17 - Non hai capito niente
Appena arrivai in piazzetta sentii quella frase che mi fece gelare il sangue nelle vene.
"Non sei più il centro della mia vita"
Capii che Lei e Luca, posti uno di fronte all'altro, avevano già raggiunto il punto di non ritorno.
Con un ultimo sforzo mi avvicinai ai due ma, quando vidi Lei tremante sotto il peso delle dure parole del suo migliore amico, non riuscii a trattenermi oltre ed attirai l'attenzione di Luca chiamando il suo nome.
-Non ti intromettere ora- disse.
-Ma come faccio?- continuai ancora col fiatone -Ti senti? Non ti rendi conto di quello che stai dicendo-
-Non sono cose che ti riguardano- rispose con uno sguardo cattivo che non riconoscevo come suo.
-Ma certo che mi riguardano, ci conosciamo da troppo tempo, come faccio a non dirti che stai sbagliando?-
-Tu non sai come stanno le cose-
-Allora Luca spiegalo a me- disse Lei con la voce incrinata -perché nemmeno io lo so-
-Ma come fai a non capire che è cambiato tutto, che ho bisogno di spazio?- rispose Luca.
-Se tu me ne dessi modo ti darei tutto lo spazio di cui hai bisogno, però ti prego, parliamone-
Era ammirevole Lei, cercava di rispondere a tono, ostentava una forza che in realtà non aveva.
-E di cosa dovremmo parlare? Tra noi non c'è più niente da dire-
Lei non resse oltre lasciandosi andare ad un pianto sommesso con le lacrime che, lente, Le accarezzavano le guance.
Era giunta al limite, sembrava l'ombra di se stessa, era come schiacciata da un peso enorme che Le gravava sulla testa mentre invisibile Le lacerava il cuore.
Istintivamente Le presi una mano stringendola nella mia, volevo in qualche modo trasmetterle qualcosa, volevo farle sentire che, nonostante tutto, io fossi lì al suo fianco. Fossi lì per Lei.
-Hei- le sussurrai -tranquilla, non pensare a quello che dice-
Ma Lei non mi dava ascolto. Aveva lo sguardo perso che vagava sulla figura spenta di Luca.
Era completamente in un'altra dimensione. Forse la mia mano era l'unico appiglio che ancora la ancorava alla realtà.
-Mi avete stancato- disse Luca con voce scura -non vi sopporto più, lasciatemi vivere in pace-
-Ma si può sapere che ti ho fatto?- disse Lei tra le lacrime -ti ho sempre amato come un fratello-
-Basta con queste stupide frasi, non ne voglio più sapere. Non ho più voglia di stare a sentirvi, ho bisogno di stare da solo per cui non chiamarmi, non cercarmi, esci dalla mia vita!-
-E la nostra promessa?- chiese Lei quasi fosse un lamento.
-Non nominare quella promessa!- Luca alzò la voce ma dai suoi occhi vuoti e spenti sfuggirono delle lacrime.
Non era del tutto finito, quella piccola debolezza aveva crepato la corazza che Luca aveva indossato mostrando le sue fragilità, la sua vera essenza.
Io però non capivo.
Non capivo quella reazione esagerata.
Non capivo perché si stesse accanendo su di Lei.
Non capivo cosa fosse successo negli ultimi giorni per cambiarlo così tanto.
Quello non era il Luca che avevo imparato a conoscere nel corso degli anni.
Ero distratto dalle mie considerazioni che quasi non mi accorsi che Luca, senza proferir parola, stava scappando via.
Mi riebbi solo quando notai in Lei uno strano movimento.
Voleva rincorrere il suo amico ma io riuscii ad essere più rapido. La bloccai stringendola tra le mie braccia così da provare a ripararla dalla pioggia che, lenta, aveva cominciato a scendere, e da tutto quello che al di fuori la stava ferendo.
Lei era un cucciolo bagnato, tremava sul mio petto e non accennava a voler smettere di piangere.
Non sapevo cosa fare, me ne stavo immobile col capo posato sul suo. Le mie braccia erano avvolte intorno al suo corpo e le mie mani la stringevano forte.
