Capitolo 32: Tutto è bene quel che finisce bene
Al mio risveglio mi trovai per l'ennesima volta in ospedale e un ragazzo mi stringeva forte la mano. Era seduto su di una sedia accanto al letto su cui ero sdraiata e quella stretta mi faceva sentire tranquilla e al sicuro.
Non so perché ma ebbi voglia di aprire gli occhi, mi girai e vidi un volto, all'inizio l'immagine era sfocata, poi divenne sempre più nitida: era Ciro!
Cercai di sollevarmi ma lui mi trattenne stringendo forte la mia mano e disse: "Non ti agitare, va tutto bene!"
"Dove mi trovo?" chiesi.
"Sei in ospedale, ma tornerai presto a casa, amore mio, tranquilla" disse lui.
Amavo tantissimo quando mi chiamava in quel modo, erano parole davvero dolci.
"C-come hai fatto a venire qui? Come mi hai trovata? E tuo fratello?" Nel fargli l'ultima domanda una lacrima creò un solco sulla mia guancia destra e avvertii un terribile bruciore agli occhi che avevo aperto dopo molto tempo.
"Non piangere piccola, ti prego!" mi disse lui stringendomi più forte la mano. "Max non c'è, non aver paura! E ti giuro che io ti proteggerò sempre, anche da lontano, ma lo farò, lo giuro!"
Mi riapparve davanti la scena del falso poliziotto, quell'uomo aveva puntato un'arma contro di noi e Ciro gli si era gettato contro per sottrargliela affinché non potesse farci del male. Mi sentii ancora più al sicuro con lui, si era comportato come un supereroe dei film con la differenza che non aveva nessun travestimento particolare. O almeno credo che fosse così.
"Mi farà del male, mi farà del male!" continuavo a ripetere provando un dolore atroce al petto ogni volta che lo dicevo.
"Non parlare così piccola mia, non devi neanche pensarlo!" mi rassicurò lui e avvicinandosi al mio orecchio mi sussurrò: "Non voglio vederti piangere per colpa di mio fratello, tesoro mio!"
"Scusami" dissi con un filo di voce. "Ti giuro che non volevo, non volevo!"
L'unica cosa che mi sollevava era il fatto di essere con lui e di non essere più la ragazza che quando vedeva il suo lui diventava muta come un... come un... come un animale che non parla e vive in un posto che mi piace tanto: l'acqua!
"Ehi! Non devi sentirti in colpa, hai capito?" mi disse lui con molta dolcezza. "Stare male non è una colpa."
"Grazie" gli dissi sentendomi sollevata dalle sue parole e come se la timidezza mi avesse fatto la santa cor!esia di non torturarmi più gli dissi: "Ti amo!"
"Anch'io ti amo piccola" mi disse lui.
"Posso dirti una cosa?" chiesi.
"_Certo che puoi dirmela, piccola!" rispose lui con uno splendido sorriso.
"Sei un angelo" gli dissi d'un fiato, prima che la timidezza, disilludendomi, mi tappasse la bocca per l'ennesima volta.
Lui mi si avvicinò e io mi misi seduta di fronte alla sedia. Sentii il suo viso avvicinarsi di più, sempre di più, finché le nostre labbra non si toccarono e lui prese il mio labbro inferiore nella sua bocca, ma lo tenne per qualche secondo e con delicatezza.
Mi erano mancati tanto i suoi baci: mi sentivo sempre emozionatissima quando li ricevevo e al contempo mi sentivo sicura perché lui mi conosceva, sapeva che in quelle cose amavo la dolcezza e la preferivo molto di più al gioco, ovvero quello che faceva Max. Durante quel bacio che mi aveva strappato più che dato, Max aveva spinto con corza la lingua contro la mia bocca, ma io piuttosto che creare un passaggio per attaccarmi di più a lui avevo serrato le labbra. Il calore sulle labbra delle persone mi piaceva, ma in quel caso era diverso: era un calore che mi spaventava moltissimo e non volevo più provarlo.
Ci pensai, ma stavolta non piansi. Max non l'avrebbe avuta vinta, non da me. Io non ero il suo giocattolino, potevo benissimo ribellarmi e respingerlo e mi ripromisi di farlo se avesse tentato di baciarmi di nuovo, anche a costo di spaccargli i timpani con le mie grida.
