18 - Io sono qua
La reazione di Luca mi aveva lasciato basito. Per fortuna il dolore scemò in fretta lasciandomi tranquillo circa traumi o eventuali conseguenze negative.
Ero solamente scosso perché da lui proprio non me l'aspettavo. Più del colpo mi aveva ferito il gesto. Più delle sue parole erano stati i suoi occhi a lasciarmi perplesso.
Per alcuni istanti rimasi immobile, quasi in uno stato di shock.
Quello che era appena accaduto aveva dell'incredibile. Era impensabile che quel ragazzo dagli occhi vuoti, iniettati di rabbia, fosse proprio quello che avevo conosciuto bambino, quello che era cresciuto con me, che credevo di conoscere come le mie tasche.
Quando mi riscossi cercai Stefano per sapere come si fosse evoluta la situazione. Non seppe dirmi molto, quindi riagganciai e scrissi un messaggio a Carmela per recuperare l'auto e tornare finalmente a casa.
Mi disse che l'avrebbe posteggiata nel cortile di casa sua con le chiavi nascoste sotto il tappetino del lato passeggero. Recuperarla per me sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Raggiunsi casa sua e trovai l'auto proprio dove mi aveva detto. Le inviai un messaggio per ringraziarla e scusarmi nuovamente, poi mi avviai verso casa.
Una volta arrivato mi lasciai cadere col capo sul volante. Ero ancora incredulo, mi osservai nello specchietto retrovisore e potei notare un alone tra il rosso e il viola aleggiare sotto il mio occhio. E allora una nuova consapevolezza si fece largo in me; una volta giunto di fronte ai miei avrei dovuto spiegare loro il perché di quell'occhio tumefatto.
Era ancora presto, li avrei sicuramente trovati svegli ma non c'era alternativa. Non avevo alcuna voglia di perdere altro tempo, volevo solamente stendermi sul mio letto e smettere di pensare.
Quando entrai in casa e mi richiusi la porta alle spalle, cercai di fare meno rumore possibile ma l'udito super fino di Manuel mandò all'aria tutti i miei piani.
-Paolo!- urlò venendomi incontro.
-Ciao Manu- lo salutai cercando di schivare le sue attenzioni.
Con la coda dell'occhio lo vidi bloccarsi all'istante, quando incontrai i suoi occhi poi capii che aveva già notato tutto quanto, ormai nascondermi era inutile.
- Che hai fatto alla faccia?- chiese.
-Niente Manu ho...-
-Che succede qui?- ci bloccò mia mamma ancora sull'uscio di casa.
-Paolo ma, cosa ti è capitato?- continuò spalancando gli occhi.
- Niente mamma. Ho solo preso un colpo-
Lei mi guardò apprensiva -Sicuro di star bene?-
-Si- le sorrisi -sono solo un po' stanco, ho solo bisogno di riposare-
-Metti almeno un po' di pomata- disse senza guardarmi.
Sembrava tranquilla ma nel suo tono di voce potevo scorgere una promessa. Voleva dirmi che mi lasciava andare ad una sola condizione, quella che prima o poi le avrei raccontato tutta la verità.
Salutai entrambi eludendo la loro curiosità e mi richiusi in bagno, una doccia calda avrebbe sicuramente giovato alle mie terminazioni nervose.
Il risultato ottenuto, in realtà, non si rivelò del tutto come lo avevo immaginato.
Certo, la muscolatura delle spalle non era più contratta, il freddo che sentivo addosso era scemato ma i pensieri non mi lasciavano scampo.
Ero insofferente, inquieto, mi sembrava di affogare in un mare invisibile dove trovare aria era impossibile.
Decisi che andarmene a letto sarebbe stata l'unica scelta possibile. Indossai il pigiama e, ad occhi chiusi, mi lasciai andare a mille ragionamenti contorti.
Qualcuno però pensò di interrompere quella fittizia tranquillità bussando alla porta.
Mi aspettavo di vedere entrare mia madre o, al limite, mio padre, con espressione truce pronti a farmi la paternale e invece mi ritrovai davanti Manuel.
In silenzio entrò in camera e venne a posizionarsi ai piedi del letto. Io sorrisi compiaciuto, mi sollevai sulle braccia e lo guardai per un attimo.
-Che ti è successo?- mi chiese abbassando lo sguardo sulle sue mani.
-Ho sbattuto contro uno spigolo-
-Stronzate! Hai una faccia che non ti dico, quando sei rientrato sembravi non capire nemmeno dove fossi e ora mi dici che hai sbattuto, ma per chi mi hai preso?-
Non era arrabbiato, era forse deluso perché non mi fidavo di lui o forse ancora preoccupato per quello che non avevo il coraggio di raccontargli.
- E va bene- dissi ormai sconfitto -ho avuto un'incomprensione con Luca.
