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19 - Il mio posto segreto

Forse avevo fatto il passo più lungo della gamba. Forse mi ero lasciato prendere dall'euforia del momento. Forse Lei non mi avrebbe mai raggiunto. Forse non avrebbe mai più voluto vedermi. Forse...

Forse davvero non avevo capito niente di Lei, perché eccola fare capolino dal portone di casa sua.

Appena la vidi il mio io parve ritrovare quella tranquillità che avevo perso vedendola tremante sotto i colpi di Luca.

Scesi dall'auto e le andai incontro, un sorriso finalmente aleggiava sul mio viso.

Lei stava bene, aveva ancora i segni del pianto impressi in volto ma quella sofferenza intensa era svanita. Sembrava essersi rimessa in sesto ed io non potevo che esserne felice.

Si avvicinò a me circospetta, mi guardava con curiosità. Fissava il mio viso quasi non mi riconoscesse, come se stesse soffermandosi su qualcosa in particolare.

E solo allora me ne ricordai.

L'occhio!

Avevo proprio dimenticato quell'alone livido che mi "addobbava" il viso ma in quel momento,  di fronte al suo sguardo indagatore, capii di non poterlo nascondere ulteriormente.

Come in trance avanzò fino a portarsi ad una manciata di centimetri da me. Senza aprir bocca, con una delicatezza impari, mi sfiorò lo zigomo col dorso della mano; continuando a fissarlo come se fosse il centro di tutta la sua attenzione.

-Cos'hai fatto a quest'occhio?- mi chiese dopo che lo ebbe esaminato a dovere.

-Ciao-  risposi cercando di prendere tempo.

-Paolo, come ti sei fatto quest'occhio nero?-  domandò ancora scandendo bene le parole.

-Non è niente-  mi arresi  -niente di importante. Tu piuttosto, come stai?-

Ritirò la sua mano lasciandomi una sensazione di vuoto, rimase un momento a testa bassa poi alzò gli occhi e parve cercare in me la risposta a tutte le sue domande.

-Dimmi la verità-  disse  -dove sei andato dopo che ci siamo salutati? E' stato Luca?-

Aveva capito tutto.

Tutti i miei piani di nasconderle la verità andarono in fumo.

Era bastata un'occhiata soltanto.

La invitai a salire in macchina, Lei aveva ripreso a tremare, forse per il freddo o forse per le consapevolezze che lentamente stavano salendo a galla.

Non sapevo come comportarmi con Lei quindi, una volta sedutomi al suo fianco, le parlai come avrei fatto con Manuel. A cuore aperto, senza prepararmi nè seguire un filo logico.

-Prometti che non ti incavoli?-

-Con te? No di certo. Promesso-

-Ok, allora... Prima sono andato via per cercare Luca-

-Ma perché?- domandò.

-Perché volevo parlargli, volevo capire cosa gli passasse per la mente. Avevo bisogno di parlare con lui, di trovarmi da solo con lui. Volevo guardarlo negli occhi-

-E' stato Luca? Non ci posso credere- disse traendo immediatamente le sue conclusioni.

-No, ma non è stato Luca...-  provai a mentire.

La sua espressione quasi spaventata mi impedì di dirle la verità.  Non potevo essere proprio io a distruggere l'immagine perfetta che Lei aveva di Luca.

Purtroppo o, per fortuna, Lei non era affatto una stupida. Osservando il mio viso mutare capì che non le stavo dicendo tutta la verità.

-Non dirmi bugie per favore. Lo so che cerchi di proteggermi ma, ti prego, non mentirmi su Luca-

-Forse ho sbagliato- dissi scuotendo la testa bonariamente -non dovevo venire qui proprio stasera conciato così. Però è stato più forte di me, volevo vedere come stavi. Magari volevo farti sorridere invece...-

-Non hai sbagliato niente, sono davvero contenta che tu sia qui. Adesso però ho bisogno di conoscere la verità su quest'occhio-

-D'accordo. Diciamo che ho seguito Luca fino ai giardini, quando l'ho raggiunto era solo e stava piangendo. Quando gli ho chiesto spiegazioni siamo finiti a litigare. Era molto nervoso, agitato e forse non sono stato bravo a capirlo. Ho continuato ad insistere con le mie accuse e...-

-E ti ha colpito- disse completando la mia frase.

-No, non proprio-  la corressi  -Abbiamo continuato ad urlarci contro. Non riuscivamo a capirci. Mi ha detto di non intromettermi nella sua vita e quando gli ho fatto notare che mi importava di lui e di te che stavi male lui ha fatto tutto il resto-

-Ti ha fatto tanto male?-  chiese con uno sguardo dolcissimo ad illuminarle il viso.

-Non più di quanto ne ha fatto a te-

-Sai-  disse abbassando lo sguardo  -non ho nemmeno più la forza per piangere-

Preferii non risponderle, le parole sarebbero servite davvero a poco. Decisi che guidare e distoglierla dai suoi pensieri sarebbe stata la scelta migliore.
L'avrei portata in un posto speciale. Nel mio posto speciale!