Ciro mi comprese subito, prese le mie mani e me le portò alle tempie. Non sentivo più le crosticine sotto le dita.
"Il tempo cura le ferite a quanto pare." mi disse. "Quelle sulle tue tempie sono sparite e vedrai che anche quelle del tuo cuore si rimargineranno."
Strinsi forte il mio angelo dalle parole poetiche, anche lui scriveva cose molto belle. Io scrivevo ma non so se i miei pensieri si potessero dire poetici. Comunque era un metodo per liberarmi da un peso o per condividere la gioia quando era troppo grande e forte per custodirla tutta dentro di me.
"Tu credi?" fu quello che riuscii a dirgli.
"Ovvio che lo credo! Tu sei forte e il tempo in queste cose è un bravo medico" mi disse Ciro stringendomi più forte.
In quel momento ricordai un dettaglio che per me era importantissimo: i miei!
"Come farò ad avvisare la mia famiglia che sono qui?" chiesi preoccupata.
"Tranquilla, loro già lo sanno" disse Ciro.
"Come lo sanno?" chiesi.
"Ho scritto a tua sorella quando siamo arrivati qui" mi rispose lui sorridendo.
Tirai un sospiro di sollievo e saltai giù dal letto. Ero davvero felice come non mi capitava da ben tre mesi. Quel maledetto incubo stava finendo, me lo sentivo.
Dopo una breve visita fui dimessa e io e Ciro andammo nel boschetto. La neve non cadeva più così fitta e avrei tanto voluto giocarci! So che in quel momento sembravo una bambina ma non m'importava granché, ero troppo felice per riuscire a stare ferma. Vidi Ciro chinarsi sulla neve, poi si girò e disse: "Stai pronta ad afferrarla, capito piccola?"
Sorridendo annuii e tesi le braccia. Lui mi lanciò una palla di neve e io l'afferrai al volo provando una sensazione magica! Cavolo, anche in queste cose lui era delicato al punto giusto! Ricordando il periodo dal quale ero appena uscita mi aveva lanciato la palla di neve con attenzione, ma comunque mettendoci la forza necessaria.
Giocammo per un po' con quel mucchietto di neve e in quel momento riuscii perfino ad apprezzare l'idea di correre!
Di colpo sentii una voce familiare: "Ragazzi, siete qui?" Corsi incontro a mia sorella e l'abbracciai fortissimo.
"Non ho più le ferite!" dissi elettrizzata. "Non ho più le ferite!"
Mia sorella mi chiese di sollevare un po' la testa e mi guardò, poi mi strinse più forte e disse: "Che bello tesoro!"
Tutta la famiglia mi si riunì intorno e mi sentii la persona più felice al mondo perché l'incubo stava per finire.
"Sei stato davvero carino ad occuparti di lei quando ci siamo persi di vista" disse Lucia rivolgendosi a Ciro. "Ti va di unirti alla banda con la tua famiglia?"
"_Certo, perché no?" rispose lui. La nostra famiglia si era allargata molto, Mirko era venuto con noi e poi c'era Ciro insieme alla sua famiglia. Flora aveva una cotta per Tommaso, si vedeva.
Me ne accorsi perché spesso li vedevo insieme e la cosa mi fece molto piacere.
Elen, che era rimasta in città, mi scrisse poco dopo dicendo: "Cari, Max è in prigione!"
"In prigione?" chiesi molto sorpresa.
"Sì, hai capito bene, è in prigione!"
In quel momento ero felice perché non mi avrebbe fatto del male per un po', o almeno non in modo così drastico, ma al tempo stesso mi sentivo triste, non avrei mai potuto gioire sapendo che non gli avrebbero più permesso di uscire, di respirare l'aria fresca e di veder scendere la neve. Mi sentivo colpevole.
Spazio autrice
So che sembra finita, ma la storia non finisce qui. L'unico problema è che la povera Cari avrà ancora molti problemi, ma quelli saranno un passaggio. Grazie a tutti quelli che leggono questa storia che è stata il mio primo sfogo su determinate cose, ma grazie anche a chi non l'ha letta, sono contenta dei risultati che sto ottenendo.
Okay, e dopo uno spazio che mi sono presa anche troppo vi lascio! Ciaoooo!
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro