Capitolo 6: Genitori in crisi
Quando mi svegliai il Sole era già alto nel cielo e capii che era giorno fatto. Andai a vestirmi e scesi di sotto, ma mentre camminavo sentii delle voci che si alzavano e si abbassavano. Affrettai il passo per allontanarmi daquella discussione e incontrai Lucia.
"Oh, santo cielo! Per quanto ne avranno ancora?" disse Lucia. "Tesoro, stai bene?"
"Sì, sto... sto bene" risposi. Lei sapeva benissimo che detestavo le liti.
"E Tommaso?" domandai.
"Per fortuna dorme, non li sente" disse Lucia. "Starebbe male anche lui se li sentisse litigare in questo modo!"
Iniziammo a prendere le nostre valigie e infilarle in auto per non far perdere troppo tempo alla famiglia e per non sentirli litigare. Mentre facevamo quel lavoretto iniziammo a parlare edella sera prima.
"Ti sei divertita?" mi chiese Lucia.
"Vuoi che ti risponda con un sì semplice o preferisci un altro modo?" chiesi ridendo.
"Non c'è bisogno, le tue labbra si muovono da sole! E poi ti si illuminano sempre gli occhi quando pensi a Ciro!"
"Oh no, ma allora è proprio palese!" dissi preoccupata.
"Stai tranquilla, nessuno metterà i manifesti su un bel niente!" mi rassicurò Lucia mettendomi una mano su un braccio. "Poi so che l'hai chiamato angelo! Lui era davvero molto felice."
"Tu dici?"
"Ma sì, ti dico di sì, ti guardava con gli occhi che brillavano!" disse Lucia.
Finimmo di sistemare le valigie e tornammo in casa. Anche Tommaso era sceso e la situazione sembrava più calma di quando ci eravamo allontanate. Poco prima di partire, però, vidi qualcuno corrermi incontro. Mi accadde proprio come a Linda, perché si trattava di... Ciro! Anch'io corsi verso di lui, ci scontrammo e ci salutammo con un abbraccio. Sperai che il mio corpo non riprendesse a dare i numeri quella volta e, incredibile ma vero, la timidezza mi fece quel regalo perché, come si dice, a Natale siamo tutti un po' più buoni!
Poi i miei mi chiamarono e dovetti lasciarlo andare e raggiungere l'auto.
Mia madre vide Ciro e gli disse: "Fai tanti auguri ai tuoi da parte nostra!"
"Riferirò" promise Ciro, portandosi una mano al cuore e allontanandosi. Vidi che mi salutava con la mano mentre ci allontanavamo e feci la stessa cosa.
Durante il viaggio parlai molto con i miei fratelli, mi facevano sempre ridere e durante i viaggi parlavamo tra noi.
Arrivammo dai nostri cugini, in montagna, un po' più tardi di mezzogiorno e visto che li vedevamo di rado corremmo loro incontro e tutti e cinque ci stringemmo forte e quando uscirono gli zii fu un susseguirsi di abbracci, augurrri, commenti del tipo: "Quanto siete cresciuti!" Eravamo tutti felici, ma vedevo che i miei non vivevano in pieno quel momento perché tra loro c'era una strana tensione che mi metteva addosso un po' di tristezza.
Quel piccolo paese di montagna era molto bello e mi piaceva perché si giocava con la neve, potevamo correre dappertutto, insomma, eravamo liberi.
Il giorno di Natale fui sorpresa di trovare un messaggio su WhatsApp da un numero sconosciuto. Il messaggio diceva: "Buon Natale, piccolo angelo!"
Nel leggerlo provai uno strano brivido.
Attesi un'altra notifica e lessi il nome: Ciro! Salvai quel numero e risposi: "Ricambio con tutto il cuore."
Quel paesino era decorato davvero molto bene per le feste di Natale, in modo semplice e piacevole allo stesso tempo.
I miei sapevano che mi piaceva molto leggere, sia sui libri sia sul telefono.
Infatti per Natale mi regalarono molti libri ed io ero davvero molto curiosa.
Le vacanze di Natale trascorsero allegre, ma fin troppo in fretta. È sempre così, quando si vive un bel momento il tempo vuole sbrigarsi a farlo passare e dura sempre troppo poco. Per i momenti tristi è l'esatto contrario.
Quando tornammo a casa, però, i miei genitori ripresero a litigare. Non ce la facevo a guardarli e cercavo di stare il più possibile lontana da quelle liti insopportabili. Gridavano, si dicevano cose orribili, insomma, per me era una cosa molto brutta vederli litigare così.
Quando iniziò la scuola fui felice per due motivi: avrei rivisto Ciro e sarei stata lontana da casa per più tempo. Si parlava di un possibile divorzio e mi dispiaceva perché da ragazzi si erano voluti molto bene, me l'avevano detto.
Mentre tornavo a casa da scuola, però, mi accadde di provare una paura doppia.
Io ero molto paurosa riguardo ai cani e avevo paura anche dei ragazzi che cambiano donna come si cambiano d'abito.
Infatti all'improvviso mi trovai circondata: un cane mi si afferrò ad una caviglia e Max mi afferrò alle spalle.
Questa volta gridai, gridai con tutto il fiato che avevo in gola e mi divincolai come la bambina di un film dell'orrore. Quando entrambi mi tolsero di dosso i loro corpi mi accorsi di sudare freddo e di essere pallidissima.
Mi ero portata dietro lo specchietto, per quello sapevo di essere pallida. Io avevo già visto quel grosso cane, era di Max. Per quello mi teneva così stretta la caviglia. Mi guardai e vidi che mi era rimasto un segno sulla pelle.
Non sapevo chi mi facesse più paura, se Max o il suo compagno di avventura.
Fatto sta che iniziai a correre, per paura che uno di loro mi stesse dietro.
Il sudore freddo mi imperlava la fronte, le tempie mi battevano forte e il cuore non era da meno. Non vedevo un bel niente, era tutto buio, ma più mi allontanavo da lì meglio era per me. Di colpo sentii il rombo di un motore, ma non feci in tempo a spostarmi, mi sentii spingere all'indietro e finii a terr"@a.
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