-Dove stiamo andando?-  mi chiese.

-Lo vedrai tra poco-

Guidai in silenzio, accompagnato solamente dalle voci che si alternavano alla radio. Imboccai la strada che si allontanava dalla città e continuai così quel breve viaggio.

Lei se ne stava immobile al mio fianco con la mente impegnata in chissà quale pensiero.

-Tutto bene?- le chiesi.

-Benissimo, l'occhio invece?-

-Un po' fastidioso ma sopportabile-

-Mi diresti dove stiamo andando?-

-Tu volevi scappare e io, anche se solo per un po', ti porto via-

Lei mi guardò per un attimo poi distese le labbra in un sorriso tirato e tornò a perdersi nel suo mondo.

Dopo una decina di minuti fermai l'auto nei pressi di una piazzola di sosta a lato della strada. Era una sorta di terrazza naturale che si affacciava su tutta la città.

Esteticamente non era un posto fantastico, non c'era nulla di speciale ma sarebbe sempre rimasto il posto del mio cuore.

Non era certo un gran posto in cui portare qualcuno ma era la prima idea che mi era balenata in mente quando avevo pensato a qualcosa da fare per tirarle su il morale.

-Siamo arrivati. Questo è, come dire, il mio posto segreto. Non è un granché, lo so, ma quando sono giù di morale vengo qui. Mi sembra di poter tenere tutto sotto controllo-

-Non ti facevo così solitario-

-Bhe un po' lo sono. Mi piace ogni tanto starmene da solo per concentrare le energie sui miei problemi, e questo posto mi aiuta molto. Stasera è brutto tempo ma di solito da qui si vedono tutte le stelle-

-E' bello lo stesso, grazie-  sorrise impacciata.

-Sai quando ci sono venuto la prima volta?-

-No ma sono pronta a scoprirlo-

-Quando sono partito la prima volta. Ero in macchina con papà che mi stava accompagnando, arrivati qui gli ho chiesto di fermarsi un attimo. Sono sceso dall'auto, ho preso qualche respiro profondo e ho capito quanto fosse importante per me partire. Da quel momento, ogni volta che ne sento il bisogno vengo qui e riesco a calmarmi e riflettere lucidamente-

-Alla fine c'è sempre il calcio di mezzo-

-Si, sempre e comunque. Il calcio è il mio antistress preferito. Magari stasera potevo portarti a fare due tiri giù al campo-

-No, qui va benissimo, il calcio non è proprio il mio forte-

Le sorrisi felice che si stesse sciogliendo. Avevo capito che parlarle, distrarla con argomenti da nulla le avrebbe giovato

-Ma tu sei sempre così gentile, carino, premuroso, fantastico?-  chiese.

-Solo quando ne vale la pena-  risposi.

La vidi nuovamente sorridere quindi pensai di dovermi spiegare meglio.

-Sai, quando ti ho vista così fragile mi si è mosso qualcosa dentro-

-In me invece qualcosa si è come spezzato, Luca mi ha fatto male-

-Posso chiederti una cosa? Se è troppo personale però non mi rispondere-

-Tu puoi chiedermi tutto ormai-

-Qual è la promessa tua e di Luca?-

-Qual era- sospirò.

-Perché al passato?-  chiesi in un misto tra curiosità e stupore.

-Perché stasera Luca l'ha buttata all'aria. Era una cosa importante per noi. Tu lo saprai già ma tre anni fa Luca è stato male. Ha avuto un incidente e io gli sono stata vicino giorno e notte. Quando lui si è svegliato io ero lì addormentata con la testa sul letto. Mi ha svegliata lui, farfugliando qualcosa, erano delle frasi sconnesse di Peter Pan, il suo cartone animato preferito. In quei giorni io continuavo a leggergli il libro ed è stata la prima cosa che si è ricordato appena sveglio-

Si fermò per prendere un respiro mentre qualche lacrima sfuggiva al suo controllo.

-Ti giuro, è stato bellissimo. Ci siamo abbracciati forte, piangevamo come due bambini e ci siamo promessi che niente e nessuno ci avrebbe mai separati. Ti chiederai il perché della nostra promessa. Lui si era appena fidanzato con Marta ed erano già cominciati i problemi, avevamo litigato e sentivamo il bisogno di rafforzare il nostro legame. Sentivamo il bisogno l'uno dell'altra, era qualcosa di troppo forte, non può essere spiegato a parole-

Quella storia mi riporto alla mente vecchi ricordi  -allora sei tu quella che gli ha salvato la vita?-

-Si, lui dice così- distese le labbra in un sorriso tirato.

