Capitolo 3: Il miglior malessere della mia vita
Mi fece molto piacere parlare con Chiara. Condividevo tante cose con lei: la timidezza, un sentimento molto forte e al contempo inesprimibile per un ragazzo, il rossore, il batticuore, il gran bisogno di confidarci con qualcuno.
Mentre ci pensavo guardai l'orologio sul mio cellulare: erano le sette e mezza!
"Devo andare. I miei a quest'ora mi staranno cercando con gli elicotteri!" scherzai. Era ovvio che non fosse così, ma non volevo farli preoccupare per me.
"Allora a domani" mi salutò Chiara, accompagnandomi alla porta.
"A domani" risposi io, sorridendole.
Non feci in tempo a fare un passo fuori dal giardino che scoppiò un temporale.
Presi a correre per arrivare prima a casa e scivolai varie volte, graffiandomi ginocchia e palme delle mani.
Lucia mi corse incontro, preoccupata.
"Che ti è successo, sorellina?" chiese.
"Ho incontrato questa pioggia" risposi.
"E quei graffi? Cos'hai combinato?"
"Niente, sono scivolata molte volte, tutto qui" risposi, sempre ridendo.
"Ora vai ad asciugarti, piccola!" mi consigliò Lucia. "Ci vediamo dopo!"
Andai a lavarmi e cambiarmi, indossai il pigiama e corsi al piano di sotto. I miei mi salutarono con la loro consueta dolcezza. Durante la cena, però, capii che c'era qualcosa che non andava. La mia voce suonava strana e mi sentivo stanca, avevo dolori in tutto il corpo.
"Tutto bene, tesoro?" mi chiese mia madre mettendomi una mano su una spalla.
"Credo di essere solo un po' stanca. Domani mi sentirò meglio. O sarà stata l'acqua che ho preso in testa" risposi.
Andai a mettermi a letto e mi ritrovai nel mondo dei sogni in pochissimo tempo.
Quando mi risvegliai avevo ancora quella strana sensazione, ma ero troppo felice per restare a casa, quindi decisi che sarei andata comunque a scuola.
"Ti va se oggi ti accompagno, tesoro?" chiese mia sorella.
"Sicuro che mi va!" risposi, contenta.
Uscimmo di casa insieme e ci dirigemmo verso la scuola. Poi vidi qualcuno che desideravo tanto raggiungere, ma la mia timidezza mi teneva inchiodata dov'ero.
"Dammi la mano, tesoro, ti ci porto io" disse Lucia, prendendomi per mano. Mi afferrai con tutte le forze al braccio di mia sorella che mi accompagnò da lui.
Ciro e Lucia si presentarono e provarono subito una simpatia reciproca, anche perché si somigliavano moltissimo a mio parere.
Mentre camminavamo, però, sentii una fortissima fitta alla testa, mi girò tutto intorno e rischiai di finire a terra. Lucia mi afferrò appena in tempo per un braccio, mi tenne vicina a sé e mi sostenne. Guardò Ciro come se gli stesse chiedendo aiuto. Per fortuna non eravamo troppo distanti da casa sua e Ciro si voltò e corse via. Tornò poco dopo con una sedia e la posò per terra.
"Piano, piano! Facciamola sedere qui."
Ciro mi prese l'altra mano e mi aiutò a mettermi seduta. Non mi lasciò la mano ma mi guardò per un istante e con la mano libera mi spostò i capelli dal viso e mi toccò la fronte.
"Povera piccola! Devi avere la febbre molto alta."
L'ultima cosa che ricordo è che mi girò ancora tutto intorno, non riuscii a distinguere più nulla e crollai di lato.
Quando mi svegliai non aprii subito gli occhi, ma mi accorsi che due persone mi tenevano le mani: a destra Ciro e a sinistra Lucia. Volevo alzarmi ma mi sentii stringere leggermente la mano.
"No, no, ferma! Ti sei appena ripresa, non alzarti così in fretta. Potrebbe girarti la testa, non serve" disse Ciro con dolcezza.
Restai sdraiata, ma se possibile le mie guance divennero ancora più rosse e in quel momento sentivo che la febbre non c'entrava niente. O meglio: mi aiutava.
Mi aiutava a nascondere il mio rossore.
L'unica cosa che riuscii a fare fu stringere più forte le loro mani. Non ero in grado di fare altro. Speravo che quel momento non finisse mai, ma come sempre terminò troppo presto.
"Ora devo andare, altrimenti i miei si preoccuperanno" disse Ciro, lasciandomi la mano con molta lentezza, come se la separazione dispiacesse anche a lui.
Volevo ringraziarlo, ma proprio in quel momento mi andò via la voce.
"Okay! Ti terrò informato" disse Lucia. "E grazie!"
"Ma dai, per così poco?" disse Ciro. Mi piaceva tanto il fatto che fosse così modesto.
Mi guardò e mi disse: "Mi prometti che ti riguarderai e che guarirai presto?"