Mi sentivo in dovere di proteggerla, come se a me spettasse il compito di tenerla assieme, di non lasciar svanire i pezzi.
Non avevo mai visto nessuno così fragile, avevo davvero paura che Lei potesse dissolversi tra le mie braccia.
Dovevo fare qualcosa per cercare di calmarla, per far sì che almeno smettesse di piangere.
Lasciai scorrere una mano lungo le sue spalle fino a raggiungere i capelli, li accarezzai lentamente poi cercai di allontanarmi quanto bastava per poterla guardare in volto. Non mi concesse la vista dei suoi occhi ma potei sentire il suo respiro affannato interrotto da piccoli singhiozzi.
Vederla in quello stato mi fece male, d'istinto inclinai il capo e le depositai un bacio sulla fronte.
Sempre rimanendo chinato verso di Lei le spostai alcuni capelli dal viso e mi avvicinai al suo orecchio.
-Piccola, stai tranquilla. Ci sono io!- sussurrai.
"Piccola"
Quel nomignolo era sfuggito dalle mie labbra senza che nemmeno me ne accorgessi.
Ma in realtà era così che la vedevo piccola, fragile, stretta tra le mie braccia.
Ormai mi ero lasciato andare quindi senza remore ripresi a parlare velocemente, tutto d'un fiato.
-Non so cosa gli sia preso ma sono sicuro che non pensa quello che ha detto. Sei così fragile, così speciale, non so cosa gli sia preso. Però ti prego non piangere, ci sono io, ci sono Eli, Stefano, Giovanni. Ti vogliamo tutti bene! Non piangere, non aver paura, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno chiedi pure a me...
Non so cosa fare per farti stare meglio. Lo so che le mie adesso possono sembrare solo parole senza senso però prova a fidarti. So anche che ci conosciamo da così poco ma io di te mi fido e so che sei forte. So quanto è importante Luca, non voglio prendere il suo posto ma...-
Presi un respiro.
-Ti voglio bene e ci sarò ogni volta che ne avrai bisogno. Te lo prometto!-
Rafforzai la stretta attorno al suo corpo perché non avrei saputo fare altro.
Mi sentivo impotente, Le avevo aperto il mio cuore, finalmente ero riuscito a dirle quanto tenessi a Lei e quanto fossi disposto a fare per il suo bene.
Lei non sembrò reagire ma almeno smise di piangere.
-Brava, basta piangere... Ti prego, sorridi- sussurrai ancora al suo orecchio.
Finalmente scorsi un piccolo movimento. Si allontanò da me e finalmente fissò i suoi occhi nei miei. Cercai di sorridere ma ciò che venne fuori non dovette essere molto convincente. Ero teso, avrei voluto cancellare dai suoi occhi lucidi quell'espressione triste e sconfortata.
Quella che mi trovavo davanti era un piccolo pulcino bagnato e infreddolito, un qualcosa da proteggere non da offendere come aveva fatto Luca.
Come poteva averla ridotta in quello stato?
Una sorta di rabbia prese albergo nel mio stomaco.
Dovevo parlare con Luca, dovevo trovarlo il prima possibile.
Quando Lei mi sorrise però dimenticai tutto e in un attimo me la ritrovai abbracciata e accoccolata nuovamente al mio petto.
Con imbarazzo e con una lentezza estenuante pian piano tutti si avvicinarono a noi. Quegli sguardi impietositi e il silenzio che tutti ostentavano non fecero altro che accrescere il mio nervosismo.
Chiesi ad Eli di gestire tutta la situazione salutai tutti e, dopo aver concesso un sorriso solamente a Lei scappai via.
Dovevo cercare Luca, volevo assolutamente trovarlo.
Sapevo che non sarebbe andato molto lontano nel suo stato e avevo già un'idea di dove potesse essere. Lungo la strada verso cui era scappato c'erano la passeggiata e i giardini.
Scartata la prima ipotesi mi convinsi che Luca potesse aver scelto di sfogare il suo tormento nei giardini che lo avevano visto crescere. Quel luogo che tante volte ci aveva unito doveva essere un segno.