-E la chiami incomprensione? Io per un' incomprensione non rovino la faccia a un amico-
-Ricordi la ragazza di cui ti ho parlato qualche tempo fa?-
-La tua amica?- chiese ponendo l'accento sull'ultima parola.
-Si, lei- sorrisi -oltre ad essere mia amica è, oppure dovrei dire era, forse la migliore amica di Luca. Stasera hanno litigato ma non un litigio normale-
Peesi un respiro.
- Lui le ha vomitato addosso una rabbia che non pensavo potesse covare dentro. Era irriconoscibile, dovevi vedere i suoi occhi-
Mi persi per un attimo nei ricordi di quegli occhi.
-E tu, in tutto questo cosa c'entreresti?-
-C'entro perché quando ho visto Lei distrutta non ce l'ho fatta e sono andato a parlare con Luca ed abbiamo litigato e-
- E lui ti ha picchiato- mi bloccò.
-Non mi ha picchiato Manu- lo corressi con un sorriso.
-E tu questo come lo chiameresti?- chiese con un misto di ironia e scetticismo.
- E' solo il frutto di una bella litigata-
- E' inutile che cerchi di giustificare il tuo amico- mi rimproverò lui.
-Io dovevo saperlo che sarebbe andata male, negli ultimi giorni Luca era strano. Non ho capito ancora perché, né cosa gli sia preso ma stai certo che lo capirò-
-Non ti è bastato questo?- continuò lui indicando il mio viso.
Sorrisi nuovamente di fronte al suo atteggiamento protettivo. Avevo sempre pensato che, tra noi, il più grande sembrasse lui. Mi divertivano quei siparietti che si instauravano tra noi ma mi trovavo di fronte ad un ragazzino spaventato che non capiva cosa fosse realmente successo.
In realtà non sarei stato la persona adatta a dargli quelle risposte in quanto ero ancora il primo a cercarle.
Però dovevo mostrarmi maturo, almeno ai suoi occhi. Dovevo tranquillizzarlo e dargli modo di metabolizzare il tutto.
-TI assicuro che non era mia intenzione prendere pugni e ti giuro che non ne cercherò altri anzi, vedrò bene di evitarli- dissi con un sorriso che voleva essere rassicurante.
-Non mi sembri molto convincente- disse lui in risposta.
La sua espressione mi fece sorridere e finalmente mi lasciai andare ad una risata.
-Io davvero non capisco cos'hai da ridere...- mi disse ancora infastidito.
-Dai testone adesso vai che ho proprio bisogno di dormire-
-Uffa, sei proprio vecchio- disse sbuffando una risata e alzandosi dal letto.
-Hei!- lo rimproverai scherzando.
Prima che potessi continuare a parlare lui si chiuse la porta alle spalle urlando un ben udibile "buona notte".
Mi voltai su di un fianco, nascosi la testa tra le lenzuola e chiusi gli occhi per cercare di dormire.
I miei pensieri però non volevano saperne di fermarsi. Mi stavo agitando, ero nervoso e non riuscivo a darmi tregua.
Pensavo a Lei.
Avevo in mente i suoi occhi, la sua figura tremante, la paura e l'incredulità impresse sul suo viso.
Volevo sapere come stesse.
Volevo stringerla forte a me per evitarle di tremare, volevo vederla sorridere.
Non riuscivo più a stare sdraiato. Mi alzai di scatto portandomi le mani al viso. Quelle immagini stavano diventando un'ossessione pericolosa.
Avevo bisogno d'aria.
Non era ancora troppo tardi, potevo permettermi una passeggiata.
Mi rivestii in fretta, indossai una felpa per ripararmi dal freddo ed uscii dalla mia stanza.
Feci solo qualche passo prima di essere riscosso da una voce.
-Dove stai andando?-
Mi voltai e mi trovai di fronte i miei genitori intenti ad osservarmi.
-Ho bisogno di fare quattro passi-
-Paolo...- mi pregò mia madre visibilmente preoccupata.
Mio padre la bloccò posandole una mano sul braccio e stringendolo delicatamente forse per mostrarle il suo affetto o forse semplicemente per rassicurarla.
-Ti sembra l'ora di uscire dopo quello che hai combinato?- disse lui.
-Io non ho combinato proprio nulla- dissi scocciato, mettendomi sulla difensiva.
-Non mi risulta che fare a botte sia nulla-
-Non ho fatto a botte- risposi stizzito.
-Abbassa la voce-
-Pa, ti giuro che non ho fatto a botte, mi sono solo trovato in mezzo ad una situazione strana. Pensi davvero che possa picchiare qualcuno?-
-No, certo che no- disse ancora lui -ma adesso dove pensi di andare?-
-Non lo so, ho solo bisogno d'aria. Non riesco a dormire-
-Vuoi che ti prepari qualcosa? Una camomilla magari?- chiese mia madre con un turbamento negli occhi che mi fece sciogliere il cuore.
-No mamma, grazie. Voglio solo...-
-Vuoi uscire- asserì mio padre.
-Si-
-Devo...- come potevo spiegarglielo?
-Devo fare una cosa-
-Una cosa- ripeté lui scettico.
-Solo un'oretta- quasi li pregai.
-Paolo- disse lui calmo - devi... Insomma devi andare da qualche parte in particolare?-
Avvampai all'istante.
-Forse-
-Si o no?-
-Si-
I suoi occhi si posarono su di me, potevo sentire la potenza del suo sguardo indugiarmi addosso senza nemmeno vederlo.
-Dove?-
-Papà...- non sapevo se volessi davvero rispondergli.
-Vuoi andare a finire quello che hai cominciato?-
Quella domanda mi sorprese e allo stesso tempo mi ferì.
-No- risposi scuotendo la testa rassegnato -non avete capito niente-
-E allora perché non ce lo dici tu?-
-Perché non vi piacerà saperlo-
-O ci dici quello che è successo o stasera non esci di casa- disse lui fermo nelle sue decisioni.
-E' stato Luca va bene?-
-Luca?- chiese mia madre incredula avanzando di un passo.
-Si si Luca, proprio lui. E se la volete sapere tutta non abbiamo nemmeno litigato, ho preso un pugno in faccia perché ho difeso un'amica. Contenti adesso?-
Loro mi fissarono sbigottiti senza dire una parola.
-Che c'è?- continuai ormai parlando a ruota libera -adesso non sapete cosa dire?-
-Vai prima che si faccia troppo tardi- mormorò mio padre.
Mi voltai per uscire ma la sua voce mi bloccò.
-Non abbiamo ancora finito. Domani ne riparliamo. E prendi la macchina che a quest'ora fa freddo-
Mi lanciò le chiavi che afferrai al volo e uscii di casa senza nemmeno guardare i miei genitori negli occhi.
Una volta salito in auto la accesi e cominciai a guidare senza una meta precisa.
Le strade illuminate dai lampioni erano vuote e in poco tempo, senza che nemmeno me ne rendessi conto mi ritrovai nel punto a cui agognavano i miei pensieri.
Mi ritrovai sotto casa sua.
Era stato l'istinto a portarmi lì, era stato qualcosa di ingovernabile a guidarmi verso quell'abitazione.
Solo allora mi resi conto di non avere nemmeno il suo numero di cellulare.
Cercai quindi il mio, lo recuperai dalla tasca dei pantaloni e scorsi la rubrica fino a giungere al numero di Stefano.
Prima di premere il pulsante di avvio chiamata controllai che non fosse troppo tardi per evitare di disturbare il mio amico.
Erano solamente le ventidue e quaranta, tergiversai ancora qualche istante ma non riuscii a resistere a lungo, avviai la chiamata e portai il cellulare all'orecchio.
Dopo due squilli Stefano rispose.
"Hei amico!"
"Ciao Ste, disturbo?"
"No, affatto. Dimmi"
"Volevo chiederti un favore"
"Riguarda Lei vero?"
"Si" sussurrai abbassando lo sguardo, ben consapevole che nessuno potesse vedermi.
"Allora aspetta che ti passo Eli"
"Ok"
Presi un respiro.
"Ciao Paolo" disse pimpante.
"Ciao, ehm..."
"Vuoi sapere come sta?" mi anticipò lei.
"Più o meno, volevo..."
"Volevi? Non farti tirare fuori le parole a forza"
"Volevo il suo numero di telefono, ecco!"
"Ok, te lo invio subito con un messaggio" disse.
La salutai e aspettai quel messaggio con un'ansia che raramente avevo conosciuto.
Quando il nome di Eli lampeggiò sullo schermo del cellulare sentii il cuore battere forte contro la gabbia toracica.
Mi rigirai il cellulare tra le mani, scrissi più volte alcune parole che poi prontamente cancellai fino a trovare quelle che infine mi sembrarono formulate nel modo più opportuno.
"Ciao, sono Paolo, scusami se ti disturbo, magari stai dormendo o forse vuoi stare da sola. Volevo solo sapere come stavi anche se potrei immaginarlo. Questo è il mio numero, se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare"
Alcuni istanti e la risposta campeggiava sul mio cellulare.
"Ciao, non mi disturbi, anzi volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me"
Voleva ringraziarmi, e per cosa?
"Non ho fatto niente di che, tu piuttosto come stai?"
"Non lo so, ma non sto bene. Vorrei dormire ma non ci riesco, qui tutto mi ricorda Luca, vorrei scappare"
"Per andare dove?"
"Non lo so ma qui mi sembra di impazzire, mi sento così sola"
"Ma non sei sola, ricordatelo. Io comunque adesso sono sotto casa tua, se hai voglia di parlare o anche solo di un po' di compagnia io sono qua!"
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