si fermerà da sola-
-Strana sensazione?-
-Si ma non è male come sembra, cioè non so spiegarmi ma è come se in me ci fosse una specie di vortice ricco di emozioni e sensazioni che non mi fanno ragionare, ma a volte è piacevole-
-Piacevole?-
-Si! Ogni tanto è bello non ragionare e lasciarsi andare alle emozioni senza riuscire ad opporsi-
Lei cambiò espressione, sembrava quasi divertita.
-Che c'è?- le chiesi quindi -ti sembra così strano quello che dico?-
-No, mi sembri strano tu- rispose ridacchiando -Pensavo di essere l'unica pazza-
-Io invece l'ho sempre detto che siamo molto più simili di quanto credi-
-Tu ci credi davvero?-
-Ne sono convinto!- la dolcezza che lessi nella sua domanda mi fece quasi vacillare.
Dovetti immediatamente distogliere lo sguardo e continuare a parlare per evitare di cadere in un muto silenzio imbarazzante -Che fai domani?-
-E tu?- chiese Lei convinta di cogliermi in fallo.
-Io ho tante cose da fare... Devo fare la valigia, controllare gli orari del treno, fare i biglietti, salutare amici e parenti e vedere te-
-Me?- strabuzzò gli occhi.
-Si, sempre se ne hai voglia-
-Io si ma ho scuola e tu devi partire-
-Io ho chiesto un permesso, posso tornare dopo domani, come vedi non c'è nessun problema-
Lei non reagì, non disse alcunché né cambiò espressione.
-Forse sei stanca- le dissi -Vuoi tornare a casa?-
-No! Stasera no-
-Aspettavo solo di vederti così serena-
-Sto bene davvero-
-E Luca?-
-Luca avrà sempre un posto speciale nel mio cuore, nonostante tutto-
-Allora bisogna festeggiare!-
-Ma come festeggiare?-
-C'è stato un cambiamento radicale nella tua vita e ogni inizio va festeggiato come si deve-
-Sei proprio fuori!-
-Fuorissimo! Ma tranquilla festeggeremo assieme domani sera quando ti passerò a prendere-
-Hai programmato proprio tutto?-
-Bhe mi serviva una buona scusa per passare un'ultima serata con te-
Lei scoppiò in una risata.
-Non dovresti ridere...- la ripresi bonariamente -Io credo davvero a quello che dico e non ho nessun problema a dire che sento il bisogno di passare l'ultima serata qui insieme a te-
Ero serio, sincero, le stavo parlando col cuore in mano -Non lo faccio per te ma per me. Tu mi fai stare bene e a me va bene così-
-Scusami non volevo ridere di te- si scusò leggermente.
-Ehi, non me la sono presa- dissi sfiorandole un braccio -vorrei solo che tu capissi che io... Perdonami ma non so come continuare-
-Non ce n'è bisogno, credo di aver capito-
Ero in difficoltà. La conversazione con Lei, quella sera, mi aveva stordito.
Un po' mi vergognavo di tutte le mie parole ma non me ne pentivo affatto, forse avevo davvero solo bisogno di esternare.
-Scusami forse è meglio che vada- le dissi colpito dal suo silenzio -Ti riaccompagno al portone-
-Posso andare anche da sola- rispose.
-A me non dispiacerebbe-
-Allora andiamo se ti va-
Cominciai a camminare verso la strada ma mi fermai ad aspettarla quando non la vidi al mio fianco.
Lei mi raggiunse e insieme continuammo fino a raggiungere il portone di casa sua.
Lei provò a salutarmi ma io sentivo di doverle delle spiegazioni. C'era ancora qualcosa da sistemare tra noi.
-Non vuoi dirmi nulla?-
-Dovrei?- domandò Lei.
-Non lo so...-
-Questa è stata una serata strana-
-Ma tu in realtà cosa pensi di me?- dissi così, d'impulso.
-Cosa penso di te? Perché me lo chiedi?-
-In realtà non so nemmeno questo. Scusami ma stasera sono un po' impallato-
-Quanti scusa stasera...-
-Hai ragione, forse è meglio che vada davvero. Ti lascio riposare che domani hai scuola-
-Quando ci vediamo domani?-
-Quando vuoi. Anzi, quando parto da casa ti squillo e ci incontriamo-
-Dammi un orario così mi preparo-
-Non importa, ti aspetto qui, scenderai quando sarai pronta-
Lei provò ad insistere ma io non le diedi ascolto. Le diedi la buona notte e mi allontanai. Una volta raggiunto il marciapiedi di fronte al palazzo mi fermai per guardarla rientrare. Quando Lei si voltò a guardarmi la salutai con la mano e scappai via per raggiungere casa con i pensieri al vento ma col cuore più leggero.
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