Capitolo 27: Il ricatto
Tornai a scuola con il morale a terra.
Max era stato bocciato e mi sarebbe toccato sopportarlo per un altro anno. Non so perché, ma lui mi faceva paura, era riuscito ad allontanarmi da Ciro e questo proprio non mi andava giù. Temevo che avrebbe usato qualche trucchetto per legarmi a sé e ferirmi. Sentii che il mio cuore si sgretolava come una roccia corrosa dal tempo, dall'acqua, dal caldo e dalla forza della natura. Ciro mi diceva che ero forte, ma io avevo smesso di crederci. Mi sentivo la ragazza più debole sulla faccia della Terra e ne soffrivo molto.
Sedetti al mio solito posto accanto a Cosimo che si accorse subito che c'era qualcosa che non andava.
"Cari, che cos'hai?" chiese preoccupato.
"Lui è dovuto andare via e forse non lo rivedrò mai più" dissi abbassando la testa e iniziando a piangere.
Cosimo mi si avvicinò e mi strinse a sé come se tentasse di proteggermi, i suoi occhi castani si posarono su di me, era il mio migliore amico e tenevo a lui come alla mia amica del cuore: Chiara.
"Cosimo, tu ami davvero Chiara?" chiesi.
"Sì, la amo con tutto il cuore, con tutta l'anima" disse Cosimo e nella sua voce avvertii una forte emozione. Era un bravo ragazzo e amava molto Chiara.
"Non lasciarla andare! Mai! Te lo chiedo per favore, non lasciarla andare! Io ho perso il mio amore per colpa di un'altra persona e non voglio che a te accada lo stesso, non lo voglio!" dissi.
"Te lo prometto" mi disse Cosimo, "ma tu devi rialzarti, devi essere forte!"
"Non ne sono capace!" gli dissi. "Me lo dice anche lui, ma io non ci riesco!"
In quel momento la prof entrò in classe e il primo giorno di scuola ebbe inizio tra ricordi e racconti. Io amavo quei ricordi che però, al tempo stesso, mi facevano male, molto male, perché temevo che non avrei potuto viverli mai più.
Aspettai con ansia l'intervallo per uscire dalla classe e sciacquarmi la faccia, le parole mi si erano bloccate in gola più di una volta e ci stavo male. Finalmente giunse l'intervallo e io mi precipitai fuori dalla classe. Mi stavo dirigendo verso il bagno quando mi sentii afferrare con forza una spalla e un brivido mi percorse la schiena.
"Ciao bellissima!" mi disse una voce e quel complimento non mi rese felice.
"Max" dissi con un filo di voce. "No!"
"Ehi, tranquilla!" mi disse quel ragazzo assumendo l'espressione angelica che aveva stregato tantissime ragazze.
"Lasciami andare, non voglio che tu mi segua, lasciami!" gli gridai, disperata.
"Non gridare, non ti servirà a niente!"
"Tu mi hai fatto solo del male, continui a ferirmi, mi hai separata da tuo fratello per il puro piacere di farmi del male, mi fai paura, lasciami!"
Lui mi si afferrò al collo e mi si avvicinò di più, sempre di più, le sue mani gelide mi sfioravano il collo, i suoi occhi sembravano iniettati di sangue e le sue labbra erano troppo vicine alle mie. La mia bocca non gli apparteneva, solo al mio angelo era concesso toccarla, ma lui non era con me e io non sapevo che cosa fare.
"Lasciami!" gridai. "La..." Non ebbi il tempo di dire altro perché lui si avventò sulle mie labbra con violenza e mi batté con forza contro il muro. Non ressi più e con una forza che presi da non so dove lo respinsi.
"Sei un mostro!" gli gridai. "Un maledetto mostro!"
"Eppure i miei baci ti piacevano, non mi hai dato uno schiaffo!" disse Max.
"Se vuoi posso dartelo adesso!" gridai.
In realtà fu lui ad alzare la mano verso di me, ma stavolta fui più veloce.
Era la prima volta che alzavo le mani, mi sentivo malissimo, ma volevo difendermi. Lui stava per picchiarmi.
"Tu da oggi sarai la mia ragazza e mi amerai alla follia!" mi minacciò Max. "Per te mio fratello sarà un ricordo!"
"Non puoi obbligarmi ad amarti! Non farò niente di tutto questo, hai capito?"
"Prova a ripetere quello che hai detto, piccola!" disse Max a denti stretti.
"Non mi toccare!" gridai spostandomi in modo brusco da lui e dirigendomi in un punto a caso, ma non guardavo dove camminavo e quando mi accorsi delle scale era troppo tardi, misi male il piede e caddi. Iniziai a rotolare giù per la scalinata anche se sulle prime non me ne accorsi, e quando mi fermai sentii un dolore atroce, poi vidi soltanto il buio...
"Cari! Cari, svegliati!" Sentii una voce rassicurante, una voce dolcissima.
"Lucia..." dissi con un filo di voce.
"Tranquilla, non ti agitare, hai battuto la testa, cerca di calmarti!" mi disse mia sorella avvicinandosi a me. "Sei molto agitata, ora devi calmarti!"
La mia voce era strozzata dai singhiozzi e non sapevo se dire a mia sorella cos'era successo, non volevo farla preoccupare, non volevo per niente! Lei, però, aveva già capito il motivo della mia sofferenza.
"Non devi lasciarti buttare giù così!"
"Come?" Il mio cuore prese a martellare.
"Se lui ti fa qualcosa tu devi dirmelo, io sarò con te, sempre, hai capito?" mi disse Lucia. "Tu sei la mia sorellina e io voglio proteggerti e sostenerti!"