"Te lo prometto" dissi con la poca voce che mi restava. Guardai il termometro.
Era ancora acceso e segnava 39 gradi.
"Credo che ti tocchi una prova un po' più semplice della timidezza, ma comunque molto difficile" mi disse mia sorella porgendomi un bicchiere. Era la medicina che dovevo prendere. Non era molto buona, ma in compenso era efficace e io avevo già avuto altre esperienze.
Presi quel bicchiere con le mani che mi tremavano leggermente, contai fino a tre e buttai giù il liquido d'un fiato.
"Prova superata!" si congratulò Lucia.
Poi mi guardò e aggiunse: "E vedrai che per la timidezza sarà la stessa cosa. Prima o poi riuscirai a parlare."
"Ma perché mi capita proprio con lui che è sempre così gentile?" chiesi.
"Non demoralizzarti così presto, Cari! Lui è un po' più grande e vi conoscete da poco ma mi piace il modo in cui ti tratta. E lo sai che è stato lui a non farti cadere quando hai perso i sensi?"
Allora era vero: Ciro era un cavaliere! No, un cavaliere no. I cavalieri a volte devono fare del male per proteggere le loro principesse e vincere i loro nemici. Ciro non avrebbe mai alzato le mani, ne ero sicurissima!
Non era un cavaliere, ma un angelo. Il più dolce che avessi mai conosciuto. Non lo pensavo solo in quel momento, lo avrei pensato sempre da quando l'avevo incontrato la prima volta, a scuola. Mi distesi. Tremavo di freddo, quindi mi coprii, anche se sapevo che durante la febbre conviene stare scoperti. Chiusi gli occhi e sognai senza addormentarmi.
Cercai di ricordare cosa fosse successo quando stavo per cadere. Dovevo pur ricordare qualcosa. Cercai di mettere ordine nella mia testa, ero molto confusa. Volevo ricordare, ma non ci riuscivo.
Ricostruii con la mente quel momento. Mi ero sentita male e Lucia mi aveva presa prima che cadessi a terra. Ciro aveva preso una sedia e mi aveva fatta mettere seduta. Mi teneva per mano, mi aveva guardato con quel modo delicato che faceva parte di lui e mi aveva sfiorato la fronte. In quel momento sentii la sua mano sul mio viso come se fossi tornata indietro nel tempo e avessi potuto rivivere quel momento in cui ero stata a stretto contatto con lui e avevo pensato che quello fosse il miglior malessere della mia vita. Perché mi ero sentita in quel modo? La febbre fa fare cose strane quando è molto alta, ma non poteva dipendere tutto da questo. Cosa stava cambiando?
"Cari, come ti senti?" Lucia entrò nella mia stanza e si mise seduta sul mio letto.
"Va un po' meglio, grazie" risposi.
"Senti, c'è una persona che vorrebbe vederti" disse Lucia.
"Va bene, arrivo" risposi, con il cuore a mille. Oh no! E quel batticuore? Che altro significava? Cos'era successo dentro di me? Mi sentivo molto strana e non sapevo cosa aspettarmi.
"No, non serve. Ti raggiungerà lui."
Lucia si allontanò e io sentii il bisogno di chiudere gli occhi. Ero seduta sul letto, ma non era sufficiente, quindi decisi di alzarmi.
Poi sentii la sua voce, mi tremarono le gambe e fui costretta a tornare seduta.
Lui sedette accanto a me e mi strinse in un abbraccio dato per metà.
"Come ti senti?" chiese con dolcezza.
"Va un po' meglio, grazie" sussurrai.
Poi ci fu silenzio. Non riuscii a sopportarlo a lungo e feci una domanda per la quale mi sarei subito sotterrata.
"Tu... hai... una... una lei?" chiesi.
Subito dopo mi coprii la bocca con le mani. "Oh no, scusami, scusami!" dissi.
"Stai tranquilla, non è successo niente. Comunque no. Non per il momento, almeno. Io cerco l'anima gemella" rispose lui. Non sembrava per niente irritato dalla mia domanda spinta troppo oltre. L'anima gemella! Le due parole insieme avevano un suono così bello! Ero sicura che l'avrebbe trovata. Avrebbe trovato un angelo, come lui, e gli augurai di cuore di trovarla al più presto perché lo meritava.
"Vorrei chiederti una cosa che mi riguarda" dissi timidamente.
"Tutto quello che vuoi!" rispose Ciro.
"Ti è piaciuto qualcosa del mio carattere?" chiesi, sperando di non scandalizzarlo con la mia domanda che poteva benissimo sembrare una domanda da ragazzina capricciosa e vanitosa.
"Molte cose. Per dirtene una mi piace molto il fatto che sei dolce" disse lui.
Il mio cuore prese a battere fortissimo e le mie guance s'incendiarono ancora.
Quando lui dovette andare via lo lasciai andare un po' a malincuore, ma lui mi disse: "Ti prometto che verrò a trovarti tutti i giorni!"
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