-Wow, non sai quante volte ho sentito parlare di te. Che strano, non avevo collegato che potessi essere tu-

-Non sembro una che salva la vita alla gente eh? Ma d'altronde non ho fatto niente di particolare. Forse l'ho fatto più per me che per lui-

-Evidentemente per Luca non era una cosa da niente. Di certo è un qualcosa che vi ha uniti tanto-

-Si-  disse soltanto.

-Ma toglimi una curiosità. Sei anche quella che ha fatto tornare insieme Stefano ed Eli?-

-Ebbene si, sono anche un perfetto cupido- 

-E' così strano pensare che in questi anni ho sentito molto parlare di te senza nemmeno saperlo-

-A me è accaduto lo stesso, per me eri un "amico calciatore" qualunque-

-E ora?-

-Bhe, ora sei il mio amico calciatore- 

A quelle parole sentii qualcosa muoversi nel mio stomaco e un sorriso farsi largo sul mio viso.

-Peccato non esserci incontrati prima- constatai.

-Davvero! Chissà come sarebbe andata a finire-

-Semplicemente ci saremmo divertiti un sacco. Magari sarei diventato il tuo migliore amico-

-Magari lo diventerai presto- 

-Mi piacerebbe davvero- dissi

-Ormai non manca molto, averti accanto stasera è stato importantissimo per me. Non mi hai lasciata sola e sei arrivato in tempo per rimettere assieme i pezzi-  continuò lei rabbuiandosi.

-Per questo devi ringraziare i ragazzi, erano tutti preoccupati per te-

-Mi spieghi perché Stefano ha chiamato te?-

-Perché gliel'avevo chiesto io. Ne avevamo già parlato, avevo saputo del messaggio che Luca ti ha mandato stanotte e sentivo che sarebbe successo qualcosa. Gli ho chiesto di chiamarmi appena vi foste incontrati e lui l'ha fatto-

-E tu sei arrivato di corsa-

-Lo so che non ho risolto nulla ma credevo di riuscire a ragionare con Luca e poi... Poi volevo starti vicino. In questi giorni ho capito che sei legatissima a Luca e che sei anche molto fragile. Ma capisci, con fragile non intendo debole, voglio solo dire che sei insicura ed impaurita da quello che ti sta intorno e che hai bisogno di un punto di riferimento che per te è sempre stato rappresentato da Luca-

-A volte mi fai paura. Sembra che tu mi conosca meglio di molti di quelli che mi sono vicini da tempo-

-Forse perché con me sei riuscita ad aprirti almeno un po'-

-Credo tu abbia ragione. Io ho sempre avuto paura di parlare di me ma con te è diverso, è come se quello che avessi da dire tu lo conoscessi già-

-No, non crederci, non è così. Sono davvero poche le cose che so di te e solo perché sei riuscita a raccontarmele tu, dovresti farlo anche con gli altri-

-Ma tu sei qualcosa di diverso, di te mi fido a prescindere eppure potrei sbagliare. Da quant'è che ci conosciamo? Dieci giorni? Ormai ho perso il conto ma quello che hai fatto per me non l'ha fatto nessun altro. Passi le serate ad ascoltare le miei lamentele e i miei tormenti e non ti lamenti. Mi racconti di te e mi piace perdermi nelle tue storie, conoscere tutti i minimi particolari. Non mi spiego il perché ma... è bello-

Le sorrisi ancora una volta, il cuore stretto dalle sue parole  -io credo che noi siamo più simili di quanto credi e tra noi c'è sintonia perché ci capiamo. Io leggo nei tuoi occhi tante cose che non riesco a capire e voglio conoscerle. Da quando mi sei caduta davanti non ho mai smesso di pensare a questi occhi. Poi quando ci siamo conosciuti ho capito che eri arrivata nella mia vita mandata dal destino. Qualcosa di più grande aveva già deciso il nostro incontro-

-Allora ringrazierò questo "destino" come lo chiami tu per avermi fatto cadere proprio ai tuoi piedi-

E finalmente Lei rise. Nessun sorriso tirato, nessuna risata amara, una risata di tutto cuore.

Insieme continuammo a ridere e chiacchierare, parlammo di tutto e di niente; delle stupidaggini più disparate e di piccoli aneddoti che caratterizzavano la nostra vita. A Lei piaceva ascoltare le mie storie ed io ero felice di poter, in qualche modo, distrarla. 

Andammo avanti fino a tardi, fin quando, vedendola stanca decisi di riaccompagnarla a casa.

Una volta giunti sotto casa sua Lei si voltò per ringraziarmi ancora una volta. 

-Non c'è bisogno di farlo ancora-  le dissi  -lo sai che lo faccio con piacere-

-Lo so e io con piacere ti ringrazio-

Negai col capo ma Lei sembrava irremovibile. Non mi lasciò risponderle e chiuse lo sportello per raggiungere casa sua.

La mia coscienza era finalmente leggera, mi sentivo meglio e con l'animo sereno potevo tornare a casa.

Potevo finalmente mettermi a letto e prepararmi all'interrogatorio che i miei mi avrebbero sicuramente riservato.


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