"Mi ha minacciata" dissi a bassa voce.
"Che?" Il suo viso si contrasse e vidi un lampo di rabbia nei suoi occhi. Non avrei mai creduto che mia sorella potesse reagire così. Era una guerriera, ma una guerriera pacifica, che lottava con il coraggio, non con le mani o con le armi e non avevo mai visto tanta rabbia in quello sguardo, né avevo mai sentito la sua voce tremare in quel modo che non significava paura ma rabbia, molta rabbia! "Cos'ha fatto?"
"Io te lo dico, ma ti prego, non fare sciocchezze, quel ragazzo è pericoloso!"
"Ti giuro che non farò nulla, ma parla!"
Con l'aiuto di una moltitudine di angeli riuscii a raccontarle tutto per filo e per segno, anche se i singhiozzi mi impedivano quasi di respirare. Lucia mi ascoltò con molta attenzione e mi si avvicinò per abbracciarmi, sapeva che un suo abbraccio mi avrebbe fatto bene.
"Non piangere piccola, ora è passato!"
"Sì, ma ho molta paura che Max faccia qualcosa di brutto a Ciro e alla sua famiglia se non accetto le sue condizioni, ma accettarle significherebbe soffrire, solo questo!"
"Tu sei troppo buona! Ti senti male per esserti difesa e sei pronta a dare quel briciolo di felicità che ti resta perché la persona che ami sia al sicuro! Sai una cosa? Anche lui è pronto a dare la sua stessa vita per te, tesoro!"
"Non lo merito, ho dato uno schiaffo a un ragazzo, sarà un mostro ma non dovevo mettergli le mani addosso, non dovevo!"
"Non credo che tu ti sia divertita e va bene, questi non saranno metodi giusti, ma con uno così come volevi difenderti, tesoro? E poi lui non ha una coscienza tanto limpida, tu fin troppo, guarda come stai!"
"Ti voglio bene!" dissi abbracciandola.
"Anch'io ti voglio un mondo di bene!" disse Lucia. "Ma ora non piangere, te lo chiedo per favore, non devi piangere!"
Dicendomi questo mi fece coraggio. Mi asciugò le lacrime accarezzandomi il viso e mi toccò con delicatezza la testa ma quando lo fece sentii un dolore atroce nella zona in cui avevo battuto.
"Ahi!" dissi con un filo di voce.
"Scusa, non volevo!" disse Lucia. "Hai ân bernoccolo molto grande vedo!"
"Abbastanza" risposi con un sorriso sincero, ma comunque molto spento. La risata era l'unica cosa che mi salvava e in quel momento solo due persone riuscivano a procurarmi quell'elisier, "o come si scrive", e quelle persone erano Lucia e Ciro, lui da lontano, lei da vicino. Erano i miei angeli custodi ed ero molto fortunata, avevo dei genitori meravigliosi, i fratelli e gli amici non facevano eccezione, e poi c'era lui: il mio Angelo delle Risate.
Tommaso tornò a casa poco dopo, aveva una strana espressione e aveva paura che lo guardassimo. Lo pregai di scoprirsi la faccia e vidi delle orribili ferite.
"Chi è stato?" chiesi terrorizzata.
"M-M-Max" balbettò mio fratello.
"Che?" Mi si fermò il cuore quando gli sentii dire quello stramaledetto nome!
Se prima non lo sopportavo adesso non potevo vederlo, non volevo vederlo, ero pronta a non rivolgergli più la parola.
"Portiamolo all'ospedale" riuscii a dire con un filo di voce, alzandomi.
"Devono visitare anche te" disse Lucia.
Andammo in ospedale e due medici si occuparono di noi, la dottoressa pensò a me e il dotjore a Temmaso. Nel toccarmi l'orecchio sentii dolore e mi accorsi che era un po' appiccicoso: dovevo aver perso del sangue da quella ferita mentre ero svenuta. La dottoressa mi medicò, mi fece degli esami per controllare che fosse tutto a posto e disse che avremmo dovuto restare in ospedale per qualche giorno perché c'erano dei sospetti molto preoccupanti.
Anche Tommaso dovette restare in ospedale perché aveva ricevuto qualche piccolo danno a causa di Max e di quel branco di pecore che gli stava dietro, affidandosi al peggior pastore del mondo.
Di colpo mi arrivò un messaggio. Presi il cellulare per leggerlo, ma mi accorsi che leggere era diventato impossibile, vedevo tutto scarabocchiato e non capivo cosa mi stesse accadendo.
Mi accorsi che non vedevo altro che scarabocchi, da qualsiasi parte mi girassi vedevo solo quello, quindi era come se i miei occhi non servissero a nulla e sforzarmi di guardare le cose mi provocava degli atroci mal di testa. Quando ero piccola mi era successo, ma i medici dicevano che era una ccosa che sarebbe durata poco tempo. Avevo acquistato la vista più tardi rispetto agli altri, ma si diceva che non ci fosse pericolo.
Provai ad alzarmi, ma al posto del pavimento vedevo uno strato spesso e nero di non so cosa e andai a sbattere contro la porta della stanza. Sentii la testa girare in modo vorticoso e svenni.
Quando mi svegliai sentii la parola: "Allentato." Cosa si era allentato? Mi toccai le tempie e sentii delle ferite sotto le dita. Che voleva dire?
Spazio autrice
So che forse qualcuno mi detesterà per i problemi della povera Cari, ma vi assicuro che ci saranno anche belle sorprese. L'unica cosa che vi dirò è che Cari, nei capitoli che seguiranno, capirà di potersi fidare del suo istinto per quanto riguarda le considerazioni fatte sulle persone a cui tiene.
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