Arrivai al cancello d'ingresso nel giro di quindici minuti. Non riuscii a correre, le gambe mi facevano male per lo sforzo fatto in precedenza e sentivo una forte stanchezza gravarmi addosso. La pioggia per fortuna si era placata lasciandomi più libertà di movimento.
Camminai per un po', cercai nei pressi delle giostre poi nei dintorni della fontana grande ma niente, di Luca non c'era nessuna traccia. Mi inoltrai nel buio, fino alle panchine più isolate, di solito occupate dagli innamorati e lì lo vidi.
Se ne stava seduto su di una panchina, il corpo scosso dai singhiozzi. Mi fece quasi tenerezza.
Mi avvicinai cercando di non fare rumore ma, l'assordante silenzio che ci circondava, non era in grado di nascondere alcunché.
Ebbe un sussulto poi si voltò verso di me. Con gli occhi umidi ridotti a due fessure impiegò un po' per mettermi a fuoco. Subito riportò lo sguardo al terreno, sulle sue scarpe, mente le mani correvano a sorreggergli il volto.
-Vattene- la sua voce era roca, strascicata, cattiva quasi.
-Luca...-
-Che sei venuto a fare?- mi bloccò.
-A capire che ti è preso- dissi.
Dalle sue labbra sfuggì un ringhio.
-Si può sapere che hai?- domandai.
-Lasciami-in-pace- scandì -voglio stare da solo-
-Ma, Luca?-
-Luca, Luca, Luca- disse passandosi spasmodicamente le mani sulla fronte -cosa cazzo vuoi?-
Con un movimento rapido mi avvicinai e mi piegai sulle ginocchia per essere alla sua altezza.
-Voglio che mi dici, una volta per tutte, perché ti stai comportando così-
-Così come? Come?- urlò -Cos'ho fatto di così tanto grave? Dimmelo-
Le sue mani salirono a stringere in modo convulso ciocche dei suoi capelli. Era nervoso, arrabbiato, la sua confusione era evidente. Io volevo solo comprendere, volevo che mi spiegasse il perché di quel suo stupido atteggiamento, volevo, in qualche modo aiutarlo ma lui era troppo preso per capirlo.
Forse si sentiva attaccato. Forse, col mio atteggiamento duro e tallonante, lo stavo facendo sentire braccato ma era più forte di me, cercavo delle risposte e lui sarebbe stato l'unico in grado di darmene.
-Perché non mi lasciate in pace?- disse ancora.
-Perché stai sbagliando Lù-
-E chi lo ha deciso che sono io a sbagliare?- disse mettendosi in piedi.
-Se non fossi così fuori di te lo capiresti da solo. Ma hai visto come L'hai ridotta?-
Dalle sue braccia si scatenò una rabbia smisurata che si manifestò con una poderosa spinta sul mio petto. Rimasi immobile di fronte a quel gesto, non mi mossi di un millimetro, preferii lasciare che si sfogasse su di me.
Lui però non fece altro, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e, a sguardo basso, si allontanò di qualche passo dandomi le spalle.
Quelle spalle tradivano il suo nervosismo, il suo respiro affannoso lo faceva sembrare così fragile.
Lo avrei abbracciato, gli avrei mostrato tutto il mio calore e il mio sostegno. Se solo non fosse stato così dannatamente ostinato nel suo strambo comportamento!
Gli posai una mano su di una spalla e lo sentii fremere.
-Luca- ne richiamai l'attenzione nel modo più tranquillo che conoscessi in quel momento -che ti prende?-
-Non ti riguarda- bofonchiò.
-Si invece. Mi riguarda dal momento che tu sembri non ragionare. Io ci tengo a te e tengo a Lei, ma hai visto cosa Le hai fatto?-
Fu un attimo ed un colpo secco deflagrò sul mio zigomo destro.
Luca mi aveva colpito con un pugno.
Luca aveva, per la prima volta, alzato le mani su di me.
Per un momento fui come rapito dalle circostanze. Il dolore mi aveva reso momentaneamente cieco e lo sgomento aveva offuscato la ragione.
-Non hai capito niente- disse prima di scappare via lasciandomi solo.
Solo, con i miei pensieri, incredulo e, probabilmente, con un occhio nero.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro